Holier Than Thou, Originale; Storico

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SignorinaEffe87
view post Posted on 26/5/2011, 09:29




Nick Autrice: SignorinaEffe87
Titolo: Holier Than Thou
Titolo Capitolo: Act One; Filth And Wisdom
Fandom: Originali > Storico (da prendere *molto* con le pinze)
Rating: Rosso
Genere: Introspettivo; Drammatico; P0rn Erotico (l'importante è crederci... XD)
Avvertimenti: Slash; Angst; (Linguaggio Aulico); Sesso esplicito, anche dub-con e non-con; Comportamenti poco edificanti da parte di alcuni membri della gerarchia ecclesiastica.
Vivamente sconsigliata a chiunque possa ritenersi offeso dagli argomenti sopracitati.
OST: Hole, "Celebrity Skin" (citazioni in calce ad ogni capitolo).
Se non l'avete mai sentita, vergognatevi ascoltatela ora; il link è nelle note finali.
Il titolo, invece, è tratto dall'omonima canzone dei Metallica.
Disclaimer: I personaggi sono tutti maggiorenni, (ir)responsabili delle loro azioni e frutto della mia immaginazione, pertanto di mia esclusiva proprietà.
Qualsiasi riferimento a fatti o persone realmente esistenti, dove non esplicitamente dichiarato, è pertanto da reputarsi del tutto casuale ed indipendente dalla volontà della sottoscritta.
Contesto: La storia è ambientata nella Roma papalina del XVII secolo, nello specifico negli anni 1600-1601.
Ho ridotto all'osso le ricerche storiche, che per una pignola come me avrebbero richiesto come minimo sei mesi di lavoro extra; tuttavia, spero di non aver commesso comunque svarioni colossali e imbarazzanti.
*Sottinteso: se li notate, segnalateli, pena la morte!*
Trama: "(…) Il Cardinal Carafa perpetra i suoi crimini fra le mute pareti compiacenti dei vostri sfarzosi palazzi. Il tuo peccato è fisso in una cornice, eternato nelle sue vivide tinte, deposto in un luogo sacro, offerto agli sguardi di tutti. E ancora credi, esigi e preghi di essere più santo di lui?"
Note preliminari dell'autrice: La mia prima NC17, OMG! *Seguono altri farfugliamenti privi di costrutto*.
Aehm, le note, quelle vere e necessarie, sono a fine capitolo… ^^"



Act One
Filth And Wisdom

"Beautiful garbage, beautiful dresses
Can you stand up
Or will you just fall down?"




Non c'erano dubbi in proposito, il Muto era il miglior amante che il Cardinal Bibliotecario Sigismondo Carafa avesse mai accolto fra le proprie lenzuola.
Benché fosse glabro e spigoloso come una pianta di cardo, era capace di sprigionare una sensualità prorompente, di cui era deliziosamente inconsapevole. O, forse, si limitava a recitare quella parte in maniera impeccabile, perché aveva intuito quanto il candore, reale o presunto che fosse, attraesse il suo signore.
Per essere una povera, sfortunata cosa menomata dalla nascita, Sigismondo sospettava che il Muto fosse meno ritardato di molte persone sane di sua conoscenza.

Persino in quel momento era irresistibile, le membra sciolte dal sonno, il corpo nudo mollemente riverso sui cuscini, alla stregua di un ninfo di marmo colto dall'artista nell'attimo del riposo, le cosce impudicamente dischiuse e il sesso rigoglioso offerto, quasi fosse la sola virtù che avesse da portare in dono.
Il cardinale lo aveva posseduto a lungo, quella notte, con vigorosa inclemenza, fino a sfinirlo. Si potevano ancora leggere i segni della sua irruenza ferina, nelle ombre cremisi che sporcavano l'alabastro altrimenti intatto della pelle del Muto, laddove i denti avevano infierito sulla carne, paghi di mescolare il dolce nettare del piacere all'amaro fiele del dolore, per marchiare a vivo quel suo bellissimo trastullo, affinché tutti sapessero chi ne fosse il padrone e non avessero l'ardire di sottrarglielo.

Non avrebbe mai dimenticato la prima volta in cui lo aveva incontrato, allora solo con un'occhiata distratta, durante un ricevimento a Palazzo Madama.
Il Muto se ne stava in un angolo in penombra, a strimpellare il liuto con sguardo vacuo, infagottato in un farsetto cascante che doveva aver ereditato da un fratello ben più aitante. Come se volesse nascondere all'attenzione dei presenti il proprio fascino di onice e avorio, la seduttività prepotente del proprio corpo senza tempo, fuori dal tempo, alla stregua di una divinità greca fatta di carne viva, invece che di fredda pietra.
Solo quando restò inchiodato alla sua figura, incapace di distogliere lo sguardo, Sigismondo comprese davvero il significato della parola tentazione: un desiderio torrido, intestino, insopprimibile, che lo avvelenò dalle viscere al cervello. A stento seppe tenerlo a bada.

Voleva intrappolarlo tra la gelida parete e il calore del proprio corpo, ribollente di cupidigia, lacerargli i vestiti con la cecità brutale di una bestia feroce, azzannare la sua bocca fino a far affiorare il sangue alle sue labbra pallide. E poi scendere, lungo i sentieri proibiti del suo addome piatto e dei suoi fianchi stretti, a suggere il seme che lo avrebbe costretto a versare. E infine sottometterlo, violarlo, averlo, senza pietà e senza risparmio, finché non lo avesse annientato o avesse perso lui stesso la ragione contro il suo corpo inerme e desiderabile.

