Ammetto che Soifhe è un personaggio decisamente particolare e difficile da inquadrare, tuttavia credo che in questo capitolo si chiariscano un po' di robine XD
7- Un Angelico Piccolo DemonioOgni secondo dei giorni successivi fu, per Midgar, un vero e proprio inferno. Letteralmente.
Soifhe intendeva assicurarsi che gli passasse la voglia di fare una cosa del genere una seconda volta. E ci riuscì perfettamente. Quando ebbe finito Midgar non osò più nemmeno muoversi, senza che l’angelo prima non glielo avesse ordinato.
Questo ovviamente per un paio di settimane, poi il suo carattere strafottente tornò a farsi vedere.
Erano un paio di giorni che Soifhe lo guardava a malapena. Segno che era ancora offeso a morte; però non lo torturava, segno che la rabbia ormai era svanita. O almeno, quasi svanita.
Si trascinò dal suo angolo fino al divano su cui Soifhe si era steso a riposare, appoggiando le braccia al bordo e guardandolo. “Allora”, cominciò, “Vogliamo ritornare sull’argomento che abbiamo lasciato in sospeso?”
Soifhe aprì gli occhi, guardandolo storto. “Di cosa stai parlando?”
Midgar si alzò in piedi, girandogli attorno. “Delle emozioni, e delle sensazioni che ti sono state rubate… Com’è stata la tua infanzia, mio principe?”
Lo sguardo dell’angelo si fece ancora più spaventoso. “Stai cercando di farti uccidere?”, domandò, gelido.
Midgar rise sommessamente, scuotendo la testa. “Gli angeli parlano molto, conosco già i punti salienti; tua madre è scomparsa senza lasciare traccia poco dopo la tua nascita a quanto pare, mi sbaglio?”
Soifhe fece un respiro profondo, incrociando le braccia. “Non sbagli”, disse, freddo e sbrigativo.
“Tuo padre invece è stato ucciso in battaglia una trentina d’anni dopo, giusto?”
L’angelo assottigliò lo sguardo. “Vuoi che ti dica anche la storia dei miei avi, Midgar?”, sibilò, allungando una mano per afferrare i capelli del demone e tirandoli, strappandogli un gemito di dolore.
“No… No, chiedo scusa se ho osato tanto”, mormorò, tornando ad usare un tono umile e servile. “Mi interessava solo sapere se avevi dei contatti con lui…Era sempre in battaglia in fondo…”
Soifhe gli lasciò i capelli, chiudendo gli occhi. “Non lo conoscevo, sono cresciuto solamente con qualche istruttore, arcangeli, e basta. Contento? Questo discorso è inutile.”
Midgar scosse la testa. “Affatto. E’ come pensavo… Ti hanno tenuto sotto una campana di vetro, eri prezioso in fondo, no? Un angelo puro, l’ultimo… Strano che non ti abbiano messo in una gabbia come fanno con gli animali nella dimensione degli umani.”
Sapeva di rischiare, era un argomento spinoso. Una sola parola di troppo, un tono sgradito e Soifhe lo avrebbe scuoiato vivo…
Già lo guardava come se stesse meditando su quale orrenda tortura infliggergli per farlo tacere…
“Lasciami finire di parlare”, lo implorò, mettendosi di fronte a lui.
L’angelo fece un gesto veloce, lo lasciava parlare, ma era meglio per lui che si sbrigasse.
Midgar fece un lieve inchino, per ringraziarlo. “Quello che sto dicendo è che ho capito quello che vuoi. Quello che desideri. Emozioni, piacere…
Crescendo solo ed isolato, protetto fino all’inverosimile ma senza contatti con altri, sei cresciuto freddo, cinico, estremamente brillante ovviamente. Senza emozioni che influenzano il tuo modo di pensare… Quello che serviva per guidare gli angeli alla vittoria contro di noi.
Era esattamente quello che gli arcangeli volevano… Sei stato… Un esperimento, probabilmente.
Paradossalmente questo privarti dell’amore, della compassione, ha lasciato che la rabbia, la più umana delle emozioni, divampasse come un incendio. Perché lo senti; lo hai sempre sentito che sei stato privato di qualcosa di estremamente importante da persone che non ne avevano il diritto. Le emozioni, le sensazioni, ogni cosa…”
“E anche se fosse?”, ringhiò Soifhe, per zittirlo.
