Drago del deserto

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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 12:07




Nick autore: Bloodingeyes
Titolo storia: Drago del deserto
Titolo capitolo: //
Genere: Erotico, Fantasy
Avvertimenti: Lemon/Lime, Yaoi
Breve introduzione: La vita ci pone sempre davanti a tanti bivi. Puoi sempre scegliere. Io la mia scelta l’avevo già fatta. Io dovevo andare a nord per quanto la strada potesse essere impervia e pericolosa io dovevo comunque andare a nord. Ma ora c’è davanti a me un altro bivio e non era fatto di terra e pietra ma di carne e ossa. Era una persona, accasciata proprio nel mezzo del sentiero, che non mi dava la possibilità di proseguire se non schiacciandola. Ed ecco il problema, il bivio: l’aiuto o non l’aiuto?
Eventuali note: 3° classificata al contest "Half Dragon Yaoi" di NonnaPapera! e vincitrice del premio "Originalità"


 


La vita ci pone sempre davanti a tanti bivi. Puoi sempre scegliere: se prendere la strada più impervia, quella più veloce, quella più semplice oppure quella più tortuosa. Hai sempre una scelta. Io la mia scelta l’avevo già fatta. In quel deserto di montagna aperto e sconfinato, su per quella stradina in che si e no due persone potevano percorrere appaiate, ero poi arrivato ad un bivio. A sinistra sarei sceso dalle montagne e mi sarei inoltrato nel deserto vero e proprio, a destra sarei sceso dalle montagne e sarei arrivato al deserto lo stesso. Solo che la strada di destra mi portava a nord mentre quella di sinistra a sud. Io dovevo andare a nord per quanto la strada potesse essere impervia e pericolosa io dovevo comunque andare a nord.


Ma ora c’è davanti a me un altro bivio e non era fatto di terra e pietra ma di carne e ossa. Era una persona, accasciata proprio nel mezzo del sentiero, che non mi dava la possibilità di proseguire se non schiacciandola. Ed ecco il problema, il bivio: l’aiuto o non l’aiuto?


Avevo fretta devo arrivare alla mia meta, altrimenti rischiavo grosso, ma non ero mai stato una persona cattiva, non al punto da lasciare un moribondo su un sentiero nel bel mezzo del deserto. Così sospirando mi avvicinai all’uomo che ancora non ha dato segni di vita e, per sicurezza, lo colpì su un fianco con un bastone. Lo sentì mugolare di disapprovazione, per lo meno era vivo. Non lo vedevo in faccia perché l’aveva rivolta verso terra, né riuscivo a capire se era magro o grasso perché portava un lungo e grosso mantello addosso per proteggersi dal sole e dal caldo, capisco solo che è alto, forse anche più di me


-Hey! Stai bene?- gli chiesi avvicinandomi maggiormente


-A… cqu… a- lo sento dire e in tutta fretta presi la borraccia e cercai di aiutarlo a voltarsi. Anche il viso era completamente coperto da una specie di turbante, molto più complesso del mio, e feci una fatica incredibile a scoprirgli la bocca ma alla fine ci riuscì e gli avvicinai la borraccia. Il tizio dopo soli pochi sorsi riuscì già a sorreggere da solo la fiasca e io mi presi qualche istante per riuscire ad osservarlo. Era un ragazzo abbastanza giovane, forse anche un po’ più giovane di me, il viso era completamente sporco di sabbia e terra ma riuscì a capire che aveva zigomi alti, labbra sottili e occhi di un verde chiaro che quasi sembra azzurro, o forse sono un azzurro che tende al verde? Non ne ero sicuro ma era davvero un color strano e bello, non avevo mai visto qualcuno con occhi di quel colore. Potevo vedere a mala pena un ciuffo di capelli neri che spuntavano da sotto il turbante e che gli andavano ad accarezzare una guancia


-Grazie- mi dice mentre mi porge la borraccia –Mi hai davvero salvato la vita, era da giorni che non bevevo- infatti, soppesando la fiasca, mi accorsi che se ne è scolato più di metà. Stava diventando sempre più un problema per me quel viaggio, adesso dovevo pure razionare l’acqua, rischiavo davvero di non riuscire ad arrivare alla meta


-Non c’è di che- gli dissi io rimettendomi in piedi –ora scusami ma devo andare- mi avviai ma il tizio mi afferrò il mantello e mi fa cadere all’indietro –ma sei pazzo?- inveì mentre tossivo e riprendevo fiato. Per un attimo il mantello ha stretto forte sulla gola e mi ha mozzato il respiro e poi nella caduta ho pure sbattuto la testa! Mi massaggiai la testa e scoprì un bel bernoccolo. Fantastico! La giornata andava di bene in meglio!


-Scusa, non volevo- cercò di dire il tizio ma con rabbia mi rimisi in piedi e me ne andai mandandolo al diavolo. Non avrei dovuto fermarmi, avevo già poco tempo e un mucchio di problemi, non avrei dovuto perderne altro per aiutare quel tizio che probabilmente adesso sarebbe morto lo stesso perché non ha acqua per arrivare alla prossima oasi. Mi bloccai a quel pensiero, certo che non lasciare neppure un goccio d’acqua a quel poveraccio era stata davvero un azione spregevole, lo avevo condannando ad altri patimenti ma non avevo proprio pensato a prestargli la mia scorta, anche perché ne era rimasta pochissima. E ora che avrei dovuto fare? Sarei dovuto tornare indietro e aiutare come si deve quel tizio oppure proseguire per la mia strada? Dannati sensi di colpa! Mi voltai e ritornai sui miei passi ma arrivato al bivio dove avevo trovato l’uomo scoprì che non ne trovai più traccia. Era come sparito nel nulla, vedevo per terra le tracce di dove mi aveva fatto cadere e di dove avevo trovato lui per terra, e poi vedevo l’orma di me inginocchiato mentre lo soccorrevo e le mie impronte che si allontanavano. Guardai tutte le tracce e da un certo punto ne trovai una davvero inquietante, però pensai che non potesse essere vera, magari erano solo un paio di orme messe insieme in maniera strana ma anche se cercavo di convincermi sapevo, in cuor mio, che quella non era uno strano gioco di impronte, ma una grossa e spaventosa orma. Lunga due spanne e larga altrettante, era la forma di tre grosse dita tozze e sulla terra secca e brulla si potevano quasi intravedere le squame impresse ma soprattutto i grossi fori scavati dalle unghie. Potevo cercare di convincermene ma dentro di me sapevo che dovevo muovermi e andarmene se non volevo che il proprietario di quelle orme tornasse e mi trovasse come aveva fatto, molto probabilmente, con il povero viandante che avevo cercato di salvare.


 

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 12:31




Consultai per l'ennesima volta le stelle. Ancora qualche ora, solo qualche altra ora e sarei arrivato alla mia salvezza, un oasi sperduta nel bel mezzo del deserto, me ne avevano parlato i beduini quella mattina e mi avevano spiegato molto bene la strada da seguire. Camminavo molto più spedito da quando era scesa la sera e il caldo torrido aveva abbandonato quelle lande desolate. In una qualche maniera ero riuscito a sopravvivere, avevo razionato l'acqua e avevo bevuto dai cactus, ero persino riuscito a mangiare uno struzzo e nessuno strano mostro mi era venuto a trovare. Avevo avuto gli incubi, ricordavo con incredibile chiarezza ogni particolare di quell'impronta mostruosa e sognavo che la bestia a cui apparteneva mi inseguisse e mi mangiasse. Non avevo passato un solo pomeriggio tranquillo da quando avevo fato quello strano incontro con il moribondo. Sapevo benissimo che il deserto era uno dei luoghi più pericolosi, con tigri, crotali, leoni, sciacalli, vipere, scorpioni e altre bestie simpatiche che ti ammazzano in pochi istanti oppure dopo interminabili sofferenze. Già sulle montagne mi era quasi capitato che una vipera mi mordesse ma grazie ad un po' di fortuna l'avevo vista in tempo e ne ero stato alla larga. Ma le impronte di quel mostro mi avevano scosso molto di più del trovarmi faccia a faccia con la vipera. Non riuscivo a capire a che animale appartenevano e questo mi spaventava molto di più di qualsiasi altra belva feroce del deserto.


Fu un sollievo quando finalmente arrivai in vista dell'oasi nella prima mattinata. Si trovava in una depressione del terreno e non era altro che un piccolo agglomerato di case di sabbia e paglia, sorrette da sabbia e qualche filo secco d'erba, con qualche palma da dattero vicino. Non era molto ma per me che da giorni non vedevo altro che sabbia e rocce, quella fu una visione davvero paradisiaca. Vedevo a mala pena il pozzo al centro di quelle case soltanto perché stavo più in alto rispetto al villaggio. Iniziai a scendere stando comunque molto attento a dove mettevo i piedi, ci mancava solo che così vicino alla mia meta incespicassi e mi rompessi l'osso del collo! Dopo la difficile ascesa iniziai finalmente ad incamminarmi, sul piano, per arrivare al villaggio ma fui bloccato da quattro grossi uomini che mi si pararono davanti con in pugno lunghe e appuntite lance.


-Chi sei?- mi chiese uno di loro, raddrizzandosi per cercare di sovrastarmi ma per sua sfortuna io ero molto alto e gli sarebbe stato difficile cercare di mettermi in soggezione solo con quel suo sguardo truce; le lance puntate alla mia gola ci riuscivano molto meglio


-Mi chiamo Hassan- gli risposi raddrizzando la schiena per non dimostrarmi impaurito


-Da dove vieni? Cosa vuoi?- chiese ancora più truce


-Vengo da Malakal e sto andando a nord, volevo solo un po' dell'acqua del vostro pozzo- spiegai


-Malakal?- chiese quasi incredulo l'uomo mentre gli altri abbassavano impercettibilmente le armi -E come ci sei arrivato qui a Qena?-


-Camminando- risposi io semplicemente e tutti si misero a ridere ma ancora non abbassavano le armi


-E dove sei diretto, viaggiatore?-


-Ancora più a nord- risposi -e vi sarei molto grato se mi aiutaste-


-Prima di questo però devi toglierti mantello e turbante- mi disse molto seriamente l'uomo


-Va bene- risposi mentre già buttavo per terra il mio bagaglio -ma come mai devo farlo?- chiesi, era davvero una cosa strana, non mi era mai stato chiesto di spogliarmi della mia unica difesa contro il caldo torrido


-E' solo che in queste terre si aggira una bestia dal volto umano che stupra le donne e si mangia i giovani- mi bloccai stupito


-Mi stai prendendo in giro?- chiesi e l'uomo scosse la testa tetramente


-Mia figlia è finita fra le sue grinfie e mio figlio è stato dilaniato da lui pochi giorni fa mentre stava giocando poco lontano dal villaggio-


-Mi dispiace- dissi sinceramente, finì di togliermi il turbante e l'uomo mi disse di togliermi anche gli stivali, obbedì e finalmente gli uomini abbassarono le lance


-Scusa per quest'accoglienza- disse l'uomo mentre mi porgeva la mano, ci stringemmo gli avambracci per salutarci -il mio nome è Hipu, scusa se ti abbiamo trattato così rudemente ma capisci che la situazione lo richiedeva... -


-Capisco perfettamente, ti ringrazio di avermi accolto, ripartirò prima possibile... -


-Scherzi?- chiese lui sorpreso -rimani almeno per un paio di giorni, così potrai riposarti come si deve e riprendere in forze il tuo viaggio-


-Non vorrei disturbare- cercai di dire


-Ma non dire sciocchezze! Per noi è un vero piacere averti come ospite!-


-Bhè... allora penso che accetterò... è da un pezzo che non riesco a riposarmi bene- Hipu mi scortò al villaggio mentre i suoi uomini tornavano di guardia nascosti fra bassi arbusti e rocce. Come già avevo visto dall'alto, quello non era un grande villaggio e, dato che era molto presto, non c'era neppure molta gente in giro. Hipu mi portò ad una delle case, era bassa e rotonda con i muri fatti di malta e sabbia, coperta da un tetto di paglia. Sulla soglia c'era una donna, la pelle nera come la notte e gli occhi appena più chiari, con i capelli lunghi pettinati in tante minuscole treccine nere e acconciati con anelle di ferro e piume, di struzzo e di oca probabilmente. Portava una leggera tunica rossa e molte anelle a braccia, gambe e al collo


-Moglie, abbiamo ospiti!- disse Hipu e la donna annuì appena, ritornando poi al suo lavoro -Entra, ti offro da bere- seguì il mio ospite in casa e insieme bevemmo birra, una delle migliori che avessi mai assaporato, mentre io raccontavo del mio viaggio, anche se schivai tutte le volte il motivo di tanta fatica, alla fine anche Hipu si diede per vinto. Il mio ospite era molto contento di avere un visitatore, non gli capitava spesso, mi disse. Aveva la stessa pelle nero pece di tutti quelli del villaggio che avevo incontrato fin ora, ed era vestito con gli stessi abiti rosso acceso, però i suoi occhi tendevano più al grigio che al nero e i capelli erano vistosamente tinti con uno strano rosso terroso. Dopo molto parlare del mio viaggio, finalmente toccò a me fare le domande


-Mi puoi parlare del mostro che gira da queste parti?- chiesi e il mio ospite diventò incredibilmente serio


-Immagino che per te che hai ancora così tanta strada da fare sia molto importante sapere di lui- disse Hipu appoggiando il suo boccale e intrecciando la mani appoggiate sul tavolo -Ebbene, ha attaccato il nostro villaggio e la nostra gente ben quattro volte nell'ultimo anno ma anche i villaggi vicini hanno subito la sua visita diverse volte e come ti ho già detto questo mostro predilige le donne e i bambini... però è capitato una volta che attaccasse anche una carovana di beduini ma in quel caso gli è andata male! I beduini non si lasciano ingannare così facilmente da dei mostri come quello, loro conoscono il deserto meglio di chiunque altro e nel loro sangue ne scorre la sabbia! Sono riusciti persino a ferirlo ma le loro armi non l'hanno potuto però uccidere... -


-E cosa può uccidere questo mostro?-


-Nessuno lo sa... è arrivato qui da poco e non abbiamo ancora imparato a combatterlo, oltretutto è infido, non si mostra mai subito nella sua brutalità ma come un ladro entra nel villaggio e nell'ombra della notte si muove per aggredire prede facili... fortunatamente sembra che ce ne sia soltanto uno da queste parti... se ti muovi e te ne vai velocemente da qui potresti non doverlo neppure incontrare... -


-E perché non ve ne andate anche voi?-


-Perché qui c'è la nostra casa, se tu sei disposto così alla leggera a lasciare la tua terra per noi non è così facile- ribadì duramente Hipu


-Neppure per me è stato facile lasciare la mia terra- dissi tristemente e il mio ospite si accorse di aver parlato troppo. Cercò di scusarsi ma non lo lasciai parlare e gli chiesi che aspetto avesse il mostro


-I beduini dicono che all'inizio era apparso loro come un qualsiasi viandante del deserto, con un lungo mantello pesante che non sembrava tenere per nulla fresco e uno strano turbante, come non ne avevano visti da nessuna parte! E loro viaggiano per tutte le terre e per tutti i deserti, hanno visto tante cose strane, ma l’abbigliamento di quel mostro era qualcosa di insolito pure per loro! E sotto quel pesante mantello c'è altro!- prese aria e continuò -dicono che abbia le gambe da lucertola ma con giganteschi artigli e che le sue mani possano diventare grandi ali con cui si alza in volo... dicono anche che vomiti fuoco e che sia come una gazzella volante, quasi impossibile da abbattere-


-E allora come hanno fatto i beduini a ferirlo?-


-Non lo so! Fortuna?- suggerì Hipu


-Immagino che se un essere del genere mi attaccasse non avrei scampo- rabbrividì al pensiero, quel viaggio stava diventando più complicato del previsto


-Allora ti consiglio di viaggiare solo di giorno, perché quella bestia attacca di notte-


-Penso che seguirò il tuo consiglio, tanto uscito da questo deserto dovrei trovarmi in climi più miti giusto?- Hipu annuì e sua moglie entrò in casa portando un grosso pentolone. Ecco cos'era il buon odore che sentivo da un po' nell'aria. Io e Hipu mangiammo mentre lui continuava a tormentarmi con domande sul mio villaggio e sui posti che avevo visto fino a lì. Io invece rimasi stupito dal fatto che sua moglie non partecipasse al pranzo ma non dissi nulla. Paese che vai, usanze che trovi. E io di usanze strane ne avevo viste. Ormai potevo quasi definirmi un beduino del deserto anche io.

