Ma si, tranquilla X°D
Grazie esse +_+
ho ripreso questa storia da poco e le sto dando una sistemata, ma i primi capitoli li poterò velocemente perhè sono già scritti
Capitolo 3
Terribilmente gelidoFreddo…
Tutto così freddo…
Midgar aprì lentamente gli occhi. Era sdraiato su un pavimento di marmo bianco. Era gelido…
Non aveva mai avuto così tanto freddo in tutta la sua vita.
Si mise lentamente a sedere, provocando un tintinnio di catene. Gli avevano incatenato i polsi tra di loro. Con catene pesanti.
Si sentiva maledettamente debole…
Diede una rapida occhiata alla stanza; era arredata molto elegantemente, i toni predominanti erano il bianco e l’oro. Non gli ci volle molto per capire a chi appartenesse quell’elegante letto a baldacchino, schermato da pesanti drappi candidi, né il divano di velluto nel medesimo colore.
Comoda, elegante, regale.
La risata cristallina e sprezzante che lo raggiunse confermò i suoi sospetti.
Voltò la testa; seduto sul davanzale della finestra Soifhe lo guardava divertito. La lieve brezza della mattina faceva ondeggiare mollemente i capelli che, al sole, parevano una matassa di finissimi fili dorati.
“Freddo, demone?” Scivolò elegantemente dentro la stanza, avvicinandosi a lui. Midgar serrò le labbra, guardandolo dritto negli occhi, senza distogliere lo sguardo.
Sohife si fermò davanti a lui, poi si stiracchiò pigramente, ali comprese.
Midgar pensò che probabilmente lo aveva fatto per impressionarlo e… Be, c’era riuscito. Una volta dispiegate le ali erano tre volte tanto quello che apparivano, di un maestosità abbagliante.
Non era però tipo da darlo a vedere. “Sonno, angelo?” Il suo tono lasciava trasparire tutta la sua sicurezza.
Quel piumato non gli faceva paura.
Soifhe sentì un brivido leggero scorrergli lungo la schiena nel notare quello sguardo. Piegare quel demone sarebbe stato ancora più divertente…
“Mai stato meglio”, rispose, avvicinandosi e appoggiandogli la punta del piede nudo contro al petto. I braccialetti dorati che gli ornavano la caviglia sottile tintinnarono lievemente mentre lo spingeva di nuovo terra.
Midgar si morse lievemente il labbro inferiore quando si rese conto che non aveva la forza materiale per opporsi. Di nuovo, quella risata sprezzante e dolcissima si insinuò nelle sue ossa, facendolo infuriare; d’istinto afferrò la caviglia dell’angelo, cercando di scagliarlo via da sé.
Sohife socchiuse gli occhi e con un battito d’ali si sollevò da terra, sovrastando il demone e appoggiandogli entrambi i piedi sul petto; il movimento successivo fu impercettibile. Midgar si rese conto che gli aveva appena dato un calcio in piena faccia solo dal dolore che gli esplose nella testa.
Lo lasciò andare di colpo, portandosi al mani al viso. Si raggomitolò su sé stesso quando Soifhe scese dolcemente da lui. “Non osare più toccarmi, demone”, sibilò, sprezzante, incrociando le braccia.
Midgar allontanò le mani dal viso, guardandolo furibondo. “Tu non sai con chi hai a che fare, razza di moccioso piumato.”
“Si che lo so”, rispose delicatamente Soifhe. “Ho a che fare con un demone privo di poteri.” Allungò la mano per sfiorare lievemente la cicatrice che deturpava il petto di Midgar. “Anche se non mi dispiacerebbe sapere il nome di un demone tanto forte da sopravvivere ad una ferita del genere”, aggiunse, improvvisamente interessato.
Midgar fece forza sulle braccia, per mettersi a sedere. Poi, per tutta risposta, gli sputò in faccia.
La reazione dell’angelo fu immediata. Un’aura furibonda si sprigionò da quel aggraziato corpicino e, una frazione di secondo dopo, il demone venne scagliato contro al muro, con una violenza impressionante.
Il suo corpo vi rimase contro, come trattenuto da catene invisibili. Ogni suo muscolo era paralizzato.