Midgar sorrise a quel tono arrogante. “Anche se fosse tu non puoi cambiare ciò che è stato… Ma io posso restituirti ciò che ti hanno rubato, posso insegnarti cosa sono le emozioni e cos’è il piacere, se me lo permetti”, disse dolcemente, chinandosi ed appoggiando un ginocchio a terra. “Ma per farlo ho bisogno che tu mi tolga il sigillo che mi hai imposto, solo per qualche ora.”
Soifhe lo guardò sospettoso. “Non è andata poi così bene quando mi sono fidato di te l’ultima volta”, ringhiò sprezzante. Gli appoggiò la punta del piede contro al petto, spingendo leggermente per allontanarlo. “Fidati, mi è passata la voglia di sfidare la sorte.”
Midgar scrollò le spalle. “C’è sempre un rischio da correre per ottenere ciò che si vuole”, disse, sollevando una mano e sfiorando la caviglia dell’angelo con la punta delle dita. Sorrise quando lo vide ritrarsi sul divano. “Perché non vuoi che ti tocchi? E non sbandierarmi la solita usurata scusa del
sei inferiore e non sei degno di toccarmi, perché non è vero e tu lo sai”, lo interruppe, prima che potesse rispondere. “Sono uno dei quattro principi dell’apocalisse, il mio grado tra i demoni è pari al tuo.”
“Perché è spiacevole”, rispose Soifhe, aggrottando la fronte e strofinandosi la caviglia, pensieroso. “E’ come se avessi dei vermi che brulicano sulla pelle, è rivoltante.” Fece un verso disgustato al pensiero.
Midgar lo guardò pensieroso, appoggiandosi un dito alle labbra. “Spiacevole? Perdona la mia insolenza, ma come puoi dire che è spiacevole se tu stesso hai ammesso poco fa che non sai cosa voglia dire?”
L’angelo avvampò con violenza, punto sul vivo. “Impertinente”, sibilò dandogli uno schiaffo tanto forte da fargli voltare la testa.
Midgar non fece una piega, tornando a guardarlo. “ Lo so”, disse con un sorriso strafottente. “Lascia che ti dia ciò che vuoi”, soffiò poi.
Soifhe parve finalmente cedere. Il desiderio di sentire qualcosa era decisamente maggiore alla diffidenza.
Allungò una mano, titubante, fino ad appoggiarla sul collo del demone, richiamando il sigillo che vi aveva imposto ed annullandolo. L’ultima cosa che percepì fu l’incresparsi soddisfatto delle labbra del demone, poi tutto divenne buio….
Riaprì gli occhi di scatto, il respiro leggermente affannoso. Ci volle qualche secondo prima che riuscisse a capire dove fosse. Di certo non era più a palazzo…
Pietra. Ovunque vi erano muri di pietra ed era buio. E freddo.
Con enorme sorpresa si accorse di avere i polsi incatenati, che lo costringevano faccia al muro. Sibilò un imprecazione, rabbrividendo per il freddo.
Stupido, stupido e stupido. Vatti a fidare di un demone.
“Lo so che sei qui”, ringhiò.
Midgar rise lievemente, emergendo dall’ombra, alle spalle dell’angelo. “Mio principe, vi siete svegliato”, disse.
Soifhe si dimenò, facendo tintinnare le catene. “Liberami subito, lurido verme insignificante…” Si interruppe di colpo, sussultando appena quando, con un rapido scatto, Midgar conficcò un pugnale nel muro, a pochi centimetri dal suo volto. “Errore. Grosso, enorme, irreparabile errore”, sibilò il demone. Ritrasse il pugnale, afferrando i capelli dell’angelo; gli fece tirare indietro la testa, appoggiandogli la lama del coltello al viso. “Sto per prendermi una rivincita epica, su tutte le umiliazioni che ho subito da quando mi hai catturato”, ringhiò.
Soifhe rabbrividì di nuovo. “Ti avverto…”
“Tu avverti me?” Midgar rise di gusto. “Tu in questo momento sei un ragazzino inerme”, fece scorrere la lama del coltello lungo la schiena dell’angelo, lacerando la leggera veste di seta. Poi tornò ad appoggiarlo alla scapola del biondino, poco sopra l’attaccatura dell’ala. “Vedrai, ti farò lentamente a brandelli… E io non sono per niente motivato a tenerti in vita.”