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 15:15




La sera arrivò velocemente, la mia pancia era piena, la mia gola bagnata e le mie membra sanate, anche se avevo un po' mal di testa per colpa delle tante chiacchiere con Hipu. Non era un uomo cattivo ma era un po' asfissiante con tutte quelle domande. Decisi di andare a fare quattro passi prima di andare a letto, avevo tutte le gambe intorbidite e il mio ospite mi raccomandò di tornare prima che calasse la notte, prima che il mostro potesse arrivare, e io ero più che d'accordo con lui. Non mi piaceva l'idea di finire sbranato da una specie di uomo-rettile. Salì su per il promontorio che avevo percorso quella mattina ma in senso contrario e osservai la zona attorno a me, la mattina seguente mi sarei alzato presto e mi sarei rimesso in viaggio. Presto sarei arrivato alla mia meta e finalmente il mio male sarebbe scomparso. Vidi sotto di me gli uomini affaccendarsi prima di andare a riposare, spegnendo i fuochi e mettendo nei recinti gli animali, se non fosse stato per i loro abiti strani e le loro pelli così scure avrei quasi potuto scambiarli per la mia gente. Sentivo profondamente nostalgia di casa, volevo tornare dei miei parenti e invece avrei dovuto proseguire dalla parte opposta, allontanandomi inesorabilmente da loro. Sospirai avvilito, era da un po’ che non avevo il tempo di pensare a quello che avevo lasciato, troppe preoccupazioni, troppo caldo per perdersi in pensieri cupi. Ora però il sole stava tramontando, dovevo scendere in fretta da lì e tornare al sicuro a casa di Hipu ma mi trovai la strada sbarrata da un grosso masso. Eppure ero convinto di essere salito da quella parte; cercai un'altra strada per scendere ma non ne trovai, tornai allora sui miei passi e dove poco prima mi ero fermato a guardare la valle ora c’era il mio sacco delle provviste, ora stracolmo, la mia borraccia piena insieme ad un'altra altrettanto colma e tutto il mio bagaglio. Li fissai per un attimo confuso


-Faresti bene ad andartene- sobbalzai spaventato quando mi accorsi dell’uomo alle mie spalle, era ammantato pesantemente, stava diritto sul limite del precipizio e sentì il suo sguardo fisso intensamente su di me. La luce della luna appena sorta mi mostrò il colore dei suoi occhi: uno strano ed unico azzurro-verde che mi rivelò la sua identità


-Sei il moribondo! Sei vivo!- esclamai sorpreso, avevo pensato che quel poveretto fosse stato sbranato dal mostro del deserto


-Si e ti sto ripagando per la tua gentilezza- disse ma i suoi occhi erano duri e freddi –vattene da questo villaggio prima che quegli uomini ti uccidano-


-Perché mai dovrebbero uccidermi?- chiesi stupito e confuso –Mi hanno offerto ospitalità e sono stati gentili con me… -


-Ma le loro donne impazziscono ogni notte e tentano di uccidere i mariti per mangiarseli- disse l’uomo duramente, io stentavo a crederci –Sono malate e i loro compagni non possono fare altro che assecondarle, ogni notte offrono loro animali ancora vivi ma alcune volte le donne scappano, oppure loro stessi le lasciano scappare, non l’ho ancora capito bene, e si mangiano i loro bambini o i loro uomini, ma tutte le volte che un viandante entra in questo villaggi gli uomini lo prendono e per due o tre notti fanno in modo che lui sia il banchetto vivente-


-È orribile!- esclamai tremando appena


-Si, quindi ti consigli di andartene il più in fretta possibile da qui- detto questo si voltò ma questa volta fui io a bloccarlo


-Ma tu chi sei?- gli chiesi


-Non ti hanno parlato di me?- chiese lui


-No, non… - poi fui folgorato da un idea, che quello fosse il mostro da cui Hipu mi aveva messo in guardia? Però era impossibile, se era il mostro allora mi avrebbe attaccato e di certo non mi avrebbe aiutato a scappare. Il tizio si abbassò il cappuccio con due soli movimenti fluidi e questa volta potei vedere ogni dettaglio del suo viso: gli occhi dal dubbio colore, il naso aquilino, gli zigomi alti e le orecchie lunghe e appuntite simili a quelle di un fennec ma senza pelliccia e poi i capelli neri lunghissimi, come non li aveva mai visti neppure ad una donna, che gli scivolavano dalla spalla fino ai fianchi. Non riuscivo a parlare e quando quello alzò le mani verso di me caddi all’indietro disgustato e spaventato: le mani ora erano ali, le falangi di tre dita si erano allungate a dismisura e si erano unite in una membrana sottile e pulsante, dello stesso colore della sabbia, c’era poi un altro artiglio sul gomito che non sembrava essere l’allungamento di nessun osso ma solo un grosso unghione al quale la membrana si attaccava e dal quale proseguiva più aderente al braccio fin sotto il mantello che era tagliato ai lati


-Non pensi che se avessi voluto ucciderti non l’avrei già fatto?- chiese il mostro guardandomi con quei suoi due occhi strani che sembravano volermi sondare le anime –Avanti, alzati! Non ti attaccherò è seccante mangiare voi esseri umani, mi rimanete sullo stomaco… è fastidioso- mi guardò e allungo le sue strane mani alate verso di me –Hey! Stavo solo scherzando… - disse sorridendo e sembrando quasi umano –io non mangio gli esseri umani, fidati- fidarmi di un mostro? Era una pazzia! Mi avrebbe sbranato e poi mi avrebbe vomitato le ossa come fanno i serpenti! Ma allora perché mostrarmi la sua vera forma? Se mi voleva mangiare lo avrebbe potuto fare subito e io non sarei neppure riuscito a difendermi. Vedevo i muscoli delle braccia ed erano potenti, mi avrebbero potuto stritolare nella loro morsa molto facilmente, ma non l’avevano fatto. Non sapevo bene cosa fare, se fidarmi o meno ma alla fine, spinto da non so bene quale impulso, afferrai la sua mano, o per meglio dire le uniche tre dita che non erano diventate ali e mi accorsi solo in quel momento che aveva sei dita per mano: pollice, indice e medio rimanevano normali mentre le altre si trasformavano


-Mi chiamo Wadi- disse il mostro lasciando velocemente la mia mano come se ne fosse stato ustionato –Adesso siamo pari giusto?- chiese e io annuì appena, ancora confuso e lui sorrise mostrando le lunghe zanne bianche e affilate e facendomi tremare dalla testa ai piedi –Bene, allora io vado… - disse voltandomi le spalle e rimettendosi il suo turbante –Dimenticavo! Come ti chiami?-


-Hassan- risposi senza pensarci ma quasi subito me ne pentì, non volevo che quell’essere sapesse il mio nome, avrei tanto voluto non dirglielo!

-Io sono Wadi- mi sorrise e si voltò per saltare oltre il dirupo allargano le sue braccia alate e sbattendole per prendere quota, fece un solo giro sopra i villaggio e poi iniziò a volare verso nord. Intanto si levò un urlo agghiacciante dal villaggio e io mi avvicinai al dirupo per guardare di sotto, vidi le donne correre fuori dalle loro case, seguite da alcuni uomini armati di lance che le spinsero verso il centro del villaggio. Riuscì a mala pena a distinguere Hipu, nel chiarore delle torce appena accese per contrastare l’avanzata del buio, stava litigando animatamente con altri uomini e ad un certo punto la discussione divenne lotta e vidi il mio ospite venire ucciso da uno dei suoi compagni e poi dato alle donne che ci si lanciarono sopra, per sbranarlo. Un urlo terrificante si sparse per la valle e io mi voltai a quella atrocità, presi le mie cose e mi rimisi in viaggio il più in fretta che potevo. Non persi neppure un minuto a pensare al fatto che Wadi il Mostro era volato nella stessa direzione che stavo percorrendo io.
 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 15:40




Entrai nella piccola bottega e comprai del pesce fresco e un po’ di crostacei che ancora si muovevano e che il pescatore mise dentro ad un sacchetto bagnato. Mi consigliò di mangiarli alla svelta, prima che perdessero il loro sapore di mare e io sorrisi ringraziando, in realtà avrei voluto spaccagli la faccia per il prezzo che mi aveva sparato che quei due pesciolini striminziti e quei due gamberetti, ma non lo feci perché il pescatore era decisamente molto più grosso di me, anche se più basso. Ero da poco arrivato a Masyada e già mi avevano fregato dei soldi! Attraversai in fretta il villaggio che però era molto più grande di quanto mi aspettassi e non riuscì a trattenermi dal comprare anche del pane e un fiasco di vino e fui piacevolmente sorpreso di scoprire che lì non erano tutti ladri come il pescatore di prima.


Masyada era un paesino di mare con nulla di particolare che lo contraddistinguesse da tutti gli altri paesini di mare che avevo visto durante il mio viaggio, la sua gente aveva la pelle scura, i capelli neri e gli occhi dello stesso colore, portavano abiti bianchi e leggeri per sopportare meglio il caldo e, soprattutto per i pescatori, per nuotare più facilmente se fossero caduti in acqua. Ero arrivato lì dopo un viaggio lungo e sfinente. Avevo camminato per giorni anche sotto il caldo cocente e alla notte difficilmente riuscivo a dormire, il volto del mostro che aveva voluto salvarmi mi impediva di dormire e mi teneva sveglio con riflessioni strane. Ero curioso, era sempre stato un mio brutto vizio, e per colpa di questo vizio mi era capitato di ritrovarmi ad interrogarmi sulla natura del mostro che mi aveva salvato per ripagarmi di averlo aiutato. Mi chiedevo spesso, complici anche le lunghe giornate nel deserto passate da solo e con l’unico rumore dei miei passi sulla sabbia e del vento, se quel mostro non fosse in realtà solo un poveretto che, come me, si era trovato un giorno a vedere il proprio corpo mutare oppure se era semplicemente nato così, se c’erano altri come lui e poi altri mille interrogativi che probabilmente sarebbero rimasti senza risposta.


Andai verso la riva e cercai un posto appartato dove prepararmi uno stufato di mare decente. Pranzai per la prima volta in tranquillità ma ancora con la sabbia che mi infastidiva, si infilava nella mia bocca e fra i miei vestiti. Ma presto mi sarei potuto scrollare di dosso quel dannato turbante e quel dannato mantello. Presto sarei arrivato a terre rigogliose e verdi dove la sabbia non mi avrebbe più infastidito. Mangiai con calma, gustando lo strano sapore di quei pesci e quei crostacei, da dove venivo io avevano tutto un altro gusto, non sapevano così tanto di mare, di sale. Comunque erano buoni. Quando ebbi finito di mangiare buttai in mare una piccola razione di cibo perché gli spiriti se ne cibassero attraverso i pesci e, magari, mi aiutassero a trovare un pescatore che mi accompagnasse oltre quel mare, facendomi risparmiare giorni e giorni di cammino. Passai praticamente tutto il resto della giornata a parlare con vecchi lupi di mare ma non riuscì a trovare nessuno disposto a spingersi così a nord, neppure per tutto l’oro che avevo da offrire. Così mi allontanai stizzito da quel villaggio e ripresi il mio cammino, magari nel prossimo villaggio sarei stato più fortunato. Era una cantilena che orami mi ripetevo da giorni.


La notte scese impietosa e mi costrinse ad accamparmi all’addiaccio ma a me non dispiaceva, era meglio così piuttosto che dover sprecare i soldi, che erano già pochi. Mi stavo per addormentare quando sentì qualcuno che cantava. Sembrava essere abbastanza vicino a dove mi ero accampato e per un attimo pensai potesse essere una sirena, i marinai mi avevano messo in guardia dal seguire il canto di quelle infernali creature, dicevano che mi avrebbero ucciso se avessi provato a seguire questi strani esseri. Glieli avevano descritti come donne con grandi ali di falco e la coda di pesce che potevano volare e nuotare e che annegavano i marinai, portavano le tempeste ed erano accompagnate da mostri marini dai nomi irripetibili, dal tanto erano complicati. Però il canto che sentì io non veniva dal mare ma dalla terra, solo poche centinaia di metri di distanza.


Come ho già detto la vita ci mette sempre davanti a dei bivi: restare o cercare di capire da chi proveniva quel canto così melodioso? Decisi di scoprirlo ma non senza precauzioni, presi la faretra e incordai l’arco, misi alla cintola anche il coltello in caso le frecce non fossero bastate e mi avviai. Dalla spiaggia dove mi ero accampato e dove il terreno era appena consolidato risalì su un leggero pendio dove il terreno diventava duro e basse piante potevano crescere e via via si facevano sempre più alte, finché non mi arrivarono addirittura alla cintola. Proseguivo acquattato fra queste piante giallognole e seguivo questa voce finché non ne trovai il padrone. Rischiarato appena dalla luna vidi l’ultima persona che mi aspettavo di vedere in quel momento e che meno desideravo incontrare. Era Wadi, seduto fra i bassi arbusti che cantava ad occhi chiusi ma con in volto fisso alla luna che illuminava i tratti del suo viso, le strane orecchie e il suo corpo. Non era infatti coperto dal suo solito pesante mantello e potei vedere distintamente fin dove era uomo e dove era lucertola. Il suo petto nudo era bianco e immacolato come il suo viso ma le gambe, dai fianchi in giù, erano come quelle di un rettile: squamate e tozze ma lunghe, sembravano fatte per la corsa e i grossi artigli delle tre dita rivelavano anche che era fatto per uccidere prede molto grosse. Le ali si ricongiungevano al corpo all’altezza dell’ultima costola e la pelle bianca si sfumava del giallo sabbioso della membrana alare. Potevo poi vedere la coda che scendeva da dietro alla schiena che si muoveva solo di tanto in tanto, come percorsa da un fremito. Era lunga e affusolata, con delle specie di piccoli corni su un lato. E poi la sua voce, così soave e morbida, eppure profonda e maschile, era incredibile. Era una creatura mistica, bella nella sua unicità e stranezza ma io non potevo rimanere lì a fissarlo inebetito, dovevo andarmene prima che mi vedesse e che magari mi attaccasse. Mi voltai e il più silenziosamente possibile me ne tornai sui miei passi


-Te ne vai di già?- sentì chiedere e mi bloccai di botto, riuscivo soltanto ad imprecare nella mia testa. Il mostro ricominciò a cantare e io sentì come se mi fosse stata appena gettata addosso una secchiata di acqua fredda, cercai di muovermi il più silenziosamente possibile ma ancora una volta lui si interruppe sospirando –Senti, pensi sinceramente che con tutto il fracasso che stai facendo e da tutte le foglie che stai muovendo io non mi sia accorto di te? Avanti vieni fuori!- parlò con voce tranquilla e io non potei che assecondarlo. Mi aveva beccato, che altro avrei potuto fare? Mi alzai e mi voltai a fissarlo e lui mi restituì lo sguardo sorridendo –Ciao Hassan!- disse sorprendendomi, si ricordava il mio nome!