Invece, resistette all'impulso elementare di dominio, almeno fino a quando non fu in grado di attirarlo nella solitudine minacciosa di una stanza vuota. Allora, lo sospinse sul pavimento, incurante dei suoi mugugni spezzati e privi di senso, e iniziò a dimenarsi dentro di lui, lacerando le sue carni vergini in un rivolo di sangue, che gli imbrattò l'abito talare e impresse a vivide tinte il suo misfatto, perpetrato contro una creatura senza scampo.
Lo guardò fugacemente negli occhi, mentre lo prendeva, e vi lesse una tristezza tanto violenta da contrargli lo stomaco, in un sussulto di nausea e paura.
Da quel momento in poi, contare le efelidi che gli punteggiavano il volto divenne un valido espediente per sottrarsi all'incrocio degli sguardi, ogni volta in cui lo possedeva, per sentirsi più onnipotente e meno colpevole.

Si pentì di essere stato tanto animalesco nei suoi confronti, durante quel primo amplesso, preoccupato al pensiero di essere costretto a rifarlo, per piegare la sua eventuale ritrosia terrorizzata.
Invece, la notte seguente, senza neppur dover spedire un galoppino a prelevarlo nella tana per topi di Trastevere in cui viveva durante il giorno, se lo ritrovò nel letto, già nudo come una sgualdrina iscaltrita e disposto ad assecondarlo alla maniera di un cagnolino ammaestrato.
Percepì un languore pungente in fondo alla gola, al pensiero del sollievo insensato di un parente a pancia vuota, che aveva trovato finalmente il modo di trarre profitto da quel giovane, toccato dalla mano castigatrice di Dio ancor prima di poter peccare. Durò i pochi istanti che impiegò per andare dalla porta alle sue braccia.

Da allora, se lo era portato nei suoi appartamenti in qualità di valletto, del tutto impermeabile alle critiche dei colleghi, i quali gli intimavano di cacciare l'efebo demoniaco dalla sua vita, per poi macchiarsi loro stessi di perversioni ancor più inconfessabili con le donnette del popolino o le cortigiane ingioiellate.
Molti di loro portavano la tonaca alla stregua di una divisa e avevano preso i voti invece di impugnare una spada, il solo viatico a disposizione di un figlio cadetto per accaparrarsi ricchezza e potere, e lui, ultimo di tre figli maschi, non era esente da questa scappatoia.
Riducevano la fede ad una serie preordinata di vuoti atti circostanziali, ad un'accozzaglia stordente di paternoster, gloria e requiem biascicati a pappagallo nel loro latino dozzinale.
Reputava la loro ipocrisia di facciata di gran lunga più riprovevole delle proprie sudicie inclinazioni sodomite.

Non che non ci avesse mai provato, a farsi andar bene una donna, meno appariscente e non contro natura, ma si era trattato di un'esperienza pessima.
Una bestiolina riccioluta e ammiccante come un cherubino ebete di un emulo senz'arte del Sanzio, che si era messa a strillare quando le aveva addentato un seno, nemmeno avesse cercato di aprirle le vene con un coltello. E poi era bagnata, vischiosa come un fiore marcescente, in cui si era rifiutato di infilare la propria virilità; non aveva smesso un istante di guaire, peggio di una cagna in fregola, mentre esplorava la sua natura umida in punta di dita.
Niente a che vedere con il Muto, che al massimo emetteva qualche gorgoglio inintelligibile, mentre accoglieva a gambe divaricate il suo membro affamato, e quando veniva morso o graffiato, non esigeva in cambio nulla più di un bacio, con un battito delle morbide ciglia arcuate.

Lo possedette un'ultima volta, con un sommario sguardo bramoso, prima di chiuderlo a chiave nella stanza e uscire a sgranchirsi le gambe, nel cortile. Era una tiepida notte di maggio, un aroma dolciastro di rose in boccio impregnava l'aria con la medesima, soffocante tenacia dell'incenso di poco valore; s'illuse di essere la sola anima errante, in quella quiete perfetta.

"Avete l'aria soddisfatta del gatto sazio, Carafa: il vostro nuovo amasio deve essere davvero portentoso come si vocifera, se è riuscito a conquistare un puttaniere intransigente come voi."

Qualsiasi altra persona avesse osato apostrofarlo con simili parole non avrebbe avuto tempo di vantarsi in pubblico della propria temerarietà, prima che il sangue sgorgante dalla sua gola recisa tingesse di rosso i petali bianchi del roseto pensile.
La Rosa Bianca per eccellenza, invece, poteva permettersi questo e altro ancora.

"Ippolito Passeri, non è pericoloso per uno storpio andare in giro solo, nottetempo?" lo apostrofò in maniera malevola, senza curarsi troppo dell'etichetta, che gli avrebbe imposto almeno di evitare riferimenti espliciti alla menomazione dell'ospite.

"Dimenticate che per me è sempre notte, Carafa."

La figura dinoccolata dell'uomo si bagnava nel pallore perlaceo della luna piena, glauco come i suoi occhi senza luce.
Nessuno riusciva a sostenere a lungo la vista delle sue orbite fisse, quelle iridi grigie come uno sterile mare d'inverno, animate solo dalla spietata lucentezza argentea dello specchio, che restituisce ogni dettaglio di ciò che riflette, anche quello che non si vorrebbe vedere. Perché essere cieco, per il nipote bastardo del Pontefice, non significava non vedere quanto, e più, degli altri.

