Il Cancello Oscuro

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Taila
view post Posted on 18/5/2011, 11:57




Titolo: Il Cancello Oscuro
Autore: Taila
Serie: Original – Fantasy
Genere: Drammatico, triste, romantico, erotico, fantasy
Tipo: Slash, azione, non per stomaci delicati, lemon
Raiting: Rosso
Disclaimers: I personaggi presenti in questa fic sono tutti maggiorenni. Qualsiasi riferimento a fatti, persone o cose realmente esistenti è puramente casuale, questo racconto è frutto della solo della mia fantasia.
Note: Avevo già scritto il primo capitolo di questa fic un po’ di tempo fa, ma l’ho cancellato e ora, dopo averlo modificato e corretto, ho deciso di proporlo. Il motivo di questa scelta sta nel fatto che non riesco a scrivere le het. Ci ho provato, ma sono una slasher e una yaoista convita e con le coppie eterosessuali non vado propriamente d’accordo. Così ho ritirato la fic dal sito e l’ho modificata in una slash ^^ Purtroppo il mio cervello funziona in un solo senso. Con questa slash tratto dei temi un po’ forti – diciamo così – e spero quindi di non offendere la sensibilità di chi legge, nel caso accada mi scuso anticipatamente ^.^
Ringraziamenti: Ringrazio tutti coloro che hanno letto l’altra versione. Ringrazio chiunque leggerà e commenterà questa.
Adesso la smetto e vi lascio alla lettura, al prossimo capitolo gente \^0^/


Il Cancello Oscuro



Capitolo I: Il cowboy

Il sole, che stava tramontando oltre la linea appuntita delle montagne all’orizzonte, inondava il cielo con la sua luce insanguinata, il deserto era un sterminato e scintillante mare di oro liquido. Sey Pears aveva camminato per tutto il giorno e ora era stanco, i vestiti che indossava erano consunti e impolverati. Alzò un po’ la tesa del cappello da davanti gli occhi e vide che, ai piedi della collina su cui si trovava, sorgeva un piccolo villaggio. Per la prima volta negli ultimi giorni sentì la speranza rinascere dentro di lui. Il suo cavallo era morto alcune settimane prima e i suoi viveri erano terminati due giorni prima: nonostante il suo fisico fosse molto resistente e abituato alle condizioni più estreme, era ormai giunto al limite delle forze. Si aggiustò la sacca quasi vuota sulle spalle e iniziò a scendere il fianco della collina.
Arrivò al villaggio che era ormai sera inoltrata. Gli uomini stavano tornando a casa dopo una dura giornata trascorsa a cercare di dissodare e rendere produttiva quella terra arida, mentre le donne stavano preparando la cena dopo essere state a pregare al Tempio. Sey Pears si deterse il sudore dalla fronte con il dorso della mano e, a passi strascicati e pesanti, raggiunse l’unico saloon di quel posto. Era stato costruito sull’angolo del crocevia che intersecava le uniche due strade del villaggio e per questo si trovava in una posizione strategica. Sey Pears si fermò sotto il portico del saloon e annusò l’aria, percependo un forte odore di whisky e tabacco. Entrò e si guardò intorno. Il locale era modesto e costruito su due piani: al piano superiore si trovavano le camere, mentre quello inferiore era ingombro di tavoli sparsi confusamente in tutto l’ambiente, attorno ai quali stavano giocando accanitamente alcuni uomini. In fondo alla sala era stato collocato il bancone, dietro il quale si affaccendava un uomo di spalle.
Attraversando una spessa nuvola di tabacco, Sey Pears si sedette al bancone, appoggiando la sacca sullo sgabello accanto a sé e sorrise notando, attraverso lo specchio che ricopriva la parete di fronte, un fucile nascosto sotto il bancone.
- È possibile mangiare qualcosa?- domandò.
L’uomo dietro il bancone si volse verso di lui e lo scrutò attentamente cercando di capire a quale categoria d’uomo potesse appartenere e se rappresentasse un pericolo per loro.
- Tutto è possibile se si ha la grana.- rispose guardingo.
Sey Pears frugò fra le pieghe polverose del suo spolverino e ne tirò fuori un obolo d’oro del Governatorato di Fals.
- Basta questo?- chiese all’altro uomo mentre gli porgeva la moneta.
Questi l’agguantò incredulo di tanta fortuna e sparì dietro una porticina laterale. Tornò pochi minuti dopo con un vassoio che conteneva uova fritte, della carne bruciacchiata e un boccale di birra chiara e fresca. In un piattino c’era il resto delle monete, nel metterle in tasca Sey Pears si rese conto che l’uomo aveva trattenuto qualcosa per sé, ma era troppo stanco e affamato per protestare.
- Ehi straniero, come ti chiami?- gli domandò l’uomo che non aveva perso d’occhio nemmeno uno dei suoi movimenti.
- Mi chiamo Sey Pears – inghiottì un pezzo di carne quasi senza masticarlo – E tu, invece, un nome ce l’hai?- gli chiese di rimando.
- Mi chiamo Hall Durden e sono il proprietario di questo posto, il Falco.- rispose impettito.
Sey Pears terminò la sua cena e chiese una stanza e Hall Durden prese un mazzo di chiavi arrugginito da sotto il bancone.
- A noi non piacciono i problemi, se sei un fuorilegge sparisci prima del sorgere del sole.- gli intimò porgendogliele e adocchiando il calcio della pistola che spuntava tra le pieghe dello spolverino dello straniero.
Un sorriso enigmatico schiuse le labbra di Sey Pears a quelle parole.
- Non si preoccupi Mr. Durden, non le causerò nessuna noia!- gli sorrise e prese il mazzo di chiavi.
Si alzò e lentamente salì le scale, si guardò intorno cercando il numero della sua stanza e quando la trovò sospirò sollevato. Inserì la chiave nella toppa della porta e, mentre la ruotava, un rumore attirò la sua attenzione. Si volse incuriosito e vide un uomo enorme, con una cicatrice che gli tagliava metà faccia e un occhio, uscire da una delle stanze alla sua sinistra, mentre si riabbottonava i pantaloni sui quali ricadeva una disgustosa pancia flaccida. Ruttò e tirò con malgarbo un ragazzo tremante da dentro la stanza, con gli abiti stropicciati e in disordine. Afferrandolo per i capelli lo costrinse a sollevare il volto verso il suo e la baciò rudemente. Dopo lo scostò da sé con uno spintone e si allontanò con un’espressione soddisfatta ben stampata in viso.
Sey Pears vide il corpo magro del ragazzino scivolare a terra e rannicchiarsi contro il muro alle sue spalle, il corpo scosso violentemente dai singhiozzi che non riusciva a trattenere. Comprendendo cosa gli avesse fatto quell’uomo, corse da lui per aiutarlo: era coperto di lividi, sia vecchi che recenti, da graffi e morsi che sanguinavano ancora. Sey Pears allungò una mano per toccarlo, ma il ragazzo si ritrasse spaventato, raggomitolandosi ancora di più su se stesso, come se volesse entrare dentro il muro dietro di lui. Dentro di sé, Sey Pears imprecò violentemente contro quell’uomo che aveva osato ridurre quel moccioso dall’aspetto così fragile in quello stato. Odiava profondamente chi usava la propria forza per sottomettere le persone più deboli, per questo aveva fatto dell’aiutare gli altri lo scopo della sua vita.
- Non avere paura, non voglio farti nulla. Voglio solo dare un’occhiata alle tue ferite.- gli spiegò cercando di essere il più rassicurante possibile.
Sentendo quel tono di voce gentile e dolce, il ragazzo si voltò guardingo, sollevando la testa verso di lui quel tanto che bastasse per guardarlo in viso e Sey Pears credette davvero che il cuore gli si fosse bloccato nel petto per la sorpresa: gli assomigliava! Quel ragazzino era identico a lui. Per un lungo, perfetto istante fu come se fosse stato catapultato indietro nel tempo, a quei giorni felici in cui lui era ancora vivo e risplendeva della sua fulgida bellezza.
- Come ti chiami?- gli chiese piano, come se temesse la sua risposta.
- A… Adam…- gli rispose il ragazzo con una voce roca e calda, che fece tremare qualcosa dentro il petto del cowboy.
Sey Pears lo guardò ancora un attimo, poi, cercando di evitare gesti bruschi che potessero spaventarlo, gli prese delicatamente la caviglia nella mano destra e gli sollevò la gamba.
- Perché lo fai?- gli chiese il cowboy dopo una lunga pausa di silenzio, mentre gli esaminava le ferite.
Adam si morse il labbro inferiore, indeciso se potesse o no fidarsi di quello straniero. Lo scrutò in volto sperando di trovare qualsiasi cosa potesse aiutarlo a prendere una decisione. Era incredibilmente bello. Non riusciva a credere che potessero esistere uomini così affascinanti. I suoi capelli biondi, appena arruffati dal lungo viaggio, incorniciavano un viso perfetto, dalla pelle chiara e liscia, caratterizzato da labbra piene e dal tratto orizzontale. Ma la cosa più stupefacente erano gli occhi: iridi di un azzurro intenso e puro come acqua di fiume, gli stavano rivolgendo uno sguardo caldo, gentile e sinceramente preoccupato. I suoi tocchi su di lui poi erano delicati e rispettosi, come se non volesse spaventarlo o fargli del male, ed era la prima volta che qualcuno lo trattava con un simile riguardo. Di solito gli altri prendevano da lui tutto, strappandoglielo senza alcun riguardo, come se fosse stato solo un oggetto da usare e gettare via.
- Quell’uomo è Urro ed è un fuorilegge temuto da tutti, anche dallo sceriffo. Io e papà non siamo ricchi e non possiamo pagare la sua protezione. Così lui ha preteso di essere rimunerato in natura. – e un sorriso amaro gli piegò le labbra – Ogni volta che ne ha voglia mi trascina in una camera libera e…- la voce gli morì in gola, mentre le lacrime stavano ricominciando a rigargli le guance.
Sey Pears gli mise due dita sotto il mento e gli sollevò il viso verso il suo, lo guardò con le sue iridi celesti incredibilmente gentili. Perché quello sguardo su di lui era così incredibilmente caldo e gentile? Adam, che non era abituato a essere oggetto di simili attenzioni, avvertì un’ondata di calore risalirgli il corpo fino al volto e concentrarsi nelle sue guance.
- Basta così, Adam. – la sua voce era calda e dolce, mentre gli asciugava le lacrime con gesti delicati, che sembravano voler accarezzare direttamente la sua anima ferita – Non dire più nulla. Adesso vai in camera tua e chiuditi a chiave. Riempi una tinozza di acqua calda e diluiscici dentro questa – e gli porse una bustina contente una polvere rossa – E’ radice di oleandro spinoso, ha proprietà antibiotiche e antisettiche. Resta immerso il più possibile e non uscire per nessun motivo, va bene?- e gli mise la bustina fra le mani.
Un lampo metallico attraversò l’azzurro dello sguardo del cowboy e Adam comprese all’istante cosa volesse fare. Qualcosa dentro di lui tremò di terrore al solo pensiero che l’altro volesse affrontare Urro: non voleva che quell’uomo così gentile venisse ucciso per causa sua.
- Non lo faccia! Urro la ucciderà!- urlò aggrappandosi disperatamente al suo braccio, tentando di fermarlo.
Sey Pears lo guardò sorpreso dalla sua reazione, poi la sua espressione si addolcì nuovamente, rendendolo di una bellezza quasi dolorosa.
- Fai come ti ho detto e non preoccuparti di nulla.- gli ripeté tranquillamente, mentre si liberava con ferma gentilezza della sua stretta.
Al ragazzo non rimase altro da fare che osservare la sua schiena che si allontanava, mentre scendeva le scale per ritornare al piano inferiore.
- Mr. Pears ha cambiato idea?- gli chiese curioso Hall Durden, vedendolo.
Sey Pears non gli rispose, ma si diresse direttamente verso il tavolo a cui Urro era seduto intento a bere e gli si sedette di fronte. Sul volto ben stampata un’espressione tranquilla, che lo rendeva molto più inquietante.
- Quel moccioso è solo per te?- gli chiese in tono piatto.
Il fuorilegge lo scrutò malevolo con il suo occhio buono, mentre ingollava rumorosamente un lungo sorso di birra.
- Quella puttana è solo per me, per il grande Urro!- gli ringhiò contro, sbattendo il boccale sul tavolo come a voler sottolineare il concetto.
- Se la cava bene?- indagò ancora Sey Pears.
- All’inizio fa un po’ di storie, non vuole stare fermo e per questo devo convincerlo, ma poi devi vedere come si muove sotto di me!- e un ghigno osceno gli deformò le labbra.
Un velo rosso calò davanti agli occhi di Sey Pears, mentre la rabbia montava sempre di più dentro di lui. Ancora dopo tutto quel tempo non riusciva a capire come certi uomini potessero considerare gli altri degli oggetti da usare e rivoltare a piacimento, senza alcuna accortezza, e poi gettare via. E quel pensiero gli portò alla mente lui. Lui bellissimo e triste, umiliato nel corpo e nello spirito.
- E se non gli piacesse quello che gli fai?- e la sua voce sfumò in un ringhio feroce.
Urro si fermò, con il boccale sollevato davanti le labbra, a guardare quello straniero che se ne stava seduto davanti a lui, con la testa china in avanti e il volto pericolosamente coperto dalla frangetta bionda.
- Vorresti combattere contro di me per il suo onore? – scoppiò in una risata untuosa – Non pensarci nemmeno: non vale la pena morire per uno come quello.- e sbatté il boccale sul ripiano del tavolo, come se con quel gesto volesse chiudere la discussione.
La rabbia crebbe in Sey Pears fino a raggiungere il punto di rottura, poi tutto divenne rosso e ogni cosa venne divorata del ruggito del sangue nelle orecchie. Il tutto si svolse così rapidamente, che Urro comprese quello che era accaduto solo alla fine: il cowboy era scattato in piedi e lo aveva afferrato per il bavero della camicia, sollevandolo di peso e scaraventandolo sul tavolo, che si era spaccato a metà sotto il suo peso. Sey Pears gli sferrò un rapido pugno nello stomaco che gli ruppe due costole, poi iniziò a percuoterlo al volto con una ferocia tale che ogni colpo tirava via brandelli sanguinolenti di pelle.
Il fuorilegge urlava di dolore, paura e sorpresa, scalciava e si dibatteva con tutte le sue forze, ma non riusciva a liberarsi dalla ferrea presa del suo aggressore. Attorno a loro c’era solo il silenzio attento di chi assiste finalmente a un evento che si era desiderato per molto tempo e che si aveva perso la speranza di poter vedere.
- Smettila, ti prego!- implorò Urro.
- Nemmeno per sogno. Quante volte quel ragazzo ti ha implorato di smettere, ma tu hai fatto finta di non sentire, continuando a fargli del male? – gli sferrò l’ennesimo pugno che gli fracassò un altro osso – Rispondi bastardo!- gli ordinò rabbioso.
- N… non… non… lo so…- cercò di replicare Urro, con la bocca fracassata nella quale si mischiavano saliva e sangue.
Sey Pears emise un verso infastidito, prima che il suo volto iniziasse a mutare. Urro spalancò gli occhi terrorizzato, non riuscendo a capire se ciò che stava vedendo fosse reale o solo un’illusione frutto della sua mente accecata dal dolore. L’azzurro delle iridi del cowboy venne rapidamente divorato da un feroce rosso sangue e le labbra morbide e rosee si trasformarono in mostruose fauci schiuse su di una chiostra di denti affilatissimi. Sulla sua fronte un segno simile a un drago iniziò a brillare di una fredda luce azzurrina. Urro a quella vista urlò ancora più forte.
Con un movimento fulmineo, Sey Pears si sfilò il pugnale dalla cintura e lo piantò nel fianco del fuorilegge, poi il simbolo sulla sua fronte iniziò a brillare più intensamente, schiuse le fauci e succhiò qualcosa dalla bocca di Urro, spalancata in un grido atterrito.
Quando Sey Pears si rimise dritto e si voltò, i lineamenti del suo volto erano tornati normali, perfetti come se fossero stati levigati nel marmo da un abile scultore, come se non fosse accaduto nulla. A passi pesanti si incamminò verso le scale, desiderando solo poter dormire per una notte intera, ma Hall Durden lo bloccò e gli offrì un boccale di birra.
- Grazie. Prima di te nessuno aveva osato sfidare Urro. Noi valiamo meno di niente, possiamo vivere finché facciamo divertire uomini come lui… e io ho dovuto sacrificare mio figlio…- e abbassò il capo, schiacciato dal senso di colpa e dalla vergogna verso se stesso.
- Non mi devi spiegazioni né ringraziamenti. La tua birra è la migliore che abbia bevuto.- vuotò il boccale tutto d’un fiato e poi si congedò.

