23 Dicembre 2010
Lo chalet della zia di Medardo è impressionante, per me che è la prima volta che lo vedo poi non posso fare a meno di rimanere per un attimo a bocca aperta. Lo sapevo che il mio fidanzato era pieno di soldi e che la sua famiglia ne aveva anche molti di più ma non pensavo fino a questo punto! Lo chalet si rivela una specie di villa a tre piani con giardino, piscina e vasca idromassaggio. Con stucchi dorati e altre robe da ricconi che mettono me leggermente in soggezione e fanno sentire il mio fidanzato a casa. All’entrata ci vengono a salutare i suoi genitori con degli insoliti sorrisi, di solito quando ci sono io nei paraggi la madre sembra la sorella brutta di Medusa e il padre un satanasso. Oggi sembrano quasi delle persone normali, ci salutiamo cordialmente, le solite frasi di rito e poi ci consigliano di andarci a cambiare che è quasi pronta la cena. Non posso fare a meno di notare però lo strano sguardo che ha la madre di Medardo, più perfido del solito e con una strana luce che non so interpretare. La mia camera è all’ultimo piano mentre quella di Medardo al secondo, il fatto che ci vogliano separare non mi stupisce affatto, sono abituato al fatto che loro mi odino, in fondo sono il ragazzo che ha fatto diventare gay il loro bambino! Prima di conoscere me Medardo era un aspirante avvocato di talento, uno splendido ragazzo biondo, magro e di carattere dolce ma fermo e con una fidanzata altrettanto bella al suo fianco. Tutto una favola agli occhi dei suoi genitori. In realtà era già da un pezzo che lui aveva capito di non provare nulla per le ragazze ma non aveva mai trovato il coraggio di dirlo ai suoi genitori. Non credo che sia stata esattamente colpa mia il fatto che abbia deciso di mettere al corrente i suoi genitori che era gay, in quel periodo non eravamo esattamente una coppia affiatata, quasi non ci conoscevamo, eppure i suoi genitori hanno dato tutta la colpa a me, mi hanno proibito di vedere Medardo e hanno mandato lui dallo psicologo nella speranza di fargli il lavaggio del cervello. Ci è voluto circa un anno perché si rassegnassero e lo lasciassero in pace. Io comunque rimanevo e rimango ai loro occhi il fratello sadico e perverso di Hannibal Lecter. Una volta che riesco a sistemare un po’ la camera e mi sono cambiato scendo e vado da Medardo che come al solito è ancora lì che cerca cosa mettersi
-Vinaccia o rosso?- mi chiede non appena metto piede nella stanza
-Vinaccia, magari così ti sbronzi!- gli rispondo buttandomi sull’unico divanetto non ingombro di maglie, camice e pantaloni
-Non ci sperare!- mi risponde lui mentre si toglie la maglia per sostituirla con una camicia bianca con decori rossi, non vinaccia come gli avevo suggerito, a quanto pare non sono bravo a dare consigli di moda –è la prima volta dopo 3 anni che i miei genitori ci invitano per Natale- continua lui imperterrito -e non ho la minima intenzione di fare brutte figure!- mi trapassa con lo sguardo come se volesse incenerirmi e poi controlla come sono vestito, non trovando però nulla da ridire. Dopo l’ennesimo cambio d’abito scendiamo al piano di sotto dove è riunita praticamente tutta la famiglia di Medardo compresi prozii che non vedeva dal suo battesimo. Tutti lo salutano contenti, baciandosi a vicenda, con tanti abbracci e risate mentre io vengo snobbato completamente, andando a fare da tappezzeria. Accettai tutto solo perché almeno Medardo era contento, era da tanto tempo che non lo vedevo più sorridere in quella maniera con i suoi parenti nei paraggi. Tanto valeva fare buon viso a cattivo gioco.
