Wham bam, thank you 'maam, Partecipante alla challenge dal nome alla storia

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MaelstromDawn
view post Posted on 15/6/2013, 18:53




Nick autore: MaelstromDawn
Titolo storia: Wham bam, thank you 'maam
Genere: commedia,sentimentale
Avvertimenti: lime
Breve introduzione: Trangugio una cucchiaiata di mele cotte e crosta zuccherosa.
Ci avevo visto giusto, è davvero buono.
«L’hai fatto tu?».
Terry annuisce mestamente.
Che uomo di encomiabile modestia. Per una volta che può vantarsi di qualcosa si comporta come se non avesse fatto nulla, tutto perché non vuole far notare ai suoi la sua vocazione per i dolci.
«Allora meriti un premio» commento a bassa voce leccando lascivamente il cucchiaio.
Eventuali note: Questa è la prima di una serie di shot e flash che piano piano posterò e che ruotano tutte attorno agli stessi personaggi ^^
Il titolo è in slang americano ed è un modo per indicare una sveltina, una botta e via, ecco; però con quella virgola in mezzo diventa una sorta di “*sveltina (implicita)* arrivederci signora *sorriso abbagliante*” che è poi quello che fa Kil ^^



Wham bam, thank you 'maam




Quando Terry mi ha chiesto di andare a cena da lui mi sono domandato seriamente se gli avesse dato di volta il cervello.

Insomma, far sedere me e suo padre alla stessa tavola è come rinchiudere Peter Pan e Capitan Uncino nella stessa stanza.

Ma lui ha insistito sciorinando la consunta frase “Anche tu sei parte della mia famiglia” e deve anche aver confuso la mia risata sarcastica per un’espressione di felicità perché sembrava particolarmente esaltato dalla mia illustre presenza alla sua tanto decantata cena di famiglia.

E sia.
Speriamo almeno che il tacchino sia buono...



Mentre uscivo di casa ho avuto un’idea geniale -come si suol dire: eureka!-, mi sono reso conto che sto per entrare nel territorio nemico , e ho una garanzia d’immunità alta un metro e settanta piena di fiducia nella mia buona creanza.

Il vecchietto dall’altro lato della strada mi fissa inquietato dalla risata malefica che mi sono lasciato sfuggire.

Terence pensa che mi tratterrò affinché la cena si concluda in modo pacifico?

Errore madornale.

Non sono un cagnolino addomesticato che se ne sta buono buono e fa ciò che gli viene chiesto, nossignore, io sono un randagio rognoso, detesto l’ordine e la calma piatta e, soprattutto, non prendo ordini da nessuno.

Suono il campanello della perfetta villetta bianca in cui risiede la perfetta famiglia Johnson.

Puah.

Che schifo.

«Kilian, buonasera. Ti prego, accomodati».

Suppongo che ora dovrei dire che nonostante tutto la madre di Terry non mi sembra così falsa e, anzi, appare una donna così dolce e gentile.

Palle.

Sento puzza di menzogna, e anche una nota di ipocrisia.

Oh, Terence deve aver insistito davvero molto per avermi a cena, perché sua madre non ne sembra per nulla entusiasta.

Mi creda signora, siamo in due.

Trattengo un ringhio mentre varco la soglia e ho immediatamente l’istinto di coprirmi il naso.

Questo posto puzza quanto una fabbrica di detersivi, ma quante volte lavano il pavimento al giorno!?

«Benvenuto, Kilian».

Il padre di Terry -o forse dovei dire il pastore Johnson?- mi porge la mano ostentando un sorriso tirato.

L’afferro dubbioso.

May Day. May Day! Contatto fisico, contatto fisico.

Potrebbe evangelizzarmi con il solo tocco!

Credo stia cercando di fracassarmi una mano per quanto stringe.

Cos’è, un modo di imporre la propria dominanza?

Non paleso alcuna emozione. Davvero pensa di piegare Stray Dog Kilian?

Diavolo, sono un teppista, ho sopportato cose peggiori!

«Kil!».

Terence sbuca da quella che presumo sia la cucina.

Che sia preoccupato per l’incolumità dei suoi meravigliosi genitori?

Prima che io possa vendicare degnamente il mio metacarpo dolorante mi trascina via adducendo una scusa a dir poco improbabile.

“Andiamo a lavarci le mani”.

Non lo facevo così intraprendente, il “santerellino”!

Sono in casa sua da meno di cinque minuti e già vuole imboscarsi.

Spendo dieci secondi a registrare le dimensioni abnormi del bagno prima di voltarmi e chiudere la porta.