Una notte senza luna né stelle. Ombre che scivolano silenziose fra le ombre. Pioggia gelida, che scende scrosciante sulle rocce acuminate, che si insinua fin dentro le ossa.
Una risata riempie l’aria. Un lungo mantello ricamato d’oro con simboli arcani. Lo scettro del clan Walsh stretto in pugno.
Un lampo che illumina a giorno la notte, strappando bagliori argentei alle rocce nere lucide di pioggia. Un tuono che scuote il cielo e la terra, seguito dal grido straziante di un uomo. Gli otto Re ascoltano e fremono di rabbia nel riconoscere in quell’urlo la voce del principe. Entrano nel castello del clan Walsh, più oscuro e tetro della notte stessa, e perquisiscono una stanza, poi due stanze, poi dieci, senza trovare nulla. Uno dei Re avverte Rem Nye che in fondo al corridoio ci sono delle scale che portano verso il basso, ai sotterranei probabilmente. Scendono un gradino dopo l’altro, meravigliandosi che non ci sia nessuna guardia a fermarli. Quando capiscono il perché, il loro urlo nero scuote il castello fin nelle fondamenta. Il Cancello ha già ottenuto dal principe ciò che voleva. Il suo corpo nudo e martoriato pende al centro della cella da un gancio, le frustate gli hanno strappato via quasi tutta la pelle e un enorme squarcio si apre nero e lucido sul suo ventre. Nonostante tutto però Rem Nye dietro tutto quel sangue riesce a riconoscere la delicata bellezza del suo principe.
Gentilmente gli otto Re lo liberano dal gancio e il suo corpo cade in avanti, inarticolato come quello di una bambola di stoffa.


Sey Pears si svegliò di soprassalto, completamente sudato. Era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva sognato quel maledetto giorno, forse era accaduto perché aveva nuovamente usato i suoi poteri contro quel fuorilegge da due soldi. Ora detestava i suoi poteri e cercava di usarli il meno possibile, ma c’era stato un tempo in cui era stato fiero di possederli, di essere un Prescelto. Un periodo in un cui aveva vissuto solo per difendere loro e quella terra bellissima di cui rammentava ogni valle e ogni altura, ogni colore e ogni profumo.
Scosse la testa infastidito dai suoi stessi pensieri: quel tempo era terminato da molto, ormai tutto era andato irrimediabilmente perduto. Aveva perso tutto ciò che possedeva, tutte le persone che amava erano morte e il Cancello lo stava braccando. Perché quel dannato manufatto era finito in mano sua? Lui non era un re, era solo un servo, perché lui glielo aveva affidato?
La stanza in cui alloggiava era piccola e afosa, sentendosi soffocare Sey Pears si avvicinò alla finestra e la aprì, lasciando entrare l’aria fresca della notte. Socchiuse gli occhi e il buio della sua mente fu invaso dal ricordo di morbidi capelli neri, di occhi verde veleno e di un sorriso seducente.
“Per il tuo amore sto mettendo in gioco tutto me stesso. Se ci scoprissero rimpiangeremmo di non essere morti subito, ma… questa notte non scacciarmi, ti prego!”.
Sey Pears riaprì gli occhi di scatto e si asciugò la fronte imperlata di sudore con il dorso della mano. Gli mancava terribilmente, così tanto che a volte gli sembrava di impazzire. Il dolore per la sua morte e il senso di colpa per non essere riuscito a salvarla lo stavano rodendo implacabili dall’interno.
- Cedric.- fu l’unica cosa che riuscì a dire.

Sey Pears stava facendo colazione al bancone del saloon, quando Adam gli si avvicinò.
- Ha dormito bene, Mr. Pears?- gli chiese intimidito, con un piccolo sorriso sulle labbra.
- Benissimo.-gli rispose il cowboy, ricambiando il sorriso e facendolo arrossire.
Il ragazzo lo osservò incantato: era difficile credere che al mondo potessero esistere uomini così belli, per un attimo si chiese se non stesse sognando. Sorpreso dai suoi stessi pensieri, Adam distolse lo sguardo da lui e prese la caraffa versandogli un’altra tazza di caffè.
- Si fermerà qui per un po’?- domandò ancora, sperando che la sua voce risultasse abbastanza ferma e distaccata.
Sey Pears afferrò la tazza per il manico e la portò alle labbra.
- Dipende…- rispose in un tono strano, prima di inghiottire un sorso di caffè.
Adam stava per chiedergli spiegazioni, ma suo padre lo chiamò ordinandogli di servire a uno dei tavoli. La ragazza si scusò con lui e si allontanò. Il cowboy lo osservò per un po’ muoversi per il locale, reggendo in perfetto equilibrio i vassoi. Erano davvero identici. Ogni volta che osservava qui grandi occhi verdi, sentiva il suo cuore contarsi in una morsa dolorosa. A volte gli sembrava che fosse tornato indietro dal mondo dei morti per lui e per quell’amore a cui avevano dovuto rinunciare troppo presto.
“Devo smetterla di correre dietro al passato: lui è morto e non tornerà mai più da me!” si rimproverò irritato.
Tornò a mangiare ma quando incrociò il suo riflesso sul caffè che stava bevendo, non poté impedirsi di pensare a Cedric.

La prima volta che l’hai visto era seduto su una delle panche di pietra del giardino del palazzo reale, intento a leggere un grosso libro. La sua espressione concentrata ma serena addolciva i tratti del suo volto, rendendo la sua bellezza quasi dolorosa. La luce del sole alle sue spalle investiva completamente la sua figura, ricoprendola di un’impalpabile polvere d’oro. Te ne sei innamorato a prima vista.
La sua immagine sembra essere stata impressa a fuoco nella tua mente e nel tuo cuore, acuendo quella sensazione di agitazione febbrile che questa notte pare scorrerti nelle vene. Con uno scatto di reni esci dal letto e decidi di fare una nuotata nel lago. La notte è calda, afosa, immobile. Nuoti un po’ cercando di rilassare i muscoli tesi. Quando esci dall’acqua ti rivesti e ti stendi sull’erba morbida per osservare la luna. Non sai perché, ma una vecchia canzone che ti cantava tua madre quand’eri bambino ti ritorna alla mente e chissà come ti ritrovi a cantarla.
- Non sapevo che il Re dei sette Re avesse una voce così bella.- ti sorprende una voce morbida alle tue spalle.
Ti volti di scatto, dandoti mentalmente dello stupido perché non hai avvertito la presenza di un estraneo che si stava avvicinando, ma ogni parola ti muore in gola quando vedi chi hai di fronte.
- Maestà.- lo saluti compassato inchinandoti, cercando di nascondere l’imbarazzo.
È ancora più bello di quanto ricordassi. La sua risata risuona leggera nella notte.
- Ti prego, lasciamo da parte le formalità: non siamo a corte durante un’udienza ufficiale.- ti dice e qualcosa brilla nel fondo dei suoi occhi.
O forse è più semplicemente il riflesso della luce lunare, ti dici mentre raddrizzi la schiena.
- Non dovreste essere in giro a quest’ora: potrebbe essere pericoloso.- gli dici invece, con un tono che suona vagamente come un rimprovero.
La difesa del Re e del Famiglia Reale è demandata a te e ai tuoi uomini, e non puoi permetterti e non vuoi che a lui accada qualcosa.
- Non se accanto a me ho il Re dei sette Re!- ti risponde con un sorriso malandrino.
E tu non puoi far altro che arrenderti.
- Dove hai imparato a cantare?- ti domanda.
- Mi ha insegnato mia madre. Era una cantante professionista e cantava sempre qualcosa per farmi addormentare.- gli racconti.
Non ti piace parlare del tuo passato, nemmeno i tuoi Re lo conoscono nonostante siate come fratelli, eppure con lui ti è venuto spontaneo farlo. Forse è a causa dei sentimenti che provi per lui, o forse per quell’espressione gentile e franca, a cui sembra impossibile mentire.
Vi guardate negli occhi e sembra che il resto del mondo scivoli via dai vostri sensi.
- Maestà è meglio ritornare al castello.- dici piano, cautamente.
Forse è colpa della notte o di quell’incontro fortuito, ma senti verso di lui un’attrazione irresistibile e devi mettere quanto più spazio possibile fra di voi, per resistere alla tentazione di compiere qualche azione che potrebbe costarti cara. Con un movimento fluido ti rimetti in piedi e tendi una mano al principe per aiutarlo ad alzarsi. Quando le vostre mani si toccano, senti qualcosa scattare dentro di te e, dal modo in cui ti sta guardando, capisci che anche lui ha provato la stessa sensazione. È come se insieme alle vostre mani intrecciate, si fossero legate anche le vostre anime.


Il caffè nella tazza ondeggiò per un istante, increspando la superficie e infrangendo in mille onde la sua immagine. Sey Pears sospirò pesantemente, prima di portare la tazza alle labbra e bere una generosa sorsata. I ricordi erano i nemici più terribili da affrontare, perché colpivano direttamente nei sentimenti, nel punto più vulnerabile di un essere umano. Avrebbe dovuto dimenticare, provarci almeno, ma come avrebbe potuto allontanare da sé e scordare l’immagine della persona che ancora ora amava più di se stesso? Anche solo pensare a una simile eventualità era un dolore che lo soffocava. L’aveva perduto per sempre e i ricordi erano l’unica cosa che gli restavano di lui, l’unico appiglio a cui aggrapparsi per non sprofondare nella follia.
Se solo quella sera d’inverno non avesse aperto la porta del suo alloggio…

È una notte buia, senza luna né stelle, sferzata da una pioggia gelida e penetrante, il vento è un lugubre ululato che scuote le fronte e fa tremare ogni cosa. Sei steso sul letto a leggere, tranquillo e rilassato, sicuro che la gente resterà ben rintanata in casa in una notte come questa e non accadrà nulla. Ma è proprio quando non ci si aspetta qualcosa che accade l’imprevedibile.
Alcuni leggeri colpi sulla porta infrangono il silenzio della notte. Subito balzi giù dal letto e sguaini un pugnale, ti avvicini alla porta guardingo perché sai che solo due motivi possono spingere qualcuno a cercarti a quell’ora di notte: perché è accaduto qualcosa di grave a corte oppure è semplicemente qualcuno che vuole ucciderti.
Piano scosti il battente, pronto a incassare un eventuale colpo, e quando scopri chi si trova al di là dell’uscio, senti il sangue refluire via e andarsi a nascondere chissà dove nel tuo corpo. Il principe è in piedi davanti a te, stretto in abito leggero che la pioggia ha incollato completamente al suo corpo scosso dai brividi, i capelli sono fradici e spettinati, incollati al viso piccolo e segnato da lacrime invisibili. Gli occhi del ragazzo ti colpiscono come un pugno alla bocca dello stomaco: ti guardano terrorizzati, arrossati per il pianto, timorosi che tu possa scacciarlo.
Velocemente ti scosti e lo lasci entrare nel tuo alloggio, sperando che nessuno abbia assistito alla scena: si scatenerebbe un putiferio se si venisse a sapere che il principe viene a trovarti in piena notte. Lo guardi e ti chiedi cosa l’abbia spinto a venire da te, ignorando tutte le conseguenze che avrebbero potuto investirvi. Non importa che tu l’abbia toccato o meno, lui è il Principe, nessun uomo a parte il Re può toccarlo, è come se fosse collocato in una dimensione a parte. È soltanto uno dei matrimoni politici del tuo sovrano, forse il terzo o il quarto, scevro di ogni sentimentalismo, ma questo di certo non potrebbe salvarti da un’accusa di alto tradimento per questa situazione ambigua in cui ti sei venuto a trovare.
Lui ti guarda e dal sorriso amaro che gli scivola sulle labbra, sembra che abbia letto i dubbi e le paure che affollano la tua mente. Solleva le braccia e, con le dita che tremano, scioglie lentamente i lacci che tengono chiusa la veste leggera che indossa. Piano fa scivolare la stoffa a terra, lasciando alla tua vista il suo corpo nudo, la pelle appena colorata di leggere pennellate ambrate dalla luce che proviene dal fuoco che arde nel camino.
Per un lungo istante pensi che devi distogliere lo sguardo, che non puoi guardarlo, che in questo momento stai tradendo il Re a cui hai giurato fedeltà imperitura. Ma lui è così bello e tu troppo innamorato. Poi un particolare attrae la tua attenzione e scaglie acuminate di ghiaccio ti scorrono nelle vene, quando ti rendi conto di cosa sia in realtà. Il corpo del principe è coperto di cicatrici, ferite e lividi vecchi e nuovi. Lo guardi incapace di credere a quello che stai vedendo, mentre un’ondata di nausea ti risale la gola. Ancora con quel sorriso amaro che pare inciderti l’anima sulle sue labbra, il principe ti si avvicina, tanto che puoi sentire il calore del suo corpo attraverso la stoffa dei vestiti che indossi. Prende una delle tue mani tra le sue e la stringe forte, come se cercasse un po’ della tua sicurezza, mentre ti guarda con i suoi occhi arrossati, grandi e liquidi di pianto.
- A Sua Maestà piace picchiarmi, è il solo modo con cui è capace di eccitarsi. Mi tratta come la più abbietta delle prostitute. Non ce la faccio più Rem, quando ho accettato di sposarlo non era questo che volevo. Lui… Lui non è la persona che credete. C’è qualcosa di oscuro dentro di lui che mi terrorizza. – e si morde il labbro, improvvisamente indeciso, come se avesse detto più di quanto avrebbe dovuto – Poi sei arrivato tu e io ho fatto l’errore più stupido della mia vita. Nonostante fossi già sposato con lui mi sono innamorato di te. Ti amo come non ho mai amato in vita mia. Non mandarmi via, te ne prego.- dice in un basso sussurro, come se provasse vergogna per la confessione che ha appena fatto.
E tu puoi soltanto abbracciarlo e baciarlo. È tutto quello che hai sempre desiderato. Lui, il suo amore. In questo momento non ti importa nulla del Re, né del tradimento che stai compiendo. Tutto quello che riempie la tua mente e il tuo corpo, martellando con la stessa furia di un tamburo da guerra, è lui bellissimo e appassionato come una dio tra le tue braccia.


