Cuore di ghiaccio, Drammatica, sentimentale, erotica

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Taila
view post Posted on 25/10/2011, 12:49




Titolo: Cuore di Ghiaccio
Autore: Taila
Serie: Original – fantasy/soprannaturale
Genere: Sentimentale, drammatico, triste, erotico
Tipo: One – shot, slash, lime
Disclaimers: I personaggi presenti in questa fic sono tutti maggiorenni e comunque frutto della fantasia dell’autore. Qualsiasi riferimento a fatti, persone o cose realmente accaduti e/o esistenti è puramente casuale.
Note: Questa one – shot partecipa al Trick or Treat contest


Cuore di Ghiaccio



Gli esseri viventi sono disgustosi.
Da quattro secoli li osservo mentre sprecano il tempo concesso loro dietro a cose futili, che non porteranno loro alcun giovamento. A cosa potrà mai servire loro dopo la morte avere un lavoro, accumulare ricchezze o possedere una moglie affettuosa?
A niente, posso rispondervi io senza tema di essere smentito. Dopo la morte ogni cosa che riguarda il l’essere vivo diventa priva di ogni significato. Alcuni dopo il trapasso perdono la memoria di ciò che sono stati in vita, altri ricordano tutto e dei due mali, a mio avviso, questo è il peggiore perché, per i secoli a venire, si è costretti a rammentare ciò che si è perduto e non si riavrà mai indietro, ad affliggersi per quelle dolci noti dell’essere vivi che non si riassaporeranno mai più. Perdere il ricordo di sé, d’altronde è un male di diverso tipo. C’è sempre quel vuoto dentro il te, la coscienza di aver perso qualcosa che ti tormenta e che ti spinge a cercarla insistentemente, ma credo che quando si abbia tutta l’eternità davanti, alla fine si può arrivare a farsene una ragione e proseguire con questa esistenza.
Il problema di noi fantasmi che ricordiamo è che rimaniamo legati per sempre al luogo che a livello emotivo e affettivo per noi ha significato di più durante la vita, senza alcuna possibilità di potersi allontanare perché è ciò che ci permette di manifestarsi in questo mondo. Questo significa che, anche nel caso un edificio venga abbattuto e l’area utilizzata per impiantarvi una fabbrica, non possiamo andare via, perché è il legame affettivo a tenerci inchiodati qua. Un’esistenza piuttosto grama in questo caso, ma almeno quando si è morti si ha il vantaggio di non dover respirare.
Io sono stato fortunato. Il posto a cui sono emotivamente legato è ancora in piedi, nonostante siano passati secoli da allora. Indugio ancora un attimo su quegli insulsi viventi che corrono lungo la strada che posso guardare dalla finestra di questa stanza, ognuno preso dalla sua esistenza, da quei futili problemi di ogni giorno che sembrano insormontabili come montagne.
Idioti!
Se potessero vedere cosa significa essere morti , non vivrebbero l’unica vita che spetta loro come se fossero delle larve cieche e sorde. Eccoli, immersi nella vita, quella vera, brulicante, che di urla esisti e loro nemmeno se ne rendono conto. Passano accanto a una persona, la urtano per caso e nemmeno si fermano a chiedere scusa, perché è soltanto una perdita di tempo. Di quel preziosissimo tempo che non manca mai quando si è defunti e che, invece, si spreca continuamente da vivi, credendo scioccamente che se ne abbia ancora, ancora, ancora e, prima che se ne possano rendere conto, lo avranno dissipato tutto. Impareranno questa amare legge a loro spese, quando arriverà anche per loro il momento supremo e dovranno abbandonare ciò che amano di più al mondo, quando si sentiranno strappare dalle mani le loro convinzioni e si ritroveranno come bambini sperduti in un paese straniero. Soltanto allora, quando si ritroveranno completamente soli, comprenderanno quanto tempo abbiano sprecato e quante cose importanti non hanno fatto nel nome del lavoro e del denaro.
Sciocche forme di morale, ideologie tutte uguali l’una all’altra e riproposte in diverse salse, che fanno perdere di vista il vero obbietto dell’essere vivi. Scuoto la testa, le mie stesse riflessioni mi disgustano. Sono morto, ormai sono completamente fuori dal mondo dei vivi, posso soltanto osservarlo da questa finestra, come se fosse la lente di un enorme microscopio puntata su di un pugno di germi, per dirla con il linguaggio moderno.
Impreco tra i denti e volto le spalle alla finestra, lasciando affondare lo sguardo nella penombra di questa stanza impolverata, vuoto simulacro della mia esistenza terrena. Stringo i denti, mentre come sempre i ricordi mi assalgono, tentando di espugnare la mia mente e riversarsi dentro di me, per mettere a ferro e fuoco la mia anima, come se fosse un territorio nemico da conquistare. A volte vorrei che questa casa fosse stata ridotta in cenere, proprio come il mio corpo, per non essere più costretto a rammentare quel tempo ormai perduto per sempre.