«Ma che...».

«Oh, preferisci con la porta aperta? Cos’è, ti eccita il rischio che i tuoi ci scoprano?».

Terry ha un’adorabile espressione fra il perplesso e il terrorizzato.

«Che ragazzino diabolico...».

Tenta debolmente di allontanarsi mentre gli lecco il collo.

«K-Kilian!».

«Uhm, sì, mi chiamano così» borbotto infilandogli una mano sotto la maglietta e accarezzandogli la pelle morbida e implume.

Inizio una serrata lotta con la sua cintura e sorprendentemente lui mi aiuta.

Ah-ah!

Allora ci avevo preso sull’eccitazione per il rischio!

Riesco ad infilare due dita sotto l’elastico per i boxer e gli mordicchio trionfante il lobo dell’orecchio.

Qualche passo sulle scale annuncia l’avvicinarsi di suo padre.

Che c’è, ha paura che travi il suo puro figliolo?

Beh, non ha di che preoccuparsi, la sua casta progenie e già eccezionalmente perversa senza bisogno del mio intervento...

«Ragazzi, siete pronti?» sbraita da in mezzo alla rampa.

Terence deve schiarirsi la voce prima di rispondergli.

«Sì... ehm, ci stiamo asciugando».

Mi sfugge un ghigno.

«Ma come, sei già bagnato? Vieni per così poco? Ti ricordavo più resistente...».

Diventa rosso fin sopra alle orecchie mentre si sciacqua rapidamente le mani e mi esorta a darmi una mossa.



La tavola è imbandita in puro stile telefilm americano.

Una pacchiana accozzaglia di piatti e centritavola accompagnati da un numero del tutto strabordante di posate dalla dubbia utilità, in sintesi.

Terry prende posto e non mi resta che sedermi fra lui e suo fratello maggiore, Robert.

Non avrei mai pensato di ritrovarmi alla stessa tavola del ben noto “esercito Johnson”, i quattro fratelli più moralisti e puritani di sempre: Samuel, Robert, Terence e Andrew.
I paladini della religiosità di Seattle.

Mi viene da ridere se provo ad immaginare le loro facce qualora venissero a sapere in che modo il loro pio fratellino si prende cura di questo povero teppistello sbandato.

«Patate, Kilian?».

Mrs. Johnson mi porge un’ambigua poltiglia giallastra che anche un cane affamato sarebbe restio ad ingerire.

«No, grazie. Non mangio verdure».

Terry tenta di rifilarmi un calcio sotto la tavola, ma il risultato finale è una specie di piedino mal riuscito.

«Ma come? Le verdure fanno bene per mantenere la linea».

Mi trattengo dal farle notare che lei dev’essere l’eccezione che conferma la regola.

«Oh, ma io faccio moltissima attività fisica».

Sorrido amabilmente mentre sfioro il polso di Terence e alle mie spalle si accende un’insegna al neon con la scritta “faccia da schiaffi”.

Terry devia prontamente l’argomento prima che una mia sparata comprometta irrimediabilmente i suoi equilibri familiari.

«Hai già studiato per il compito di domani?».

Un argomento eccellente, non c’è che dire.

Sbuffo annoiato.

«Più o meno».

Ok, diciamo più meno che più, diciamo pure che non ho aperto un libro...

Andrew ridacchia sommessamente guadagnandosi uno scappellotto da Samuel.

Altro che “esercito Johnson”, questi sono dei pezzi di marmo con la loquacità di una mummia egizia.

Cos’è, hanno paura che rivolgendomi la parola potrebbero contrarre la rabbia o qualche brutta malattia tipica dei randagi?

Poveri piccolini, non sia mai che la mia immonda persona insozzi la loro candida moralità...

«Quali sono i tuoi progetti per il futuro, Kilian?» mi chiede il pastore Johnson con un sorriso perfido, come se desse per scontato che uno come me non possa avere un futuro.

«Prendere un diploma, suppongo. Cosa che avrei dovuto fare già un anno fa, in effetti».

«E dopo?».

Mi accingo a rispondere con qualcosa di molto sconveniente che chiami in causa il suo adorato figlioletto, ma Terence mi precede.

«Kilian vorrebbe studiare etologia».

Non gliel’ha insegnato nessuno che i bravi bambini si fatto i fatti propri?

«Etologia?» chiede perplesso il pastore.

«Kilian è appassionato dal comportamento dei cani randagi».

Qualcuno gli tappi la bocca prima che lo faccia io in modo poco gentile.