Da quel momento in poi i ricordi diventavano solo una sequenza di spezzoni dolci come miele e amari come veleno. Sey Pears strinse con più forza le dita attorno alla tazza, facendo sbiancare le nocche. Il dolore lo attraversò come una scarica, così crudo da lasciarlo senza fiato. Pochi mesi dopo era scoppiata la Guerra del Nord, mutando per sempre l’aspetto dei Regni settentrionali.
Fino a quel momento il Cancello Oscuro era stato una leggenda, niente più di uno spauracchio che serviva a spaventare i bambini e farli stare buoni. Nessuno aveva mai creduto davvero all’esistenza di quel regno nero che si estendeva oltre i Bastioni, il più estremo confine dei territori settentrionali. Il risveglio era stato per tutti improvviso e terrificante. Non soltanto il Cancello Oscuro esisteva veramente, ma aveva scatenato un’offensiva devastante contro i Regni del Nord, distruggendoli uno dopo l’altro. La Stella Scarlatta, il crudele sovrano di quel reame, era all’affannosa ricerca del Kamlon, un manufatto che si diceva che era stato forgiato all’epoca dei Figli di Pan con la loro magia ancestrale e che avesse in sé il potere degli Antichi Dei. Se la Stella Scarlatta fosse riuscita a impossessarsi di quel manufatto, avrebbe piegato tutto il loro mondo ai suoi piedi. Ma per quanto facesse, non riusciva a trovarlo e se non fossero stati traditi, era più probabile che non avrebbe mai scoperto il suo nascondiglio.
Il volto di Sey Pears si oscurò davanti quei ricordi, mentre la rabbia e il rimorso montavano sempre più dentro di lui, mordendogli l’animo con i loro denti avvelenati. Se solo avesse compreso prima, se solo non si fosse lasciato ammaliare come tutti gli altri, se solo avesse dato ascolto ai dubbi di Cedric, forse le cose sarebbero andate diversamente e l’Elkin non sarebbero ora un’immensa distesa di cenere e detriti. Sey Pears scosse la testa, scacciando quei pensieri, perché sapeva bene che né con i se né con i ma si va da qualche parte, l’aveva imparato duramente sulla sua pelle.
Nessuno avrebbe mai creduto che il Re potesse tradire tutti. Tesseva e tramava nell’ombra come un serpente tra le rocce, pronto a sgusciare fuori all’improvviso e a mordere, accecato da una cupa e illusoria brama di potere. Il Re aveva consegnato non solo tutto il suo regno al Cancello, provocando la morte di centinaia di persone, ma anche il principe. Sey Pears ancora non era ancora riuscito a capire come avesse fatto a scoprire che proprio lui a custodire il manufatto, persino il cowboy non era a conoscenza di quel segreto. E ora era lui a portare sulle spalle quel tremendo peso, in nome di quell’amore che non riusciva a dimenticare.
Se soltanto Cedric si fosse fidato di lui fino in fondo avrebbe potuto fare qualcosa, aiutarlo e magari anche cercare di proteggerlo. Quello era uno dei maggiori rimorsi del cowboy. Ma come poteva biasimarlo? Per tutta la sua giovane vita aveva dovuto guardarsi da individui che avrebbero bramato appropriarsi del potere immenso che custodiva, non ultimo il suo regale consorte, perché avrebbe dovuto credere che lui era diverso dagli altri?
Sey Pears serrò le palpebre nel tentativo di scacciare quei ricordi dolorosi, che sembravano tagliargli l’anima come lame acuminate, ma erano così tanti che non riuscì a opporvisi. Infondo anche quello era un modo per vedere una volta ancora il suo principe.

Il corpo martoriato e insanguinato del principe tra le tue braccia pesa come un macigno. Sai che per tutta il resto della vita che ti resta da vivere, non riuscirai mai più a dimenticare questa immagine. Inginocchiato sul pavimento di pietra fredda e viscida del suo stesso sangue, non riesci a staccare lo sguardo dal suo volto bellissimo anche nel sonno della morte. Sollevi una mano e con il dorso delle dita gli accarezzi la guancia ricoperta di sangue gelido e viscoso, in un gesto riverente che racchiude tutto l’amore che hai sempre provato per lui. Arrivati a questo punto a cosa serve nascondersi ancora? Lui, l’unica ragione per cui valesse davvero vivere, è morto. Il regno che hai giurato di difendere è distrutto e non risorgerà mai più dalle sue ceneri. Il Re per cui hai combattuto e sanguinato si è rivelato null’altro che un traditore dedito unicamente alla ricerca del potere assoluto.
Il tuo intero mondo è stato polverizzato, hai perduto tutto e l’unica cosa che ancora ti resta è la sete di vendetta e i tuoi Demoni per compierla.
- R… Rem…- è stato un sussurro così basso che temi di averlo soltanto sognato.
Per un lungo istante resti immobile, con il battito del cuore accelerato al massimo, perché temi di abbandonarti a una chimera. Poi un tocco impalpabile e freddo sul tuo collo ti scuote, abbassi di scatto la testa e tutte le tue più feroci speranze vengono esaudite. Il principe non è morto, non ancora almeno, le palpebre sono socchiuse e le sue iridi ti guardano spente con il loro verde malato, le labbra un tempo rosse come succo di melograno ora sono bianche e spaccate in più punti, ma ti stanno ugualmente rivolgendo un piccolo sorriso sofferente.
- Cedric…- sussurri incredulo, appoggiandogli il palmo sul lato del viso e chinandoti su di lui, occupando tutto il suo campo visivo.
Il sollievo è un’ondata calda e dolorosa che ti investe da capo a piedi, coagulandosi nel tuo cervello, facendoti girare la testa e impedendoti di capire che sta morendo, che quelli sono i suoi ultimi momenti. I tuoi Demoni sono presenze silenziosi attorno a voi, rispettose del tuo dolore e di quella poca intimità che possono garantirvi.
- Non potevo morire così… dovevo vederti…- bisbiglia tra i rantoli, ogni parola pronunciata è una fatica superiore alle sue forze.
- Shhhh… Non parlare amore mio, risparmia le forze. Damian ti guarirà e tu starai bene, noi…- la sua mano che si stringe sulla stoffa della tua manica ferma i tuoi sproloqui.
- Non c’è molto tempo, sto andandomene Rem, quindi ascoltami. – ottenuto il tuo assenso continua – Sul lato sinistro del mio petto c’è un sigillo nascosto, aprilo e prendi quello che verrà fuori.- lo sforzo per lui è tanto che per un attimo vacilla, i suoi occhi si rovesciano all’indietro e uno strano sospiro gli rotola tra le labbra.
- CEDRIC!!!!- gridi terrorizzato all’idea di vederlo morire, di perderlo.
Lui non parla, riporta il suo sguardo sofferente nel tuo e stringe più forte le dita sul tuo braccio, per dirti di fare presto. Tu obbedisci, apri il sigillo e un oggetto avvolto in una fredda luce azzurrina cade nella tua mano. Lo guardi pregando che non sia quello che credi.
- Questo è il Kamlon… ora sei tu il suo custode… proteggilo a qualsiasi costo… a… a loro ho dato una copia… promettimelo!- e il suo sguardo nel tuo è febbrile.
- Te lo prometto.- dici solennemente e un sorriso sollevato gli tende per un attimo le labbra.
- Baciami.- ti chiede ed è tutto quello che vuoi anche tu.
Avvicini i vostri visi e le sue labbra non sono più morbide e calde sotto le tue, ma fredde e dure come marmo, hanno perso il loro sapore dolce e ora hanno il gusto ferroso del sangue e quello amaro delle lacrime. Spingi la tua bocca contro la sua, in cerca di quel bacio di cui hai disperatamente bisogno. Il principe schiude le labbra martoriate, ma non per risponderti. Un pesante sospiro gli scivola fuori dalla gola, mentre la mano che ti stringeva il braccio allenta improvvisamente la presa e cade sul pavimento, e tu capisci che è davvero tutto finito.


- Mr. Pears va tutto bene?- una voce dolce e incerta lo strappò ai suoi pensieri.
Il cowboy batté un paio di volte le palpebre, come per dissolvere l’incubo dal quale si era appena destato, e sollevò lo sguardo sulla persona che lo stava chiamando. Per un attimo credette di stare ancora sognando, che Cedric fosse ancora vivo e insieme a lui. Soltanto a una seconda occhiata si rese conto di alcuni piccoli particolari, come gli occhi più grandi oppure i capelli neri appena più scuri e perennemente arruffati, che distinguevano Adam dal suo principe.
Fisicamente i due erano uguali, ma quel ragazzo che lo stava fissando preoccupato era molto più fragile, più dolce e bisognoso di affetto, e per questo gli infondeva un profondo istinto di protezione. Guardandolo provava il desiderio di abbracciarlo e spegnere così tutti i tormenti che lo assalivano, di cancellare il dolore di ferite che non si sarebbero mai rimarginate. Cedric invece era testardo e sfuggente, a volte Sey Pears aveva la netta sensazione che non fosse sempre presente quand’era con lui, che qualcosa di più importante avesse occupato tutta la sua attenzione. Non che non fosse certo dei suoi sentimenti, ma a volte gli sembrava di essere completamente solo anche quando lo stringeva tra le braccia.
Sorrise appena e si diede dello stupido per quei pensieri che non poteva evitarsi di formulare.
- Sì, va tutto bene. Stavo soltanto pensando.- e bevve in un solo, lungo sorso ciò che restava del caffè ormai freddo.
- Spero di non averla disturbata.- e lo sguardo di Adam assunse un’espressione testa e spaventata, come quella di un cucciolo che si aspetta di avere una punizione dal suo padrone.
Sey Pears non poté evitare di avvertire qualcosa dentro di lui contrarsi dolorosamente. Quelle reazioni erano l’effetto dei maltrattamenti che aveva subito da Urro e si sentì ferocemente felice di aver tolto quel bastardo di mezzo. Il cowboy aveva votato la sua nuova vita alla difesa dei più deboli, ma non era solo disinteressato altruismo quello che provava per Adam. C’era qualche altra cosa che lo spingeva ad aiutarlo, ma non desiderava sapere cosa fosse davvero. Forse era codardia la sua o forse, più semplicemente, la paura di scoprirsi e voltare pagina. Restare ancorati al passato era più facile che ricominciare daccapo, poteva restare rannicchiato nel comodo nido che si era scavato in tutti quegli anni di fuga e continuare a piangersi addosso. Se invece avesse indagato su quelle fragili emozioni che Adam aveva iniziato a fargli provare, sarebbe stato costretto a uscire dal suo nascondiglio, ad affrontare i suoi fantasmi e, soprattutto, a ricominciare a vivere. E lui non voleva, perché avrebbe significato che il suo cuore era ancora vivo, che non era morto insieme a Cedric e ai suoi Demoni, che poteva ancora battere e fargli provare emozioni come quelle. E lui non voleva dover più soffrire in quel modo.
Deglutì a vuoto e, improvvisamente, fu preso dal desiderio di allontanarsi da quel ragazzino. Lui, il Re dei Sette Re, capo indiscusso dei Demoni Azzurri delle Elkin, guerriero indomito e invitto che non aveva mai indietreggiato davanti a un nemico, adesso scappava davanti a un ragazzo spaventato e tremante, che lo guardava con quei suoi enormi occhi verdi colmi di adorazione. Sorrise di se stesso e si disse che forse sarebbe stato meglio morire di fame e sete nel deserto, invece di finire in quel villaggio dove ad attenderlo c’era una guerra che aveva già perduto in partenza.
Con un movimento elegante e sinuoso, Sey Pears si rimise in piedi e mentre si allontanava dal tavolo, passò accanto ad Adam e con una carezza scherzosa gli scompigliò i capelli già spettinati, un modo per dirgli che andava tutto bene e non doveva preoccuparsi di averlo offeso.
Sorpreso il ragazzo si portò la mano sulla testa e, contemporaneamente, si girò per osservare il cowboy che usciva dal saloon. Era arrossito fino alla radice dei capelli e sentiva il cuore battergli furiosamente nel petto. Non poteva credere di essersi innamorato di una persona che era praticamente un’estranea.



Continua...
 
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NonnaPapera!
view post Posted on 19/5/2011, 12:15




Oddiooooooooooooooooooo *-*
Ma è una cosa sublime
Povero pover Cedric ç.ç e poi c'è Sey che è uno strafigo allucinante, bello e dannato. E che dire di Adam... non ho parole, hai scritto una cosa fantastica, sul serio mi sono innamorata di Sey *-*
Posta subito il seguito :now: non posso restare così in sospeso, DEVO sapere che accadrà !!!!
 
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view post Posted on 22/5/2011, 15:07
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Cara... Lo sai he la tua storia mi ha dato l'idea Per la storia del GDR?!?!?! .-.

Fantastica!! *^*
compliementi, voglio il seguito!
 
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SignorinaEffe87
view post Posted on 26/5/2011, 09:53




E' da un po' che gironzolo attorno a questa storia, senza avere niente di più intelligente da dire se non *beela, voglio il seguito!*.

Ok, anche ora non è che la situazione sia migliorata *me frana con le recensioni*, però ci tenevo a farti i complimenti soprattutto per l'ambientazione fantasy un po' sui generis e ben architettata.
*Parla quella che lavora da anni ad una Londra steampunk, con risultati abominevoli*

Amo anche i personaggi, soprattutto Sey, in nome della mia predilezione per quanti sono tormentati e con un oscuro passato alle spalle. Adam è un po' troppo carino & coccoloso (TM) per i miei gusti in fatto di uke, ma è così tenero che non si può non essere comunque dalla sua parte!

Perciò, thumbs up su tutta la linea! :riot:
 
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Taila
view post Posted on 26/5/2011, 12:40




CITAZIONE
Oddiooooooooooooooooooo *-*
Ma è una cosa sublime
Povero pover Cedric ç.ç e poi c'è Sey che è uno strafigo allucinante, bello e dannato. E che dire di Adam... non ho parole, hai scritto una cosa fantastica, sul serio mi sono innamorata di Sey *-*
Posta subito il seguito non posso restare così in sospeso, DEVO sapere che accadrà !!!!

Grazie mille nonna :rosa:
A me non piacciono i biondini con gli occhi azzurri, ma ammetto che per Sey farei un'eccezione :asd: Se vuoi ti impacchetto il nostro cowboy e te lo mando a casa :rotfl: Non so come dirtelo, ma il secondo capitolo è pronto solo a metà, ho aperto parecchie long tutte insieme e vado un pò a rilento ^^''''' Ma prometto che arriverà il più presto possibile e non ti farò aspettare troppo :riot:

CITAZIONE
Cara... Lo sai he la tua storia mi ha dato l'idea Per la storia del GDR?!?!?! .-.

Fantastica!! *^*
compliementi, voglio il seguito!

Grazie anche a te Dragona :rosa:
Davvero? Uao, sono contentissima di essere riuscita a ispirarti per il seguito ti rimando a qualche rigo più sopra e... non uccidermi, please :cry:

CITAZIONE
E' da un po' che gironzolo attorno a questa storia, senza avere niente di più intelligente da dire se non *beela, voglio il seguito!*.

Ok, anche ora non è che la situazione sia migliorata *me frana con le recensioni*, però ci tenevo a farti i complimenti soprattutto per l'ambientazione fantasy un po' sui generis e ben architettata.
*Parla quella che lavora da anni ad una Londra steampunk, con risultati abominevoli*

Amo anche i personaggi, soprattutto Sey, in nome della mia predilezione per quanti sono tormentati e con un oscuro passato alle spalle. Adam è un po' troppo carino & coccoloso (TM) per i miei gusti in fatto di uke, ma è così tenero che non si può non essere comunque dalla sua parte!

Perciò, thumbs up su tutta la linea!

Grazie Signorina :rosa:
Sono una fan sfegatata dei film di Sergio Leone e, dato che avevo in mente un fantasy, mi sono detta: "perchè no?" Quindi ci ho provato anche se non ero sicura del risultato, quindi ti lascio immaginare quale graditissima sorpresa siano stati per me i vostri commenti favorevoli ^.^
Sey Pears ha fatto conquiste vedo :rotfl: Anche a me piacciono i personaggi tormentati che fuggono da un passaggio da dimenticare. Per quanto riguarda Adam... volevo un orsacchiotto - perdona la definizione - che Sey potesse sprimacciare a piacimento, che con la sua dolcezza potesse fare breccia nelle sue barriere. Ho pensato che un personaggio con il carattere di Cedric lo avrebbe spaventato al punto di farlo rinchiudere a riccio su se stesso, perchè non avrebbe voluto ripetere tutto d'accapo. Con Adam invece....
Grazie ancora
 
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minvial
view post Posted on 26/5/2011, 13:45




accidenti!avevo visto questa storia ma continuavo a dirmi non leggerla tanto è di quella cattivona di Taila che fa morire tutti i suoi personaggi!!XD però poi non ce l'ho fatta dovevo assolutamente leggerla e ho fatto bene!!ed ecco che di nuovo muore qualcuno!!!! :sese:
comunque apparte gli scherzi bellissima l'ambientazione e la storia fantasy con i cowboy!avendo appena finito di leggere la saga della Torre Nera sono felice di leggere un'altra storia mista tra fantasy e western!!XD adam lo trovo dolcissimo anche perchè io amo gli uke teneri e pucciosi!!non vedo l'ora di vederli insieme e spero in un lieto fine capito Taila!!!!altrimenti....
 