"Immagino siate felice di aver trovato l'amante perfetto: un muto non vi contraddice quando pontificate in vanagloria, non si lamenta se lo disprezzate, non urla se ne abusate…" insistette Ippolito, con quella sua inflessione cantilenante.
Era nota a chiunque frequentasse assiduamente la Biblioteca Vaticana, dove istruiva la sua prodigiosa memoria a ricordare i libri che il valletto Tullio soleva leggergli, con la dedizione di una madre o, così volevano le malelingue, la sollecitudine di un amante.

Correvano svariate voci sul perché Sua Santità fosse tanto affezionato a quel nipote illegittimo, che si diceva fosse diventato cieco in tenera età per aver salvato lo zio naturale da un tentativo di avvelenamento. Come tutti i pettegolezzi, erano un inestricabile groviglio di verità e menzogna in parti uguali: restava il fatto, incontrovertibile, che Ippolito Passeri, laico e storpio, fosse uno dei personaggi più influenti della Famiglia Pontificia e soltanto gli stolti ancora si domandavano in nome di quali meriti.
A dispetto della propria cecità, o forse proprio grazie ad essa, quell'uomo era la spia più affidabile e solerte che il Santo Padre potesse sguinzagliare nella Curia romana.

"La vostra insolenza è intollerabile" sibilò Sigismondo, di rimando. "Essere il fratello bastardo del padrone di casa non vi autorizza a impicciarvi della mia condotta privata. E tantomeno a sputare sentenze moraleggianti, voi non siete affatto migliore di me."

Moriva dalla voglia di stringere le mani attorno a quel collo flessuoso, e stringere ancora, stringere in preda al nero astio avvelenato fino a non avvertire più vita e ragione pulsare sotto la pelle.
Era impensabile che un individuo altrimenti così anonimo, sempre immerso nella polvere della biblioteca di cui sembrava essere un inservibile ospite, acquattato in disparte ovunque si stesse tenendo un discorso compromettente, potesse risvegliare in lui sentimenti tanto violenti.

Aveva imparato a sopportare il suo discreto aleggiare, le sue acute osservazioni, buttate lì con falsa noncuranza come giudizi trancianti, il suo essere tre mosse avanti rispetto all'avversario o all'interlocutore, alla stregua di una perenne partita a scacchi, ma non quel suo mostrargli senza sconti l'immagine di un peccatore impenitente, quasi fiero della propria perdizione.
I libri prediletti di Ippolito erano gli animi umani, i soli che non necessitassero della vista per essere letti, e lui detestava essere tanto nudo, tanto disgustosamente vulnerabile dinanzi a un debole.

Incurante delle accuse, dal momento che doveva aver imparato, con gli anni, a lasciarsene scivolare di dosso di ben più crudeli, Ippolito riprese, in tono pacato, seppur algido: "Quando vi stancherete di giocare con le bambole, Carafa?
Perché quella creaturina menomata non è nient'altro che un giocattolo con l'anima, che potete usare, spezzare e buttar via a piacimento, senza che ciò implichi il benché minimo coinvolgimento sentimentale, da parte vostra…"

Era la limpida, dannata verità, ma uscita dalla sua bocca, formulata dalla sua voce, lo morse nel profondo, al centro esatto di quel grumo di emozioni incontrollabili in cui sospettava di avere, ancora, un'anima.

Gli balzò addosso con un ululato belluino, ma neppure il beniamino cieco del Papa s'illudeva di poter sopravvivere ignorando i fondamentali sul modo in cui evitare uno scontro fisico. Ippolito si scostò all'ultimo, come se fosse in grado di vedere, e lo colpì con il pugno chiuso al centro della schiena, mandandolo a ruzzolare nell'ignominia e nel bel mezzo di un cespuglio di rose.
Ferito più che altro nel proprio immane orgoglio, Sigismondo rifiutò la mano tesa che voleva aiutarlo a rimettersi in piedi. Un fremito doloroso gli attraversò il volto, un liquido caldo, dall'odore ferroso e inconfondibile, gli impregnò la guancia, dove le spine lo avevano graffiato.

In quell'attimo, avvertì, lievi come il solletichio di una piuma, le dita di Ippolito solcargli il taglio, indulgere sulla ferita fino ad impregnarsi di sangue. Lo vide portarsele alle labbra, per assaporarle con la voluttà disinvolta con cui un bambino succhia il latte della madre o il succo di un frutto maturo.
Una fitta codarda lo colse al basso ventre, laddove la virilità sollecitata premeva rudemente contro la stoffa tesa degli abiti; la maschera di repulsione e disprezzo andò in frantumi, con un sinistro tintinnio di sconfitta che risuonò nel silenzio greve calato fra loro.

Desiderava Ippolito, il cieco lettore di anime, il bastardo pontificio, con la voracità insaziabile e frustrante di ciò che si brama, pur sapendo che non lo si potrà mai ottenere. Quell'uomo lo attraeva con il fascino inesplicabile della torre d'avorio, della vergine orgogliosa, entrambe inespugnabili.
E non avrebbe potuto possederlo con la forza, violandolo sull'erba o in una stanza deserta come aveva fatto a tanti, prima del Muto, di cui si era affrettato a dimenticare fattezze e nomi. Perché nel medesimo istante in cui avesse dominato la sua carne, avrebbe perduto irrimediabilmente la sua anima, e lui voleva tutto.
Voleva che fosse il suo amante, di schiavi di letto ne aveva a sufficienza.