Abraham Johnson si limita ad uno sguardo di finta compassione mentre Robert borbotta qualcosa che nessuno sente -o forse fanno finta di non sentire-, ma che io percepisco più che bene.

“Tra simili si capiscono”.

Stringo i denti, non ho modo di fargliela pagare, è troppo lontano.

Terry invece è ben vicino.



Senza curarmi troppo se Robert stia guardando o meno faccio scivolare una mano fra le sue gambe accarezzandogli l’inguine.

Sobbalza rovesciandosi addosso un po’ dell’acqua che sta bevendo.

«Terence?».

Suo padre lo fissa interrogativo.

«Nulla papà, solo... singhiozzo, sì, è singhiozzo».

Faccio finta di grattarmi il naso per nascondere un ghigno e continuo la mia azione punitiva.

Gli afferro il cavallo dei pantaloni facendolo sobbalzare ancora e cerco l’apertura della lampo aprendomi la strada.

Accarezzo delicatamente la stoffa dei boxer.

Piccolo Terry ipersensibile, ho appena iniziato a toccarlo e il suo soldatino è già sull’attenti.

Terence scosta violentemente la sedia all’indietro.

Si alza tirando verso il basso la camicia per coprire il rigonfiamento nei jeans.

«Va-Vado a prendere la salsa» balbetta defilandosi in cucina.

Cala un silenzio teso, rotto soltanto dal tintinnio metallico delle posate mentre ci serviamo il tacchino.

Terry ricompare con una coppa di gravy sauce.

Sembra che abbia riguadagnato compostezza, peccato, avrei voluto stuzzicarlo ancora un po’.

Mi accingo ad avventarmi sul tacchino, già che sono stato trascinato qui tanto vale che mi riempia lo stomaco.

Terence mi rifila una gomitata.

Mi volto verso di lui per fulminarlo e per poco la mia mascella non crolla a terra.

Oh no.

Non ditemi che stanno davvero facendo la preghiera pre pasto e che si aspettano che io partecipi.

Ma dove diavolo sono finito? In un episodio di Settimo Cielo?

Unisco riluttante le mani ripetendomi mentalmente la serie di motivi per cui sono ateo. Giusto per essere certo di non diventare un fanatico religioso come l’83,3% dei Johnson -ovvero cinque membri su sei.

Finito l’attimo mistico prendiamo a mangiare come io avrei fatto già un po’ di minuti fa.

«Che lavoro fanno i tuoi genitori?» si informa Mrs. Johnson.

«Mio padre è un ingegnere informatico» rispondo prima di riprendere l’assalto al mio tacchino.

«E tua madre?».

La quinta sinfonia di Beethoven risuona nell’aria.

Mi fermo con la forchetta a mezz’aria.

«La puttana, credo» rispondo sorridendo cordialmente.

Terry mi rifila un’occhiata di rimprovero.

Beh? Che c’è? Ho soltanto detto la verità!

Mrs. Johnson riprende a mangiare a capo chino, probabilmente scioccata dalla mia risposta.

«I genitori di Kilian sono separati».

Grazie mille mister perspicacia, nessuno ci sarebbe mai arrivato senza di te.

Mrs. Johnson tossicchia imbarazzata.

«Terence, perché tu e Kilian non andate a prendere il dolce?».

“Così io e tuo padre possiamo escogitare almeno cinque modi efficaci per tenere questo pericoloso individuo lontano da te...” è l’implicita continuazione.

Terry si alza guardandomi in modo strano e marcia spedito verso la cucina.

Lo seguo annusando l’aria, giusto per sapere di che morte devo morire -metaforicamente parlando.

Estrae dal forno mandato al minimo quello che a naso è un crumble di mele.

L’aspetto non è poi così invitante -ma quando mai un crumble è stato bello?- però devo ammettere che il profumo non è niente male.

Terence si pianta le mani sui fianchi squadrandomi severo e devo ammettere che con quei guantoni da cucina indosso fa un effetto piuttosto comico...

«Kilian, per una volta potresti comportarti in modo normale?».

Davvero pensa di sembrare autoritario mentre calza quei così con sopra... ma dai! Sono paperette!

È già tanto se non gli scoppio a ridere in faccia.

«Perché, non sono stato bravo finora?».

Gli chiedo abbassando studiatamente il tono della voce.

Deglutisce a vuoto.

«Beh perché se pensi che questo non sia “bravo” allora è il caso che ti faccia vedere cosa vuol dire cattivo...».

I suoi occhi si dilatarono vagamente terrorizzati.

«K-Kil...».