-Ciao Wadi- risposi io, sempre ben piantato dove mi trovavo e questa volta fu lui ad essere sorpreso


-Ti ricordi il mio nome-


-E tu ricordi il mio-


-Non molti mi rivelano il loro nome, di solito fuggono semplicemente via urlando- disse ridendo ma io non riuscì a fare altrettanto –Ti va di tenermi compagnia?- mi chiese stupendomi


-Cosa?-


-Resta con me, devo cantare tutta la notte per onorare gli spiriti ma non è bello farlo da soli- mi spiegò e io mi trattenni dal rispondere subito di no, indeciso. Il mio istinto andava da due parti opposte: la mia natura più umana mi urlava di scappare via perché quello era un essere pericoloso ma dall’altra parte ero curioso di sapere se fosse davvero così pericoloso oppure fosse tutta apparenza


-Devo andare a prendere le mie cose- dissi quando decisi, in fondo se avesse voluto aggredirmi lo avrebbe fatto subito, no?


-Non scapperai vero?- mi chiese Wadi molto serio


-No, vado solo a recuperare le mie cose- mi sorrise e io mi infilai l’arco in spalla. Tornai al mio accampamento, arrotolai il mio sacco e riappesi alla mia sacca frecce e arco, mentre il coltello lo tenni al mio fianco, va bene tutto ma ancora non ero molto sicuro di potermi fidare di quello starano essere. Scrutai ogni centimetro di terreno alla luce della luna e delle stelle e mi accertai di non aver lasciato nulla, solo allora tornai da Wadi che continuava a cantare. Appoggiai la mia sacca e mi sedetti poco distante da lui che smise per un attimo di intonare le sue arie


-Puoi anche dormire se sei stanco, immagino che io non sia la migliore compagnia del mondo, soprattutto stanotte- rise e scosse la testa, i suoi lunghi capelli neri si scompigliarono e gli ricaddero scomposti sulle spalle, poi tornò a fissarmi –Se sei preoccupato che ti aggredisca, perché lo so che ci stai pensando, tranquillizzati, ho già mangiato- si allungò e prese da terra quella che sembrava la carcassa di un coniglio o di una lepre –E io uccido solo se ho fame o se mi attaccano- precisò e io annuì appena, che altro avrei dovuto fare? Wadi riprese a cantare e io mi preparai a dormire, avrei preferito un terreno più morbido ma non credo che il ragazzo avrebbe preso molto bene il fatto che me ne volessi andare da lui, così mi rigirai un paio di volte in cerca di una posizione comoda e alla fine mi addormentai anche se sapevo che mi sarei svegliato con la schiena a pezzi.

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 16:09




 


Mi svegliai che ormai era mattino, il sole aveva già iniziato a compiere il suo corso nel cielo ed era già piuttosto alto nel cielo. Mi tirai a sedere grugnendo di dolore, avevo la schiena e il collo a pezzi. Mi guardai intorno e mi accorsi di essere solo. Stupito mi alzai in piedi e guardai in giro in cerca di una qualche forma di vita ma non ne riuscì a scorgere, c’erano solo le alte erbe giallognole, sabbia e il mare poco lontano. Sospirando mi ravvivai i capelli e mi misi a frugare nel mio zaino in cerca di qualcosa con cui fare colazione. Presi il pane che era rimasto dal giorno precedente e che ora era duro come un sasso e qualche striscia di carne d’antilope essiccata. Quando avevo praticamente finito di mangiare la spiaggia fu spazzata da un vento impetuoso che alzò la sabbia e me la fece arrivare anche in bocca, tossicchiando sputai e cercai di riprendere fiato


-Buon giorno- alzai lo sguardo e incontrai quello di Wadi


-Anche a te- risposi continuando a tossire e cercando di aprire la borraccia


-Ti è andato di traverso?- mi chiese


-No, la sabbia… - dissi prima di riuscire finalmente a bere


-Scusa, non volevo- disse il mostro sorridendo –Che mangi?- mi chiese inginocchiandosi davanti a me e guardando la carne che tenevo in mano


-Antilope- risposi –ne vuoi un pezzo?- vidi i suoi occhi illuminarsi e mi sorrise estasiato. Gli lasciai le ultime strisce di carne che mi erano rimaste e mangiai gli ultimi bocconi della mia


-Grazie- disse il ragazzo –stamattina la caccia è andata uno schifo- sbuffò frustando l’aria con la coda. Mi alzai e mi misi le mie cose in spalla –Dove vai?- mi chiese il ragazzo rettile


-Devo continuare il mio viaggio- gli risposi io sperando caldamente che non avesse intenzione di fermarmi


-E dove sei diretto?-


-A nord- riposi evasivo


-Anch’io stò andando da quella parte- disse sorridendo e raccogliendo da dietro un cespuglio le sue cose e coprendosi con il suo lungo mantello –Ti va se facciamo un po’ di strada insieme?-


-Ma io non posso volare- gli feci notare –E non credo di essere abbastanza veloce da tenerti dietro- Wadi sorrise


-Allora ti porterò in groppa, sono stanco di viaggiare solo- si accucciò per farmi salire sulle sue spalle ma io rimasi ben fermo dove mi trovavo –qualcosa non va?- mi chiese lui


-Non voglio- dissi duramente


-Perché?-


-Perché no!- lo superai e mi incamminai. Wadi mi fu subito affianco, come avevo immaginato era molto veloce


-Non vuoi viaggiare con me?- mi chiese mettendo il broncio, a parte l’aspetto piuttosto maturo sembrava proprio un bambino


-Voglio stare con i piedi per terra- risposi io duramente –non mi piace stare in alto-


-Soffri di vertigini?-


-Qualcosa del genere-


-Mi dispiace non lo sapevo- disse Wadi seriamente dispiaciuto e io mi sentì un po’ in colpa per avergli mentito. In realtà io non soffrivo per niente di vertigini, semplicemente non mi piaceva l’idea di volare sulla sua schiena


-Non fa nulla- dissi e continuammo a camminare in silenzio.

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 16:45




Continuammo a camminare in perfetto silenzio per due giorni consecutivi. Wadi di tanto in tanto mi lanciava qualche sguardo di sottecchi e non sembrava più tanto felice di camminare con me. Si vedeva lontano un miglio che si stava trattenendo per camminare alla mia stessa andatura e avrebbe decisamente preferito volare o correre ma per una qualche strana ragione continuava a stare silenzioso al mio fianco. Alla sera spariva in volo mentre io mi preparavo per andare a dormire e tornava quasi sempre con qualcosa da mangiare, la sera prima era riuscito a cacciare un piccolo gnu e mi aveva persino lasciato la carne che lui non era riuscito a mangiare. Alla notte si accucciava il più vicino possibile al fuoco e alla mattina si svegliava sempre molto presto, aiutandomi con i preparativi per la partenza, sempre silenzioso e, in una qualche maniera, triste.


Verso la metà della quarta mattina mi decisi a trovare un qualche argomento di cui parlare, il silenzio stava diventando davvero insopportabile


-Fin dove continuerai ad andare a nord?- gli chiesi e Wadi sobbalzò appena


-Fino a che i mari non diventeranno ghiaccio- mi rispose lui sorridendo appena, sembrava sinceramente felice che gli avessi finalmente rivolto la parola


-Allora dovrai andare molto a nord- constatai, avevo sentito vagamente parlare di un luogo dove i ghiacci inghiottivano il mare ma non avevo idea di dove si trovasse di preciso questo posto. Wadi annuì


-E tu dove sei diretto?- mi chiese sorridendo


-A un mare che è nero come la notte- gli risposi –però non so bene dove si trovi, il mio sciamano mi ha detto di continuare ad andare a nord e che le mie gambe avrebbero trovato da sole la strada… - sbuffai esasperato, odiavo gli sciamani e il loro essere così misteriosi


-Io ci sono stato- disse Wadi


-Come?- chiesi stupito


-È a una settimana di volo da qui… è un bel posto, anche se l’acqua è così salata che un solo sorso ti da’ alla testa-


-E a piedi quanto tempo ci vorrà ad arrivarci?- chiesi speranzoso, la mia meta sembrava ora così vicina, la mia salvezza così a portata di mano


-Con il tuo passo almeno tre mesi- sbuffò Wadi e io sentì come se l’intero mondo mi stesse crollando addosso. Era anche possibile che io non avessi tre mesi –Ho detto qualcosa di sbagliato?- mi chiese il ragazzo rettile –Ti sei incupito tutto d’un colpo-


-No, nulla- mentì io e presi a camminare a passo più spedito –Mi potresti portare a questo mare?- chiesi e il ragazzo sorrise aprendo le ali e alzandosi in aria, volando contento –lo devo intendere come un si?- chiesi per conferma e Wadi fece uno strano verso che mi mise i brividi


-Certamente!- mi rispose ridendo e volando attorno a me. Si alzò ancora di quota e scrutò l’orizzonte per poi precedermi in volo. Allungai ulteriormente il passo per tenergli dietro, non avevo un solo minuto da perdere, già avevo impiegato quattro mesi dal mio villaggio fino a lì, non avevo la minima intenzione di impiegare altri tre mesi per arrivare alla mia meta. Per quanto fossi malato avrei continuato a camminare e correre verso la mia salvezza finché le mie gambe mi avessero retto e quando non avessi più potuto camminare sarei anche strisciato come un verme ma non mi sarei mai arreso, non mi sarei lasciato morire come aveva fatto mio padre, avrei combattuto per la mia vita e avrei vinto.


Wadi non si fece vedere per il resto della giornata ma mentre il sole ormai cominciava a calare insieme al mio passo, lo vidi in lontananza che volava nella mia direzione simile a una rondine in grazia. Scese di quota veloce come uno sparviero e solo all’ultimo aprì le ali per bloccare la discesa, alzando un incredibile polverone che arrivò fino a me che gli stavo a diversi metri di distanza


-Ho trovato un posto perfetto per la notte- mi informò venendomi incontro –è solo a pochi chilometri da qui-


-Grazie- dissi tossicchiando e tentando di ripulirmi gli occhi dalla sabbia. Wadi sorrise e mi camminò affianco, saltellando tutto contento ma ormai stava scendendo la notte e io praticamente non ci vedevo più niente e sempre più spesso inciampavo e tentavo di cascare. Il ragazzo rettile se ne accorse e allungò il passo per precedermi e cercare intanto qualcosa fra i cespugli. Trovò quello che, nella semioscurità, mi sembrò un lungo legno e se lo portò davanti al viso. Emise uno strano verso e prima che potessi capire cosa stesse facendo, dalla sua bocca uscirono lunghe lingue di fuoco che mi accecarono. Quando potei di nuovo vedere, Wadi teneva in mano una fiaccola improvvisata e mi precedeva, tenendola alta per rischiararmi il sentiero


-Grazie- gli dissi e lui si voltò a sorridermi. Poco dopo arrivammo ad una strana insenatura poco distante dal mare dove le rocce si aprivano a formare una gotta naturale. L’ingresso era in parte chiuso da pali e frasche ma si vedeva che l’interno, anche se non molto ampio, era abbastanza spazioso per due persone. Wadi entrò per primo e lasciò cadere la sua fiaccola improvvisata in un cerchio di pietre che prese quasi subito fuoco –L’hai fatto tu questo?- gli chiesi stupito accorgendomi che c’era addirittura un letto di erba secca vicino al falò


-Si, così avresti potuto camminare di più e non avresti dovuto pensare a prepararti un rifugio per la notte- mi rispose il ragazzo mentre si toglieva il mantello e lo gettava lontano


-Ti ringrazio, non avresti dovuto- dissi sinceramente


-Non ti preoccupare, a me ha fatto piacere- mi rispose mentre si accovacciava vicino al calore del fuoco, attorcigliando la lunga coda attorno al suo stesso corpo –Sembravi davvero molto triste quando ti ho detto che ti ci sarebbero voluti dei mesi ad arrivare al mare notturno- sbadigliò –se nei prossimi giorni ci svegliamo un po’ prima dell’alba e camminiamo fino a sera come oggi, fermandoci solo un paio di volte allora penso che in un mese e mezzo riusciremo ad arrivare a destinazione- mi disse e involontariamente io gli sorrisi grato


-Ti ringrazio davvero tanto per quello che stati facendo per me- gli dissi –pensavo che tu fossi un mostro sanguinario ma mi sbagliavo, mi stai salvando- Wadi sorrise


-Adesso però non esagerare- rise strofinando il viso contro il braccio destro che in quel momento era umano –e poi tu mi stai tenendo compagnia, mi fai fare qualcosa, è sempre così noioso viaggiare da soli… - sospirò tristemente


-Perché stai andando a nord, fra i ghiacci?- gli chiesi curioso, non sembrava essere adatto a vivere fra i ghiacci e le nevi, piuttosto lo vedevo bene nel deserto o nella savana, dove con le sue ali e la sua pelle si sarebbe mimetizzato benissimo


-Torno a casa dopo un lungo viaggio- mi spiegò con aria triste –noi draghi viviamo fra i ghiacci del nord ma una volta ogni dieci anni, quelli giovani come me, compiono un viaggio verso sub, verso un'altra colonia di draghi-


-E perché lo fate?- chiesi curioso, la mia paura verso di lui era completamente svanita, mi stava salvando non avevo davvero più motivi per temerlo


-Per cercarci un compagno, come lo chiamate voi… ? Un marito!-


-Una moglie- lo corressi


-Se è nel periodo in cui è femmina…. – rispose Wadi stiracchiandosi e cercando una posizione più comoda


-Cosa intendi dire?- chiesi perplesso


-Noi draghi non siamo come voi esseri umani- mi spiegò –noi abbiamo un periodo della nostra vita in cui siamo femmine e un altro in cui siamo maschi, anche se la differenza per voi esseri umani non è così facile da notare… - rise mostrando appena i lunghi denti


-E tu ora sei… -


-Maschio- mi rispose distendendosi su un lato, senza neanche pensarci lo guardai, non c’era dubbio che il suo corpo fosse di un uomo ma fra le gambe non c’era niente, solo scaglie. Si tornò a stendere sorridendo in una strana maniera, io non ci avevo capito niente e mi rannicchiai più stretto nel mio mantello –Perché non te lo togli quel coso?- mi chiese Wadi perplesso


-Questo?- chiesi toccando il mio mantello e il ragazzo annuì -Perché tiene fresco e perché così non mi va la polvere in bocca e nel naso- gli spiegai


-Com’è possibile? Il mio mantello tiene tremendamente caldo, è così fastidioso averlo addosso!-


-Forse non è del tessuto adatto- ipotizzai –se vuoi al prossimo villaggio te ne posso comprare uno più adatto… - il ragazzo mi sorrise


-Grazie-


-È il minimo, tu mi stai aiutando davvero tanto… -


-Ma perché hai tutta questa fretta di arrivare al mare notturno?-


-Perché sono malato- gli confessai e Wadi si fece incredibilmente attento –è una malattia che manda i miei arti in cancrena, a poco a poco io muoio… forse fra tre mesi potrei perire definitivamente, il mio sciamano mi ha detto che se voglio avere una qualche possibilità di sopravvivere dovevo andare a nord, verso un mare nero come la notte e così ho iniziato a camminare-


-Mi dispiace- disse Wadi con espressione decisamente triste


-Non è mica colpa tua se la mia famiglia è afflitta da questo male- dissi cercando di sdrammatizzare


-Però mi dispiace lo stesso, se tu non soffrissi di vertigini ti porterei volentieri in volo fino al mare notturno… -


-Ci arriverò lo stesso- gli dissi


-E io ti aiuterò- rise e io non potei fare a meno di fare altrettanto.