Anch’io ho vissuto, amato e sofferto come qualsiasi altro essere umano, eppure ne ho pagato lo scotto in dolore, solitudine e silenzio. Avanzo nella stanza, ricalcandone il perimetro come una fiera chiusa in gabbia, osservando le tappezzerie e i mobili a cui un sapiente restauro ha saputo ridare una parvenza di vita. Questa era la mia camera da letto quando ero un ragazzo, ne conosco ogni anfratto, ogni angolo e rientranza, il solo guardarla ha il sapore della nostalgia più cupa e profonda.
Mi siedo sulla poltrona, aspettandomi che il mio peso sollevi uno sbuffo di polvere, sorridendo poi quando non accade nulla. Sono morto, questa mia parvenza di esistenza non ha alcun peso in questo mondo, in nessun senso. Mi appoggio contro lo schienale e chiudo gli occhi. Se mi concentro appena un po’, posso ancora sentire la musica del minuetto salire dal salone dove i suoi genitori davano quasi ogni sera una festa da ballo, accompagnato dall’odore delle candele che venivano accese in ogni angolo. Rammento benissimo, come se fosse passato un giorno soltanto, la luce dorata che faceva brillare i marmi e gli stucchi dorati sulle pareti, le risate civettuole delle dame quando un cavaliere le invitava a ballare.
Ricordo il nostroprimo incontro con la stessa precisione di chi l’ha appena vissuta.
Apro gli occhi di scatto e mi rimetto in piedi, il dolore è una stilettata piantata con precisione chirurgica, là dove dovrebbe essere collocato il mio cuore. Sono morto da secoli, il mio corpo è ormai ridotto in polvere, allora perché provo emozioni, perché
amo?
Muovo il braccio per colpire le cornici posizionate sul comò accanto a me, ma l’arto immateriale le trapassa senza arrecare alcun danno. Anni interi sono trascorsi da allora, avrebbero dovuto seppellire ogni mio sentimento sotto uno spesso strato di polvere, eppure quest’amore è ancora vivo dentro di me, pulsa di un arcobaleno di emozioni che non dovrei più provare, che dovrebbero essere perduti per sempre. È questa la mia dannazione, continuare questa parvenza di esistenza, portando il fardello dei ricordi di quei dolci momenti insieme, quando c’eravamo solo noi e ci sembrava che potessimo conquistare il mondo intero.
Ritorno alla finestra e appoggio la fronte contro il vetro, una barriera che mi impedisce la fuga, tenendomi prigioniero qui, incatenato ai miei ricordi. Mi sento così sfinito, vivere per sempre è un peso che nessuno dovrebbe portare, perché logora, t’invecchia e ti trasforma pian piano in un involucro vuoto. Peccato che i ricordi che porto dentro non sfioriscano insieme allo scorrere del tempo. Chiudo gli occhi e poggio le mani sul vetro, se fossi vivo ora il mio alito disegnerebbe una piccola nuvoletta sopra di esso.
Il suo volto è uno squarcio dentro il mio petto, che non si rimarginerà mai, che non mi da tregua, mi provoca un dolore che mi accompagnerà fino alla fine dei tempi. Lo ricordo perfettamente, in ogni suo particolare, come se la sua immagine fosse stata marchiata a fuoco nella mia testa. I lineamenti del suo viso erano delicati e sottili, ingentiliti dalla candida e liscia pelle che si stendeva sopra di essi, incorniciati da una cascata di ricci nerissimi che gli davano l’aria di un cherubino. Le labbra erano morbide e carnose, rosse come sangue e risaltavano sul suo incarnato pallido insieme agli occhi neri come onice, profondi e imperscrutabili. La sua figura snella ed elegante si muoveva tra gli invitati con una grazia felina che incatenava lo sguardo di chiunque si azzardasse a osservarlo.
Mi innamorai a prima vista.
Incantato, come una falena che va incontro spontaneamente alla fiamma che poi la distruggerà, mi avvicinai a lui e gli rivolsi la parola. La sua risposta fu un sorriso disarmante, arrogante e affascinante insieme, che mi avvinse senza possibilità di fuggire e che mi fece tremare qualcosa dentro. Bayard si chiamava, un nome che si scioglieva sulla mia lingua come il più dolce e letale dei veleni, intossicandomi sempre di più. Entrammo in confidenza e lui prese a frequentare sempre più assiduamente la villa della mia famiglia, più passavano i giorni più diventavamo intimi. La sua vicinanza alimentava l’amore che provavo per lui, rendendomi euforico, entusiasta e senza difese come un ubriaco. Mi scoprii innamorato di qualsiasi cosa che riguardasse lui, come una sciocca femmina adoravo il modo in cui il nero delle sue iridi si accendeva di divertimento, il gesto naturalmente elegante con cui prendeva la tazza del tè dal piattino e la portava alle labbra, per berne un sorso. Era un oratore piacevole, amava leggere e passavamo i nostri pomeriggi seduti su questi divani a discorrere di un’infinità d’argomenti, mai paghi l’uno della presenza dell’altro, come se le nostre anime si fossero già in qualche modo unite.