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NonnaPapera!
view post Posted on 26/5/2011, 14:23




CITAZIONE (minvial @ 26/5/2011, 14:45) 
avendo appena finito di leggere la saga della Torre Nera

SPOILER (click to view)
E' solo a me che il finale ha fatto cagare???
 
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minvial
view post Posted on 27/5/2011, 15:17




per nonnina
SPOILER (click to view)
a me è piaciuta la fine!!mi è piaciuto molto vedere che tutti si ri-incontrano anche perchè ho pianto come una stordita quando sono morti jake e oy e poi mi è piaciuto anche questo continuo ruotare delle vicende di roland costretto per sempre a rivivere le stesse cose sempre ossessionato per la sua torre!!mi è piaciuto molto!
 
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Taila
view post Posted on 10/6/2011, 11:34




Minvial ti assicuro che sono assolutamente contro le death fic, non le riesco a leggere, figurati a scrivere. Per farmi finire il peccato di amare mi sono dovuta costringere fisicamente e Ichi mi ha quasi minacciato per farmi concludere BTM, quindi...
In tutte le fic che ho scritto ho sempre terminato con un lieto fine - leggesi i protagonisti che si sprimacciano ben bene - queste che hai letto sono solo dei casi, giuro! :asd:
Non sono così cattivona, su :rotfl: :rotfl: :rotfl:
Cedric è morto per fare spazio al piccolo Adam, perchè c'è una cosa che solo lui può fare per Sey :rotfl:
Per il lieto fine...
... possiamo parlarne quando ho terminato di scriverla? :hgh:
 
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minvial
view post Posted on 12/6/2011, 15:38




tranquilla taila!!!tanto scrivi così bene che continuerò a leggere lo stesso e soprattutto non vedo l'ora che arrivi il secondo capitolo!!XD
 
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Taila
view post Posted on 5/9/2011, 12:22




Grazie per la fiducia minvial, spero che sia ben riposta :asd:
Comunque ecco qui il secondo capitolo, appena finito di scrivere e correggere

Capitolo II. Viadal Tinris


Se ti chiedessero com’è secondo te l’Inferno, tu potresti rispondere senza tema di smentita che è così.

Ovunque arrivi il tuo sguardo ci sono cadaveri smembrati e abbandonati sull’erba inzuppata di sangue. Il vento tiepido dell’estate del Nord ti soffia in viso, portando sé il lezzo di morte e gli ultimi gemiti di dolore dei moribondi. La battaglia infuria ancora in più punti, tanti focolai di rivolta che non vogliono arrendersi al dominio del Cancello Oscuro, ma il tuo istinto di soldato ti urla a gran voce che la guerra è ormai perduta.

Stringi più forte le dita intorno all’elsa, sentendo il metallo penetrarti nella pelle e una fitta di dolore che ti aiuta a restare lucido. Sollevi l’altro braccio e, attingendo a quella sorgente magica che fluisce dentro di te e che ti ha reso un Privilegiato, lanci un altro incantesimo. L’onda d’urto che produci è potente e spazza via la prima linea della squadra d’assalto che è stata mandata contro di te. Sei il Re dei Demoni Azzurri delle Elkin, una preda ambita per chiunque, il tuo nome è leggenda, tutti conoscono i racconti delle tue gesta e riuscire a ucciderti porterebbe onore e ricchezze, esporre la tua testa sulla picca nella pompa trionfale significherebbe che l’ultimo baluardo di difesa delle Elkin è crollato e che tutto è andato perduto.

Per questo non puoi permetterti di arrenderti.

Con un unico movimento fluido, giri su te stesso e pari il fendente con cui un soldato nemico stava per colpirti. Sei stremato fisicamente e mentalmente, le gambe ti tremano e i muscoli del tuo corpo bruciano come se fossero immerse nell’acido, ma non puoi mollare proprio ora, non prima di aver affondato la lama della tua spada nelle carni di quel maledetto traditore.

Fino all’ultimo momento vi ha ingannati, è sceso in battaglia al vostro fianco continuando ad arringare i suoi soldati a non arrendersi, a combattere fino all’ultima goccia di sangue per non lasciarsi sottomettere dal regno nero del Cancello. Era il sovrano che conoscevi, quello a cui hai giurato lealtà e che rispettavi profondamente. L’uomo per cui ti rodeva la coscienza, al pensiero di esserti innamorato del suo sposo. Peccato che dopo che le truppe si erano schierate ed erano partite all’attacco, il Re, invece di ripiegare a destra per chiudere a tenaglia l’esercito nemico, avesse continuato a correre insieme alla sua Guardia Scelta verso il campo nemico, prendendo posto tra i soldati avversari, abbandonandovi a voi stessi. È stato tremendo quando le lance dei vostri stessi amici vi si sono rivoltate contro e hanno ucciso senza pietà i primi tra di voi, che non volevano levare le armi contro i propri commilitoni. In quel momento vi siete svegliati e avete compreso per la prima volta che il Re vi aveva traditi, consegnando tutte le Elkin al Cancello Oscuro e che eravate stati intrappolati nella tela del ragno.

Lo sbandamento aveva colpito i tuoi uomini e se tu non fossi riuscito a rinserrare i ranghi, sareste stati uccisi tutti come tante pecore al macello. Quattro dei tuoi Demoni sono stati uccisi dagli Stregoni del Cerchio, i maghi neri al servizio del nemico, e le tue speranze sono ormai ridotte a un’esile fiammella scossa dai venti gelidi dell’inverno. Sollevi lo sguardo e lo vedi. Anche a quell’enorme distanza riesci a vedere il suo mantello argenteo che spicca nella massa nera delle armature del nemico. Una furia gelida inizia a scorrerti nelle vene, mentre nella tua testa scorrono le immagini di Cedric, dei tuoi amici e di tutti coloro che hanno perduto la vita per la smodata ambizione del vostro Re. No, uno come lui non è degno di essere considerato un re. Sollevi la mano con il palmo rivolto verso l’alto, in un gesto che potrebbe sembrare quello di un supplice in preghiera, concentri su di essa una buona quantità di energia magica e le dai la forma di una lancia acuminata. Non sei al massimo dei tuoi poteri, ma basterà per fargli molto male. Sorridi maligno e la scagli. Vedi la sua scia lasciare una polvere scarlatta a mezz’aria, prima di esplodere in una fontana di fiamme aranciate e rosse.

Lui si gira nella tua direzione e ti guarda, lo senti a pelle, come una lama affilata e gelida premuta sulla gola. Volta il suo baio possente e si slancia al galoppo, solca il campo di battaglia come un fantasma, prima di arrestare il suo destriero a pochi passi da te. Con un movimento fluido scende da cavallo e l’espressione sul viso è quella che ben conosci, che hai imparato ad amare e rispettare, e questo ti fa più male di qualsiasi altro colpo che hai ricevuto finora.

- Rem, mio caro, deponi la spada e combatti al mio fianco. Insieme io e te conquisteremo il mondo. Niente potrà fermarci.- la sua voce è dolce e gentile, ma la tua pelle si accappona nel sentirla, ti sembra quasi che ci sia qualcosa di viscido e dolciastro a marcire sotto di essa.

Sorridi pensando che in tutti quegli anni di fedele servizio non ha capito un bel niente di te. Tu sei un guerriero, sei stato forgiato nel sangue e nell’acciaio di più battaglie di quante riesci a ricordare, la lealtà ti scorre nelle vene insieme al sangue. Non potrai mai schierarti con coloro che vogliono sottomettere il vostro bellissimo mondo per sete di potere, ma tu, soprattutto, non scenderai mai a patti con la persona che ha le mani macchiate del sangue della persona che ami e dei tuoi Demoni. Un vigliacco che non ha avuto il coraggio di torturare e assassinare Cedric di persona per estorcergli l’informazione su dovesse fosse custodito il Kamlon, ma che ha demandato questo compito al clan Walsh, bestie senza anima capaci solo di massacrare e distruggere tutto ciò che incontrano.

La tua risposta è la lama della tua spada che si solleva in un affondo improvviso e preciso, che il tuo antagonista schiva solo per pura fortuna. Brandelli di stoffa argentata avvolgono la punta, garrendo nel leggero vento della sera incipiente, per poi volare via con l’eleganza di tante farfalle. Il Re riporta lo sguardo su di te ed è cambiato, ora è ostile e insondabile come le acque gelide e profonde dell’Oceano del Cancro d’inverno.

- Sei tanto potente quanto stupido Rem, l’ho sempre detto. Avresti potuto prendere il posto di quell’inutile moccioso che ho dovuto sposare per il segreto che custodiva e che tu non hai esitato a portati a letto alle mie spalle. Ma non importa, anche questo faceva parte del gioco. Insieme avremmo potuto avere ogni cosa ai nostri piedi e invece…- scuote la testa in segno di disapprovazione e sfodera anche la sua spada.

Il Re non è un mago, non possiede alcun potere magico, né grande né piccolo, ma è il migliore spadaccino che tu abbia mai incontrato, la sua abilità è seconda soltanto alla tua e per questo devi stare molto attento: un solo, misero errore e sei spacciato. Assumi la posizione di guardia e attendi, l’aria attorno a voi sembra percorsa dall’elettricità di un fulmine. Il Re scatta in avanti e tu pari la sua stoccata, giri su te stesso e cerchi un affondo ma ti scontri con la sua difesa. Andate avanti a lungo, fino a quando non sentite i polmoni pompare gas incandescente e i muscoli gridare di dolore per la stanchezza. Vi guardate negli occhi e capite che lo scontro verrà deciso dall’ultimo attacco. Ti scagli contro di lui e, nemmeno sai come, ti ritrovi con la spada immersa nel petto del tuo sovrano. Gridi di vittoria e sofferenza, mentre rigiri la lama nella carne, lacerando i muscoli e i tendini, slabbrando la ferita in modo che non possa più essere ricucita. Il suo sangue ti imbratta le braccia fino al gomito, il davanti dell’armatura e il viso, ma non ti importa. Continui a spingere la lama dentro di lui, fino a quando il Re non cade all’indietro trascinandoti con sé. Solo adesso ti fermi e, ansimando come una bestia, ti sollevi sua gomiti e lo guardi e per la prima volta non vedi il tuo Re, ma solo un uomo di quarant’anni che è stato divorato dalla sua ambizione. I suoi occhi ti guardano, alza a fatica la mano e poggia la punta delle dita sulla tua guancia.

- Il mio sole d’inverno…- sussurra dolcemente e, rovesciati gli occhi all’indietro, spira.

Il peso di un’altra morte che porterai sulle tue spalle per sempre.



Sey Pears caricò la sacca logora sulle spalle e lanciò uno sguardo ad Adam e suo padre. Si era fermato in quel villaggio per quattro giorni, troppo per i suoi standard, e ora doveva riprendere il suo cammino. Si spostava rapidamente da un luogo all’altro per evitare che i suoi inseguitori lo trovassero, una pura esigenza dettata dall’istinto di sopravvivenza. Eppure quella volta non voleva andare via. Desiderava porre fine a quella sua vita da nomade, senza radici e senza affetti, fermarsi in un luogo, avere una casa a cui far ritorno ogni giorno e qualcuno ad attenderlo.

La causa di tutto era Adam.

Se solo avesse potuto fermarsi lì, avrebbe potuto dare una seconda possibilità al suo cuore già a brandelli di vivere finalmente quel grande amore che aveva sempre desiderato. E invece era costretto ad andare via, a scappare dall’unica persona che in tutti quegli anni era riuscita a farlo sentire vivo, perché era braccato dagli uomini del Cancello Oscuro e non si sarebbero fermati davanti a nulla pur di ottenere il Kamlon. Se davvero provava qualcosa per Adam, doveva andare via senza voltarsi indietro, perché quello era l’unico modo che aveva per difenderlo.

- Va già via Mr. Pears?- gli chiese il ragazzo.

Nei suoi occhi verdissimi, Sey Pears lesse delusione, dispiacere, adorazione, affetto e mille altri sentimenti che non avrebbe mai voluto conosce, perché questo gli rendeva le cose più difficili. Se Adam non avesse provato nulla per lui, sarebbe potuto andare via e girare pagina, cercare di dimenticare quel misero villaggio e l’esistenza di quel ragazzo, ma in quel modo sapeva che avrebbero sofferto entrambi. Forse un brandello di lui sarebbe rimasto per sempre lì, a struggersi per quei sentimenti che si era impedito di provare.

- Sì, è meglio così per tutti, credimi.- gli rispose stringendo più forte le dita attorno alla corda della sacca.

Adam si morse il labbro inferiore, per impedirsi di tentare di fermarlo. Vedendolo Sey Pears fu travolto dal desiderio di abbracciarlo e consolarlo, di fargli qualche promessa che mai avrebbe potuto mantenere. Forse avrebbe fatto meglio ad andare via di notte, come un ladro, ma voleva vedere un’ultima volta quel ragazzo che somigliava così tanto al suo Cedric. Guardando in quei tormentati occhi verdi, si rese conto che dentro di lui le loro immagini erano ben distinte. Non aveva confuso l’uno con l’altro nel disperato tentativo di sublimare quell’amore che aveva perduto e riviverlo con un sostituto. Lui era Adam: bellissimo, delicato e dolce come una rosa delle pianure. Non aveva niente a che vedere con Cedric. Qualcosa si sciolse dentro di lui a quella rivelazione e si sentì come se fosse ritornato a respirare dopo tanto tempo.

Sey Pears aprì le labbra per dirgli qualcosa, ma uno sparo alle sue spalle lo interruppe e un proiettile passò vicinissimo al volto di Adam, tanto da lasciargli un segno rosso sulla guancia. Il cowboy guardò terrorizzato quella piccola ustione che intaccava la liscia perfezione di quella pelle ambrata. Per un lungo, terribile attimo aveva sentito il sangue defluirgli da dentro il corpo, mentre ricordi sanguinanti provenienti da un doloroso passato mai dimenticato, gli attraversarono il cervello come proiettili sparati a bruciapelo. Soltanto quando si rese conto che Adam stava bene, che non era ferito e non avrebbe perso anche lui, Sey Pears recuperò la sua presenza di spirito. Con un unico movimento sollevò lo spolverino che gli ricadeva lungo i fianchi ed estrasse la pistola dalla fondina, girò su se stesso e la puntò contro colui che aveva avuto la pessima idea di sparare contro quel ragazzo innocente.

- Alla fine ti abbiamo trovato Rem Nyd, Re dei Demoni Azzurri delle Elkin. Ci hai fatto penare molto, lo sai?- la voce tronfia e vittoriosa proveniva dall’imponente sagoma ferma sulla soglia d’ingresso del saloon, in penombra.

- Chi sei?- domandò con voce carica di gelida furia il cowboy, accompagnata dal minaccioso scricchiolio del cane della pistola che veniva tirato indietro.

Una risata altisonante e priva di qualsiasi emozione si diffuse nella stanza vuota del saloon. Qualcosa dentro Sey Pears scattò, come il meccanismo di una serratura che si apre quando viene inserita la chiave giusta. Aveva già ascoltato quella risata. Era un ricordo vago e sfumato che apparteneva al suo passato, di quando ancora viveva nelle Elkin e si faceva ancora chiamare Rem Nyd, che però non riusciva a definire totalmente, era come un fantasma che sfuggiva alla sua presa un attimo prima che potesse catturarlo.