Quando i servitori, si perché c’era anche la servitù, ci comunicarono che il pranzo era pronto Medardo tornò da me sorridendo contento. Avevo tanta, ma davvero tanta voglia di baciarlo ma visti i precedenti, tipo una mezza rivoluzione nel salottino della madre l’anno prima, mi trattenni e gli accarezzai soltanto la guancia mentre ci andavamo a sedere. Una delle zie chiese a Medardo di sedersi di fianco a lui mentre io fui costretto con una serie di “vorrei sedermi di fianco a mio marito”, “ti potresti spostare, per favore” e “mi ero già messo io qui” a sedermi dalla parte opposta della tavolata, di fianco al nonno paterno mezzo rincoglionito. Sospirando accettai anche questa. Il pranzo si svolse più o meno tranquillamente, io venivo ignorato da tutti tranne che dal nonno che si era lanciato nella descrizione delle sue gesta sul campo di battaglia nella Grande Guerra e che comunque era simpatico, anche se un po’ sciroccato. Ma dovevo aspettarmi un qualche colpo basso, l’avevo immaginato che sarebbe successo qualcosa di irrimediabilmente stressante, e infatti… come si dice? Il lupo perde il pelo ma non il vizio! Quindi ecco arrivare l’ultimo ospite all’ora del dolce: l’ultima fidanzata di Medardo, Charlotte, una francesina minuta, bionda e bella. Tutti l’accolgono con baci e abbracci, contenti di rivederla, bla, bla, bla. Medardo mi guarda stupito e sembra volermi dire che lui non ne sapeva nulla, scrollo le spalle e gli sorrido, so benissimo che non è colpa sua se i sui parenti sono delle serpi. Mi riprometto di stare calmo ma quando la ragazza, incitata da praticamente tutti i presenti, bacia sulle labbra il mio ragazzo sto quasi per perdere la calma. Non so bene come mi alzo e la saluto, una volta eravamo amici ma lei non mi ha mai perdonato di avergli rubato il fidanzato, o meglio, i suoi soldi. Mi esibisco in una delle mie migliori interpretazioni da bravo ragazzo mentre pianifico la morte di quella dannata ragazzina. Meriterei davvero un oscar per la mia recitazione!
Il pranzo si conclude e io vengo invitato dal nonno matto ad andare a caccia con lui il giorno successivo, con poca possibilità di scampo. Alcuni rimangono a chiacchierare in salotto mentre Medardo mi propone di andare a sciare, come era naturale aspettarsi si aggregarono subito la madre e il fratello minore di Medardo, Carlo, Charlotte e ad un paio di zii. Quasi vengo lasciato a casa perché nella macchina non c’è più posto, una balla clamorosa! In un qualche modo arriviamo alla stazione sciistica e mentre io prendo al noleggio un paio di scii tutti prendono la sciovia, visto che hanno già tutti comprato da tempo un loro personalissimo paio scii all’ultima moda, quasi mi aspettavo che avessero noleggiato la discesa solo per loro. Comunque è solo il primo giorno e già ho le palle completamente girate con l’intero mondo. Possibile che questi dannati stronzi debbano comportarsi come serpi ogni attimo della loro esistenza? Ho già voglia di prendere la macchina e tornarmene diritto a casa ma sopporto, sono molto bravo a sopportare, soprattutto se è per la felicità di Medardo. Salgo con la sciovia e trovo Carlo che ancora sta litigando con la chiusura degli scii. Lui non è male se non c’è la madre in giro, è un ragazzo solare e divertente, assomiglia molto al fratello e non mi tratta come se fossi un maniaco omicida. Dopo poco che Medardo ha detto a tutti di essere gay Carlo ci ha chiesto di parlarci ad entrambi e, dopo una breve e tranquilla discussione, ha iniziato a bersagliarci di domande oltremodo imbarazzanti, ad un certo punto avrei voluto seppellirmi dalla vergogna pure io, però alla fine mi ha guardato e con l’espressione più seria che può apparire sul volto di un diciassettenne mi ha detto che se avessi provato a ferire suo fratello me l’avrebbe fatta pagare cara. È l’unico della famiglia che mi stia simpatico ed è l’unico con cui si possa parlare civilmente