"Questo è tutto ciò che avrete da me, Carafa: sofferenza, compassione e rifiuto" fu il laconico congedo di Ippolito, al sicuro dietro le spine del proprio contegno sdegnoso, al riparo nella muta inespressività dei propri occhi morti, tanto lontano dai tormenti terreni quanto un essere angelico.
Sigismondo fuggì via da lui a capo chino, come un fanciullo arrabbiato, incapace di combattere con le sue stesse armi.

Questo è tutto ciò che avrete da me: sofferenza, compassione e rifiuto.

Piombò sul Muto che ancora dormiva, lo rovesciò prono sulle coltri sfatte e lo montò alla maniera delle bestie, le unghie conficcate nelle spalle e le ginocchia a serrare i fianchi.

Questo è tutto ciò che avrete da me: sofferenza, compassione e rifiuto.

Ignorò i suoi flebili gemiti smozzicati, concentrandosi solo sull'atto di quella vergognosa, totale sopraffazione, che poteva imporre unicamente ad un surrogato docile e minorato del reale oggetto del suo struggente desiderio.

Questo è tutto ciò che avrete da me: sofferenza, compassione e rifiuto.

"Ippolito…"

Un nome come una preghiera o una bestemmia, entrambe blasfeme, che affiorò alle sue labbra riarse dal piacere in un ansito strozzato, mentre socchiudeva le palpebre e immaginava che fosse del cieco il corpo che si dimenava nella sua stretta, la carne che pulsava contro il suo membro eretto, la pelle accaldata che impregnò di sudore e eccitazione salmastra, in un ultimo colpo di reni inflitto con il vigore incattivito del fendente mortale.


§§§





"Tullio, rileggimi quel passo."

"Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro" scandì la voce del valletto, profonda e pulita, l'acciottolio placido di un ruscello tra gli alberi.

Solo quando ebbe finito, quando il silenzio uniforme riprese a braccetto l'oscurità sconfinata che era il suo territorio, Ippolito si accorse di aver conficcato a viva forza un'unghia nel legno del bracciolo della sedia. Sperò di non essersi ferito fisicamente tanto quanto il dolore che gli sferzò i nervi faceva sospettare, anche se, in fondo, se lo sarebbe meritato.

"È tutta colpa di quell'uomo spregevole" sentenziò allora Tullio, il tono solitamente calmo increspato da un'avversione a malapena repressa, che lasciava indovinare i giudizi poco onorevoli che avrebbe volentieri espresso riguardo al Cardinal Bibliotecario, se solo non si fosse trovato in presenza del proprio signore.
"La sua condotta dissoluta pregiudica la rispettabilità e la serenità di questa dimora; dovreste sollecitare vostro fratello ad allontanarlo da palazzo, prima che combini qualcosa di irreparabile…"

"Non ho intenzione di abusare del mio ruolo per convincere Cinzio a fare qualcosa che cozza contro la sua volontà" ribatté Ippolito, con la blanda severità che si adopera per rimettere al proprio posto un cucciolo troppo irruente o un bimbo troppo vivace.
"I peccati del Cardinal Carafa competono soltanto alla sua coscienza, al suo confessore e a Dio. E poi, ritengo sia molto più prudente averlo qui tra queste mura, dove ci è possibile sorvegliarlo da vicino e senza esporci."

Al contrario di svariati altri personaggi che gravitavano presso la Corte Pontificia, Sigismondo Carafa non nutriva ambizioni pericolose, all'infuori di trascinare nel proprio letto ogni singolo efebo di bell'aspetto che riuscisse a procacciarsi nei vicoletti luridi di Trastevere.
Per quanto ciò non costituisse per nulla una giustificazione al suo comportamento indegno, Ippolito restava convinto del fatto che ci fossero prelati che indulgevano in crimini ben più gravi, soltanto erano abbastanza accorti da non ostentarli.

Su questo non sbagliava: io non sono affatto migliore di lui, anche se recitare una simile parte lusinga la smisurata considerazione che ho di me.

"Perdonatemi se non posseggo la vostra lungimiranza, signorino. Riuscirò mai a cavarvi una cattiveria di bocca, prima o poi?" capitolò il valletto in tono umile, dopo che gli venne tacitamente rammentato quale fosse il suo posto.

Assisti alla mia prossima rissa da bassifondi putridi con Carafa e lo scoprirai, mio buon amico.

Il Cardinal Bibliotecario si era rivelato essere uno di quei rari individui capaci di far emergere la parte più meschina del suo carattere, altrimenti cordiale ai limiti dell'affettazione.
Ippolito preferiva distillare al minimo l'uso del sarcasmo, forse la sua unica arma di offesa; lo considerava alla stregua di un farmaco, medicina nella dose esatta, veleno in caso di eccesso.

Stirò le labbra in quello che voleva apparire come un sorriso indulgente, mentre punzecchiava il servitore: "Unicamente quando la smetterai di chiamarmi signorino, come se non fosse trascorso un giorno dal momento in cui lo zio mi affidò a te, ormai molti anni fa."

Il proprio incarico lo costringeva a sondare il lato più torbido degli esseri umani, pertanto aveva finito per coltivare, per contro, la fallace speranza che in ognuno di essi ci fosse, almeno, un briciolo inespresso e represso di bontà, laddove neanche il suo acume poteva giungere. Tuttavia, preferiva non confessare questa debolezza puerile al proprio fedele valletto.
Dopotutto, aveva evitato di confessare ben di peggio, e non soltanto al benevolo Tullio.