L’uomo fece un passo avanti ed uscì dalla penombra, lasciando che la luce artificiale dell’interno della sala lo illuminasse completamente. Per Sey Pears fu come essere sparati in pieno petto, sentiva brandelli di carne sanguinanti venire strappati via al solo ricordo di quell’uomo. Per un attimo si disse che non era possibile, che si trattava soltanto di un’illusione creata dalla sua mente distrutta dalla fatica, ma per nulla al mondo avrebbe potuto confondere quei capelli rossi e quegli occhi verdissimi con quelli di qualcun altro.

- Viadal Tinris?- esalò con un sospiro disperato e speranzoso insieme.

Perché quell’uomo era uno dei suoi Demoni Azzurri, un caro amico che aveva creduto morto durante la battaglia della Valle del Sangue, ucciso dai soldati che si erano schierati al fianco del loro Re. Se chiudeva gli occhi poteva ancora vedere con lucida precisione il corpo di Viadal Tinris trafitto da centinaia di frecce che nemmeno la sua enorme forza magica era riuscita a fermare, annegato in un lago formato dal suo stesso sangue. Allora come poteva essere che in quel momento era davanti a lui, vivo e in salute? Fece vagare uno sguardo incredulo sul suo volto, ricordava distintamente che una freccia gli si era conficcata nello zigomo sinistro, mentre un’altra gli era penetrata quasi completamente in un occhio, ma non vide nessuna cicatrice a deturparne la pelle. Abbassò appena la pistola: cosa stava succedendo?

Viadal Tinris dovette leggere il flusso confuso dei suoi pensieri, perché un sorriso sardonico gli inclinò le labbra. Era un gesto così tipico dell’amico che conosceva, che Sey Pears avvertì qualcosa tremare dentro di lui.

- Sì, una volta era proprio questo il nome che portavo. Viadal Tinris, quarto grado dei Demoni Azzurri e Signore delle Rocce.- e la sua voce assunse una sfumatura di crudele divertimento.

- Ma cosa… come…?- balbettò il cowboy, diviso tra la gioia di aver ritrovato il suo vecchio amico e la paura di scoprire come questo miracolo fosse avvenuto.

Un lampo attraversò il verde intenso degli occhi di Viadal Tinris, mentre avanzava ancora con un passo lento, quasi annoiato, fino a portarsi al centro della stanza, a poca distanza da Sey Pears.

- Gli Stregoni del Cerchio hanno evocato la mia anima dopo la battaglia e mi hanno proposto un patto molto vantaggioso. Mi hanno riportato in vita, restituendomi il mio corpo intatto e in cambio ho giurato fedeltà al Cancello. Adesso il mio nome è Dean Coon.- un sorriso malvagio gli schiuse le labbra, cancellando in un attimo l’espressione disinteressata di poco prima.

Il cowboy sentì il sangue gelarsi nelle vene nell’udire quel nome. Dovunque Dean Coon giungesse, veniva preceduto dalla sua fama. Era a capo dei Segugi Neri, l’elite dell’esercito del Cancello. Come diceva lo stesso nome che portavano, erano cacciatori, davano la caccia ai nemici del Cancello ed erano capaci di stanarli ovunque si nascondessero, perché non esisteva nessun posto al mondo abbastanza sicuro quando si diventava una preda dei Segugi Neri. Il loro capitano portava cucita addosso una fama ancora più nera. Possedeva la magia e non si faceva alcuno scrupolo a usarla, aveva imparato i sortilegi più oscuri che venivano alimentati dalla sua sete di sangue quasi inestinguibile. Di rado scendeva in campo accanto ai suoi uomini, perché preferiva restare nelle retrovie a torturare i prigionieri, ma quando lo faceva voleva dire che la preda era particolarmente preziosa. Pochi fortunati incontravano subito la morte, tutti gli altri venivano condotti alla Rocca del Leone, l’inespugnabile maniero arroccato sulla Cresta del Drago, che il Cancello aveva destinato come sede dei Segugi Neri. Lì dentro non esisteva alcuna legge e nessun onore, Dean Coon aveva una vera predilezione per le torture e di volta in volta ne inventava di sempre più fini e cruente, i prigionieri venivano lentamente portati alla pazzia, tanto da arrivare loro stessi a implorare di essere uccisi, pur di non soffrire più. A causa del Kamlon, lo stesso Sey Pears era diventato una loro preda, per questo si spostava continuamente da un villaggio all’altro, cercando di lasciare meno tracce possibili. Era il Re dei Demoni Azzurri, pochi potevano vantarsi di essere alla pari con lui e ancora meno erano coloro che potevano affermare di essere usciti vivi da un duello contro di lui, ma nemmeno lui avrebbe potuto sperare di vincere da solo contro i Segugi Neri. Se avesse avuto i Demoni al suo fianco le cose sarebbero stare completamente diverse, ma proprio uno di loro in quel momento era in piedi davanti a lui, redivivo e schierato con i nemici che avevano distrutto le Elkin e le loro vite. Si chiese quanti dei suoi Demoni erano stati riportati in vita dagli Stregoni del Cerchio e adesso lottavano per il Cancello, contro tutto quello che avevano difeso in passato, ma forse sarebbe stato meglio non avere una simile risposta, avrebbe fatto troppo male conoscere la risposta a quella domanda.

- E così ti sei venduto per una manciata d’anni da vivo… Ma è vita quella passata all’ombra del Cancello?- gli chiese il cowboy con una freddezza che nemmeno era convinto di avere in quella situazione e piantandogli addosso uno sguardo accusatore.

Dean Coon avvampò di sdegno a quelle parole, mentre lampi di verde odio gli attraversano lo sguardo.

- Hai anche il coraggio di criticarmi? Tu hai fatto quello che volevi, anche portarti a letto il Principe, senza mai pensare alle conseguenze. Io ero quello che obbediva ciecamente ai tuoi ordini e alla fine si è anche fatto ammazzare per te!- gli urlò contro, slanciandosi in avanti come se volesse colpirlo.

- Tra me e Cedric era una cosa seria, più di quanto tu possa immaginare. Non mi stavo divertendo con lui, non ne sono il tipo d’altronde. Per quanto riguarda voi Demoni Azzurri, non è passato giorno in cui non abbia pianto per voi, non abbia desiderato essere morto al posto vostro. Purtroppo sono sopravvissuto e adesso non faccio altro che scappare dal Cancello e da me stesso.- e il tono della sua voce era basso e amaro, carico di dolore e rimpianto.

Dean Coon increspò le labbra in una smorfia disgustata, come se provasse repulsione anche solo a guardare quello che era stato il suo diretto comandante, la persona nelle mani della quale aveva messo la propria vita, sicuro che sarebbe stato ben ripagato.

- I morti non se ne fanno niente delle lacrime dei vivi. Se proprio avessi voluto, avresti dovuto fare qualcosa durante la battaglia, dopo è totalmente inutile.- gli rispose caustico il comandate dei Segugi Neri.

- Quindi ti sta davvero bene così? Vuoi farmi credere che ti senti bene con la tua coscienza nell’aver rinnegato la persona che eri, per una mera brama di potere?- insinuò velenoso Sey Pears.

- Smettila! Tu non hai diritto di parlarmi così! Non sai niente di me, del perché ho compiuto questa scelta!- gli urlò contro.

L’ex Demone Azzurro con uno scatto sollevò una mano e, a palmo aperto e rivolto verso l’esterno, scaricò un’ondata di fiamme verdi contro il suo avversario. Sey Pears fece appena in tempo a piegare la testa in avanti e a incrociare le braccia davanti al volto, le fiamme lo colpirono e si aprirono ai lati del suo corpo, per poi infiggersi nel pavimento del saloon scavando un paio di solchi neri e fumanti nel legno del parquet.

- La tua solita fortuna!- esclamò il comandate dei Segugi Neri, sputandogli contro.

Attraverso le spire di fumo grigiastre che si levavano dai suoi vestiti bruciacchiati, Sey Pears sollevò piano la testa e puntò sul suo ex amico uno sguardo limpido. Dean Coon sussultò davanti l’intensità di quegli occhi, di un azzurro carico e pulito, troppo sincero per poter nascondere qualche colpa. Deglutì a vuoto, cercando di forzare quel nodo che gli aveva stretto improvvisamente e inspiegabilmente la gola.

- Non combatterò contro di te, Viadal. Non alzerò mai un’arma contro un mio compagno e un mio amico.- affermò convinto il cowboy, abbassando le braccia e portandole lungo i fianchi.

Dean Coon sgranò gli occhi, stupito davanti quelle parole: perché Rem doveva essere il solito ingenuo idealista di sempre? Anche quando si trovava in bilico tra la vita e la morte restava saldamente ancorato ai propri principi di giustizia e poco importava che quello che aveva davanti era un nemico assetato del suo sangue, Rem Nyd aveva il dovere morale di salvare tutti tranne se stesso.

Digrignò i denti furioso per un attimo, il momento successivo un ghigno sardonico gli schiuse le labbra.

- Allora vuol dire che morirai. Non aspettarti sconti da me!- gli urlò contro, con un tono di voce che contrastava fortemente con le sue parole.

Dean Coon estrasse la sua alabarda dal fodero che portava sulla schiena e la puntò contro quello che era stato il suo diretto superiore, contro l’uomo era stato il suo migliore amico, la persona che aveva ammirato di più al mondo e molto di più, contro colui che aveva rischiato la sua vita per lui più volte di quanto riuscisse a ricordare.

- Due Re delle Elkin che si affrontano in duello. Sono proprio curioso di scoprire chi di noi due resterà in piedi alla fine.- e scoppiò in una grossa risata.

Dean Coon impugnò con entrambe le mani la sua alabarda e la sollevò sopra la testa, prima di calarla a velocità impressionante sulla testa del cowboy. Un sorriso sardonico fiorì sulle sue labbra, prima che bloccasse la lama affilata a un centimetro dal suo volto. Lo spostamento d’aria della pesante arma fece sollevare i ciuffi della sua frangetta, ma Sey Pears non si scostò di un millimetro, rimase invece immobile con gli occhi puntati sul suo antico sottoposto. Davanti l’azzurro intenso e limpido di quelle iridi, il comandate dei Segugi Neri deglutì a vuoto, perché quello che gli stava rivolgendo era uno sguardo di quelli che ti fanno sentire colpevole anche quando non hai fatto nulla.

Dean Coon ritirò l’alabarda con un gesti stizzito, facendola roteare tra le dita della mano destra. No, quella volta non sarebbe andata come voleva Rem Nyd. Quell’uomo aveva l’incredibile capacità di manipolare gli eventi in modo che tutto seguisse il suo volere, anche solo usando lo sguardo, ma non avrebbe abboccato, non quella volta perché non era più Viadal Tinris, non era più un Re delle Elkin. Adesso era Dean Coon comandante in capo dei Segugi Neri del Cancello, aveva poteri illimitati e gli Stregoni del Cerchio avevano cancellato tutti i suoi sentimenti, ora aveva i mezzi per resistere alle capacità persuasive di Rem Nyd.

Allora perché l’azzurro profondo e pulito di quegli occhi puntati nei suoi lo stava facendo sentire a pezzi e terribilmente in colpa, come se fosse stato messo dinanzi a ciascuno dei suoi crimini e quelle iridi gridassero la sua colpevolezza in una muta accusa? E Dean Coon detestava sentirsi in quel modo, l’aveva sempre odiato anche prima di morire, come se Rem Nyd fosse l’unico essere puro a camminare sulla terra e nessuno di loro avrebbe mai potuto neanche sperare di avvicinarsi alla sua perfezione. Infondo anche lui aveva i propri peccati sulla coscienza, ma nessuno di essi aveva il potere di macchiare e corrompere il suo abbacinante splendore.

Spostò lo sguardo e qualcosa attrasse la sua attenzione, facendolo sorridere ancora più crudelmente: appena entrato in quello scalcinato saloon la sua attenzione era stata calamitata dal suo vecchio amico, ma ora pensava di avere tra le mani la soluzione definitiva, quella che gli avrebbe consentito di volgere la situazione a suo favore e dare a lui la possibilità di muovere gli eventi. Rem Nyd era sempre Rem Nyd, considerò con un sorriso di scherno. Con la stessa rapidità di un lampo, estrasse uno dei pugnali che portava nei foderi della cintura e lo lanciò con quello che sembrava un unico movimento, verso il fondo della stanza. Con gli occhi pieni di consapevole orrore, Sey Pears osservò la lama fendere l’aria, ne seguì la traiettoria paralizzato, come se si trovasse dentro un sogno, con i suoi sensi allenati di guerriero ne anticipò il bersaglio e vide il pugnale sfiorare la carne tenera della gola di Adam e piantarsi nel legno della parete dietro di lui.

- Adam!- gridò il cowboy e nella sua voce si mischiava paura e rabbia.

Per un attimo aveva temuto che anche quel ragazzo sarebbe morto, che nemmeno quella volta sarebbe riuscito a salvare la persona che amava. Davanti quella involontaria e imprevista presa di coscienza, tutti i sentimenti che provava si riversarono dentro il cowboy, sommergendolo e stordendolo. Dopo tutto quello che aveva dovuto sopportare alla morte di Cedric, aveva deciso di chiudere per sempre il suo cuore, di vivere solo dei ricordi di quei tempi felici che non sarebbero mai più ritornati. Sey Pears non amava, non voleva amare, ma alla fine era ritornato ad amare, a dispetto di se stesso e di tutti i suoi propositi.

Quei sentimenti che ribollivano dentro di lui, andavano ad alimentare la rabbia che nutriva nei confronti del suo avversario. Per Sey Pears in quel momento non esisteva più Viadal Tinris Quarto Re delle Elkin, non vedeva più il suo vecchio amico e compagni d’armi morto tragicamente. Davanti a lui ora c’era solo Dean Coon, comandante in capo dei Segugi Neri, un altro nemico da abbattere per poter sopravvivere.

Sey Pears si nutriva a piene mani dell’odio, del rancore e di tutti i sentimenti più negativi che un uomo può provare, per alimentare i suoi poteri e renderli più letali. Lasciò che quel mare di emozioni che ribolliva dentro di lui lo sommergesse, che gli invadesse ogni più piccolo tratto del corpo e risvegliassero la parte più feroce di lui.

La prima avvisaglia della mutazione che il cowboy stava per subire, fu quella macchia cremisi che iniziò a invadere e consumare l’azzurro limpido e dolce dei suoi occhi. Il secondo segnale fu il colore della sua pelle che cominciò a virare verso un giallo grigiastro, malaticcio. Da quel punto in poi cambiamenti più o meno evidenti iniziarono a succedersi sul corpo di Sey Pears, come tessere di un domino diabolico, sfaldando la delicata bellezza di Sey Pears sostituendola con le fattezze orripilanti di un demone. La bocca, prima dal taglio morbido, era ora diventata una ferita aperta su di un volto butterato e piagato, irta di zanni acuminate. La figura atletica e slanciata del cowboy si era ingobbita e ritorta, quelle mani forti e ma gentili erano state sfigurate dagli artigli ricurvi che spuntavano al posto delle unghie. Quella era la vera natura di un Re delle Elkin, il suo vero potere.

In quel momento Sey Pears non era altro che un mostro, perché soltanto un simile essere avrebbe potuto sopportare il peso del terribile potere che sgorgava dalle profondità del suo corpo. La magia dei Re delle Elkin era terribile. Ognuno dei Demoni Azzurri era forte quanto un intero esercito ma Rem Nyd, il loro comandante, era ancora più potente, oltre ogni immaginazione. Nessuno era mai riuscito a guardarlo usare la sua magia al massimo della sua potenza e poi restare vivo abbastanza per poterlo raccontare. Quando ebbe terminato la sua trasformazione, Il Re dei sette Re schiuse le labbra contro il respiro ansante e poi spostò lo sguardo cremisi e ferino sul suo avversario, che lo osservava immobile a pochi metri da lui. Vedendolo, un’ondata di rabbia schioccò dentro Sey Pears, gli risalì lungo la gola ed esplose sulle sue labbra come il ruggito furioso di una bestia feroce, che fece tremare tutto il saloon.