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 17:34




-Mi racconti qualcosa di te?- chiesi continuando a seguire Wadi che camminava spedito davanti a me


-Cosa vuoi sapere?- mi chiese mettendosi a camminare all’indietro e riuscendo comunque ad essere molto più veloce di me


-Non lo so! Parlami della tua terra, della tua famiglia, dei luoghi che hai visitato… di quello che vuoi… - Avevamo da poco superato Chekka, un altro dei tanti porti di mare e Wadi stava sfoggiando per la prima volta il nuovo mantello, era color ocra, lungo e leggero e teneva molto fresco. Stavamo camminando senza sosta da quella mattina ed era giunta sfortunatamente l’ora più calda della giornata. Io non potevo più parlare ma il silenzio mi stava uccidendo così Wadi avrebbe dovuto parlare per me, visto che non sembrava mai stanco


-Vuoi l’intera storia della mia vita allora?- rise il ragazzo e io annuì molto seriamente, così iniziò a raccontare –Come ti ho già detto sono nato a nord, nelle terre dei ghiacci perenni… sono nato da un uovo di drago ma mio padre era un essere umano, mia madre se ne era follemente innamorata da giovane e per conquistarlo aveva rinunciato alla sua natura di dragonessa, è diventata umana e ha perso tutti i suoi poteri e la sua lunga vita… ma quando mia madre è rimasta incinta il suo innamorato l’ha abbandonata e dopo soli poche settimane si è sposato con una ricca ereditiera… Mia madre allora è tornata dagli altri draghi ma non l’hanno voluta perché lei non era più un vero drago, non era più una di loro… - sospirò avvilito –ci ripensarono solo quando lei partorì un uovo e la misero davanti ad una scelta: poteva ritornare fra di loro ed essere una vera dragonessa ma avrebbe dovuto rinunciare al suo uovo oppure poteva rimanere umana ma io sarei diventato un drago e avrei vissuto con i miei simili, lontano dalla crudeltà degli esseri umani… - mi guardò con occhi tristi –Lei decise per il mio bene e un anno dopo la mia nascita morì- Si voltò per nascondermi la sua espressione ferita


-Mi dispiace- gli dissi sinceramente


-Non ti preoccupare, ci ho fatto l’abitudine… - disse con un sorriso tirato ma io pensavo che non ci fosse modo per abituarsi alla morte della propria madre-Vuoi sapere qualcos’altro su di me?- mi chiese continuando a sorridere ma questa volta non fu un sorriso sincero, di quelli che gli illuminavano gli occhi di quel colore unico, era triste. Allora gli chiesi dei posti che aveva visitato, parlare della sua famiglia avevo capito che non era una buona idea, lui mi raccontò di foreste sterminate in cui non si capiva mai se fosse giorno o notte, di enormi caverne in cui le pietre pendevano dal soffitto o salivano dal terreno come denti della montagna, e poi di colline in cui la terra era rossa, gialla e blu e di altre mille sfumature strane e tanti altri posti incredibili


-Mi piacerebbe proprio vedere tutti i posti che hai potuto visitare tu- dissi ma Wadi non sembrò propriamente d’accordo


-Quando si è da soli non li si riesce mai ad apprezzare veramente quello a cui ci si trova davanti- sospirò e trasformò nuovamente le sue mani in ali –io vado avanti e cerco un posto dove accamparci- mi disse prima di spiccare il volo. Lo ritrovai alcuni chilometri dopo intento a costruire il nostro rifugio sotto un albero di acacia abbattuto, lo aiutai a completare il lavoro e poi gli consigliai di andare a trovarsi qualcosa da mangiare perché io avevo quasi finito le mie scorte. Si allontanò volando veloce e aggraziato. Solo quando lo vidi sparire all’orizzonte mi tolsi il mantello, le scarpe e anche le braghe e controllai le mie gambe. Su entrambe le ginocchia la pelle era nera, da metà del polpaccio fino alla coscia. Potevo persino sentire l’odore dolciastro della mia carne che andava in putrefazione e con orrore mi accorsi che anche la caviglia destra si era macchiata per la prima volta di nero. Mi stavo sforzando troppo e più mi sforzavo di raggiungere la salvezza e più la mia malattia mi inghiottiva. Ad ogni passo sentivo i muscoli gridare di dolore ma non potevo fermarmi, negli ultimi giorni avevo persino mangiato in movimento e la mia era ormai diventata una vera corsa contro il tempo. Più camminavo più la malattia mi divorava e più la mia salvezza si avvicinava. L’unica incognita era se sarei arrivato prima io alla salvezza oppure la malattia al mio cuore. Presi dalla sacca il medicamento che lo stregone mi aveva dato e lo spalmai sulla carne nera e bollente, bevvi anche la medicina per far sparire tutti i sintomi della febbre che non era ancora passata da quando ero partito, la medicina teneva la mia temperatura bassa ma quando non la prendevo arrivavo a scottare e a sudarmi le anime. Stavo quasi per finire quando sentì un tonfo alle mie spalle, mi voltai nascondendo le gambe, immaginando la faccia di Wadi se le avesse viste in quella condizione ma invece del mio compagno di viaggio mi ritrovai davanti a cinque uomini ammantati completamente con lunghe casacche blu scuro. Dei beduini del deserto. Li salutai ma loro non ricambiarono e mi guardarono in maniera strana


-Chi sei straniero?- mi chiesero con uno strano accento


-Mi chiamo Hassan e vengo da Malakal-


-E cosa ci fai nelle nostre terre?-


-Sto andando a nord- risposi io molto sinteticamente


-Cos’hanno le tue gambe?- mi chiesero ancora, fissando le grosse chiazze nere


-È una malattia- risposi e uno di loro mi si avvicinò. Solo in quel momento mi accorsi delle sciabole che tenevano in mano, lunghe e con la punta ricurva e sembravano tremendamente affilate. Il beduino mi scrutò le gambe e alla fine si alzò e tornò dagli altri


-Non conosco questa malattia- lo sentì dire –ma è un bel ragazzo ci frutterebbe molto al mercato di Tandir- mi raggelai a quelle parole. Quelli non erano semplici beduini del deserto, erano mercanti di schiavi e io, se non mi decidevo a fare qualcosa, sarei stato venduto. Lentamente mi avvicinai al fuoco e prima che mi potessero fermare presi un lungo bastone infuocato da usare per difendermi. Uno dei beduini mi si mise davanti, la spada inerme al suo fianco e mi parlò con quello strano accento cercando di convincermi al lasciare la mia arma improvvisata ma io non avevo ancora intenzione di lasciarmi catturare così facilmente. Mi lanciai contro l’uomo che sfoderò la sua arma e tagliò la mia fiaccola a metà, facendo cadere il tizzone ardente lontano e con un altro fendente mi costrinse ad indietreggiare per schivarlo. Mi colpirono alle spalle con un oggetto duro, forse l’elsa della spada, e io caddi a terra privo di sensi.

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 18:10




Mi risvegliai fra le urla di donne e pianto di bambini e mi accorsi di essere legato mani e piedi e di stare viaggiando su una specie di carro chiuso da sbarre di legno. Attorno a me c’erano uomini, donne e bambini cenciosi mentre fuori dalla gabbia c’erano i beduini nei loro mantelli blu che di tanto in tanto picchiavano sulle sbarre della nostra prigione per cercare di azzittire quelli all’interno. Mi guardai attorno per cercare di capire dove mi trovassi ma nulla nel paesaggio mi era famigliare o mi suggeriva qualcosa. Mi ritrovai a guardare montagne alte e piene di alberi verdi, la terra era dura e polverosa ma si vedevano anche larghi stralci di prati in lontananza, c’erano anche delle pecore che brucavano l’erba


-Dove siamo?- chiesi ad una donna che, seduta affianco a me, guardava il panorama che scorreva fuori da quella gabbia


-Siamo appena passati da Hassa- mi informò la donna senza però degnarmi di uno sguardo –quelli che stanno urlando vengono da lì- mi informò e io guardai le due donne che si sgolavano maggiormente e piangevano chiedendo pietà e libertà. Uno dei beduini picchiò più forte sulle sbarre e gli urlò di fare silenzio, altrimenti le avrebbe uccise


-Hassa non è una città di mare- dissi pensieroso, non sapevo bene dove mi trovavo e temevo che quei beduini mi stessero riportando indietro, a sud –Stiamo andando a nord?- chiesi di nuovo alla donna e lei annuì


-Si, domani saremo a Tandir- disse e sospirò stancamente –sei stato fortunato tu, ti hanno fatto viaggiare addormentato per tutto il tragitto-


-Cosa? Ma da quanto stiamo viaggiando?-


-Sei arrivato tre settimane fa, da allora i beduini non ti hanno mai lasciato svegliare, il loro sciamano ha detto che sarebbe stato pericoloso così ti ha nutrito lui con degli strani intrugli ma non ha mai permesso che tu aprissi gli occhi e oggi ti hanno incatenato… sei un tipo pericoloso per loro… - gelai a quelle parole, non tanto perché i miei rapitori mi ritenessero molto più pericoloso di quanto in realtà fossi, ma perché avevo dormito per quasi un mese e non sapevo dove mi trovavo. Cercai di togliermi le catene ma non ci riuscì, delle manette mi chiudevano i polsi, le caviglie e una era attorno al mio collo, delle catene poi mi legavano dalle manette alle sbarre di legno. Ero immobilizzato. Cercai in svariati modi di liberarmi ma non ci riuscì. Quando capì che era inutile tentare di liberarmi guardai come si fossero ridotte le mie gambe durante il mio sonno e fui felice di scoprire che non erano poi così peggiorate, avendo dormito tutto il tempo e avendole mosse il meno possibile la malattia non era entrata ancora di più in circolo, si era allargata ancora ma non in maniera preoccupante come era successo durante il mio viaggio. Potevo ritenermi fortunato almeno di questo. Uno dei beduini picchiò sulle sbarre a cui mi ero appoggiato con la schiena e sobbalzai per lo spavento


-Ben svegliato principesso!- rise il tizio per poi aprire la gabbia mentre due sui compari si mettevano dietro di lui impugnando lunghe e affilate lance. Il beduino salì sul carro ancora in movimento e mi tolse le manette dai polsi e dalle caviglie, mentre la catena che avevo al collo la staccò dalla sbarra ma non me la tolse dalla gola, anzi, la usò per strattonarmi giù dal carro mentre i suoi compari richiudevano la porta alle mie spalle. Atterrai in piedi nel terreno calpestato e pieno di sassi ma le gambe non mi ressero e mi ritrovai per terra. Subito calò su di me la frustata di un beduino e un altro tirò la catena al mio collo per farmi rialzare. Mi rimisi in piedi più in fretta che potei ma per alcuni passi rischiai ancora di cadere, le mie gambe non avevano sostenuto il mio corpo per parecchio tempo e non mi sarei stupito di trovare sul mio corpo delle piaghe da decubito o simili se avessi controllato. I miei aguzzini mi portarono più avanti nella colonna di carri che procedeva spedita su quella strada sassosa. C’erano molti uomini ammantati di blu, tutti armati fino ai denti e in groppa a cavalli o cammelli. Salì anch’io su un cavallo ma prima mi legarono le mani perché non ne potessi prendere il controllo e fuggire. Mi scortarono all’inizio della carovana e io potei contare ben 15 gabbie stracolme di prigionieri. In testa alla carovana stava quella che mi sembrò una portantina, legata e sostenuta con pali di legno rosso decorato a tre cavalli davanti e tre dietro, che venivano scortati da due beduini per lato. La portantina era di legno rosso e chiusa de tendaggi dello stesso colore. I beduini mi fecero scendere da cavallo, mi slegarono le mani e mi tolsero la catena dal collo, alla fine mi costrinsero a salire sulla portantina. Così mi ritrovai fra soffici cuscini ed immerso nell’odore di fiori e tabacco. Lo spazio era molto e ci sarebbero potute stare comodamente insieme a me altre cinque persone e una persona c’era già lì dentro: un uomo vecchio dalla lunga barba bianca e i capelli dello stesso colore. Aveva la pelle scura e grinzosa, macchiata di blu, lo stesso colore del turbante che era gettato poco distante da lui. Aveva gli occhi verde scuro e un espressione seria


-Benvenuto- mi disse seguendo ogni mia mossa –prego, mangia… ho fatto cucinare questi per te- mi indicò un piatto che stava davanti a lui: c’era del riso, della carne e del pane, insieme a datteri, noci e banane. Mi sedetti più composto davanti a lui e presi un tozzo di pane, era bianco e morbido, davvero squisito


-Chi sei?- gli chiesi mentre prendevo il riso e ci mescolavo la carne, nel mio villaggio era normale mangiare così e probabilmente anche fra i beduini perché il vecchio non sembrò stupito come lo erano state alcune altre persone che avevo conosciuto durante il mio viaggio, sorrise e mi mostrò una bocca senza denti, il suo viso si riempì ancora di più di rughe e diventò incredibilmente brutto


-Sono uno sciamano- ostentai indifferenza continuando a mangiare –non mi vuoi fare delle domande?- io lo guardai per un attimo poi mi scoprì la gamba fino alla coscia


-Sai guarire questo?- gli chiesi e lui scosse la testa


-Avevo già controllato il tuo male ma non ho mai visto niente del genere e non ne conosco la cura- disse e io tornai a mangiare, meglio mettere qualcosa sotto i denti, chissà quando mi sarebbe ricapitato di poter riempire lo stomaco –Non hai proprio altre domande da farmi?- mi chiese ancora lo sciamano


-No- risposi io sinceramente


-Non vuoi sapere dove stiamo andando? Cosa ti faremo? Oppure perché ti stiamo trattando differentemente da tutte quelle altre persone?- io scrollai le spalle


-Ho sentito che stiamo andando a nord, a Tandir, e immagino che voi mi vogliate vendere… non mi interessa perché mi stiate trattando come un prigioniero d’onore, finchè posso mangiare e bere a me va bene- lo sciamano rise e mi sembrò come la risata di un corvo, spaventosa


-Adesso capisco tutto- rise fissandomi negli occhi e facendomi rabbrividire per un attimo, ritornò serio e riprese a parlare con voce calma e serena –Anche se a te non interessa ho deciso di rivelarti perché ti sto trattando così bene… - si allungò e prese da accanto a sé una lunga pipa di legno bianco e avorio, splendidamente intagliata –vedi… - disse –a quanto sembra tu hai uno spirito che ti segue e che ci tiene a riaverti, immagino tu sappia di chi sto parlando… - mi scrutò con quei suoi occhi e io tentai di rimanere il più possibile indifferente ma probabilmente quel vecchio vide quello che cercava nei miei gesti, i miei occhi non glieli lasciai scrutare, temevo che potesse rubarmi le anime con lo sguardo –ebbene quello spirito ha continuato a seguirci da quando sei arrivato, non puoi immaginare che fatica abbiamo fatto a tenerti con noi e comunque proteggerci da quella bestia, è stato davvero difficile, era molto arrabbiato- non riuscì a immaginare Wadi arrabbiato, lei era sempre sorridente, non lo riuscivo proprio ad immaginare infuriato e soprattutto non a causa mia. È vero che in quel poco tempo che avevamo passato insieme potevamo ormai considerarci amici, ma non credevo possibile che lui avrebbe potuto attaccare i beduini, che erano decisamente molti più di lui, solo per liberarmi. Non dissi nulla, però. Se quello sciamano pensava che Wadi mi stesse cercando che continuasse pure a crederlo!