-Mi dispiace per oggi- mi disse mentre l’aiutavo con la chiusura degli scii –mia madre l’ha fatta davvero grossa stavolta! Chiamare addirittura Charlotte!-
-Non ti preoccupare, ci sono abituato a questi colpi bassi- gli rispondo mentre mi rialzo in piedi –Fatto! Ora puoi andare!-
-Ti aspetto, scendiamo insieme!- annuisco mentre mi allaccio gli scii. Per un ora buona non riesco neppure a scorgere il resto della famiglia, quasi penso che mi abbiano smollato sulla pista da sci, ma scarto l’idea visto che se hanno abbandonato me hanno abbandonato anche il loro adorato secondogenito, e questo non potrebbe mai accadere! Finalmente ci ricongiungiamo al gruppo e sinceramente forse avrei fatto bene a continuare a sciare da solo con Carlo. Charlotte se ne stava spesso abbarbicata al braccio del mio fidanzato mentre chiamava “mamma” e “papà” i genitori di Medardo. Gli zii intanto continuavano a ripetere che erano proprio una bella coppia loro due insieme e altre stronzate del genere. Medardo mi guardava mestamente e sillabò un paio di volte un “scusa” ma non fece nulla per cambiare quell’odiosa situazione
-Credo che andrò a noleggiare uno snowboard- dissi ad un certo punto a Carlo che era l’unico che mi ascoltava –torno dopo- e prima che qualcuno mi potesse fermare ero già partito in discesa. Dio, quanto odio questa situazione! Davvero in quel momento avevo così tanta voglia di mandare tutti al diavolo e tornarmene a casa, mandare al diavolo anche Medardo che non stava facendo altro che stare al gioco della sua famiglia! Però alla fine mi rassegnai e noleggiai una bella tavola da snowboard e risalì con la sciovia. Lo sci è bello, soprattutto se è d’altura ma lo snowboard mi faceva sentire libero. Proprio affianco alla pista dove c’era l’allegra famigliola c’era una bella pista da snowboard con una pendenza di circa 80°, fantastica! Se dovevo passare una settimana in casa di quegli stronzi almeno mi sarei divertito e se Medardo mi avesse voluto seguire sarei solo stato più contento. Già il periodo natalizio a me fa un po’ schifo in generale se poi devo stare sempre a contatto con delle dannate serpi avrei dato di matto molto presto.
Io sono ateo quindi per me il Natale è più o meno una festa come le altre. Non l’ho mai festeggiato davvero perché mia madre era persino più atea di me e mio padre non esisteva. I parenti di mia madre non mi volevano vedere perché erano nato al di fuori del matrimonio e da bambino spesso non ricevevo regali perché non c’erano soldi. Non ho avuto una bella infanzia e non ricordo un solo Natale felice. Da grande è sempre più o meno rimasto tutto invariato, tranne che mi ubriacavo sempre la vigilia e dormivo per tutto il giorno successivo. Da quando mi ero fidanzato con Medardo ho iniziato a fare regali agli amici e a mia madre, ho smesso di sbronzarmi e Natale è diventato quasi una festa divertente ma penso che quest’anno ritornerò ai miei minimi storici: incazzato nero, stressato e dannatamente sobrio per non far fare brutte figure alla famigliola perbenista! Alla fine della quinta o sesta discesa trovai Medardo ad aspettarmi ad un lato della pista
-Ti stai divertendo?- mi chiese
-È una bella discesa questa- gli risposi con un sorriso, ero più tranquillo adesso, meno incazzato
-Si, ho notato- rispose rabbrividendo, guardando la pendenza esagerata della pista, lui era più un tipo da scii di fondo –comunque siamo tutti dentro al bar a… - prima che potesse finire la vocina squillante di Charlotte lo richiamò. Medardo guardò prima la ragazza sulla porta del bar e poi me
-Dai andiamo- sopirai incamminandomi. Il bar era piccolo ma accogliente e caldo, dall’aria un po’ vissuta, un bel posto in cui avrei tanto voluto restare un po’ solo con Medardo ma naturalmente io mi ritrovai a fare da tappezzeria mentre Charlotte rimaneva abbarbicata al braccio del mio ragazzo strusciandosi e facendo la gatta morta