"Allora sarà un giorno mesto per tutti noi, poiché sarò morto e voi deporrete fiori sulla mia tomba, signorino" scherzò di rimando l'altro, prima di ritornare serio con un sussiegoso colpetto di tosse: "Non esitate a chiamarmi, qualora quella canaglia senza scrupoli si permettesse di infastidirvi…"

Credo che abbia già osato molto di più, mio caro compagno, e se si è trattenuto, è solo perché io sembro così irraggiungibile e così protetto. Sembro, ma, purtroppo, non lo sono quanto dovrei e vorrei.

Benché sapesse per esperienza quanto le espressioni balenanti sul suo viso risultassero indecifrabili ai più, Ippolito preferì non correre il rischio con l'uomo che lo conosceva meglio del palmo della propria mano, perciò si affrettò a dissimulare scherzosamente: "Credevo di avere un valletto lettore e mi ritrovo un paladino… Frena il tuo ardore, Tullio, la mia virtù è al sicuro."

Al sicuro quanto può esserlo qualcosa che si è irrimediabilmente perduto.

"Queste tue premure parentali nei miei confronti rischiano di porci in una situazione compromettente" soggiunse, al corrente del livello di intimità loro attribuito dal perfido, inarrestabile chiacchiericcio dell'intera corte.
Evidentemente, la scelta di restare entrambi celibi suonava quantomeno bizzarra ai loro orecchi avidi di scandali, reali o supposti che fossero, persino per quanti quel requisito lo avevano accluso al loro giuramento, nel giorno in cui avevano preso i voti.

"Non mi curo troppo del brusio degli insetti, sapete bene che spettegolare come vecchie comari è una delle occupazioni più innocenti, in questo posto…"
Tullio liquidò sbrigativamente quell'obiezione, non senza concedersi una breve critica aspra sui costumi della corte. Nonostante la devozione al proprio signore e la cultura acquisita nel corso degli anni al suo servizio, restava vivida e feroce in lui l'incomprensione ostile per un mondo cui non apparteneva e che neppure si dimostrava impaziente di accoglierlo, se non in qualità di servo.

"La mia occupazione non mi permette di fare altrettanto" concluse Ippolito, enfatizzando di proposito la stanchezza che trapelava dalle proprie parole. "Ora, se non ti dispiace, desidererei rimanere solo."

Dal giorno fatale in cui la tenebra era prepotentemente divenuta la sua assillante compagna di vita, Ippolito aveva imposto ai sensi ancora funzionanti, intelletto incluso, di sopperire alla vista perduta.

Come era accaduto per Didimo il Cieco prima di lui, il Signore gli aveva elargito il dono, preziosissimo, di una memoria fuori del comune, di cui non aveva esitato a servirsi per sconfiggere con le lettere il proprio stato di minorità permanente.

Aveva imparato anche a sfruttare la scarsa considerazione che la maggior parte delle persone nutriva nei suoi confronti, un miscuglio di ribrezzo e senso di colpa, continuamente oscillante fra il compassionevole e lo sprezzante.
Essere irrilevante come la polvere sui loro mobili, un'ombra fra le ombre delle loro sterminate dimore, un monito da fissare con paura e disgusto per dimenticarsene appena distolto lo sguardo, gli aveva permesso d'insinuarsi negli ingranaggi più impensati delle trame che si tessevano nella Curia, affinché il Santo Padre ne fosse costantemente informato.

Infine, aveva imparato a sfogliare gli animi come fossero libri, associando reazioni ed emozioni a percezioni ormai proibite ai suoi occhi, ma non alla sua mente.
Così, la sfrontata lussuria di Sigismondo Carafa, qualche notte fa, aveva assunto per lui il sapore pungente del sangue e la stucchevole dolcezza delle rose in fiore.
In quel momento, invece, l'imbarazzo cocente che Tullio stava disperatamente cercando di nascondergli, invano, gl'invase le narici acre come odore di bruciato.

"Parla" gl'intimò, pregando che la voce gli uscisse fredda, piuttosto che incrinata quant'era.

"Ho visto il quadro, signorino."

Si sentì mancare la terra sotto i piedi, che per un cieco significava smarrire l'unico punto di riferimento rimastogli. Soltanto un'altra persona, con parole differenti, era stata capace di annientare a tal punto il suo dominio di sé, una persona di cui non voleva ricordare né la voce, né il profumo, né il tocco.
Né ora, né mai.

"La somiglianza è notevole… Oserei dire sconcertante" ammise Tullio, in un balbettio contrito.

Ippolito non nutriva il benché minimo dubbio, in proposito.
Essere un discutibile essere umano, un impudente gavazzatore e un iroso attaccabrighe non aveva mai fatto di un uomo un artista tanto talentuoso.
O una tentazione tanto irresistibile.

Sapevo a cosa andavo incontro, quando ho corso il rischio.
Quando ho barattato la mia anima in cambio dell'eternità.
Quando ho peccato.


Al di sopra della propria confusione mentale, Ippolito percepì un debole fruscio; senza dubbio, il suo valletto si stava torcendo nervosamente le mani, indeciso su quali parole adoperare per disincagliarsi da quella conversazione scomoda.
Pur con tutta l'accortezza che avesse impiegato, sarebbero suonate comunque sbagliate.