-E adesso cosa vorresti da me?- gli chiesi mentre finivo di mangiare, meglio tenermi in forze, alla prima occasione sarei fuggito e quanto più cibo avessi avuto nello stomaco e più lontano sarei riuscito a scappare


-Voglio proporti uno scambio- mi disse e sorrise mostrandomi che non aveva ormai più denti –io ti lascerò e tu sarai di nuovo libero di andare dove ti pare, non ti farò inseguire dai miei uomini e ti lascerò anche delle provviste così che tu non muoia nel deserto… -


-Che gentile!- risi io –e cosa vorresti in cambio?-


-Molto semplice, che mi aiuti a catturare quello spirito- senza volerlo seppi di aver sgranato gli occhi e di essermi irrigidito, non ci potevo fare nulla in quel momento ero davvero sorpreso –Lui di te si fida non è vero? Con il tuo aiuto potremmo catturarlo, sono giorni che cerchiamo di prenderlo ma non serve a nulla e non riusciamo neppure ad ucciderlo! È una bestia davvero incredibile e potremmo fare soldi a palate rivendendolo ma tu ci devi aiutare-


-Non lo farò- dissi subito


-Ti sto offrendo la libertà- cercò di convincermi lo sciamano


-Non accetterò di vendere qualcuno per la mia libertà!-


-Hai nobili principi- rise il vecchio –peccato che questi non ti salveranno- mi alzai in fretta e fuggì fuori di lì ma subito mi ritrovai davanti a due beduini. Ne riuscì a schivare uno ma l’altro quasi mi tagliò la testa di netto con la sua lunga sciabola. Saltai via e rotolai sotto la portantina, strisciando velocemente per non essere schiacciato dagli zoccoli dei cavalli. Mi rimisi in piedi dall’altra parte e schivai il fendente di un tizio a cavallo e lo tirai per una gamba, facendolo finire per terra mentre io già salivo sul suo cavallo e costringevo l’animale a correre. Ero lanciato veloce verso la mia salvezza quando il cavallo si bloccò di colpo e non ne volle più sapere di muoversi. Provai a speronarlo, a picchiarlo e gli urlai bestemmie ma non si mosse. scesi dalla sua groppa tentando di continuare la mia corsa ma mi ritrovai per terra senza riuscire a muovere nemmeno un muscolo, tremavo ma non avevo freddo, ero solo arrabbiato e terrorizzato


-Sei stato scortese- mi disse il vecchio sciamano dall’alto della sua portantina mentre due suoi beduini mi prendevano e mi alzavano da terra –non dovevi scappare, era naturale che la mia magia ti avrebbe bloccato-


-Hai drogato il cibo- sputai io tutto il mio risentimento, non mi era mai capitato di incontrare una persona così meschina, mai, in nessuno dei villaggi che avevo attraversato


-Puoi pensarla così- disse sorridendo sdentato –portatelo via- ordinò ai suoi uomini –e preparatelo per stasera- uno dei beduini sorrise e dopo un tremendo dolore alla testa io finì di nuovo nel mondo dei sogni.

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 18:32




Fu davvero fantastico svegliarsi quella volta: avevo un mal di testa tremendo, male al corpo e avevo davvero tanta sete. Era notte fonda ed ero nel bel mezzo di una specie di depressione nel terreno roccioso. Sapevo che i beduini erano lì intorno, protetti dall’oscurità non poi così fitta grazie al chiarore della luna. C’erano numerosi nascondigli lì attorno, come alberi di acacia e bassi arbusti, altre a qualche particolare sporgenza rocciosa che si ergeva più in altro delle altre. Sentivo tutto il corpo intorpidito per colpa, probabilmente, che mi ero addormentato in una delle posizioni più scomode di tutto il mondo: le mani legate sopra la testa con una grossa e ruvida corda e fissate ad un palo di legno ficcato per terra, una gamba legata con una corda piuttosto lunga allo stesso palo e comunque seduto su pietre dure che mi si erano ficcate nel sedere per bene. Ma soprattutto, e questa è la cosa che mi sconvolse forse più di tutte, era che ero vestito da donna!


Ok no, non ero proprio vestito da donna però fu la prima cosa che pensai appena mi accorsi dei vestiti che portavo. Sembravano la tenuta di un danzatore del ventre: larghi pantaloni di seta leggera e molto trasparente tenuti da un fascia sui fianchi che poi scendeva quasi fino a terra, e con attaccati tanti brillanti e rumorosi dischetti di metallo. Alle caviglie mi erano stati messi anche tanti begli anelli di ferro che tintinnavano allegri ad ogni mio movimento, così come ai polsi, insieme alle ruvide corde. Mi accorsi di portare anche scomodissimi sandali aperti non appena riuscì a mettermi in piedi. Ero a petto nudo e decisamente avevo freddo. L’aria del deserto alla notte diventava davvero glaciale. Sentì in lontananza uno sciacallo ululare e sperai che se ne restasse lontano da me. Guardando la luna riuscì a capire che non era poi così tardi: doveva essere mezzanotte circa, o poco più tardi. Rimasi a scrutare il cielo e la terra in cerca di un ombra o qualcosa che mi rivelasse la presenza dei beduini, ma soprattutto la presenza di Wadi ma non ne trovai traccia La notte era fredda e silenziosa, c’era solo il rumore del vento che soffiava e che mi faceva rabbrividire di freddo, e c’era il suono del lento scorrere di un ruscello poco lontano. A parte questi rumori uniti al mio respiro la notte era immobile e silenziosa. Per quanto le mie orecchi potevano sentire non c’erano beduini lì attorno ad assediarmi ma non ne ero certo al cento per cento. Rimasi in piedi a massaggiarmi i polsi indolenziti e a sopportare l’odioso formicolio dovuto al fatto che non so bene per quante ore il sangue aveva faticato a circolare su per le braccia fino alle mani. Tentai di controllare lo stato in cui versavano le mie gambe ma la corde era troppo corta perché potessi arrivarci e le braghe non abbastanza trasparenti.


Restai ad ascoltare tutto attorno a me nella speranza di sentire in anticipo lo sbattere delle ali di Wadi e tentare di avvisarlo in tempo della trappola ma tutto quello che sentì durante il corso della notte non furono che i normali rumori del deserto e del mio corpo che respirava e viveva. Ad un certo punto fui colto dal dubbio che mi avessero lasciato lì a morire. Magari avevo passato addormentato il momento in cui Wadi era arrivato e non mi ero accorto di nulla perché ancora drogato. Però questo non spiegava perché fossi ancora lì legato: i beduini avevano intenzione di vendermi e non penso che avessero cambiato idea. Questo poteva soltanto significare che i beduini erano lì attorno in agguato. Verso le 4 di notte riuscì infatti a scorgere una sagoma dietro un albero muoversi solo per un istante e concentrandomi riuscì a scorgere il contorno di una figura umana ammantata e con appeso al fianco un lungo spadone. Se non si fosse mosso però non l’avrei mai notato dal tanto che era nascosto bene.


Il tempo era così lento a scorrere che quasi mi riaddormentai ad un certo punto, verso le 6 del mattino, anche se era più per colpa della noia che per reale stanchezza. Poi il sole sorse pigramente. Di Wadi non c’era traccia e notai che uno dei beduini abbandonò il suo rifugio per sparire dietro un'altra roccia. Probabilmente andava ad avvertire quel bastardo, vecchio stregone che Wadi non si era presentato. Mi sedetti per terra, rimanendo con le braccia legate in alto e le gambe incrociate, mentre un dannato sasso continuava a rimanermi intrigato dentro il sandalo e non riuscivo a toglierlo. Ed ecco che dopo neppure mezz’ora arrancava verso di me quel dannato, lurido, decrepito stregone


-Dov’è?- gracchiò infuriato


-Chi?- chiesi io sorridendo e il vecchio mi colpì con un bastone che si era portato dietro


-Quell’essere! Il demone figlio dell’aria! Perché non è arrivato come sempre?- io rimasi impassibile, ciò fece aumentare ancora di più la sua furia –Dimmi dov’è!- urlò stringendomi una mano al collo. Mi si mozzò il fiato ma ancora riuscivo a respirare, non era fisicamente molto forte, per fortuna


-Non ho idea del perché non sia venuto- gli risposi


-Non è possibile!- urlò il vecchio sputacchiandomi in faccia


-Non ti è mai sorto il dubbio che in realtà io non c’entri nulla con lui ma che semplicemente è un caso che quell’essere abbia cominciato ad attaccarvi proprio quando sono arrivato io? Io non ho idea di chi sia quell’essere, non ci ho mai avuto nulla a che fare… -


-Menti!- urlò


-Affatto-  risposi io anche se era la verità –Vi ho assecondato solo perché pensavo di avere un opportunità di scappare, ma a quanto pare non è così semplice… - sorrisi teso


-Allora come me lo spieghi che quell’essere abbia continuato a seguirci fino alla notte scorsa?- urlò mentre il suo bastone calava di nuovo su di me


-Magari siete entrati nel suo territorio e lui si è incazzato?- risi ancora io, non era una risata normale, me ne accorgevo persino io. Forse stavo dando fuori di testa, oppure erano le droghe che avevo assunto a farmi sentire così. Vidi allargarsi gli occhi dello stregone a dismisura e il suo viso così pieno di rughe diventò una valle di increspature. Calò di nuovo su di me la sua verga e per un attimo mi ritrovai senza fiato


-Riportatelo con gli altri- ordinò lo sciamano duramente –lo venderemo prima possibile e poi torneremo indietro a cercare quel demone- uno dei beduini mi si avvicinò e iniziò a slegarmi per prima cosa la caviglia. Intanto i beduini che erano rimasti appostati fino a quel momento lì attorno uscirono e si diressero dove evidentemente era nascosta la carovana, e con loro se ne andò anche lo sciamano, più incazzato di una iena. Intanto il beduino finì di slegarmi i polsi e se li rigirò fra le mani come per controllarli


-Sono dei brutti graffi- disse sfiorando con i pollici dove le corde avevano lasciato il segno


-Paura che mi paghino meno per questo?- chiesi io sprezzante, anche se avrei dovuto mordermi la lingua. Come minimo mi aspettavano altre botte ma stranamente non arrivarono. Il beduino alzò, invece, lo sguardo su di me e i suoi occhi mi trapassarono le anime facendomi sobbalzare –Wadi- sussurrai sorpreso nel riconoscere quegli occhi dal colore così insolito


-Dobbiamo volare via- mi disse lui molto seriamente


-Cosa?- chiesi invece io perplesso e lui si guardò alle spalle prima di togliersi il turbante e lasciare che i lunghi capelli neri si scompigliassero nella brezza del primo mattino.


-Ti prego sali in spalla- mi disse mentre si voltava -non posso portarti via di qui se non volando- si abbassò perché io potessi mettermi sulla sua schiena e con un po’ di riluttanza io intrecciai le braccia al suo collo proprio mentre un beduino, uno vero, si accorgeva di quello che stava succedendo e iniziava ad urlare l’allarme. Wadi mi strinse in vita con la coda per poi scattare velocemente e sbattere le ali, prendendo quota


- Reggiti- mi urlò mentre virava a destra e schivava le frecce che avevano iniziato a tirarci contro. Sentì l’urlo sgraziato dello sciamano e involontariamente sorrisi anche se quasi subito il sorriso venne sostituito da un mezzo conato di vomito per colpa di una delle acrobazie di Wadi e dal fatto che aveva preso anche a sputare fuoco verso i nemici, ne sentivo il calore più che vederlo, tenevo gli occhi chiusi da quando ci eravamo alzati in volo. Dopo l’ennesima virata che mi rivoltò lo stomaco Wadi iniziò a sbattere le ali più spesso e sentì il vento fischiarmi più forte nelle orecchie


-Ce ne siamo liberati- mi assicurò Wadi, voltando leggermente la testa verso di me. Io annuì semplicemente, senza avere il coraggio di aprire gli occhi. Un conto era stare su un alto dirupo ma con comunque la terra sotto i piedi, un altro era volare: me ne rendevo conto in quel momento della sostanziale differenza. Appena avessi rimesso piede a terra probabilmente mi sarei messo a baciarla. Mi ero appena accorto di soffrire di vertigini se ero sulla schiena di Wadi. Dal canto suo il mezzo dragone sembrava entusiasta e si lanciava di tanto in tanto in strane planate che mi rivoltavano lo stomaco, fortuna che non avevo mangiato nulla


-Quando atterriamo?- chiesi con voce flebile per la paura


-Ti prego, resisti! Non posso atterrare qui, devo andare più a nord, altrimenti i beduini ci attaccheranno di nuovo, oppure lo faranno gli abitanti di qualche villaggio-


-Va bene- sussurrai io e mi strinsi più forte al suo collo, cercando però di non soffocarlo. Il tempo non mi sembrò passare mai, ma quando finalmente Wadi atterrò scesi velocemente dalle sue spalle finendo carponi per terra e apprezzando come mai prima di allora la sua solidità


-Stai bene?- mi chiese visibilmente preoccupato Wadi. Feci appena in tempo ad annuire che me lo ritrovai al colo, che mi abbracciava singhiozzando –Mi sei mancato tanto!- mi disse strofinando il viso nel’incavo del mio collo, sentì che stava piangendo e cercai di calmarlo


-Va tutto bene- gli dissi cercando di staccarlo da me, lui alzò il viso e i suoi occhi pieni di lacrime erano diventati come due specchi d’acqua cristallina –Sto bene- gli dissi esibendomi probabilmente nel mio peggiore sorriso rassicurante perché subito dopo ricominciò a piangere a dirotto. Mi scappò un sorriso a pensare che uno che aveva appena affrontato una carovana di beduini incavolati si potesse mettersi a piangere come un bambino e io, che avevo fatto un po’ la parte della principessa da salvare, dovessi cercare di tranquillizzarlo


-Ho avuto tanta paura- mi disse rialzando lo sguardo verso di me, adesso i suoi occhi erano tutti rossi per colpa delle lacrime


-Anch’io ne ho avuta- ammisi


-Temevo di perderti- mi irrigidì leggermente a quelle parole ma tentai comunque di sorridere


-Ma ora sono qui- lo vidi sorridere mentre tornava a nascondere di nuovo il viso sul mio collo, facendo un verso simile alle fusa di un gatto. Adesso che era finalmente più tranquillo e che aveva smesso di piangere tentai di scostarlo da me, la cosa iniziava ad essere imbarazzante. Ma Wadi mi guardò con quei suoi due occhi liquidi e un attimo dopo mi stava baciando. Non capì subito cosa stava succedendo: fu tutto così inaspettato che il mio cervello ci mise qualche istante di troppo ad elaborare quello che stava succedendo. Le labbra di Wadi erano morbide e dolci sulle mie, ma anche calde, bollenti, e sapevano di sabbia e di deserto. La sua lingua che sfiorava il mio labbro fu la cosa che mi riscosse dallo stato di completo stupore in cui ero caduto. Spinsi Wadi lontano da me e io finì praticamente disteso per terra, ansante e stupito


-Che diavolo fai?- sbottai. Lui sembrò confuso quasi quanto me, mi fissò da prima negli occhi ma poi arrossì di vergogna e abbassò lo sguardo mordendosi il labbro


-Scusa, non averi dovuto farlo così- bisbigliò


-Non avresti dovuto farlo e basta!- gli risposi io sempre più agitato. Wadi abbandonò d’un tratto quell’espressione di vergogna e mi fissò diritto negli occhi


-Tu mi piaci Hassan- mi disse molto direttamente facendomi arrossire fin alla punta delle orecchie –Io ti piaccio?- mi chiese mentre gattonava verso di me che ancora ero praticamente disteso a terra. Si mise sopra di me, fissandomi negli occhi e scombussolandomi le anime