-Kevin!- mi chiamò un ragazzo dall’altra parte del piccolo bar, mi alzai e l’andai a salutare. Era un mio vecchio compagno di corso all’università, un vero pazzo! Stetti un po’ con lui a chiacchierare del più e del meno e quando tornai dall’allegra famigliola nessuno mi chiese nulla, si e no che si fossero accorti che mi ero allontanato, l’unico che se ne interessò fu Medardo
-Chi era?- mi chiese cercando di non far trasparire l’irritazione e la gelosia
-Warren, un mio vecchio compagno di corso all’università - Medardo guardò ancora l’altro ragazzo e lo riconobbe, tranquillizzandosi. Era adorabile quando faceva il geloso! Tornammo allo chalet e ci fu lasciato un po’ di tempo per cambiarci e fare una doccia prima di cena. Charlotte se ne tornò al suo albergo, con mia immensa felicità, e io riuscì ad infilarmi in camera di Medardo e a fare la doccia con lui. Fu una specie di missione alla 007 perché ad ogni mezzo passo mi toccava di nascondermi per non essere beccato dai parenti che altrimenti avrebbero fatto una tragedia, ma ne valse largamente la pena. Ancora una volta a cena mi toccò il posto di fianco al nonno matto che però stavolta mi bersagliò di domande a cui la famiglia iniziò ad interessarsi parecchio, troppo
-Quindi non sei mai andato a Parigi?- mi chiese uno degli zii
-No, mai- gli risposi
-Praga? New York? Londra?-
-No- ammisi
-E che paesi hai visitato?-
-Andalusia, il sud della Francia e poi buona parte dell’Italia del nord- risposi ingigantendo un po’ le mie reali conoscenze del mondo
-Quindi non sei più andato in Germania?- si intromise la madre di Medardo parlando al figlio
-No, non ne avevo più voglia- gli rispose lui fulminandola con lo sguardo ma la donna continuò imperterrita
-Ma era una grande occasione! Un gran bel viaggio! Avresti proprio dovuto partire!-
-Sarei stato lontano 6 mesi, non me la sentivo- gli rispose guardandomi di sottecchi, quel viaggio lo aveva abbandonato un po’ anche a causa mia, lo sapevo benissimo, non c’era bisogno di rigirare il dito nella piaga dannazione!
-Che lavoro fai? Di che ti occupi?- mi chiese lo zio più stronzo della famiglia, come se non sapesse che lavoro facevo!
-Meccanico- gli risposi lapidario
-Adesso capisco perché puoi viaggiare così poco… - sogghignò lo stronzo
-Almeno io mi guadagno da vivere onestamente- gli risposi
-Che intendi dire?- mi chiese un altro parente
-Che ci sono tanti mestieri molto meno nobili del meccanico, tipo ladri, truffatori, politici… - il nonno matto al mio fianco si mise a ridere mentre un po’ tutti gli altri presenti si irritavano e mi fulminavano con lo sguardo. Medardo sbiancò di colpo e subito quella troia di Charlotte gli si strinse contro tutta gentile e carina
-Hai davvero ragione- mi sorprese la nonna materna di Medardo, non mi aveva mai parlato prima di quel momento –però mio nipote mi ha detto che non sei un semplice meccanico ma hai una catena di officine, devi essere davvero bravo se dal niente sei riuscito alla tua età ad arrivare a questi livelli!-
-Ho solo tre officine, non si può definire una catena la mia- gli dissi arrossendo, era la prima volta che qualcuno della famiglia di Medardo mi facevano un complimento ed era la nonna materna che lui mi aveva sempre descritto inflessibile e arcigna
-Hai comunque conseguito un buon risultato- aggiunse la donna, sempre serissima –con solo il duro lavoro e il tuo talento, penso che questo sia davvero lodevole-
-La ringrazio-
-Ti prego non darmi del lei- rispose la donna sorridendo per la prima volta –chiamami Valantine e dammi pure del tu, altrimenti mi fai sentire vecchia-
-Si certo- le risposi sorridendo e per qualche minuto calò sulla sala un silenzio fitto, sorpreso e molto imbarazzato. Gli unici che sorridevano eravamo io, Medardo e sua nonna che iniziammo a parlare tranquillamente senza i commenti degli altri parenti stronzi.