"Mi stupisco che ancora nessuno ne abbia parlato."

"Perché io sono il solo che vede ogni cosa, anche le meno desiderabili, pur senza guardare davvero. Se dovessero circolare delle voci, non te ne curare più delle altre."

Allora, Ippolito si diresse a passo lento verso la porta, tastandogli appena la spalla in un cenno amichevole, che lo togliesse d'impiccio: "Resta pure qui, c'è un posto in cui devo andare. Da solo."



To Be Continued...





Note:

1) Il Cardinal Bibliotecario è il titolo conferito al prelato sovrintendente della Biblioteca Vaticana.
2) Palazzo Madama è l'omonimo edificio esistente tutt'ora a Roma; di proprietà dei Borbone, ospitò il pittore Caravaggio e uno dei suoi protettori capitolini, il cardinal Francesco Maria del Monte. La storia ha invece luogo a Palazzo Aldobrandini, ora Palazzo Chigi.
3) Il Pontefice, zio acquisito di Ippolito, è Clemente VIII, Cardinale Ippolito Aldobrandini; il fratellastro Cinzio qui citato è, dunque, il Cardinale Cinzio Passeri Aldobrandini Personeni, imparentato con il pontefice per parte di madre.
4) La Famiglia Pontificia è costituita da tutte le persone, laici o prelati, che assistono il Papa nell'espletamento delle proprie funzioni in qualità di capo di Stato, quindi sul versante delle questioni temporali.
5) Il passo letto da Tullio è tratto dalla Bibbia, per la precisione Levitico 20, 13.
6) Didimo il Cieco fu un teologo, catecheta ed eremita del IV secolo, ed è annoverato fra i Padri della Chiesa minori.

Link alla canzone utilizzata, con testo

Edited by SignorinaEffe87 - 27/5/2011, 09:00
 
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NonnaPapera!
view post Posted on 26/5/2011, 10:36




Evviva *-* L'hai postata :D
Bene sappi che per ora il personaggio che mi incuriosisce maggiormente è ovvimanete Ippolito. Soprattutto l'ultima chiaccherata che si fa con Tulio... riguardo a quel quadro compromettente e misterioso O.O sono curiosissima di capire cosa c'è sotto.
Per ora il Cardinal Carafa, mi da solo l'idea del vecchio viscido bastardo è.é però anche lui devo ammettere che è un persoanggio contorto. Molto meno falso di altri suoi colleghi, lui non si nasconde, anche se ancora non ho capito se lo fa per pigrizia, per senso di sfida nei confronti della Chiesa o per cos'altro.
Spero che più o meno, relativamente presto arrivi anche il secondo capitolo :D
 
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SignorinaEffe87
view post Posted on 26/5/2011, 10:43




CITAZIONE (NonnaPapera! @ 26/5/2011, 11:36) 
Bene sappi che per ora il personaggio che mi incuriosisce maggiormente è ovvimanete Ippolito. Soprattutto l'ultima chiaccherata che si fa con Tulio... riguardo a quel quadro compromettente e misterioso O.O sono curiosissima di capire cosa c'è sotto.
Per ora il Cardinal Carafa, mi da solo l'idea del vecchio viscido bastardo è.é però anche lui devo ammettere che è un persoanggio contorto. Molto meno falso di altri suoi colleghi, lui non si nasconde, anche se ancora non ho capito se lo fa per pigrizia, per senso di sfida nei confronti della Chiesa o per cos'altro.
Spero che più o meno, relativamente presto arrivi anche il secondo capitolo :D

Alors, quando verrà svelato il mistero del quadro temo sarò presa a pesci in faccia... :look:
O magari esaltata per la mia perfida sottogliezza *leggi: bastardaggine*... :sadi:

Il Cardinal Carafa sarà il grande assente del prossimo atto, Ippolito esige spazio! :sisi:
Oh, ed è solo viscido e bastardo, non vecchio! Lui e Ippolito sono praticamente coetanei (poco oltre la trentina). XD
 
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NonnaPapera!
view post Posted on 26/5/2011, 11:46




Ah -.-'
in effeti ai tempi si divnetava Cardinali molto giovani... era come scalare le gerarchie dell'esercito. sono io che me lo sono immaginato vecchio per via del ruolo che riveste all'interno della chiesa .-. pardon :D
 
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minvial
view post Posted on 26/5/2011, 13:22




che bello questo racconto!mi piace il modo in cui è scritto e anche l'amientazione è molto particolare!che tenerezza il povero ragazzo muto!mi è venuto un mal di pancino mentre l'altro lo violentava...però è molto bello e non vedo l'ora di leggere il seguito!XD
 
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Aborted_666
view post Posted on 26/5/2011, 14:04




Dunque, ho bisogno di organizzare le idee. Prima di passare alla vera e propria recensione, vorrei dirti che adotti uno stile che io stessa tento di emulare, ma con scarsi risultati. Insomma, mi piace da morire il tuo modo di scrivere, compresa l'aggettivazione alle stelle, che da tutto un altro sapore alla narrazione.
Per quanto riguarda il racconto, posso solo dirti che lo trovo brillante - trovo che sia l'unico aggettivo che possa rendere al meglio quello che penso -.
L'ambientazione, prima di tutto, è senza ombra di dubbio intrigante. Il tuo modo di trattarla lo è ancora di più. E' incredibile l'atmosfera che hai creato, perfetta - soprattutto per l'attenzione quasi maniacale ai dettagli storici -. E' incredibilmente concreta e per questo risulta oltre modo pungente, soprattutto per le tematiche trattate (io amo tutto ciò che è sacrilego, mannaggialclero!).
I personaggi sono incredibili. Le caratterizzazioni risultano limpide, ma al tempo stesso deliziosamente chiaroscurate: è facile inquadrare il personaggio, tuttavia sfugge ancora alla comprensione. Più che verosimili sono anche i dialoghi, impreziositi da un linguaggio che, pur sembrando un po' ostentato, è di un'efficacia sorprendente.
Beh, posso solo dire che attendo il seguito con impazienza, dato che il finale del primo capitolo mi ha incuriosita tantissimo °O°!
 