Tutti in Bayard era affascinante e ammaliante.
L’epoca in cui io ho vissuto non è come quella odierna, simili amori non erano accetti. Nonostante le menti illuminate di cui eravamo circondati, nonostante l’avanzamento scientifico, la pederastia era ancora ritenuta uno dei peccati più gravi e condannata senza possibilità d’appello dalla Madre Chiesa. Certo veniva praticata, ma nel segreto delle case, dove lo sguardo dei più non poteva arrivare. Per questo io mi struggevo ogni istante, per quell’amore che mi faceva sentire sbagliato, che non avrei mai dovuto provare. Ogni giorno era un abisso di dolore per me, diviso tra quei desideri che mi nascevano dentro e la vergogna di provarli, come se il mio fosse stato un delitto che meritava come unica punizione la pena di morte.
Dopo alcuni mesi di frequentazione, iniziai a notare un cambiamento nella nostra amicizia. Il contatto fisico c’era sempre stato tra di noi, ma allora divenne più intenso, ogni occasione per Bayard era buona per toccarmi e quei contatti, anche i più lievi, lasciavano impronte incandescenti su di me. Pensandoci bene ora, diventa chiaro che quei gesti innocenti nascondevano in realtà un secondo fine: mi stava corteggiando, come un innamorato con l’oggetto del suo amore.
Io mi lasciai vincere e conquistare, arrendevole e disperato.
La gioia di scoprire il mio amore ricambiato e condiviso non può essere descritto a parole. La persona che amavo con tutto me stesso mi aveva donato il suo cuore, era completamente mia. Ancora adesso per me è impossibile dimenticare il giorno in cui Bayard si scoprì e mi dichiarò il suo amore. Eravamo usciti a cavallo per una passeggiata nel bosco appartenente a uno dei possedimenti in campagna della famiglia di mio padre. Nuvole grigie si ammucchiavano all’orizzonte, sopra le cuspidi delle montagne lontane, ma noi l’ignorammo e uscimmo comunque a cavallo, certi che sarebbe rimasta una speranza vana.
A metà pomeriggio iniziarono a cadere le prime gocce di pioggia, che ben presto si trasformarono in un vero e proprio temporale. Trovammo rifugio in una piccola grotta celata dal sottobosco che trovammo grazie a un colpo di fortuna. Non era molto grande, ma avrebbe permesso comunque a tre o quattro persone di stendersi, anche se non proprio comodamente. In piedi sull’imboccatura della grotta, bagnati e infreddoliti fin dentro le ossa, guardavamo l’acqua scrosciare tra le fronde, sperando che presto spiovesse e ci consentisse di tornare alla tenuta.
Per conto mio non ero mai stato agitato come in quel momento. Bayard era accanto a me, in silenzio e senza nemmeno sfiorarmi, eppure avvertivo la sua presenza in un modo così tangibile, da destabilizzarmi. Eravamo bloccati nel cuore del bosco ed eravamo solie questa consapevolezza scatenava l’inferno dentro di me. Mai come in quel momento mi resi conto di quanto fossi innamorato di lui, di quanto lo desiderassi, eppure non riuscivo a muovermi, come se una forza invisibile mi avesse inchiodato sul terreno roccioso e umido della grotta.
A decidere le nostre sorti fu lui, fu il mioBayard.
Troppo concentrato a trattenermi dal compiere una sciocchezza che, credevo, mi sarebbe costata anche la sua amicizia, non lo vidi muoversi. La prima cosa che sentii fu la sua mano scivolare sulla mia nuca, le sue dita intrecciarsi ai miei capelli e poi andare oltre, insinuarsi sotto la linea dritta della mia mandibola e prendermi il mento tra i polpastrelli, per farmi voltare il viso verso il suo. Mi ritrovai a una spanna dal suo volto bellissimo, immerso nel nero stranamente più cupo dei suoi occhi, percorso a tratti dal riflesso infuocato dei lampi, sentivo il suo respiro caldo scivolarmi sulle labbra e inghiottivo il suo profumo di colonia insieme all’aria che cominciava a mancarmi.