Rise di nuovo mentre Soifhe sentiva il proprio respiro accelerare, al ritmo con il proprio cuore; prese a tremare mentre i propri organi interni sembravano essersi annodati l’uno con l’altro.
Midgar sorrise nel sentirlo ansimare a quel modo. “Questa, mio principe”, soffiò tra i suoi capelli. “Questa è la paura…”
Soifhe chiuse gli occhi con forza, quasi cercando di prepararsi a ciò che sarebbe avvenuto. I secondi sembravano dilatarsi, protrarsi nel tempo.
“Puoi aprire gli occhi, mio principe.”
La voce di Midgar lo fece sussultare, aprì gli occhi di scatto, ritrovandosi a guardare il demone in faccia. Era di nuovo nella sua stanza. Ansimava ancora, tremando con violenza.
Il demone si alzò per prendere una coperta dal letto, tornando al divano ed avvolgendovi l’angelo che sembrava troppo scosso per reagire, al momento.
“E’ stato poco ortodosso, ma è l’unico modo che conosco per fare ciò che vuoi”, disse.
Soifhe si strinse nella coperta, poi allungò una mano, afferrandogli i capelli con rabbia. “che cos’era quello?”
Midgar sorrise. “Uno dei miei poteri. Nulla di preoccupante, solo pura e semplice illusione. Tutto quello che hai visto è accaduto nella tua mente. E' potente, sembra reale. Ma non lo è.”
L’angelo si toccò la testa, ancora stordito. “Paura. Quella … era la paura”, soffiò, socchiudendo gli occhi, quasi ad assaporare il gusto della parola stessa.
Poi sorrise, soddisfatto. “Io ti faccio paura?” Una luce crudele gli brillava nello sguardo.
Midgar sorrise. “Si, mio principe, molto spesso mi fai paura.”
Soife si strinse nella coperta, soddisfatto. Quindi lui faceva quell’effetto a Midgar… Era ancora più soddisfacente il pensiero di torturarlo ora che lo sapeva.
Il demone lo guardava, silenzioso. Intuiva i suoi pensieri e ciò non faceva che confermare la sua impressione iniziale. Soifhe era deliziosamente diabolico dentro quel corpicino angelico…
L’angelo tornò a guardarlo. “E dimmi, secondo te faccio paura anche agli altri angeli?”, domandò.
Midgar annuì, fece per dire qualcosa ma non ci riuscì, la porta della camera venne spalancata con violenza. Soifhe si voltò di scatto, facendo appena in tempo a intravedere un turbinio di ali e frecce prima che il demone venisse scagliato a terra. Guardò sconcertato gli Arcangeli di guardia al palazzo abbassare le balestre, una volta assicuratisi che Midgar non si rialzasse.
“State bene, Vostra Altezza?” chiese il capitano, avvicinandosi a Soifhe che digrignò i denti. “Starò meglio quando mi avrete dato una spiegazione per questa irruzione!”
L’arcangelo trasalì, indietreggiando di un passo. “Mio principe, abbiamo agito nel vostro interesse, abbiamo avvertito che il sigillo del demone si era infranto: Era un demone di livello molto alto, quindi siamo intervenuti per proteggervi…”
Soifhe lo interruppe con un verso stizzito. “Io non ho mai dato un ordine del genere!” Gridò, furibondo. “Sono perfettamente in grado di gestire i prigionieri di cui mi faccio carico, fuori di qui!”
Accompagnò le parole con un gesto del braccio, cacciandoli dalla sua stanza. Li guardò uscire a testa bassa, poi si inginocchiò accanto al demone. Allungò una mano per sfiorare il viso dai lineamenti delicati. “Midgar”, mormorò. Una flebile oppressione si era fatta strada dentro di lui. Come se qualcosa di estremamente pesante gli comprimesse il petto.
Non gli era mai importato veramente di nessuno. Midgar però non era male, come passatempo. Il senso di oppressione si fece più pesante al pensiero che non avrebbe più avuto nessuno che lo veneasse come faceva il demone.
Sussultò lievemente quando sentì qualcosa di umido cadere sulla mano che teneva in grembo. Abbassò lo sguardo, poi sollevò la mano per sfiorarsi il volto, seguendo con le dita la traccia umida che correva lungo il viso.
“Ma dai, lacrime? Addirittura?”