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SignorinaEffe87
view post Posted on 26/5/2011, 19:34




CITAZIONE (NonnaPapera! @ 26/5/2011, 12:46)
Ah -.-'
in effeti ai tempi si divnetava Cardinali molto giovani... era come scalare le gerarchie dell'esercito. sono io che me lo sono immaginato vecchio per via del ruolo che riveste all'interno della chiesa .-. pardon :D

In effetti, l'errore ci sta, visto che io sono così parca riguardo ai dettagli fisici dei miei personaggi. :sisi:

CITAZIONE (minvial @ 26/5/2011, 14:22)
che bello questo racconto!mi piace il modo in cui è scritto e anche l'amientazione è molto particolare!che tenerezza il povero ragazzo muto!mi è venuto un mal di pancino mentre l'altro lo violentava...però è molto bello e non vedo l'ora di leggere il seguito!XD

Grazie!
Quella scena ha messo i brividi anche a me, mentre la scrivevo... :cry:

CITAZIONE (Aborted_666 @ 26/5/2011, 15:04)
Dunque, ho bisogno di organizzare le idee. Prima di passare alla vera e propria recensione, vorrei dirti che adotti uno stile che io stessa tento di emulare, ma con scarsi risultati. Insomma, mi piace da morire il tuo modo di scrivere, compresa l'aggettivazione alle stelle, che da tutto un altro sapore alla narrazione.
Per quanto riguarda il racconto, posso solo dirti che lo trovo brillante - trovo che sia l'unico aggettivo che possa rendere al meglio quello che penso -.
L'ambientazione, prima di tutto, è senza ombra di dubbio intrigante. Il tuo modo di trattarla lo è ancora di più. E' incredibile l'atmosfera che hai creato, perfetta - soprattutto per l'attenzione quasi maniacale ai dettagli storici -. E' incredibilmente concreta e per questo risulta oltre modo pungente, soprattutto per le tematiche trattate (io amo tutto ciò che è sacrilego, mannaggialclero!).
I personaggi sono incredibili. Le caratterizzazioni risultano limpide, ma al tempo stesso deliziosamente chiaroscurate: è facile inquadrare il personaggio, tuttavia sfugge ancora alla comprensione. Più che verosimili sono anche i dialoghi, impreziositi da un linguaggio che, pur sembrando un po' ostentato, è di un'efficacia sorprendente.
Beh, posso solo dire che attendo il seguito con impazienza, dato che il finale del primo capitolo mi ha incuriosita tantissimo °O°!

Ok, ripeto quanto mi inquieti avere tutta questa aspettativa su di me... :omg:
Grazie, di cuore, perché sono stata accusata spesso di usare uno stile tanto barocco da pregiudicare la comprensione della vicenda. Qui, ovviamente, l'ho esasperato ulteriormente per adattarmi allo spirito dell'epoca, però tendenzialmente quello è (con qualche parola aulica in meno).
L'attenzione maniacale ai dettagli storici è frutto della mia innata pignoleria; come ho già detto, mi ci sarebbero voluti almeno sei mesi di sole ricerche, però sono anche una malefica accidiosa, quindi controllo solo quanto potrebbe risultare problematico.
Beh, sì, i personaggi sono ancora solo abbozzati, nei prossimi due atti si spiegheranno molte cose. A scanso di folgorazioni improvvise, la storia consisterà di tre parti... Ma tre parti molto corpose!^^

Grazie ancora a tutte, ora fuggo a lavorare per voi! :asd:

 
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Lady Aika
view post Posted on 26/5/2011, 21:09




Carissima ^^
Finalmente leggo qualcosa di tuo ^^
Beh, che dire? La storia mi incuriosisce molto. Anche se dici di non aver fatto troppe ricerche storiche, l'ambiente mi sembra ben delineato, quindi complimenti u.ù
Povero Muto. Ma tipo il suo ruolo è stare lì a subire violenze? Mi fa troppa tenerezza ç_ç Più o meno hai idea della sua età?
In effetti il Cardinale lo immagino vecchio anche io O_O nonostante sì, all'epoca diventassero cardinali molto giovani.
Nulla, la storia promette benissimo u.ù Intrighi, lemon... Non farci attendere troppo il secondo capitolo :)
 
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SignorinaEffe87
view post Posted on 26/5/2011, 21:20




CITAZIONE (Lady Aika @ 26/5/2011, 22:09) 
Carissima ^^
Finalmente leggo qualcosa di tuo ^^
Beh, che dire? La storia mi incuriosisce molto. Anche se dici di non aver fatto troppe ricerche storiche, l'ambiente mi sembra ben delineato, quindi complimenti u.ù
Povero Muto. Ma tipo il suo ruolo è stare lì a subire violenze? Mi fa troppa tenerezza ç_ç Più o meno hai idea della sua età?
In effetti il Cardinale lo immagino vecchio anche io O_O nonostante sì, all'epoca diventassero cardinali molto giovani.
Nulla, la storia promette benissimo u.ù Intrighi, lemon... Non farci attendere troppo il secondo capitolo :)

:omg:
Perdonami, ma qui è di default; cioè, è come se Lucarelli mi facesse i complimenti per un racconto noir!