«Non dobbiamo portare di là il dolce?».

Sorrido amabilmente sollevando il crumble ancora tiepido.



Trangugio una cucchiaiata di mele cotte e crosta zuccherosa.

Ci avevo visto giusto, è davvero buono.

«L’hai fatto tu?».

Terry annuisce mestamente.

Che uomo di encomiabile modestia. Per una volta che può vantarsi di qualcosa si comporta come se non avesse fatto nulla, tutto perché non vuole far notare ai suoi la sua vocazione per i dolci.

«Allora meriti un premio» commento a bassa voce leccando lascivamente il cucchiaio.

È bello come i miei premi e le mie punizioni coincidano.

Terence si sforza di non arrossire troppo -con scarsi risultati- e avverto distintamente il peso dello sguardo glaciale di Robert.

Oh-oh, mi sa che comincia a sospettare gli intrallazzi che ho col suo adorato fratellino.

Questo aumenterà di sicuro l’odio che ha per me.

Io e Robert abbiamo frequentato più o meno gli stessi corsi per quattro anni.

Ora lui è un impeccabile studente di legge e io invece devo ancora prendere il diploma.

Sospetto che abbia cominciato ad odiarmi circa venti secondi dopo avermi conosciuto, neanche avessi sulla fronte un post-it con scritto feccia.

Però lui era il figlio del pastore Johnson e io un rognosissimo cane randagio, era alquanto improbabile che saremmo diventati amici.

Mi volto a fronteggiarlo, ha gli occhi di un azzurro più chiaro di quelli di Terence e i capelli decisamente più scuri.

«Faccio vedere la mia stanza a Kil».

Terry dev’essersi accorto dell’atmosfera e per una volta ha detto qualcosa di intelligente.

In effetti devo ammettere di essere piuttosto curioso di vedere la sua stanza...

Ok, no, non è che voglio proprio vedere la sua stanza, diciamo più che miro ad essere solo con lui, lontano dagli sguardi facilmente scioccabili dei suoi simpaticissimi famigliari.

E se è stato lui stesso a chiedermi di seguirlo vuol dire che...

Percepisco chiaramente un sorriso inquietante allargarsi sul mio volto mentre saliamo le scale.

La stanza in sé non è nulla di particolarmente esaltante, ma che potevo aspettarmi dal figlio di colui che in uno dei suoi sermoni ha definito la creatività una chiave per l’inferno e gli alternativi un branco di eretici?

Tutto è in perfetto ordine, non una sbavatura, nulla che lasci a intendere qualche tratto della sua personalità.

«Uhm, carina... ha una bella porta, con una meravigliosa serratura... scommetto che una volta chiusa nessuno potrà entrare...».

Si volta di scatto mentre chiudo la porta facendo ruotare lentamente la chiave nella toppa.

«K-Kil... ci sono i mie-».

Gli tappo la bocca con una mano.

«E non trovi che questo sia estremamente eccitante?».

Ridacchio lasciandomi cadere sul letto.

«Hai sempre delle strane idee...» commenta sedendosi sul bordo.

«Però le approvi».

Mi lancia un’occhiata perplessa.

«Altrimenti te ne saresti rimasto a distanza di sicurezza...».

Prima che possa elaborare pienamente il senso della frase me lo trascino addosso.

Sgrana gli occhi e fa per ribattere, ma basta una mia semplice occhiata a farlo desistere.

Una specie di scintilla si accende nei suoi occhi grigio azzurri.

Ecco! Questo è il Terence che mi piace, quello che probabilmente finora ho visto solo io.

Con un ghigno trionfante comincio a sbottonargli la camicia.

«I miei potrebbero sentirci...».

«Allora vuol dire che saremo molto silenziosi».

Annuisco in modo solennemente teatrale.

Volto la testa di lato sbirciando con la coda dell’occhio.

Per una volta lascio che sia lui a condurre il gioco, suo il territorio sue le redini.

Terry mi fissa visibilmente perplesso.

Diamine! Neanche stessi facendo chissà che cosa!

Beh, ormai si sarà abituato alla mia tirannia a letto.
Uhm, mi piace questa definizione: sono un amante dispotico.

Mi solleva titubante la maglia.

«Non sono abituato a vederti così sottomesso».

Non riesco a trattenermi dal ghignare.

«Oh sì, sono talmente sottomesso che stai facendo ciò che voglio senza che muova un dito».

Lancio uno sguardo all’orologio sul muro.

Non ci resta molto prima che i coniugi Johnson trovino la nostra assenza sospetta.