-Ma non dire scemenze- balbettai io anche se il suo sguardo mi faceva sentire ben poco sicuro di me stesso. Fui ancora meno sicuro di me quando le sue labbra tornarono a sfiorare le mie, decisamente in maniera più prepotente e possessiva di prima. Cercai di scansarlo ma sentivo tutti i muscoli molli e una specie di intorpidimento in tutto il corpo che non mi permetteva di spingerlo via con forza, come sarebbe stato normale e giusto fare. Ancora la sua lingua mi bagnò il labbro e chiese di entrare fra le mie labbra. Tremavo e non sapevo bene cosa fare, anche se odiavo ammetterlo mi piacevano le labbra di Wadi e mi piaceva il modo in cui mi stava accarezzando il petto e il ventre con una mano, come lo sfiorava appena con i polpastrelli lasciando dietro di sé una scia infuocata e facendomi tremare in tutto il mio essere. Lasciai che la sua lingua entrasse e sfiorasse la mia, giocandoci e facendomi fremere di piacere. Sobbalzai appena quando mi accorsi che la sua lingua era biforcuta, come quella di un serpente, e rabbrividì quando si mosse fra le mie labbra in una maniera che nessun altro avrebbe mai potuto mettere in pratica. Mi ritrovai completamente disteso per terra a fissare la volta di una caverna mentre le labbra di Wadi abbandonavano le mie e scendevano sul mio collo e sul mio petto, dove si fermarono a stuzzicare i miei capezzoli


-Non dovremmo farlo- rantolai io, anche se decisamente il mio tono non aveva convinto neppure me. Wadi fu decisamente più convincente quando scese con la lingua fino al mio stomaco dove iniziò ad alternare veloci leccate a baci e leggeri morsetti. Mi morsi il labbro per non gemere di piacere, erano così belle le sue attenzioni sul mio corpo. Le sue mani andarono a slacciare la fascia stretta alla mia vita che tintinnò allegramente. Poi scesero ad accarezzare il mio sesso da sopra la leggera e praticamente inesistente stoffa dei pantaloni. Decisamente non potevo negare che non mi piacesse quello che stava succedendo visto il livello di durezza che aveva raggiunto il mio sesso e visto che appena Wadi ci passò sopra la mano iniziò anche a bagnarsi leggermente. Lo vidi sorridere prima che si abbassasse di nuovo a baciarmi i fianchi, mentre con una lentezza quasi esasperante mi abbassava le braghe. I suoi baci si spinsero fino al mio sesso che ricoprì da prima di baci lasciavi per tutta la sua lunghezza e che poi decise di iniziare a leccare. Quasi urlai quando con la lingua lo circondò e iniziò a muoversi su e giù, mentre allo stesso tempo muoveva ognuna delle due parti in maniera differente. Era come essere leccato da due lingue nello tesso momento e quando si mise anche ad accarezzarmi con la mano mi irrigidì in preda ad un orgasmo. Wadi tornò alle mie labbra e mi baciò ma questa volta, forse ero impazzito, ricambiai con foga il bacio. Mi accorsi anche che non aveva un gran buon alito, sapeva di uova marce e di carne cruda ma in quel momento fu davvero un dettaglio trascurabile. Per giunta le sue mani ripresero ad esplorare il mio corpo, sfiorando punti davvero molto sensibili, facendomi di nuovo fremere d’eccitazione. Iniziai anch’io ad esplorare il suo corpo, che ora era nudo, anche se non mi ero accorto che si fosse svestito. Mi accorsi così delle scaglie che dall’attaccatura dei capelli scendevano sulla sua colonna vertebrale e che finivano nella sua coda. Le scaglie erano molto più calde della pelle lattea ma erano anche più dure. Preferivo la sua pelle umana, morbida e tiepida al contatto con le mie dita e mi piacevano i suoi capelli lunghi e comunque morbidi. Mi piaceva sentire come i muscoli delle braccia si tendevano sotto la pelle ogni volta che cambiava leggermente posizione e come facessero le stesso sotto le squame quelli delle gambe. Mi piaceva tutto di lui e di quello che mi stava facendo, anche se non sarebbe stato giusto e morale. Fin da piccoli ci hanno insegnato che l’amore fra membri dello stesso sesso era sbagliato ma con Wadi lì che mi baciava il collo e accarezzava la mia erezione era davvero difficile credere che quello fosse sbagliato. Rimasi stupito però quando sentì il sesso di Wadi che sfiorava il mio, ero convinto che lui non avesse in realtà un sesso. L’avevo visto nudo ma mai avevo visto qualcosa fra le sue gambe, solo scaglie. Ma il pezzo di carne dura e leggermente bagnata che ogni tanto finiva per sfiorarmi non poteva altro che essere il suo sesso. Anzi, decisamente era il suo sesso, ed era anche bello grosso. Lo presi in mano e lo sentì caldo e pulsante contro il mio palmo. Mi mossi lentamente lungo tutta la sua lunghezza e percepì distintamente quando Wadi andò in apnea, perso nel piacere che gli stavo dando. Lo carezzai ancora e lui si lasciò sfuggire un gemito ma subito dopo fui io a gemere di piacere quando mi prese e iniziò a copiare i miei movimenti su suo sesso. Mi mossi piano e altrettanto piano si mosse lui, tremavamo e gemevamo entrambi all’unisono. Quando però il ritmo aumentò non riuscì a trattenermi dal baciarlo e le sue labbra mi accolsero ardenti. Venimmo entrambi praticamente insieme e sporcandoci di seme entrambi. Wadi si accoccolò sul mio petto dopo avermi dato un ultimo bacio e avermi sussurrato di riposare e io ubbidì.

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 19:05




Era praticamente notte quando mi svegliai e mi ritrovai completamente solo. Avevo di nuovo addosso i pantaloni trasparenti e la fascia tintinnante che ora però faceva due giri sui miei fianchi e mi copriva un po’ meglio parti che nessuno avrebbe dovuto vedere con così tanta facilità. Mi misi in piedi e feci per uscire all’aria aperta ma per fortuna fui abbastanza veloce da buttarmi indietro e finire seduto sul pavimento della grotta. L’alternativa era cadere nel vuoto per non so bene quanti chilometri e poi sfracellarmi a terra. Guardai con più attenzione fuori dalla caverna e mi accorsi di essere su un costone di roccia in mezzo a tanti altri costoni di roccia tutti ugualmente aspri. Non si vedeva il cielo da dentro la caverna in cui mi trovavo e non c’era traccia di verde attorno. Ma soprattutto non c’era traccia di vie d’uscita. Non c’era modo di scendere da quella parete, né di salire e la caverna finiva solo pochi passi più in là. Ero in trappola.


Per un attimo fui assalito dai peggiori pensieri che la mia mente avesse mai potuto formulare e la paura mi fece attorcigliare le viscere. Temevo che Wadi mi avesse abbandonato e che fossi destinato a perire lì di fame e di sete ma un attimo dopo temevo che avesse deciso di farmi diventare il suo giocattolo e mi avesse rinchiuso in una specie di prigione senza sbarre. Scacciai via, però, questi pensieri con forza: Wadi mi aveva sempre aiutato durante il mio viaggio, aveva pianto quando ci eravamo ritrovati ed era sembrato sempre sincero. Dovevo fidarmi. Probabilmente era andato a caccia e sarebbe tornato presto, dovevo solo avere pazienza e aspettare. Però quel silenzio in cui mi ritrovai mi diede anche modo, sfortunatamente, di pensare. Di pensare soprattutto a quello che era successo pochissimo tempo prima, a come mi ero lasciato andare con un ragazzo che non era poi esattamente solo un ragazzo e come ci eravamo dati sollievo a vicenda. Non potevo dire di non averlo voluto e che non mi fosse piaciuto ma era comunque qualcosa che mi era sempre stato insegnato essere sbagliato. Avevo molti dubbi in quel momento e anche un po’ freddo ma tutto sparì quando sentì il ritmico sbattere delle ali di Wadi e poco dopo lo vidi entrare nella caverna


-Ti sei svegliato- mi disse con un sorriso tirato e imbarazzato, io annuì senza riuscire a guardarlo –Hai fame?- mi chiese e io mi accorsi di averne davvero molta. Così Wadi staccò la coscia dell’antilope che aveva cacciato e sputò fuoco per cuocermela almeno un po’. Lo ringraziai e presi a mangiare. Fra di noi scese un silenzio davvero imbarazzante –Hassan- mi chiamò quando praticamente avevo finito di mangiare. Lo guardai e lui si avvicinò lentamente a me, gattonando con una scioltezza assurda che mi fece fremere, era bello ed esotico in un certo senso. Si sedette di fianco a me e lentamente si allungò a baciarmi. Non riuscì a concentrarmi su nulla che non fossero le sue labbra per quella che mi sembrò un eternità, il mio cervello rimase spento e tutto quello che provavo andava a finire in mezzo alle gambe. Riuscì a fermarmi solo quando sentì la sua mano che mi andava a slacciare la fascia dei pantaloni


-Aspetta- riuscì a dire con il fiatone e lui si staccò da me lasciandomi riprendere aria –Non posso, non adesso… - Wadi inclinò la testa perplesso e io mi morsi il labbro per nascondere la vergogna che provavo –Io sono ancora malato, devo andare a cercare la cura… - Wadi annuì e mi baciò un ultima volta sulle labbra, era un bacio dolce e triste


-Devi salirmi di nuovo in groppa- mi disse accovacciandosi e dandomi le spalle –non ci sono altri modi per scendere da qui- annuì e gli salì in groppa mentre lui arrotolava la sua coda attorno ai miei fianchi per sorreggermi meglio. Si avvicinò all’imbocco della caverna e butto giù per la scarpata quel che restava dell’antilope. Io chiusi gli occhi e aspettai che il mio stomaco si rivoltasse ma non successe nulla, Wadi era rimasto lì fermo con lo sguardo perso nel vuoto


-È successo qualcosa?- chiesi con voce già tremante, decisamente volare non mi piaceva


-Hassan… dopo che sarai guarito… - si voltò a guardarmi senza trovare le parole per continuare


-Non lo so- ammisi –potremmo parlarne a terra? Non mi piace stare qui… - Wadi annuì e aprì le ali lanciandosi in caduta libera. Non riuscì a trattenermi e urlai terrorizzato, bloccandomi solo quando Wadi bloccò la caduta facendomi finire lo stomaco in gola. Neppure due minuti dopo atterrammo ma per me erano passate delle ore e appena a terra mi staccai da lui per vomitare qual poco che avevo mangiato


-Stai bene?- mi chiese preoccupato e io annuì a fatica –proprio non ti piace volare- sorrise lui aiutandomi a rimettermi in piedi, mi appoggiai con la fronte al suo petto e ripresi aria. Wadi mi accarezzò i capelli e la guancia e io mi lasciai coccolare per un attimo, era bello avere qualcuno che si preoccupava per me, non mi era mai capitato –Hai la febbre- mi disse scostandomi i capelli dalla fronte


-Non ho preso la medicina del mio sciamano, anzi, non so proprio più dove sia finita… - Wadi sembrò ancora più preoccupato


-Vado avanti e vedo di trovare qualcosa per abbassarti la febbre- mi disse per poi aiutarmi a distendermi sotto un rigoglioso albero –Resta qui, torno presto… qui c’è dell’acqua- annuì e lui scomparve alla vista.

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 19:33




La febbre si alzò inesorabilmente e quando Wadi tornò quasi non lo riconobbi dal tanto la mia vista si era annebbiata, passavo dall’incoscienza quasi totale al capire a mala pena quello che mi succedeva attorno. Wadi era quasi sempre al mio fianco che, super agitato, trafficava con erbe e fiori che non avevo mai visto in vita mia. Oppure stava più semplicemente accoccolato di fianco a me, con un occhio mezzo aperto e l’altro chiuso. Tutto quello che provavo era solo un incredibile calore in tutto il corpo che non scompariva mai e anche il mal di testa ogni tanto mi tormentava.


Poi una mattina mi svegliai e non sentivo più dolore, la febbre era sparita e mi sentivo decisamente meglio, anche le mie gambe mi accorsi che stavano decisamente meglio, i segni neri si erano ritirati e ora ad essere macchiate erano solo le ginocchia. Pensai ad un miracolo, perché non c’era altra soluzione plausibile. Cercai Wadi ma non ne trovai traccia dentro la piccola capanna in cui mi ero risvegliato, anzi, mi parve davvero strano trovarmi in una capanna ma prima che la mia fantasia potesse iniziare a viaggiare entrò un uomo. Era più vecchio di me, doveva avere sui 30 anni ed era alto e con un fisico da lottatore, i capelli chiari e gli occhi scurissimi e con una lunghissima serie di tatuaggi bianchi sulla pelle scura, e vestito con una lunga tonaca che lo copriva fino a i piedi e con maniche lunghe fino ai gomiti


-Ben svegliato- mi salutò mentre andava ad attizzare il fuoco


-Dove mi trovo?- chiesi io mentre cercavo di coprirmi meglio con la coperta, visto che ero completamente nudo


-Ad Arta, sul Mar Nero- mi rispose l’uomo


-Sono arrivato- mi uscì dalle labbra spontaneamente, quasi non riuscivo a credere di essere arrivato alla fine del mio viaggio e non essermene neppure accorto


-Il tuo compagno vorrà di sicuro vederti, vado a chiamarlo- disse l’uomo ma io rimasi perplesso


-Chi?-


-Il tuo compagno di viaggio- mi rispose imperturbabile lui e io arrossì violentemente, avevo inteso compagno in ben altro senso. Annuì e l’uomo se ne andò senza aggiungere altro. Mentre ero solo cercai con lo sguardo qualcosa da mettermi ma non trovai nulla e così dovetti accontentarmi di coprirmi con il lenzuolo. Me lo avvolsi attorno ai fianchi e lasciai che cadesse a terra per coprirmi anche le gambe e pochi istanti dopo entrò Wadi


-Hassan- mi urlò praticamente nell’orecchio mentre mi abbracciava, io non riuscì a fare altrettanto, completamente preso alla sprovvista e rosso di vergogna. Fortuna che nessuno poteva vederci –Stai bene? Ho avuto davvero paura nei giorni scorsi-


-Che cos’è successo? Quando siamo arrivati al mare nero?- chiesi io ancora frastornato –E perché sei così umano?- Wadi mi sorrise e si sedette di fianco a me. La prima cosa di cui mi ero accorto quando era entrato era che portava davvero un vestito orribile: una specie di gonnellino di cuoio e degli spallacci di ferro con delle strane piume sopra, aveva l’aria di un guerriero davvero temibile, per quanto la divisa fosse brutta. E poi le sue gambe erano umane e non aveva più la coda, non vedevo squame sul suo corpo e non c’erano nemmeno più le lunghe orecchie da fennec


-Siamo arrivati qui la settimana scorsa, tu avevi la febbre molto alta e le macchie nere erano praticamente arrivate allo stomaco, avevi addosso un odore tremendo… quando ho trovato lo stregone che poteva guarirti ho temuto fosse troppo tardi- sospirò stancamente e si passò una mano fra i capelli lunghi e scompigliati –però lo stregone ha fatto il miracolo ed è riuscito a salvarti- mi sorrise e io arrossì di nuovo


-Come mi hai portato fin qui?- chiesi per non dover sopportare quel silenzio imbarazzante


-In volo- ammise lui


-Fortuna che dormivo- Wadi rise e appoggiò la testa sulla mia spalla


-Temevo davvero di perderti- ammise strusciando la fronte sulla mia spalla


-Ma non è successo- gli risposi io continuando ad essere più rosso del sole al tramonto


-Potrei ancora perderti, anzi, adesso più di prima rischio che tu mi abbandoni… -


-Non capisco- dissi io ma Wadi si allontanò in fretta da me e si mise in piedi fissando l’entrata da cui pochi istanti dopo entrò l’uomo dai tatuaggi bianchi


-Devo dargli le medicine- disse l’uomo per poi aggiungere sempre guardando Wadi –e tu hai del lavoro da fare- Wadi si voltò e mi sorrise prima di andarsene


-Siete lo sciamano del villaggio?- gli chiesi anche se la risposta era abbastanza ovvia. L’uomo annuì mentre si inginocchiava e scansava le coperte dalle mie gambe per controllarle