Essendo la storia incentrata prevalentemente su Ippolito (il mio solito protagonista segamentalizzatore nato tormentato), il Muto avrà uno spazio ridotto, ma decisivo. *Silenzio spolier*

Il Muto è abbastanza vecchio da essere maggiorenne e abbastanza giovane da essere probabilmente il personaggio più aderente allo stereotipo dell'uke mai uscito dalla mia tastiera/penna.
Nel caso lo stessi pensando, sì, è una risposta del cavolo. XD

In realtà, io dei miei pg so anche il numero dei nei, però poi al momento di scrivere mi dimentico dei particolari fisici, colpa della terza persona ristretta. :P

Ecco, tra una chiacchiera e l'altra ho trascurato il lavoro: ora mi chiudo in clausura monastica per proseguire il pornazzo... aehm, la storia! :rotfl:

 
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Lady Aika
view post Posted on 26/5/2011, 21:29




CITAZIONE
Perdonami, ma qui è di default; cioè, è come se Lucarelli mi facesse i complimenti per un racconto noir!

Nel senso che...? O___O

Ah, dimenticavo:
CITAZIONE
Non avrebbe mai dimenticato la prima volta in cui lo incontrò,

aveva incontrato? :)
 
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SignorinaEffe87
view post Posted on 27/5/2011, 08:00




CITAZIONE (Lady Aika @ 26/5/2011, 22:29) 
CITAZIONE
Perdonami, ma qui è di default; cioè, è come se Lucarelli mi facesse i complimenti per un racconto noir!

Nel senso che...? O___O

Ah, dimenticavo:
CITAZIONE
Non avrebbe mai dimenticato la prima volta in cui lo incontrò,

aveva incontrato? :)

Nel senso che tu stai allo slash come Lucarelli sta alla giallistica (se preferisci Camilleri, o Agatha Christie come termine di paragone, sappi che li stimo comunque), perciò il tuo gradimento mi illumina d'immenso (cit.)! *0*

Aehm, la consecutio temporum, evidentemente turbata dalla crudezza della scena successiva, è fuggita su qualche atollo corallino del Pacifico. Ora sistemo... :hgh:
 
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Lady Aika
view post Posted on 27/5/2011, 12:38




CITAZIONE
Nel senso che tu stai allo slash come Lucarelli sta alla giallistica (se preferisci Camilleri, o Agatha Christie come termine di paragone, sappi che li stimo comunque), perciò il tuo gradimento mi illumina d'immenso (cit.)! *0*

Semmai il contrario u____ù
Tu essere genio, non io u____ù <3

Quando posti il seguito?? *_*
 
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SignorinaEffe87
view post Posted on 27/5/2011, 12:58




CITAZIONE (Lady Aika @ 27/5/2011, 13:38) 
CITAZIONE
Nel senso che tu stai allo slash come Lucarelli sta alla giallistica (se preferisci Camilleri, o Agatha Christie come termine di paragone, sappi che li stimo comunque), perciò il tuo gradimento mi illumina d'immenso (cit.)! *0*

Semmai il contrario u____ù
Tu essere genio, non io u____ù <3

Quando posti il seguito?? *_*

Tralasciamo l'annosa diatriba della genialità contesa, sarebbero solo ulteriori caratteri sprecati... ù_ù

Sono immersa in un lavorio frenetico, ma temo sarà comunque cosa lunga, fra lo studio, i miei che rompono per costringermi a uscire di casa, le ricerche storiche (in questo capitolo si son fatte bastarde!) e le scene di sesso (perché, fondamentalmente, non mi riescono ancora così spontanee)... Senza contare che il POV di un cieco è una gatta da pelare di proporzioni epiche- ma qui son scema io, ché me le cerco da sola... :sisi:

Perciò, attesa paziente, e tenterò di accorciare la mia abituale tempistica biblica. :shifty:
 
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DesertRose
view post Posted on 9/6/2011, 10:38




Un racconto storico? Mi ci butto a capofitto!
Innanzitutto complimenti per l'incipit, mi é piaciuto davvero molto. Non é facile scrivere un primo capitolo così coinvolgente; che dire i presupposti per una storia molto buona ci sono tutti, aspetto il prossimo capitolo :).
Per quanto riguarda lo stile, scrivi veramente bene!
 
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SignorinaEffe87
view post Posted on 9/6/2011, 11:37




*Inchino*

Grazie!
Questa pletora di complimenti mi fa sentire in colpa, perché ho mollato la storia da due settimane.
Non è che non voglio portarla a termine, ci mancherebbe altro, è solo che mi sono mortalmente bloccata. :cry:

Odio sapere *cosa* devo scrivere senza riuscirci *come* dovrei... :facepalm:

Giuro che nei prossimi giorni ricomincio, a costo di legarmi davanti alla scrivania e fissare la pagina bianca di Word fino a che cecità non sopraggiunga. :sisi:
 
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16 replies since 26/5/2011, 09:29   94 views
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