Dean Coon avvertì un brivido di eccitazione e paura scorrergli lungo la schiena a quella vista. Era riuscito a risvegliare la belva assopita dentro Sey Pears e ora attendeva soltanto che si scatenasse, che gli desse ciò per cui era venuto fin lì. Un ghigno crudele gli schiuse le labbra, mentre il sudore freddo gli imperlava la fronte. Fece ruotare l’asta della sua alabarda tra le dita e poi strinse forte la presa su di essa, come a volerne trarre quella forza e quel coraggio che sentiva iniziare a mancargli. Quello che aveva davanti era uno degli esseri più potenti al mondo e lui stava per sfidarlo. Inspirò forte e raccolse tutte la sue energie fisiche e mentali, quindi passò all’azione.

Piegando le braccia verso destra, Dean Coon sollevò la sua alabarda fino a sopra la testa, dopo aver caricato sulle ginocchia, si slanciò in avanti e, appena il suo bersaglio fu a tiro, menò un fendente con l’intenzione di tagliare il suo corpo a metà nel senso della larghezza. La lama affilata penetrò nella carne e cozzò contro l’osso della spalla, rivoli di sangue caldo e viscoso iniziarono a scorrere lungo il mani dell’arma, simili a sottili serpenti traslucidi, fino a raggiungere le mani di Dean Coon. Un sorriso vittorioso incurvò le labbra dell’uomo quando comprese di averlo colpito, ma nel momento in cui fece per ritrarre la sua alabarda, questa rimase immobile, imprigionata nel corpo del suo avversario e un’espressione di improvvisa e terrorizzata comprensione animò il volto del comandate dei Segugi Neri.

Sey Pears aveva calcolato tutto. Si era lasciato colpire ben sapendo che la sua arma era troppo pensante per poterlo trapassare da parte a parte e la lama si sarebbe piantata dentro le ossa rimanendo incastrata. Dean Coon deglutì pesantemente a vuoto, rendendosi conto di essere completamente alla portata di Sey Pears e di essere disarmato ed esposto ai suoi attacchi.

Gli occhi rossi del cowboy si piantarono in quelli del suo nemico, gelidi e letali come quelli di un serpente. Dean Coon rabbrividì sotto quello sguardo, così diverso da quello caldo, gentile e dolce dell’amico di un tempo. Ebbe appena il tempo di scorgere il ghigno crudele che aveva deformato la bocca dell’altro, che Sey Pears, con un movimento istantaneo, aveva alzato la mano e gliel’aveva stretta al collo, scostandolo da sé e sollevandolo di alcuni piedi dal pavimento, mentre con l’altra mano sfilava l’alabarda dalla propria spalla e la lanciava da qualche parte dietro le sue spalle.

Che essere terribile, pensò Dean Coon. Mai avrebbe sospettato che esistesse un simile mostro all’interno di Rem Nyd, il potere che emanava da lui sembrava schiacciarlo, come una gigantesca mano premuta sulla sua cassa toracica. Sey Pears schiuse le labbra, le zanne acuminate che scintillarono minacciose nella luce, e iniziò a cantare. Gli incantesimi più potenti non venivano recitati, ma si intonavano lente litanie, parole arcane dal suono aspro e minaccioso che si amalgamavano con letale fascino a melodie ricche e dolci.

Dean Coon si rese conto di quello che gli era accaduto, soltanto quando il suo corpo esplose dall’interno. Il dolore era stato immediato e così forte da rischiare di farlo impazzire. Spruzzi di sangue rosso e schiumoso erano schizzati fuori dal suo corpo, investendo in pieno Sey Pears, tingendo con arabeschi cremisi il soffitto e il pavimento. Il comandate dei Segugi Neri sorrise soddisfatto, sentendo la vita che lo abbandonava piano piano.

La stretta della mano del cowboy sul suo collo si allentò e lui cadde a terra, come un burattino a cui erano stati improvvisamente tagliati i fili. Sey Pears si fermò, ansimando pesantemente, guardando dall’alto il suo ex compagno d’armi, mentre lentamente riprendeva l’aspetto umano. Lacrime silenziose scivolavano sulle sue guance, mischiandosi al sangue e lasciando scie rossastre sulla sua pelle. Quando Dean Coon sollevò a fatica lo sguardo su di lui, sentì qualcosa spezzarsi dentro di sé.

- Non piangere, non ne vale la pena per uno come me!- rantolò a fatica, il fiato che gli raschiava in modo doloroso la gola.

- Viadal.- il cowboy invocò il suo nome con disperazione, mentre si inginocchiava al suo fianco e gli prendeva la mano tra le sue.

Il sorriso sulle labbra di Dean Coon assunse una sfumatura dolce e nostalgica allo stesso tempo, quando avvertì le labbra dell’altro poggiarsi sulla pelle delle sue nocche, morbide e calde proprio come le aveva sempre immaginate.

- Tu sei l’unico dal quale avrei accattato una sconfitta. L’unico dal quale mi sarei fatto uccidere.- disse con un tono leggero, quasi fosse uno scherzo tutta quella storia.

Sey Pears serrò le palpebre contro le lacrime sempre più abbondanti, perché in quella impostazione della voce aveva riconosciuto il suo vecchio amico. Non era giusto averlo ritrovato nel momento in cui lo stava per perdere di nuovo. Il solo pensiero gli lacerava il petto con artigli incandescenti. La mano di Viadal Tinris che cercava di stringersi più forte attorno alla sua, attirò l’attenzione del cowboy.

- Rem smettila di scappare, fermati e torna a vivere. Se smetterai di amare finirai come me e non è una bella cosa, sai?- scherzò, ma mentre rideva uno spruzzo di sangue gli schizzò dalle labbra.

- Viadal! Non parlare… non sforzarti!- esclamò Sey Pears, mentre cancellava con le dita tremanti quelle nuove tracce vermiglie.

- Ho amato tanto nella mia vita, sai? Una persona speciale, unica in tutto il mondo, che illuminava la mia esistenza come un altro sole. Ma il mio amore non era destinato a realizzarsi. Credevo di essere appagato, che mi bastasse la sua felicità, ma mi illudevo. La gelosia e la rabbia che provavo nel sapere questa persona tra le braccia di un altro, mi hanno fatto diventare una preda del Cancello. – parlava con un sorriso triste sulle labbra e gli occhi socchiusi, come stesse rincorrendo dei ricordi nella sua testa – Torna ad amare, Rem. Promettimelo. Ama!- esclamò aggrappandosi alla sua mano con folle disperazione.

- Io… sì, te lo prometto.- lo rassicurò Sey Pears.

Aaaahhhh… Il tuo viso è così vicino al mio… No, non devi piangere per me…

- Bene!- bisbigliò Dean Coon, prima che la sua testa ricadesse indietro, inarticolata, un’unica lacrima brillò per un attimo tra le sue ciglia.

Sey Pears lo guardò a occhi sbarrati per un lungo istante, come se non capisse cosa fosse davvero accaduto. Ma quando si rese conto che il suo vecchio amico era morto, qualcosa dentro di lui si spezzò. Le lacrime gli inondarono il viso, frammentando l’azzurro accecante dei suoi occhi. Iniziò a scuotere il corpo senza vita di Viadal Tinris gridando il suo nome, nell’illusione che in quel modo avrebbe potuto riportare indietro la sua anima, tenerla ancorata alla vita.


Il calore delle fiamme sembra essere inghiottito dal freddo della notte. Guardi il fuoco acceso accanto a te e ti pare che il suo riverbero sia pallido, stranamente tiepido.

Forse è solo il tuo stato d’animo, ma il falò non riesce a riscaldarti. I brividi ti scorrono di continuo sottopelle e senti le lacrime premere contro i tuoi occhi. La situazione è precipitata all’improvviso e adesso non sai più cosa fare, ti sembra di brancolare nel buio più assoluto. Sei il Re dei sette Demoni delle Elkin, sei potente e coraggioso, tutti si aspettano che tu abbia un piano, una soluzione per venire fuori da questa situazione.

Tu invece hai soltanto voglia di nasconderti e piangere come non hai mai fatto prima.

Hai perso tutto, ciò che stringevi tra le dita si è improvvisamente trasformato in un mucchietto di sabbia, che è scivolato via dal tuo pugno alla prima folata di vento. Ora che non hai più nulla, non sai più chi sei né cosa devi fare, come se avessi smarrito la strada. Rem Nyd era una persona determinata, sapeva sempre cos’era meglio fare e impugnava la spada con sicurezza, sfidando di continuo la morte senza battere ciglio. È così diverso da ciò che sei adesso che quasi non ti riconosci. Ti abbracci il corpo, sperando così di spegnere i brividi, abbassi la testa e chiudi gli occhi. A denti stretti combatti contro i ricordi di queste ultime settimane, perché vorresti per una volta abbandonarti all’oblio del sonno e fare un sogno senza sogni, ma sei così stanco che alla fine devi soccombere.

Il Re ha gettato la maschera dietro cui si è nascosto per tutti questi anni e ha mostrato alfine il suo vero volto. Ha radunato tutto il suo esercito e vi ha chiesto di sottomettervi al Cancello Oscuro. Molti soldati hanno continuato a seguirlo e si sono inchinati al nemico, ma voi demoni avete visto troppe morti atroci causate dai suoi seguaci per farlo. Per qualche tempo avete finto di esservi sottomessi al volere del Cancello, ma in realtà vigilavate, osservavate per capire quale fosse il piano del Re. Quando hai compreso cosa stava tramando nell’ombra, è stato l’inizio della fine.

Il vostro indegno sovrano ha ucciso il suo sposo per ottenere il Kamlon e, ora che lo ha perduto nuovamente, ha deciso di spazzare via voi Demoni, per riscattarsi agli occhi della Stella Scarlatta. Vi ha abbandonati nel momento in cui più avevate bisogno della sua guida, lasciandovi alla mercé dei soldati del Cancello.

Dopo settimane spese a vagare da un capo all’altro delle Elkin, alla ricerca del Principe, disperati, affamati e senza alcun domani davanti a voi, continuate a lottare in nome del vostro giuramento, di quella speranza in un futuro migliore che, anche se flebile, vi arde ancore nel petto.

Tu, Rem, combatti in nome del tuo amore.

Domani, appena il sole sarà sorto, ingaggerete battaglia con l’esercito di invasione del Cancello. Ieri c’è stato il primo scontro e alla prima carica il Re vi ha traditi, schierandosi con le truppe nemiche. La sorpresa per questo tradimento improvviso ma non inatteso, vi è stata fatale. Due dei tuoi Demoni, due dei tuoi migliori amici, fratelli più che compagni d’armi, sono stati ammazzati senza pietà, insieme a buona parte dei pochi soldati che hanno rifiutato di seguire il Re in quella follia e sono rimasti al tuo fianchi. Il numero delle forze a tua disposizione è troppo scarso e debilitato dalla fatica, delle ferite e dallo sconforto.

La nuova alba segnerà la vostra sconfitta e il nuovo regno del terrore del Cancello sulle Elkin.

Non hai mai assaggiato una disperazione più nera di questa, che ti avvolge come un sudario e ti impedisce di vedere qualsiasi cosa attorno a te. Ti sembra che niente di quello che stai facendo abbia uno scopo. Cedric è morto, domani stesso potresti esserlo tu e il Kamlon quindi potrebbe finire nelle mani della Stella Scarlatta, portando il mondo sull’orlo della distruzione. Quindi perché combattere? Perché continuare a lottare quando si è già sconfitti?

Perché?

Una mano poggiata improvvisamente sulla tua spalla, ti strappa alle tue riflessione e ti fa sobbalzare. Impaurito ti volti di scatto e davanti ai tuoi occhi trovi l’espressione preoccupata di Viadal Tinris.

- Devi stare più attento, comandante. La prossima volta potrei non essere io!- ti rimprovera bonariamente, con un sorriso mesto a tendergli le labbra.

Lo osservi mentre si siede al tuo fianco. Nella luce ambrata del fuoco sembra ancora più smunto. Viadal è sempre stato una persona molto socievole e alla mano, eppure ti sembra lontana come in un’altra vita l’ultima volta in cui l’hai visto sorridere davvero. Le occhiaie svelano la sua stanchezza, eppure è lì accanto a te e questo ti riempie il petto di un calore che avevi quasi dimenticato.

- Non riesci a dormire?- gli domandi.

Viadal increspa le labbra in un broncio infantile e poi scuote la testa, i suoi lunghi capelli rossi scintillano come fili di rame nel riverbero delle fiamme.

- Troppe immagini da dimenticare, che ritornano alla mente. Preferisco stare qui… con te!- aggiunge in un soffio, come se temesse la tua reazione.

Ormai i tuoi Demoni hanno compreso la vera natura del sentimento che ti lega al Principe e sembra che l’abbiano accettato, tanto da seguirti nella sua ricerca, senza che tu nemmeno glielo chiedessi. Eppure c’è qualcosa di strano in Viadal ultimamente, è come se un interruttore si fosse spento dentro di lui. Il pensiero successivo è che sei uno stupido, perché è normale che ciò che avete passato nelle ultime settimane vi abbia trasformati in qualche modo. Con il tempo forse riuscirete a rimettere insieme le vostre anime a pezzi e ritrovare almeno un po’ di voi, ma ora è ancora troppo presto.

- Neanche tu riesci a dormire.- e la sua non è una domanda.

Sospiri sfinito e riporti lo sguardo sulle fiamme.

- Mi sento un fallito.- dici tutto d’un fiato.

- Un fallito?- ripete lui, come se non riuscisse a capire il senso delle tue parole.

- Vi ho condotto in un’impresa disperata soltanto per il mio egoismo. Non sono stato capace di difendervi dal Re e sicuramente non ci riuscirò in futuro. Non merito il titolo di Re dei sette Re!- e digrigni i denti, cercando di resistere alla nuova ondata di dolore che si infrange nel tuo petto.

Viadal ti afferra per un braccio e ti costringe a voltarti verso di lui.

- Ma che accidenti stai dicendo?- esclama mentre continua a scuoterti.

- A causa mia avete perduto tutto, siamo braccati da quelli che erano i nostri stessi compagni. A che mi servono questi poteri se non posso difendere neanche le persone che amo? – protesti scuotendo la testa, rannicchiandoti inconsciamente su te stesso, come per proteggerti dal dolore che i tuoi stessi pensieri ti cagionano – Sono totalmente inutile.- affermi, con un decisione che rasenta la follia.

Senti lo sguardo del tuo compagno d’armi su di te, che sembra perforarti la pelle e scavarti dentro fino a raggiungere la tua anima. Provi una fitta di fastidio, perché quello non è lo sguardo caldo e morbido con cui ti osservava Cedric dopo aver fatto l’amore, quando credeva che tu dormissi. Quello che ti sta rivolgendo Viadal è uno sguardo indagatore, freddo e interessato, alla ricerca di non sai cosa.

- Stai dicendo un mucchio di sciocchezze e lo sai. È solo il dolore e la disperazione a farti parlare in questo modo, nient’altro.- esordisce piano, dopo una lunga pausa di silenzio.

Vorresti rispondergli che non è vero, che la sua è una pietosa bugia detta per nascondere la tua mancanza di capacità, ma la mano di Viadal allenta la morsa sul tuo braccio e risale fino alla spalla, in una carezza troppo intima per due compagni come voi, stringendola affettuosamente.