-Si- rispose mentre intingeva un ago in una strana mistura verdastra e iniziava a pungermi il ginocchio, era fastidioso ma non faceva troppo male. Mi era già capitato di essere curato in una maniera simile e per questo non mi spaventai quando prese un tizzone ardente e me lo passò tremendamente vicino alla gamba


-Senta, come conosce la cura a questa malattia? Ho parlato con molti sciamani ma… -


-Non è una malattia- mi interruppe –è un maleficio, non so chi te l’abbia scagliato contro ma doveva essere una persona molto potente, è stato difficile guarirti- prese una benda e la legò stretta sul ginocchio


-Quindi voi conoscete la stregoneria?- chiesi perplesso


-Io sono uno stregone, oltre che uno sciamano- ero sorpreso: non avevo mai conosciuto uno stregone in vita mia, avevo conosciuto molti sciamani ma nessuno di loro conosceva la magia. Chissà se era stato un caso incontrarlo oppure lo sciamano del mio villaggio sapeva qualcosa di quest’uomo –Cosa farete quando ti sarai rimesso?- mi chiese l’uomo mentre passava a curarmi l’altra gamba


-Cosa volete dire?- chiesi io perplesso


-Dove avete intenzione di andare dopo che il maleficio sarà completamente rotto? Pensate di tornare a casa tu e il tuo compagno di viaggio?- rimasi interdetto: non sapevo cosa rispondergli, quindi decisi di dire la semplice verità, era uno stregone, avrebbe comunque capito se avessi provato a mentirgli


-A dire il vero non so cosa farà Wadi, dove voglia andare… mi ha aiutato ad arrivare fin qui ma non so cosa voglia fare adesso, so che stava tornando a casa, a nord, ma non so se abbia cambiato idea… -


-Non gliel’hai chiesto?-


-No- sospirai –e non so neppure io cosa voglio fare: dovrei tornare a casa ma non ho niente a cui tornare, non ho più una famiglia e molti miei amici quando me ne stavo per andare si sono rivelate delle vere serpi… e poi quasi non riesco a credere che il mio viaggio sia finito, che io sia guarito e non debba più preoccuparmi della morte, non più di una persona normale… credo di non essermi ancora abituato all’idea di non essere più in pericolo di vita e non so cosa fare… mi sono addormentato con la febbre alta e praticamente morto, lontano dalla mia meta e appena scampato ad essere venduto come schiavo… e poi mi sveglio libero, praticamente guarito e nel posto che per tanto tempo ho desiderato di raggiungere… mi sento davvero confuso… -


-Mi stai dicendo tutto questo perché vuoi un consiglio o è solo uno sfogo personale?- chiese lo stregone senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro


-Non sarebbe male se potesse darmi una soluzione o un consiglio… - mentre finiva nella sua occupazione, l’uomo rimase in completo silenzio, solo quando il suo lavoro fu completo decise di parlare


-Io non posso dirti cosa fare della tua vita e non so cosa sarebbe meglio per te, posso dirti solo quello che penso. E io penso che il tuo viaggio non sia ancora finito: non ti sei allontanato così tanto dal tuo villaggio solo perché volevi sopravvivere ma perché volevi vivere-


-Non capisco- ammisi


-La tua vita dov’è?- mi chiese allora lo sciamano –dov’è il posto che puoi chiamare casa? Forse non senti che il tuo viaggio sia completo perché non hai trovato un posto dove tornare, dove sentirti completo e dove essere felice… o forse l’hai trovato e non lo vuoi ammettere?- arrossì violentemente, era come se quell’uomo mi stesse sondando le anime con quei suoi occhi profondi e non era una bella sensazione –comunque questa sera dovrò preparare un rito per toglierti di dosso gli ultimi resti della maledizione- mi informò e io annuì mentre lo stregone di alzava in piedi e andava a prendere da dentro una cassapanca dei vestiti e me li porgeva –questi sono per te, se vuoi sgranchirti le gambe e andare un po’ in giro per il villaggio- io annuì ancora e lo ringraziai prima che se ne andasse, lasciandomi completamente solo. Mi misi in piedi e controllai i vestiti che mi aveva lasciato. Non riuscì a trattenere un espressione disgustata: il vestito era un semplice e corta tonaca di lino bianco che si chiudeva su una spalla con una spilla e si stringeva in vita con una corda. Indossai il vestito e con orrore mi accorsi che lo stupido gonnellino mi arrivava appena al ginocchio. Mi sentivo tremendamente vulnerabile con quel coso addosso e odiavo stare così con il culo all’aria, rivolevo i miei pantaloni! E rivolevo anche i miei stivali di cuoio leggero, quei dannati sandali che mi aveva lasciato erano strani e scomodi.


Con il viso completamente in fiamme però mi costrinsi ad uscire di lì per prendere almeno una boccata d’aria e mi ritrovai praticamente nella piazza principale del villaggio dove si stava tenendo il mercato. Molte persone si voltarono a guardarmi: alcune donne risero prima di allontanarsi spettegolando fra di loro, un paio di quelli che mi sembravano mercanti mi guardarono come se volessero valutare a quanto vendermi, mentre altri persero appena qualche istante prima di ritornare alle loro faccende. C’erano però i soldati, parecchi soldati, che continuavano a guardarmi in una maniera davvero strana, che non riuscivo ad interpretare e che mi rendeva decisamente inquieto. Mi allontanai velocemente dal gruppo di armati più folto ed entrai al mercato curiosando in giro. Molte persone mi guardarono mentre passavo ma probabilmente non era colpa dei vestiti ma piuttosto del mio aspetto: lì tutti avevano la pelle bronzea e i capelli ricci e scuri, alle volte anche neri, e gli occhi erano sempre scuri, gli uomini avevano i capelli corti e le donne lunghi e acconciati davvero bene. Io ero una specie di mosca bianca in mezzo a loro. Molto presto però iniziai a non fare caso alla gente che mi fissava ma mi persi a guardare le varie bancarelle, peccato non avessi neppure un soldo! Perso nei miei pensieri non mi accorsi di stare andando proprio contro ad un soldato fino a che non gli andai proprio contro


-Ma che diavolo… !- sbottò il soldato e sembrava davvero incazzato ma poi un secondo dopo mi sorrise –ti sei fatto male?- mi chiese porgendomi una mano per aiutarmi a rialzarmi, titubante accettai l’aiuto


-No, mi scusi, non l’avevo vista- cercai di scusarmi io ma il soldato mi sorrise senza però lasciare la mia mano


-Non ti preoccupare, come ti chiami?- mi chiese e con la coda dell’occhio notai che gli altri soldati si facevano più vicini


-Hassan- risposi io


-Che nome strano- rise il soldato –E da dove vieni Hassan? Non mi ricordo di averti mai visto- e mentre parlava si avvicinò un po’ troppo a me, facendomi sentire decisamente male, non mi piaceva che qualcuno si avvicinasse a me fino a quel punto, soprattutto se era uno sconosciuto


-Avrei da fare… per favore… - cercai di dire ma quello non sembrava proprio intenzionato a lasciarmi andare


-Vuoi venire a fare un giro con noi?- mi chiese sempre sorridendo e prima che gli potessi rispondere mi stava già strattonando verso un vicolo un po’ troppo buio e isolato per non essere sospetto. Mi impuntai e riuscì a farlo fermare


-Non voglio venire- dissi duramente, il soldato lasciò perdere il sorriso e con meno grazia mi costrinse a seguirlo sbattendomi al muro


-Tu farai quello che dico io e starai zitto- sibilò. Io gli sorrisi lasciandolo completamente perplesso per poi tirargli un sonoro pugno sul naso e scappare via veloce. Prima che la malattia mi consumasse ero stato il più veloce corridore del mio villaggio e adesso era ora di scoprire se ero rimasto tale. Saltai su delle casse e poi sul davanzale di una casa senza neppure dovermi spingere con le braccia: decisamente il mio corpo si ricordavano come si faceva a correre e con facilità i miei occhi trovavano vie di fuga che le mie gambe non faticavano a seguire. In poche svolte e balzi già avevo fatto perdere le tracce ai miei inseguitori, così mi presi la libertà di stare seduto tranquillo sopra il tetto di una casa, dove nessuno poteva vedermi e nessuno mi avrebbe disturbato. Il vento mi scompigliava i capelli e io non potevo fare a meno di sorridere, potevo di nuovo correre senza che le mie gambe cedessero ad ogni salto e non stavo più morendo. Quella stessa sera gli ultimi segni della maledizione sarebbero scomparsi per sempre e allora la mia vita sarebbe ricominciata. Ero felice anche se incerto sul mio futuro, perché almeno ora ce l’avevo un futuro e avevo anche la possibilità di scriverlo come più mi pareva. Molti uomini della mia età erano già da tempo sposati con una donna che magari neppure gli piaceva e facevano il lavoro di famiglia, l’unico che conoscevano, e avevano a che fare con le tasse, lo sfamare la propria famiglia, fare i bravi padri con dei bambini moccolosi e altre cose che a me non avevano mai attratto per nulla. Certo avevo ogni tanto sognato di farmi una famiglia, di trovare una donna che mi amasse e di vivere una vita serena, anche se non desideravo avere figli, mi era capitato di fare questo sogno spesso, soprattutto quando la malattia era peggiorata. Sognavo di andare da una ragazza che mi era piaciuta quando ero molto giovane e di chiederle di abbandonare suo marito per me e poi sognavo come sarebbe potuta essere eccitante la nostra vita insieme. Però più spesso mi capitava di sognare di tornare a correre. Mi era sempre piaciuto e visto che ero anche bravo quello era presto diventato il mio mestiere: consegnavo la posta per mercanti e altri potenti del mio villaggio e di quelli vicini. Mio padre era un contadino e non capiva il mio lavoro ma era comunque contento che gli portassi a casa così tanti soldi e mi lasciava fare, non mi ha mai costretto a sposarmi e alla sua morte mi ha lasciato tutto in eredità, dando solo una piccola dote alle mie due sorelle maggiori già sposate. Pochissimo tempo dopo, quando ho compiuto 18 anni, anche su di me sono iniziati a manifestarsi i primi segni della malattia e un anno dopo non potevo più correre. Ora ne avevo 21, ero di nuovo sano, ero libero e senza legami. E mentre il vento soffiava scompigliandomi i capelli e alzando lo stupido vestito io mi sentì felice come mai prima di allora.



-Dove sei stato? Non ti trovavamo da nessuna parte!- esordì Wadi al mio ritorno


-Non ti preoccupare, sono solo andato a fare un giro- lo rassicurai sorridendo, non riuscivo più a smettere di sorridere da quando ero scampato dai soldati


-La cerimonia è pronta- disse lo stregone imperturbabile e mi fece segno di sedermi davanti al piccolo fuoco acceso dentro al sua capanna. Io ubbidì mentre Wadi se ne andava per nulla contento, il rito prevedeva che nessuno non potesse guardare perché per guarirmi lo stregone doveva estrarre le mie anime dal mio corpo e io non mi sentivo pronto a mostrare a chicchessia la parte più intima di me, già con quello stupido vestito qualcuno si sarebbe potuto godere la vista di qualche parte un po’ troppo intima! Lo stregone mi fece bere una mistura ambrata e poi gettò nel fuoco una manciata di sali. Si mise a cantilenare una strana nenia di cui non comprendevo le parole ma che mi metteva sonno e una strana pace addosso. E poi vidi le mie anime uscire dal mio corpo. La mia anima del mondo che mi metteva in comunicazione con la Terra, con gli animali e con gli spiriti. La mia anima del corpo che mi distingueva dalle altre creature e mi rendeva uguale ai miei simili. E, infine, la mia anima dello spirito che mi rendeva unico fra i miei simili. Uscivano dal mio petto e brillavano appena, troppo fioche per essere completamente sane. Non ricordo cosa successe dopo perché la mia vista era troppo sfocata e le mie anime erano troppo spaventate e confuse per permettermi di pensare e soprattutto ricordare. Alla fine lo stregone prese un bracciale di cuoio e me lo mise al polso destro. C’erano quattro pietre, tutte non più grandi di qualche centimetro, legate al bracciale e prima che potessi fare una qualsiasi domanda lo stregone parlò


-Questa è l’Ametista: pietra dello spirito, benefica e curativa, aiuterà le tue anime a guarire- disse sfiorando una pietra violetto brillante –questo è il Diaspro: curativa e protettiva, sanerà il tuo corpo, ti proteggerà dal malocchio, dal male e dalle altre maledizioni e ti aiuterà a parlare scioltamente perché nessuno possa mal interpretare le tue parole- e passò un dito su una pietra rossa con venature bianche e nere molto sottili –questo è lo Smeraldo: ti augura la libertà e un amore assoluto- sfiorò la piccola pietra verde acceso –e queste è la Sardonice: ti da voglia di vivere e un atteggiamento positivo, aiuta contro gli avvelenamenti e le emorragie- sfiorò l’ultima pietra di un color marrone scuro e striato come se fosse la corteccia di un albero –questo è un mio regalo perché la tua vita possa scorrere tranquilla, lunga e felice- mi disse anche se il suo viso continuò ad essere serissimo


-Grazie… grazie davvero tanto- dissi sfiorando il bracciale e le pietre


-Ora vai, il tuo compagno ti aspetta- mi disse mentre spegneva il fuoco


-Ma vorrei ripagarvi per quello che avete fatto per me… -


-Ci ha già pensato il tuo compagno, ha combattuto e tenuto fuori i nemici dalla città… non mi devi nulla- io annuì e ancora perplesso uscì dalla capanna. Subito Wadi mi venne incontro salutandomi


-Hai pagato tu le mie cure?- chiesi ancora incredulo e lui sorrise


-Si-


-Perché? Avrei pensato io a pagarle quando fossi guarito-


-Ma io volevo farlo- mi rispose lui sempre sorridendo –io ci tengo a te- mi sorrise in quella maniera che non era solo amichevole e io arrossì violentemente ricordandomi che eravamo su una strada, praticamente nel centro del villaggio. Era scuro ma ancora qualche soldato si attardava per le vie e non mi andava di parlare con Wadi lì in mezzo


-Senti io… - cercai di dire ma lui mi interruppe


-Torni a casa?- per quanto lo avesse chiesto con il sorriso riuscì a scorgere tutta la tristezza celata dietro quei suoi occhi


-No- gli risposi sorprendendolo


-No?-


-No-


-Ma perché?-


-Perché non ho nulla a cui tornare-


-E la tua famiglia?-


-I miei genitori sono morti e le mie sorelle si sono fatte la loro vita-


-E i tuoi amici?-


-Mi hanno voltato le spalle già molto tempo fa-


-Quindi… dove andrai ora?- mi chiese senza più riuscire a nascondere l’inquietudine e la tristezza nel suo sguardo


-Tu dove vai?- gli chiesi


-Torno fra i ghiacci a nord, forse… - io gli sorrisi


-E ti andrebbe di fare la strada con me?- i suoi occhi si illuminarono per la felicità e un attimo dopo me lo ritrovai abbracciato che rideva come un pazzo.

 
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bloodingeyes
view post Posted on 9/5/2011, 20:17




Hassan stava ancora dormendo. Era davvero esausto, il giorno prima avevano camminato tanto e la notte non lo ero riuscito a lasciare stare. Era da così poco che aveva iniziato ad accettare quello che provavo e che lui stesso provava, e ogni volta era sempre diverso e incredibilmente piacevole. Però io avevo bisogno di meno sonno e alla mattina avevo sempre la tentazione di svegliarlo e rotolarmi fra le pelli con lui ma poi mi imponevo di lasciarlo riposare e lo guardavo mentre dormiva. Hassan era sempre bello, ma quando dormiva era più rilassato e indifeso, e diventava davvero magnifico. Quando poi con i primi raggi di sole la sua pelle e i suoi capelli lunghi scintillavano sembrava davvero un dio. Se gli dei esistevano probabilmente sarebbero stati invidiosi della sua bellezza.