“Tu, razza di insetto che strisci nelle tenebre”, ringhiò Soifhe allungando il braccio davanti a sé. “Non hai idea di quello che hai appena fatto…”
Tese il braccio davanti a sé, poi chiuse la mano a pugno, con un gesto secco.
Midgar inarcò la schiena per il dolore improvviso e violento; il dolore che avrebbe potuto provocare una secchiata di olio bollente, ma continuo e bruciante. Si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare pur di non emettere alcun suono.
Era spaventoso ciò che quell’angelo era riuscito a fare semplicemente stringendo una mano…
Soifhe non si mosse per circa un minuto, continuando a torturarlo a quel modo; poi, finalmente, abbassò il braccio. “Un altro affronto del genere e ti farò patire lo stesso tormento per un giorno intero, ricordalo”, sibilò.
Midgard , che ansimava vistosamente per il dolore, rispose con un verso sprezzante. “Affronto? Non è nulla in confronto a quello che tu stai facendo a me, angelico bamboccio”, sibilò. Non riusciva ancora a muoversi, immobilizzato com’era contro al muro. Si leccò le labbra, sentendo il sapore ferroso del sangue invadergli la bocca. “Il sangue di Midgar grida vendetta”, ringhiò, stringendo i pugni.
I grandi occhi azzurri di Soifhe per un attimo si spalancarono sorpresi. “Midgar? Midgar, signore della carestia? Un demone del tuo rango si è fatto catturare così facilmente?” Verso la fine il suo tono era diventato beffardo e canzonatorio. Schioccò le dita e le catene invisibili che trattenevano il demone dissolsero, lasciandolo cadere a terra.
Midgar diede un’assai poco regale facciata contro al pavimento di marmo, anche se ormai non faceva una gran differenza del dolore in più o in meno. Era stremato, dolorante ed era stato umiliato da un angelo, più in basso di così non poteva cadere.
Si girò su un fianco per guardare Soifhe, che non sembrava avere l’intenzione di lasciarlo in pace. Infatti l’angelo si accucciò di fianco a lui, appoggiandogli una mano sul petto e spingendolo con la schiena contro al pavimento.
“Fammi un sorriso, Midgar”, disse beffardo. “In questi giorni scoprirai quanto può essere forte un angelo di sangue puro”, mormorò dolcemente.
Dal punto in cui aveva appoggiato la mano partì una stilettata di dolore che si diramò lungo il corpo del demone.
Midgar strinse i pugni mentre le ondate di dolore gli annebbiavano i pensieri, impedendogli d formulare una risposta a quell’ennesima presa in giro. Sentì Soifhe passargli una mano tra i capelli, mentre la vista gli si annebbiava.
“Che colpo di fortuna”, mormorò l’angelo. “Quando ho creato quella crepa mi aspettavo che fuggisse un demone qualsiasi… E invece mi ritrovo tra le mani niente di meno che uno dei quattro principi demoniaci…”
Midgar ebbe un lieve sussulto. “Tu”, articolò a fatica. “Sei stato…”
“Non sforzarti troppo”, mormorò beffardamente Soifhe, aumentando le pressione della mano e strappandogli un grido di dolore. “Mi serviva un demone per alcuni… Esperimenti, diciamo. Tutto qui. Sei stato sfortunato, Midgar. Ed egoista, come tutti gli altri demoni… Sapevo che chiunque si fosse accorto della debolezza non avrebbe coinvolto altri demoni ma sarebbe scappato da solo.” Allungò la mano libera per sfiorare i rivoletti di sangue che colavano dalla ferita che Midgard si era inferto con i denti; osservò per un attimo il liquido scarlatto che gli macchiava le dita, poi se le portò alle labbra, succhiandole languidamente. “E ora sei mio”, disse, incatenando il suo sguardo con il proprio.
Gli occhi dorati di Midgar si spalancarono lievemente dalla sorpresa; quel gesto… Il gesto di assaporare il sangue dell’avversario, un gesto tipicamente demoniaco. Un gesto che gli angeli disprezzavano profondamente.
Ma chi era quel ragazzino?
Purtroppo quell’interrogativo si perse nel buio che, dopo un’ultima stilettata di intenso dolore, lo inghiottì pietosamente…