- Ti abbiamo seguito fin qui perché lo volevamo, non perché qualcuno che l’ha ordinato. Tu sei sempre stato la nostra guida, il nostro punto di riferimento, molto più del Re. – udendo queste sue parole sollevi la testa sorpreso per guardarlo e il verde chiaro delle iridi di Viadal questa volta ti osserva dolce, carezzevole, caldo – Abbiamo affrontato situazioni ben più disperate e pericolose di questa eppure, con te al nostro fianco, siamo sempre riusciti a uscirne vivi. Staremo sempre al tuo fianco, ti seguiremo ovunque e ti aiuteremo in tutti i modi possibili, ma non perché sei il Re dei Sette Demoni, ma perché sei Rem Nyd, il nostro amico. Capisci?- e ti sorride apertamente, quel sorriso che non vedevi da molto tempo.

Un calore dolce e doloroso insieme si scioglie dentro il tuo petto, mentre le lacrime ti risalgono la gola così velocemente che non puoi fermarle quando iniziano a scivolarti sul viso. Senza nemmeno rendertene conto, lo abbracci forte e nascondi il viso rigato dalle lacrime nel morbido incavo tra la sua spalla e il suo collo. Viadal per un lungo istante si irrigidisce tra le tue braccia, troppo sorpreso per avere una reazione coerente, poi le sue mani iniziano ad accarezzarti piano la schiena, attraverso la stoffa leggera della casacca che indossi le senti muoversi su di te timide, esitanti, tremanti. Viadal appoggia la sua guancia contro la tua tempia e ti lascia un bacio umido tra i capelli, un contatto questo così rapido e fugace che non sei sicuro che sia accaduto davvero.

Dovresti fermarti e chiederti quali siano i motivi che spingono il tuo amico a comportarsi in questo modo, ma ora, tra le sue braccia, ti senti bene come non accadeva da quando è iniziata tutta questa storia e non vuoi rovinare tutto con domande che porterebbero a galla segreti che è meglio tenere nascosti.

Lui è Viadal Tinris, l’amico su cui puoi sempre fare affidamento, il porto sicuro nel quale trovare riparo mentre cerchi di ritrovare la strada giusta, la roccia sicura alla quale potrai sempre aggrapparti per non precipitare nell’abisso e sarà così per sempre.
 
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minvial
view post Posted on 5/9/2011, 19:08




bellissimoooooo!!!!bellissimo capitolo complimenti!!!!molto triste la storia dei due amici ma almeno nella morte è potuto tornare in sè!!brava brava brava!!aspetto con ansia il prossimo!!XD
 
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Taila
view post Posted on 17/2/2013, 12:46




Con il capo coperto di cenere e dopo un vergognoso periodo di latitanza, ritorno qui per postare l'ultimo capitolo di questa mini-long. Spero di cuore che vi piaccia ^_^

Capitolo III. Promise of a lifetime

Con un nodo alla gola, Adam osservava la disperazione del cowboy. Solo adesso si rendeva conto di non conoscere nulla di lui al di fuori del suo aspetto, che tutto quello che gli aveva detto, perfino il suo nome, erano soltanto bugie. Eppure non riusciva a provare rabbia nei suoi confronti, solo un’infinita, straziante mestizia, perché soltanto alla creatura più infelice del mondo poteva essere riservato un destino simile. Non aveva compreso molte delle cose che si erano detti durante lo scontro, ma aveva capito che Sey Pears era condannato a vivere una vita di solitudine, senza mai avere un posto che potesse chiamare casa, né persone che poteva sentire come amici e familiari. Lui che fin dalla nascita era vissuto sempre nello stesso luogo, non riusciva neanche a immaginare quale peso dovesse sopportare e, in uno strano contrasto, la tristezza e il dolore che provava per lui andavano ad alimentare il suo amore.


Più osservava Sey Pears disperato e ferito, più si sentiva innamorato di lui.


Adam fece un passo avanti, deciso ad andare dal cowboy e fare qualcosa per lui, ma suo padre lo fermò per un braccio. Il ragazzo si girò a guardarlo, sorpreso dalla sua reazione.


- Che cosa fai stupido? – lo rimproverò aspramente – Non hai visto che razza di mostro è? Potrebbe ucciderci tutti. Non ti permetterò di andare da lui e farti ammazzare.- e il suo tono non ammetteva repliche.


Il ragazzo riportò lo sguardo su Sey Pears ancora inginocchiato accanto al corpo del suo amico defunto, la testa chinata in avanti e le spalle scosse dai singhiozzi. No, quell’uomo non era un mostro. Era una persona sola, infelice e forse arrabbiata con il mondo intero, ma lui aveva visto quanto potesse essere dolce e gentile. Sey Pears si prendeva cura di tutti, anche degli sconosciuti, riscaldava le loro esistenze senza chiedere nulla e spariva nel cuore della notte prima di potersi affezionare troppo. Soltanto con loro era stato diverso, aveva voluto andare via con la luce del sole, senza nascondersi, per dargli un ultimo saluto e aveva combattuto per salvare le loro vite. Ancora una volta aveva lottato, rischiando la vita e macchiandosi le mani del sangue di un amico. Non poteva abbandonarlo a se stesso, non ora che aveva bisogno di avere qualcuno accanto.


- Lasciami! Ho affrontato mostri ben peggiori di lui, eppure sono ancora vivo. Mr. Pears non mi farà del male, ne sono sicuro papà!- disse guardando il genitore con sicurezza.


Davanti la determinazione di quegli occhi vecchi, l’uomo non poté fare altro che liberarlo della sua stretta e osservarlo mentre si avvicinava al cowboy. Suo figlio era sempre stato un ragazzo timido e sensibile, dopo le sevizie di Urro era diventato anche ombroso e scostante, ma da quando Sey Pears era entrato nella sua vita, aveva ricominciato a sorridere. Hall Durden si morse il labbro insicuro, perché quell’amore che suo figlio provava per lo straniero lo aveva cambiato più di quanto potesse immaginare e non era sicuro se fosse un bene oppure un male.


Adam si avvicinò al cowboy e si fermò un attimo indeciso su cosa fare. Osservò la sua schiena ampia che gli aveva trasmesso una sensazione di sicurezza e che invece adesso, a vederla così scossa dai singhiozzi, gli sembrava solo estremamente fragile. Lui non era una persona forte, non possedeva alcun potere magico come l’uomo che aveva davanti, ma ciononostante avvertiva il desiderio di volerlo proteggere. Lasciandosi guidare dall’istinto, Adam si inginocchiò dietro di lui e gli abbracciò le spalle, poggiando poi il viso contro il profilo dell’altro. Sey Pears rimase immobile tra le sue braccia, come se non avesse avvertito la sua presenza, tanto che il ragazzo temette di aver fatto qualcosa di sbagliato.


- Adam…- esalò all’improvviso il cowboy, dopo un lungo silenzio.


E lui si rese conto di quanto fosse stanca e provata la sua voce.


- Va tutto bene. Lei non ha alcuna colpa, Mr. Pears. Ha fatto la scelta più giusta, anche se adesso prova solo dolore. Va tutto bene.- disse con un tono basso e gentile.


Sey Pears ascoltò quella voce vellutata ripetere all’infinito che andava tutto bene, disegnandogli ogni lettera sulla pelle delle guance con il suo respiro e gli sembrò quasi di poterci credere. Il cowboy chiuse gli occhi e lasciò che il tepore di quel corpo gli penetrasse sotto i vestiti, fin dentro la pelle, per scacciare il gelo che gli stava riempiendo il petto in quel momento. Voltò la testa quel tanto che bastava per trovarsi fronte contro fronte e fissò il ragazzo con occhi liquidi di lacrime, frammentati dal dolore.


Adam si sentì tremare sotto l’intensità di quello sguardo che sembrava scavare dentro di lui alla ricerca di un qualcosa che poteva scorgere soltanto lui stesso. Il cowboy gli appariva disperato, avvilito e sul punto di infrangersi in mille pezzi, il senso di colpa che lo stava rodendo era così profondo che poteva scorgerne il riflesso su quel volto bellissimo anche in quel momento e poco importava che quell’amico che aveva dovuto uccidere lo avesse tradito e avesse cercato di ucciderlo. Sey Pears detestava fare del male al suo prossimo.


Il ragazzo deglutì pesantemente a vuoto per scacciare quel senso di oppressione che gli stava stringendo la gola e, guidato dal puro istinto, chiuse gli occhi e spinse il volto contro quello davanti al suo. Cercò la sua pelle con la propria, in lunghe e lente carezze, desiderando di calmarlo e di scacciare quel dolore che come un’ombra scura aveva invaso il volto dell’altro. Sey Pears chiuse gli occhi, deliziato da quelle attenzioni che gli stava dedicando Adam, quasi senza accorgersene iniziò a collaborare, ricambiando quelle carezze gentili e rincorrendo la sua bocca, per quel bacio che lo stava facendo bruciare di desiderio inappagato.


Quando il cowboy riuscì finalmente a baciarlo, Adam si irrigidì un attimo. Non era un bacio violento quello, non aveva niente a che vedere con quelli duri e freddi di Urro, era invece caldo, umido, intenso e vellutato, non lo stava forzando, ma al contrario lo stava blandendo, la scelta di concedersi o no era soltanto su. Ma proprio per questo lo aveva spaventato, perché non era mai stato trattato in quel modo prima d’allora. Quando si è abituati a essere maltrattati piuttosto che essere amati, anche il minimo cenno di gentilezza poteva fare molta paura. Sey Pears, resosi conto dell’immobilità dell’altro, aprì gli occhi per guardare Adam e scoprire se avesse fatto un passo falso.


Quando vide che il ragazzo era spaventato, si allontanò dalle sue labbra, improvvisamente conscio di tutte le violenze fisiche e morali che era stato costretto a subire, desiderando che nessun male gli fosse più fatto. Adam vedendo quel viso perfetto allontanarsi dal suo e sentendosi privare di quel calore dolce e confortante con cui lo aveva avvolto fin dal primo incontro si riscosse. Fissò lo sguardo in quello tormentato dell’altro uomo, marosi argentei si agitavano furiosi sulle loro profondità, e si rese conto che ciò che provava per lui non era più un’infatuazione. Si era innamorato di quel cowboy così bello da sembrare irreale, che per primo lo aveva fatto sentire accettato, pulito e aveva medicato le sue ferite fisiche e spirituali con una dolcezza che non aveva mai creduto di poter sperimentare personalmente. Si era innamorato di quell’uomo forte che aveva lottato senza fuggire e abbandonarli al loro destino, mostrandogli il suo lato più mostruoso e crudele, che però non sarebbe mai riuscito a oscurare quello umano e gentile, e lo provava quel dolore che stava sentendo in quel momento, le lacrime versate per un amico trasformatosi in un nemico mortale.


Lo amava semplicemente per quello che era e non lo avrebbe abbandonato. Staccò una mano dalle spalle del cowboy che stava ancora abbracciando e la portò sulla sua guancia, il polpastrello del pollice a carezzargli lo zigomo e le altre dita intrecciate alle ciocche bionde e umide dei capelli sulla nuca. Si sporse in avanti e lo baciò, cercandolo per la prima volta, ormai dimentico delle paure che lo avevano paralizzato fino a poco prima. Quando Sey Pears avvertì quel bacio delicato sulle sue labbra, percepì qualcosa sciogliersi dolorosamente dentro il suo petto, perché era consapevole che quel ragazzo ingenuo e mortalmente ferito dalla vita, gli si stava donando completamente. Si girò nel suo abbraccio e gli strinse forte la vita, tirandoselo contro e facendo sospirare di piacere il ragazzo.


Il cowboy si staccò dalla bocca dell’altro quando sentì i polmoni in fiamme e Adam socchiuse piano gli occhi, osservandolo con quegli innocenti occhi verdissimi, in cui si era accesa una scintilla di piacere. Iridi enormi come quelle di un bambino, attraversate da furiosi marosi dalle sfumature dorate che incantarono con la loro malia Sey Pears. L’uomo poggiò la fronte contro quella del ragazzo e inspirò a fondo il suo odore che sapeva di legno e sabbia e un po’ di sudore. Guardando quel ragazzo tra le sue braccia, per un attimo si sentì come se si stesse approfittando di lui. Tutto ciò che Adam conosceva del mondo e della vita, era quel villaggio sperduto nel cuore del deserto e le violenze di Urro.


- Adam io…- provò a dire qualcosa, ma in quel momento sembrava del tutto incapace di parlare.


Il ragazzo dovette intuire le sue incertezze, perché gli rivolse uno sguardo morbido e, contemporaneamente, gli sorrise con una dolcezza disarmante, prima di stringersi ancora di più all’altro uomo e baciarlo. Se Sey Pears si fosse trovato in una condizione normale, avrebbe resistito ancora di più, parlando ad Adam per fare chiarezza nelle sue intenzioni e scoprire se desiderasse veramente una cosa simile. Il cowboy era fin troppo consapevole del potere della lussuria e di ciò che spinge a fare pur di soddisfarla, per questo non voleva che quel ragazzo dopo avesse a pentirsene. Ma in quel momento Sey Pears sentiva l’anima in pezzi, ferite vecchie e nuove tornare a pulsare e sanguinare, tutto ciò che desiderava era amare e sentirsi amato, per lenire un po’ di quel dolore e ritrovare se stesso in quel marasma di emozioni che lo stava dilaniando. Per questo accolse con gioia il bacio di Adam, invece di respingerlo: desiderava annegare in lui, bruciare fino a consumarsi e scoprire se l’indomani avrebbe potuto cominciare una nuova esistenza con quel ragazzo dolce e spaurito.


Sey Pears riaprì gli occhi quando sentì Adam allontanarsi da lui e lo seguì con la testa, per strappargli un altro bacio. Sorridendo il ragazzo piegò la testa di lato e le labbra dell’altro uomo lo raggiunsero sul collo, un lieve e piacevole formicolio gli solleticò la pelle. Baciò la guancia del cowboy e si divincolò dalla sua stretta, rimettendosi in piedi e allungando le sue mani verso di lui per dirgli di alzarsi. Sey Pears aveva bisogno di riposare e ripulirsi, necessitava di un posto sicuro in cui rifugiarsi dal mondo esterno e lui gli avrebbe aperto volontariamente la porta della sua camera, perché nutriva una fiducia incrollabile in quell’uomo e sapeva che non gli avrebbe mai fatto del male.


Sey Pears guardò quelle mani piccole e delicate ferme davanti al suo viso, che gli stavano implicitamente chiedendo di seguirlo. Per un attimo il cowboy non si sentì pronto ad accantonare Cedric e il suo passato, a voltare pagina e ricominciare a vivere, invece di continuare a trascinarsi pietosamente da un giorno all’altro. La sua era una guerra che avrebbe avuto fine soltanto con la sua morte e il resto della sua esistenza sarebbe stato soltanto un ciclo ininterrotto di lotte, intervallato da fughe precipitose per salvarsi la vita. Viaggiare in compagnia di fantasmi immateriali era doloroso, ma almeno Sey Pears doveva preoccuparsi soltanto della sua vita. Acconsentire all’offerta di Adam avrebbe voluto dire aprire di nuovo il suo cuore e accettare un’altra persona con sé, dividere con quel ragazzino già mostruosamente ferito i dolori e i pericoli cui andava ogni giorno incontro, avrebbe dovuto convivere costantemente con la paura di perderlo, accettare nuovamente di perdere la persona che amava di più al mondo. Quest’ultimo pensiero lo fece fremere di raccapriccio e di paura fin nel profondo e, per un attimo, rafforzò la sua precedente decisione di andare via di là, di scappare il più lontano possibile da Adam.