A me lui ricordava la mia terra d’origine, Valhalla, forse era per questo che me ne ero innamorato. Aveva la pelle bianca e delicata come i fiocchi di neve, i capelli bianchi e leggermente mossi che gli arrivavano alle spalle mi ricordavano invece le distese di ghiaccio, e i suoi occhi erano dell’esatto azzurro delle acque e del cielo della mia terra natale. Lui odiava essere così bianco, si definiva albino, diceva che erano stati gli spiriti del mondo a togliergli ogni colore dal corpo per fargli un dispetto. Ma io pensavo che gli spiriti l’avessero solo reso incredibilmente bello e unico. E poi non era vero che gli avevano tolto ogni colore: le sue labbra erano di un color rosa che sfumava in rosso quando pensava a cose sconce o lo baciavo, e le sue guance diventavano infuocate quando era imbarazzato. Anche lui aveva dei colori. Spesso, però, Hassan si copriva il viso e soprattutto i capelli quando entravamo in un nuovo villaggio. Diceva che non tutti erano abituati a vedere capelli come i suoi e sapeva che alcuni popoli a nord avevano strane e sanguinose usanze contro quelli come lui.


Quando si travestiva così mi chiedevo se la persona che gli aveva scagliato contro quella tremenda maledizione avesse avuto le strane usanze di quei popoli nordici che in realtà io non avevo mai incontrato e una volta Hassan mi aveva risposto che non voleva saperlo perché anche se in passato per lui era stata difficile adesso era contento e io ero quasi più contento di lui. Visto quanto mi aveva respinto all’inizio e quanto aveva avuto paura di me avevo davvero temuto di perderlo una volta che fosse guarito. Io non avevo mai avuto un compagno, nessun drago aveva mai volato al mio fianco, né aveva diviso la preda, né avevo mai ricevuto un bacio sentito. Hassan invece mi aveva dato tutto questo: aveva volato con me, anche se sulle mie spalle, aveva diviso il suo cibo e adesso i baci erano l’inizio e la fine di ogni nostra giornata. Ero il drago più felice del mondo e neppure il dover diventare completamente umano quando ci fermavamo in un villaggio a fare provviste mi rattristava più di tanto perché Hassan appena eravamo di nuovo soli mi supplicava di tornare dragone, diceva che era troppo strano vedermi con le gambe umane e senza coda. Mi accettava per quello che ero, squame e alito di zolfo compresi. Non sarei mai più potuto tornare a Valhalla perché agli umani non era concesso entrarci da vivi ma non mi pesava. Adesso avevo un compagno, qualcuno con cui dividere la mia vita, e qualsiasi posto sarebbe potuto diventare per me casa


-Wadi- sbadigliò Hassan mentre si stiracchiava sotto la coperta di pelliccia di cervo


-Buon Giorno- lo salutai mettendomi in ginocchio di fianco a lui abbassandomi a baciarlo


-‘Giorno- sbadigliò lui, ancora per metà addormentato –Che si mangia stamattina?-


-Devo ancora andare a caccia-


-Pigro- borbottò lui stringendosi al cuscino e dandomi le spalle


-Senti chi parla- risi io mordicchiandogli la spalla –dormi, io torno fra un po’- Hassan si rimise a dormire e quando tornai era ancora nella stessa posizione. Scostai la pelle che lo copriva e la feci scendere fino ai fianchi e prima che potesse cominciare a lamentarsi per il freddo gli leccai tutta la schiena, sulla colonna vertebrale, dandogli infine un morsetto sul fianco. Hassan si svegliò di colpo, voltandosi verso di me


-Stupido!- mi urlò irritato e ritirandosi le coperte addosso


-Hai dormito un sacco, dovremmo pure iniziare a camminare oggi!- risi io ma Hassan continuò a tenermi il broncio, non era il massimo dell’allegria appena sveglio, soprattutto se lo svegliavo così, lui preferiva essere svegliato in una altra maniera e se non volevo che mi tenesse il broncio per il resto della giornata dovevo essere un po’ più gentile


-Ho sonno- sbuffò ma prima che si potesse rannicchiare di nuovo sotto le coperte gliele rubai. Mi guardò ancora arrabbiato e cercò di riprendersele, visto che era completamente nudo immaginavo avesse anche parecchio freddo ma non gliele lasciai –Che vuoi?- sbuffò esasperato


-Indovina- mi avvicinai per baciarlo ma lui si ritrasse


-Ancora? Ma che sei in calore?- brontolò


-All’incirca- risi io e visto che non voleva lasciarsi baciare sulle labbra mi presi il suo collo. Hassan borbottò qualcosa che non capì ma non mi spinse via. Accarezzai la sua pelle per tenerla calda e perché era bello sentirla sotto le dita. Hassan portò una mano fra i miei capelli e li strinse facendomi alzare lo sguardo. I suoi occhi azzurri erano un mare in cui ero felice di annegare ogni volta


-Wadi- sentire il mio nome pronunciato da lui mi diede una fitta nel basso ventre e sentì distintamente le scaglie fra le mie gambe lasciare il posto al mio sesso. Lo baciai di nuovo e mi ritrovai la sua lingua in bocca mentre le sue mani andavano ad accarezzare i punti in cui le scaglie lasciavano il posto alla pelle: punti particolarmente sensibili per me. Mi lasciò entrare senza neppure staccarsi dalle mie labbra. Di solito ne faceva sempre una tragedia e invece quella volta doveva essere in calore pure lui perché si inarcò per aiutarmi ad entrate più facilmente e iniziò a muoversi subito, assecondando ogni mia spinta. Lasciai le sue labbra e mi godetti per un attimo i suoi gemiti di piacere, poi scesi a baciargli il petto mentre continuavo a muovermi dentro di lui. E continuai a muovermi finché non riuscì quasi più a respirare e il cuore sembrava starmi per uscire dal petto. Hassan mi si strinse contro ancora di più mentre veniva e io dopo di lui


-Idiota- sbuffò Hassan e io risi, strusciando il volto contro il suo petto


-Mi continuerai a dare dell’idiota dopo ogni volta che lo facciamo per tutta la vita?- gli chiesi


-Se preferisci ti posso chiamare scemo, cretino… -


-Amore no?- lo interruppi


-Non ci contare- risi e mi allungai per baciarlo


-Tesoro!- Hassan si sciolse dal mio abbraccio e si mise in piedi, cercando i vestiti. Io rimasi per un attimo a guardarlo: non era più arrabbiato, o per lo meno non tanto. Mi distesi a guardarlo e l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che lui era mio e desideravo che rimanesse così per sempre


-Hai intenzione di rimanere lì ancora per molto?- mi chiese Hassan mentre abbrustoliva i resti del cervo che gli avevo cacciato per colazione e lo addentava famelico


-Stavo pensando- gli dissi


-A cosa?-


-A dove andare ora-


-Non avevi detto che dovevi andare a casa?- mi chiese fra un boccone e l’altro


-Si, ma prima che tu diventassi il mio fidanzato- quasi si strozzò al sentirsi chiamare così


-Non lo ripetere!- mi rimproverò


-Ma è così!- cercai di difendermi


-Si, ma non ripeterlo… - sbuffò Hassan, rosso di vergogna


-Va bene, come vuoi… - dissi io accondiscendente, non volevo farlo arrabbiare di nuovo


-Comunque perché non dovremmo andare a casa tua?-


-Tu sei umano, Hassan, e non sei un guerriero! I draghi non accetterebbero neppure di farti avvicinare a Valhalla-


-Non sono un buon partito?- chiese lasciandosi sfuggire un espressione fra il ferito e lo stizzito


-Non proprio- avrei voluto spiegargli tutta la storia, del fatto che io ero stato prescelto per diventare uno dei guerrieri che avrebbero portato la fine del mondo quando il nostro Generale ce lo avesse ordinato, e che per entrare a Valhalla bisognava essere draghi oppure spettri di grandi soldati morti, e che avevo rinunciato alla mia carica nell’esercito in cambio di una lunga vita per noi due insieme… prima o poi avrei dovuto affrontare soprattutto quest’ultimo argomento, nel momento in cui Hassan si fosse accorto di non stare più invecchiando. Però quella mattina non avevo la minima voglia di fare discorsi seri


-Che ne dici se ce ne andiamo su un isola?- cambiai discorso


-E come? A nuoto?- sbuffò Hassan facendo finta di non notare il repentino cambiamento di discorso


-No, volando!-


-No- rispose lapidario –piuttosto me la faccio a nuoto con i pescecane che mi sguazzano attorno!-


-Allora che ne dici di un posto caldo?-


-Vuoi tornare nel deserto?-


-Non così caldo!- sbuffai io


-Va bene, ma che non ci si debba arrivare in volo!- acconsentì Hassan mentre si rimetteva in piedi e si puliva le mani –vado a sellare il cavallo, tu intanto vestiti che mi devi fare da guida- mi sorrise e si inginocchiò perché lo baciassi. Tentai di trascinarlo di nuovo sulle pelli con me, ma con un movimento che mi lasciò leggermente stupito e confuso si liberò e ridendo uscì per andarsi a prendere cura del suo cavallo. Lo avevamo “preso in prestito” poco dopo essercene andati da Arta, Hassan si sentiva bene ma io ero comunque preoccupato che la cura dello stregone non avesse funzionato così avevo “preso in prestito” un cavallo. Mi vestì e raccolsi tutte le varie cianfrusaglie che Hassan aveva la brutta abitudine di lasciare in giro, legai le pelli strette perché prendessero meno spazio possibile nella valigia e poi uscì per legarle alla sella del cavallo. Quando fu tutto pronto Hassan montò in sella e ci avviammo.


Fu proprio quella sera che accadde una cosa che avevo tanto sperato non succedesse mai. Hassan stava accendendo il fuoco e preparando ad abbrustolire la carne, lui proprio non riusciva a mangiarla cruda come per me era normale fare. Io me ne stavo a digerire lì quando sentì un odore famigliare nell’aria, l’odore della neve. Non avrei dato peso alla cosa se non ci fossimo trovati in una zona in cui la neve non scendeva mai. Mi alzai in piedi per controllare


-Che succede?- mi chiese Hassan


-Devo solo controllare una cosa- gli dissi per non farlo preoccupare, se nelle vicinanze c’era chi pensavo io era meglio che lui non mi seguisse. Mi alzai in volo e mi allontanai da dove ci eravamo accampati. La notte era tranquilla e c’era solo un leggero venticello. Annusai l’aria nella speranza di sentire ancora quell’odore ma non fu così. Feci un altro ampio giro attorno alla zona in cui eravamo accampati ma non percepì nulla. Pensai di essermelo sognato l’odore di neve ma mentre stavo atterrando lo sentì di nuovo e ne riuscì a seguire anche la scia, raso terra. Poco dopo riuscì anche a scorgere la proprietaria, una mia amica fortunatamente


-Maisa- la salutai, lei di sicuro si era già accorta di me da tempo, i miei sensi rispetto a quelli di un vero drago facevano davvero schifo


-Wadi- mi salutò lei, era una dragonessa dalle scaglie ambrate e con gli occhi rossi. Era magra ma con muscoli potenti ed era agile, il suo nome significava aggraziata perché sapeva muoversi con una leggerezza invidiabile e persino il suo corpo affusolato faceva impazzire di gelosia molte altre dragonesse e anche i maschi la guardavano spesso con la bava alla bocca. Era anche ben voluta dal nostro generale ed era una brava cacciatrice


-Stai volando per il tuo primo viaggio?- le chiesi sorridendo. Io ero più vecchio di lei di qualche decina d’anni e avevo fatto molti più viaggi


-Si- mi rispose lei con un sospiro stanco –i miei compagni di viaggio sono però già tornati tutti indietro!- si lamentò –Anche i più vecchi si sono trovati già un compagno!-


-E tu sei rimasta sola?- chiesi sinceramente stupito, era forse la più bella femmina che io avessi mai visto e mi sembrava assurdo che lei dovesse finire il viaggio da sola invece di trovare il compagno perfetto dopo cinque battiti di ali


-Si, tutti quelli che erano con me erano degli idioti e non ho accettato nessuna delle loro proposte… così loro si sono consolati con qualcun altro… - le sorrisi e strofinai il viso sul suo muso per consolarla


-Vedrai che alla fine troverai il tuo dragone- le dissi


-E tu, Wadi? L’hai trovato qualcuno che ti sopporti?- rise lei


-Si- le risposi e lei si bloccò di colpo


-È fantastico!- rise Maisa lecandomi per la felicità tutta la faccia


-È umano- specificai e lei mi fissò imbarazzata


-È un po’ meno fantastico… - borbottò –ed è… ?-


-Un normalissimo, debole, essere umano- specificai –e non sono mai stato tanto contento in vita mia-


-Ma… questo significa… -


-Che non posso più tornare a Valhalla, lo so- appoggiai la fronte al suo muso e chiesi gli occhi per un istante –ma io non posso più separarmi da lui- Maisa mi guardò negli occhi per un attimo e poi mi lavò ancora la faccia leccandomi


-Vorrei tanto trovare un dragone che avesse il tuo stesso sguardo innamorato, e che lo rivolgesse solo a me come tu lo rivolgi sono al tuo compagno… approposito, come si chiama?-


-Hassan-


-Hassan… sembra uno dei nostri nomi… -


-Si lo so- sorrisi io


-Allora questa potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo- borbottò guaendo triste


-Immagino di si-


-Mancherai a molti-


-A te no?- le sorrisi


-Un po’ ma a Akram, Kamil e Rabi mancherai molto di più- mi si strinse il cuore a sentire i nomi dei miei migliori amici


-Mancheranno anche a me, ma forse ci vedremo in giro… - sorrisi anche se sapevo che difficilmente li avrei rivisti


-Si certo- annuì Maisa meno convinta di me –adesso e meglio se ritorni da tuo compagno… - ci salutammo e tornai da Hassan che se ne stava rannicchiato vicino al fuoco


-Stai bene? Cos’è successo?- mi chiese. Mi sedetti di fianco a lui e appoggiai la testa contro la sua spalla


-Hassan, tu mi ami?- gli chiesi fissandolo diritto negli occhi


-Si- rispose dopo appena un attimo di incertezza, arrossendo fino alle orecchie


-Allora ho fatto la scelta giusta- Hassan appoggiò la testa alla mia e sospirò


-Sei strano- sorrise e si stese per dormire lasciandomi il posto per stendermi di fianco a lui


-Hassan- lo chiamai e lui aprì gli occhi assonnato –Io voglio rimanere con te per sempre-


-Anch’io Wadi- mi sorrise e mi accarezzò le scaglie dietro all’orecchio facendomi fare le fusa, adoravo le carezze lì come in pochi altri punti nel corpo, però mi costrinsi a non lasciarmi andare e gli scostai la mano


-Non cambierai idea vero?- gli chiesi e Hassan mi guardò perplesso


-Non posso sapere cosa succederà nel futuro… - mi disse però poi si allungò a baciarmi sulle labbra –però io voglio stare con te, non ti basta?-


-Sei l’unica cosa che avrò da ora in avanti- gli confessai, anche se lui non poteva capire fino a che punto erano vere le mie parole –non voglio che tu mi lasci, non potrei sopportarlo… -


-Non lo farò- mi assicurò Hassan serissimo –Non ti lascerò, dove pensi che me ne potrei andare anche se volessi, e non lo voglio- aggiunse in fretta, probabilmente vedendo al delusione nei miei occhi


-Allora è una promessa? Non mi lascerai, mai?- gli chiesi


-Mai, finchè avrò vita- lo baciai felice e sapevo che la nostra sarebbe stata una felice e lunga vita insieme.



FINE.
 
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