Soifhe sussultò di nuovo, voltandosi di scatto.
Midgar, in perfetta salute, stava appoggiato al muro a braccia conserte e lo guardava divertito. “Pensavo che ti saresti infuriato, e che saresti stato deluso. In effetti era la delusione e la tristezza che volevo suscitare, Ma non credevo che la mia morte ti avrebbe addirittura addolorato”, disse, sorpreso.
“Un’altra illusione?” Il tono di Soifhe lasciava trapelare tutta la collera che provava in quel momento. Si alzò, avvicinandosi al demone che vedendolo avvicinarsi si era inginocchiato. “Finiscila di giocare con me”, ringhiò, strinse le dita sottili attorno al suo collo, ripristinando il sigillo che aveva rimosso poco prima.
Midgar sollevò lo sguardo, puntando i suoi occhi dorati in quelli oltremare del ragazzo. “Lo ammetto, un po’ mi sono divertito”, disse. “Ma hai ottenuto quello che volevi, no? Paura e dolore… Spiacevoli, ma necessarie ad assaporare poi al meglio quelle piacevoli che verranno.”
Allungò una mano, sfiorando con delicatezza il braccio dell’angelo che aggrottò la fronte, ma non si ritrasse. “Allora, questo è paragonabile a quello che hai provato prima?” lo incoraggiò.
Soifhe dischiuse leggermente le labbra. Era brulicante, ma era… Caldo. Le emozioni che aveva avvertito prima invece erano fredde, gelide, opprimenti. “No, non proprio”, ammise, osservando la mano del demone scivolare lungo il proprio braccio. Si allontanò, indietreggiando. “Ho bisogno di un bagno”, decretò.
Midgar fece in lieve inchino, mentre l’angelo lo oltrepassava, poi lo seguì, come un cagnolino. Lo osservò sfilarsi la veste di seta ed immergersi in acqua, prima di avvicinarsi. Si sedette sul pavimento, incrociando le braccia sul bordo della vasca.
Soifhe lo guardò di sbieco. “Fa qualche scherzo e giuro che ti strappo gli organi interni uno per uno”, ringhiò, ancora irritato per come l’altro lo avesse rigirato, poco prima.
Midgar scosse la testa, poi allungò una mano per prendere la spugna con cui l’angelo aveva iniziato a lavarsi. “Nessuno scherzo” gli assicurò.
Sempre lentamente, per evitare che Soifhe fraintendesse le sue intenzioni, gli prese un polso, passandogli la spugna sul palmo della mano e risalendo poi lungo il braccio. Seguì la spalla, poi scivolò giù lungo la schiena, sentì distintamente i muscoli dell’angelo rilassarsi, segno che si fidava. “Non è male, no?”
Soifhe socchiuse gli occhi. “E’ ancora difficile per me dirlo”, soffiò.
Midgar si spostò alle sue spalle. “In sostanza una sensazione è spiacevole se vorresti che smettesse al più presto. Al contrario, se è piacevole, il nostro corpo la brama, vorrebbe che continuasse il più possibile.”
Soifhe socchiuse gli occhi, sospirando lievemente. “Allora”, concluse, “Credo proprio che sia piacevole…”
Midgar sorrise compiaciuto; finì di lavarlo, poi lo aiutò ad uscire dalla vasca, ad asciugarsi e a vestirsi. Non lo toccava troppo nel farlo; voleva procedere per gradi. Alla fine lo prese in braccio, deponendolo sul letto.
“Riposa, mio principe”, soffiò, inginocchiandosi al lato del letto. “E’ stata una giornata stancante, quando avrai preso confidenza con le emozioni che ti ho mostrato oggi allora riprenderemo l’argomento”, impose, visto il tentativo di Soifhe di protestare.
L’angelo si allungò, per schiaffeggiarlo. “Ricorda che sono io che comando qui”, sibilò, nonostante fosse innegabilmente stanco. Ma non sopportava che gli si parlasse con quel tono.
Midgar non reagì, limitandosi ad abbassare il capo. “Chiedo scusa, lo dicevo per voi”, sospirò.
Soifhe lo guardò per un attimo, poi tornò a sdraiarsi. “Credo che riposerò”, disse, come se fosse un’idea sua.
Il demone non poté fare a meno di sorridere. Era un piccolo demonio; un angelico, piccolo demonio…