Sey Pears sollevò lo sguardo sul ragazzo, nel disperato tentativo di trovare qualsiasi motivazione che gli consentisse di rifiutare il suo aiuto senza ferirlo, ma quello che vide gli tagliò il respiro in gola. Adam lo stava osservando con un’espressione dolce che aveva ingentilito ancora di più i tratti del suo volto, il suo sguardo e il suo sorriso sembravano la migliore promessa di una salvezza fisica e spirituale che gli potesse essere rivolta. Quasi senza rendersene conto, incantato, il cowboy sollevò entrambe le mani e con le proprie, che al confronto sembravano enormi e rudi, strinse quelle più piccole e sottili del ragazzo, come se fossero l’unico appiglio per non precipitare. Lo sguardo di Adam si addolcì ancora di più nel vederlo perso come un bambino, bello e meraviglioso in una maniera che mai avrebbe creduto potesse esistere. Gli fece cenno di rialzarsi e quando furono in piedi uno davanti all’altro, il ragazzo portò le mani del cowboy davanti alla sua bocca.


- Vieni con me!- gli disse dopo aver lasciato un bacio sulle dita piegate.


Se mai Adam avesse avuto dubbi su ciò che provava per il cowboy, in quel momento che lo aveva davanti così esposto e vulnerabile, ne ebbe l’ennesima conferma. Ignorando lo sguardo rassegnato e carico di riprovazione del padre, il ragazzo condusse l’uomo su per le scale, fino al piano superiore del saloon. Sey Pears lo seguiva docile, come se in quel momento non fosse completamente in sé, ma quando furono dentro la camera del ragazzo e vide i segni che la violenza di Urro vi aveva lasciato, si riscosse come se fosse appena emerso da un lungo sogno e comprese l’enormità di quanto stava per fare. Adam era soltanto un ragazzino sperduto, che si era aggrappato alla prima persona che era accorsa in suo aiuto e, per quanto ne fosse invaghito, si sentì di nuovo come se stesse per approfittarsi di lui e per questo si bloccò all’ingresso della stanza.


Adam fece ancora un passo all’interno, ma quando sentì il suo braccio strattonarsi, si girò e notò che il cowboy era fermo dietro di lui e dalla sua espressione che non era più intenzionato a seguirlo. Gli rivolse uno sguardo interrogativo, nel quale si mescolarono in modo straziante timore e speranza, e Sey Pears sospirò comprendendo.


- Sono un uomo, Adam, tu invece sei soltanto un ragazzo che non ha ancora conosciuto la vita. La morte mi segue come una fedele compagna, oggi sono vivo ma domani potrebbero uccidermi. Non ho un futuro, non posso darti nulla e presto o tardi arriverai a maledire in giorno in cui mi hai incontrato. Dovresti scegliere una persona che possa amarti davvero come meriti.- disse a fatica, sentendo una lama tagliargli l’anima a ognuna di quelle parole.


Stava rifiutando l’unica persona che in tutti quegli anni avesse illuminato le tenebre che avevano avvolto la sua esistenza e risvegliato il suo cuore ormai congelato, era una sofferenza intollerabile ma doveva farlo, per il bene di quel ragazzo. Stava per liberarsi da quella mano morbida e calda, appena irruvidita dal lavoro, che stringeva con delicatezza la sua e uscire dalla stanza, quando il ragazzo gli si strinse contro impedendogli di muoversi. Sey Pears era un uomo molto forte, gli sarebbe bastato un niente per liberarsi di quell’abbraccio, ma il corpo di Adam era così morbido e caldo da avergli intorpidito i sensi, irretendolo come il canto di una sirena.


- Se credi che io sia un bambino che si è incapricciato di una cosa nuova, allora mi hai mal giudicato. Per tutta la vita gli altri hanno deciso per me, mi hanno imprigionato qui dentro e ho dovuto gettare via tutto ciò che possedevo, anche la mia dignità. Non fare lo stesso errore, non decidere cosa sia meglio per me nella convinzione che io sono giovane e non comprendo il mondo, perché non è assolutamente vero. Non ho mai amato nella mia vita prima di conoscerti, questo è vero, ma non per questo i miei sentimenti sono meno veri e consapevoli dei tuoi, perché non ho mai desiderato una persona come desidero te. Dimostrami che io non sono solo un giocattolo con cui gli altri possono divertirsi, che l’amore non è una cosa sporca.- disse tutto questo senza mai staccare lo sguardo da quello dell’altro uomo.


Sey Pears naufragò in quel verde sterminato e brillante senza più avere la possibilità di ritornare indietro, era consapevole di essere ormai perduto, ma volle comunque opporre un’ultima resistenza.


- Ti farei le stesse cose che ti ha fatto Urro. Non c’è alcuna differenza tra di noi.- disse in un sussurro privo di alcuna convinzione.


Adam sorrise e scosse la testa, prima di sollevarsi sulla punta dei piedi e incrociare le braccia dietro il collo del cowboy, sporgendosi fino a portare il proprio viso contro il suo.


- Sbagli. Come puoi dire di essere uguale a lui? Siete diversi come il giorno lo è dalla notte e tu non mi farai mai del male.- disse sicuro, parlando direttamente sulle sue labbra, carezzandole a ogni sillaba che pronunciava.


Il cowboy chiuse gli occhi e deglutì nel disperato tentativo di riprendere quel controllo che in quel momento sembrava non volesse tornare. Il suo animo troppo a lungo abbandonato alla solitudine sembrava sul punto di ribellarsi, perché era stanco di essere solo e voleva soltanto amare e lasciarsi amarsi. Le labbra di Adam cercarono le sue per un bacio timido, esitante e dolce, Sey Pears poté avvertire distintamente le barriere che si era costruito attorno creparsi prima di esplodere in mille schegge.


Con un ringhio sordo, il cowboy abbracciò il ragazzo e se lo strinse contro, in una stretta forte e possessiva, mentre approfondiva quel bacio, guidato da una passione che per troppo tempo aveva scordato. Con gli occhi chiusi iniziò spingere per far arretrare Adam verso il letto, cercandolo a tentoni e sdraiandovelo sopra, del tutto intenzionato a non voler interrompere quel contatto tra di loro. Riassaporare la sensazione di avere la persona amata tra le braccia, era stato come accendere il fuoco in un mucchio di paglia secca per Sey Pears, che adesso desiderava soltanto assecondare i desideri del ragazzo e suoi, perdersi in lui e bruciare entrambi fino a consumarsi.


Nonostante Adam l’avesse desiderato con tutte le sue forze, per un attimo, quando l’uomo aveva iniziato a privarlo dei vestiti, si era sentito vacillare. A dispetto di quanto lui stesso aveva detto soltanto poco prima, in modo irrazionale aveva temuto che Sey Pears si comportasse come Urro, prendendo da lui tutto ciò che desiderava, senza alcun rispetto, infliggendogli altre ferite che non avrebbero più smesso di sanguinare. Aveva sollevato lo sguardo per dirgli di fermarsi, ma si era ritrovato ad annegare nell’azzurro delle iridi del cowboy e si sentì mancare il fiato davanti la dolcezza, l’amore che contenevano. Le mani che avrebbero dovuto bloccarlo, si appoggiarono piano sul petto dell’uomo, risalendo in una carezza lenta ed esitante fino alle spalle, per poi stringerlo a sé in un abbraccio, ottenendo un bacio che spazzò via ogni suo inutile timore.


Adam si sentiva stordito, privo di qualsiasi contatto con la realtà, per un attimo aveva avuto la sensazione di non avere più un appoggio solido sotto di lui e, per non precipitare giù, si era aggrappato forte alle spalle del cowboy. Era tutto così diverso dai rapporti violenti cui lo costringeva Urro, che Adam si sentiva spiazzato e quasi intimorito. Il bandito lo prendeva quando più aveva voglia, come se fosse null’altro che uno svago con cui divertirsi e sfogando la sua rabbia su di lui quando cercava di opporre una seppur minima resistenza. In quei momenti era il dolore a farla da padrone, immediato e feroce serpeggiava in ogni angolo del suo corpo, mordendo ogni sua fascia nervosa e piegando ogni sua difesa, trasformandolo in una bambola priva di ogni volontà, mentre la sua mente vagava rincorrendo ancora una volta delle farfalle immaginarie e aspettando che ogni cosa avesse termine.


Sey Pears, invece, lo toccava con gentilezza e rispetto, come se fosse un qualcosa di estremamente fragile e prezioso che temeva di poter rompere e si era ritrovato totalmente impreparato davanti a quella novità. Le mani grandi del cowboy scorrevano sulla sua pelle nuda leggere e ruvide, tracciando sentieri bollenti che lo facevano rabbrividire. Appena smetteva di seguire le proprie dita che disegnavano arabeschi di fuoco sulla sua carne, Sey Pears cercava la sua bocca con la propria, gettando la sua coscienza in un abisso che confondeva i suoi sensi e gli impediva di ragionare. Lo aveva corteggiato, blandendolo e vincendo le sue resistenze una dopo l’altra, trasformando il suo corpo in un ammasso di gelatina vibrante. Non c’era dolore né sopraffazione in quello cha stavano facendo, ma rispetto, amore e mille altri sentimenti che gli stavano bruciando l’anima e per la prima volta Adam si era ritrovato a provare piacere e a cercarne di sua spontanea volontà ancora di più. Si era sentito sciogliere sotto le ondate di calore che si stava irradiando in tutto il suo corpo, come i cerchi d’acqua sul pelo dell’acqua in uno stagno in cui è stato gettato un sasso, e quando tutto era diventato semplicemente troppo per essere trattenuto, Adam si era aggrappato ferocemente alle spalle di Sey Pears, abbrancandogli i fianchi con le abbraccia nel più sensuale degli abbracci e gettando la testa indietro sul cuscino, per gridare tutto il suo piacere.


Sey Pears sollevò la mano e con il dorso delle dita accarezzò la guancia del volto assopito davanti al suo. Le palpebre di Adam fremettero per un attimo a quel contatto, prima di schiudersi e rivelare due iridi verdi dalla bellezza e lucentezza che toglieva il fiato. Il cowboy sorrise davanti quello spettacolo, riuscendo a stento a contenere quel senso di felicità e quiete che lo aveva invaso.


- Tutto bene?- gli chiese in un sussurro, quasi non volesse infrangere l’atmosfera che si era creata tra di loro.


- Sì!- sospirò Adam sulle sue labbra, in cerca di un bacio, mentre con la mano che teneva appoggiata sulla spalla dell’altro uomo, cominciò ad accarezzarlo.


Sey Pears sospirò nella sua bocca, mentre aumentava la stretta attorno alla sua vita e strinse ancora di più contro di sé quel corpo delicato e bellissimo. Quando si allontanarono per respirare, Adam risalì con una carezza in punta di dita dalla spalla al volto del cowboy, fino ad affondare la mano nella massa morbida e ancora umida di sudore dei suoi capelli biondi.


- Cosa farai adesso?- domandò in un bisbiglio, a occhi chiusi per evitare di incrociare il suo sguardo.


Si era donato anima e corpo a quell’uomo, gli aveva dato tutto quello che possedeva senza alcuna remore, ma Adam sapeva benissimo che il suo destino non era lì in quel misero villaggio disperso nel deserto delle Terre Orientali. Per un breve periodo, quella vita semplice avrebbe anche potuto piacergli, ma Sey Pears aveva l’animo del guerriero e l’inattività non avrebbe mai potuto soddisfarlo. Ugualmente Adam non voleva perdere l’uomo che amava, non dopo tutto quello che era riuscito ad assaporare con lui, ma non gli avrebbe mai imposto la sua presenza, se non l’avesse voluto con sé sarebbe rimasto ad attendere il suo ritorno, senza porsi domande e facendosi bastare quei pochi momenti insieme.


- Devo andare via, lo sai. – gli rispose la voce cupa del cowboy – Questo posto non è più sicuro per me. Dopo i Segugi arriveranno altri emissari del Cancello e non sarete più al sicuro come me qui.- chiuse gli occhi e si abbandonò contro il cuscino con un gesto che aveva il sapore della sconfitta.


Adam non rispose, spinse il volto in avanti fino a nasconderlo contro il collo del cowboy e cercò di ignorare quel grumo bollente che gli si era formato nella gola.


- Se ti chiedessi di venire con me, risponderesti di sì?- gli domandò la voce pesante di Sey Pears dopo una lunga pausa di silenzio.


Il ragazzo riaprì gli occhi di scatto, sorpreso per quella proposta totalmente inaspettata. Aveva pensato che lo avrebbe lasciato lì, adducendo come scusa la sua sicurezza, invece quella era la speranza che aveva ritenuto avesse minori speranze di realizzarsi. Il cowboy dovette leggergli in faccia i suoi pensieri, perché un sorriso divertito gli schiuse le labbra.


- L’amore ti rende egoista, Adam. Proteggerti dovrebbe essere il mio primo pensiero, ma tutto quello che so è che non riuscirei a vivere senza di te. So cosa vuol dire perdere la persona amata e non voglio che tutto si ripeta con te!- concluse e avvicinò il volto a quello del ragazzo.


- Non so fare niente.- ribatté il ragazzo, diviso tra la speranza e il timore.


- Va bene.- sorrise dolcemente il cowboy.


- Ti sarei d’intralcio.- insistette ancora il ragazzo.


- Va bene.- rispose ancora l’uomo, sempre con quel sorriso dolce sulle labbra.


- Io…- Adam cominciò a opporre una nuova obiezione, ma un dito di del cowboy premuto sulle labbra lo interruppe.


- Amami. Mi basta soltanto questo.- disse l’uomo in un sussurro basso e intenso.


Adam fece scorrere lo sguardo su quel volto perfetto davanti al suo, in quello sguardo profondo e dolce in cui la luce della luna che penetrava nella stanza dalla finestra aveva sciolto sfumature argentee, su quelle labbra piene e dal taglio sensuale schiuse in un sorriso morbido. Lo guardò per un tempo che parve infinito, scandito solo dal battito impazzito del suo cuore, e avvertì qualcosa di caldo sciogliersi denso dentro il suo petto, una molla scattare dentro di lui. Adam prese il suo volto nella coppa calda dei palmi delle sue mani e lo trascinò verso il suo per un bacio in cui mise tutto ciò che provava per lui, mentre le mani di Sey Pears gli scivolavano attorno al corpo, abbracciandolo in modo ancora più stretto e riprendeva ad accarezzarlo in modo inequivocabile.





Il vento soffiava da mezzogiorno torrido, sollevando granelli di sabbia in piccoli vortici e il sole era una palla di fuoco che tingeva di bianco il cielo tutt’intorno.


Adam sollevò lo sguardo sull’edificio del saloon, il luogo in cui era nato e vissuto fino a quel momento, che aveva visto il suo dolore più profondo accompagnato a brevi sprazzi di serenità e non provò alcun ripianto. Stava abbandonando la vita che aveva sempre vissuto per cominciare un nuovo cammino diverso, ma lo stava facendo accanto alla persone che amava e per questo gli faceva paura.


Suo padre si era rifiutato di salutarlo, non aveva condiviso quella scelta e adesso era dietro al bancone a fare finta che tutto andasse bene. Adam per lui si era sacrificato pagando un prezzo superiore a quanto potesse sopportare e quando gli aveva chiesto di essere felice per la sua felicità si era tirato indietro, e questo gli aveva fatto più male di quanto fosse disposto ad ammettere.


- Andiamo?- la voce dolce di Sey Pears accanto a lui, lo riscosse dalle sue riflessioni.


Adam si girò a guardarlo, assaporando la sua figura imponente e solida stagliarsi contro il cielo azzurrissimo di metà mattina, il suo sguardo dolce e protettivo in quegli occhi che l’ombra della tesa del cappello aveva scurito in un blu scuro, quel sorriso morbido che gli faceva venire voglia di baciarlo ancora e ancora.


- Andiamo.- annuì con un sorriso convinto.


Accanto al cowboy, Adam mosse il primo passo nella sabbia verso quel futuro nuovo ed esaltante che lo stava aspettando. Era consapevole che non sarebbe stato sempre facile, ma per quell’uomo forte e gentile che lo aveva salvato dal baratro era un prezzo che avrebbe pagato più che volentieri.
 
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12 replies since 18/5/2011, 11:57   139 views
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