Non posso mettermi ad aspettare i suoi comodi, ci metteremmo troppo.

E poi... gli avevo promesso un premio...

Lo ribalto senza troppi complimenti sedendomi fra le sue gambe aperte.

«Sei lento Terry».

Sembra quasi confortato da questo ritorno alla normalità.
Gli sbottono rapidamente i jeans calandoglieli a metà coscia.

Detesto andare di fretta.

Abbasso lentamente l’elastico dei boxer accarezzandolo con la punta delle dita.

Terence sospira serrando gli occhi.

Avvicino il volto alla sua virilità che comincia a destarsi e la lecco percorrendone la lunghezza.

Appoggio la guancia sulla sua coscia e lo osservo mordersi il labbro inferiore mente continuo a massaggiarlo con la mano.

Attendo che sia parzialmente eretto prima di riprendere a leccarlo alla base per poi suggerlo su tutta la lunghezza.

Può suonare decisamente perverso -e lo è!- ma mi piace prenderlo in bocca quando non è soffocantemente duro.

Succhio la punta e avverto distintamente un gemito provenire dall’alto.

Lo circondo con le labbra sino a metà della sua lunghezza e avvolgo la base con le dita stringendo delicatamente.

Succhio accarezzandolo con la lingua e stringendo lievemente i denti quando raggiungo la punta e ho uno scorcio del suo volto arrossato e della mano che si tiene premuto sulla bocca per non gemere troppo forte.

Mi allontano fissando con vago disappunto la sua erezione completa e piuttosto svettante -chi ha detto che i passivi sono poco dotati?

«Ma come? Già duro? Ma così non c’è gusto!».

Terry solleva gli occhi al cielo.

«Per una volta non potresti astenerti dai tuoi soliti commenti e dire qualcosa di romantico?».

Sbuffo.

«Ho la faccia di uno che dice frasi sdolcinate?».

Mi fissa senza proferire parola.

Sembra contrariato, ma il suo volto si apre in un sorriso.

«Effettivamente la tua è più una faccia da idiota pervertito...».

Dovrei sottoporre a quel secchione di Robert questo quesito a cavallo tra biologia, psicologia e fisica: per quale motivo un umano maschio eccitato e provocato è in grado di spogliarne un altro molto più velocemente di come riuscirebbe mai a fare con se stesso?



Apro di qualche centimetro la porta della stanza prima di avventurarmi nel corridoio nemico e mi ritrovo faccia a faccia con Andrew.

Il più ingenuo dei fratelli Johnson mi squadra per un attimo come se stesse studiando una bestia rara.

«Cosa combinavate tu e Terry? Ho sentito degli strani rumori...».

Sfodero la mia migliore espressione da bravo ragazzo.

«Guardavamo un film».

Il piccolo Johnson s’imbroncia «E perché non mi avete chiamato?».

Mi avvicino a lui come se dovessi confidargli un segreto.

«Perché non era un film adatto ai bambini, se capisci cosa intendo» sussurro enigmatico prima di imboccare la scala.

I coniugi Johnson sono compostamente seduti sul divano -quale individuo normale si siederebbe composto sul proprio divano?- e seguono con interesse un documentario della National Geographic.

«Volevo ringraziarvi della cena e dell’ospitalità. Ora... è piuttosto tardi quindi è meglio che ritorni a casa».

I soliti convenevoli ipocriti.

Se Terence fosse qui a vedermi invece di starsene collassato a letto avrebbe le lacrime agli occhi per la commozione.

Finalmente mi avvio verso la porta, lieto di potermene tornare alla mia topaia.

Un colpo di tosse con un che di ostile mi fa voltare e mi ritrovo faccia a faccia con il brutto muso di Robert.

«Divertito, Stray?» sputa maligno guardandomi disgustato.

«Oh, moltissimo, Rob».

Sono pressoché certo che sospetti ciò che combiniamo io e Terry quando siamo soli.

«Sai, il letto di tuo fratello è molto comodo» sparo beffardo prima di infilare rapidamente la porta.

Percorro il vialetto in quattro passi e raggiungo la strada, il mio habitat.

Inspiro l’aria amarognola di Ottobre e mi sfugge un ghigno, più tempo passo con Terence più mi rendo conto che non lo sto traviando, semplicemente essere un cattivo ragazzo è la sua vera natura.

Lancio uno sguardo alla perfetta villetta bianca della perfetta famiglia Johnson.

In fondo non è stata poi così male, questa cena di famiglia, se potrò divertirmi così ogni volta mi viene quasi voglia di rifarlo.
 
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