Per un lungo, perfetto istante restammo così, immobili, semplicemente a guardarci negli occhi, con la testa svuotata da ogni pensiero razionale e in cerca di qualcosache nemmeno noi stessi sapevamo spiegare. Mi osservava così intensamente, come se volesse accarezzarmi con il suo sguardo, ma sembrava anche come se stesse scavando dentro di me alla ricerca di una risposta alla sua muta domanda.
Nemmeno adesso saprei dire chi si sia mosso per primo, chi abbia deciso di infrangere quel momento di stallo e passare al livello successivo, tutto ciò che so è che mi ritrovai con le sue labbra contro le mie, in un bacio che spezzò la mia coscienza, senza più la possibilità di ricomporla. Senza capire fino in fondo cosa stessi facendo, mi strinsi a lui, abbracciandolo per le spalle e sfogando in quel bacio tutta la passione che avevo dovuto soffocare fino a quel momento. Bayard mi trascinò in un vortice discente di delirante lascivia, che mi lasciò spossato e tremante come quando da bambino avevo la febbre.
Ancora adesso, dopo tanti secoli, il mio spirito ricorda la sensazione delle sue mani che mi accarezzavano, grandi, gentili, calde, che disegnavano scie di brividi sulla mia pelle. Rammento benissimo i lievi tremiti che mi coglievano quando sentivo il suo respiro sciogliersi freddo contro la mia carne sudata e accaldata, un attimo prima che la sua bocca calasse su di me, per tormentarmi. La sua lingua scavava sentieri umidi e infuocati sul mio corpo, i denti mi grattavano piacevolmente la pelle prima che le sue labbra iniziassero a suggerne un lembo.
Mi lasciai vincere e avvincere da quella passione, permisi a Bayard di prendermi sul terreno inumidito e scomodo di quella grotta. Il suo sesso scavava una strada di fuoco dentro le mie viscere, mentre arcobaleni di luci colorate esplodevano contro le mie palpebre chiuse. Mi stringevo contro il suo corpo affamato di un contatto sempre maggiore, lo abbracciavo per le spalle e gli abbrancavo la vita con le gambe, perché neanche averlo dentro il mio corpo mi sembrava abbastanza.
Il volto di Bayard era contro il mio, fronte contro fronte, naso contro naso, occhi negli occhi. La sua pelle scorreva contro la mia a ogni sua spinta, le sue labbra schiuse a un niente dalle mie, respiravamo l’uno il fiato dell’altro, i gemiti di piacere inframmezzati ai ti amoche ci scambiavamo come un giuramento eterno.
Quello fu l’inizio del periodo più bello della nostra esistenza e lo godemmo tutto, fino all’ultima stilla che ci venne concessa. Se dovessi fare un paragone, penserei all’estate più calda e afosa. La passione tra di noi continuava a scorrere senza possibilità di arginarla, ovunque fossimo, qualsiasi cosa stessimo facendo, bastava soltanto sfiorarci per essere sommersi dall’eccitazione. I rischi non avevano importanza, anzi più erano alti quelli che correvamo, maggiore era il grado di estasi che provavamo. Annegammo l’uno nell’altro senza pensare a niente, improvvisamente dimentichi dei nostri doveri, di chi fossimo, di qualunque cosa che non fosse noi stessi, alla frenetica ricerca di quel piacere che non riuscivamo a trovare in nessun altro. Poi semplicemente cominciammo a desiderarne sempre di più, non sapevamo più frenarci e continuammo a correre lungo quella strada di passione per ricercarne il limite estremo. Ci eravamo rinchiusi in un mondo tutto nostro e ogni giorno sprofondavamo un po’ di più in esso.
Ma come ogni cosa nell’ordine naturale, anche quel nostro
amoreebbe un inizio e una fine.
Eravamo rampolli dell’alta società, appartenenti a famiglie aristocratiche e avevamo dei doveri: dovevamo al più presto prendere moglie e generare un erede che avrebbe continuato la stirpe. Quando Bayard mi comunicò che presto avrebbe dovuto sposarsi, sentii uno squarcio aprirsi dentro di me, un dolore lancinante defluire da esso e invadere tutto il mio corpo, acuto e insostenibile. Fu terribile: avevamo appena fatto l’amore, avevo ancora il suo sudore sulla pelle e il suo seme dentro di me, per un istante perfetto eravamo stati uniti, come due metà che si ricongiungono e adesso mi diceva che ci saremmo dovuti separare per sempre. Scioccamente avevo creduto che quell’idillio tra di noi sarebbe durato per sempre, che saremmo rimasti per sempre insieme in questo limbo chiuso, dove il resto del mondo non aveva accesso. La realtà invece era riuscita a farsi spazio anche in piccolo frammento di paradiso che eravamo riusciti a conquistarci, mandando tutto in pezzi. La sola idea del mio Bayard tra le braccia di una donna, che facesse a lei ciò che stava facendo a me, era una sofferenza straziante.
Dopo quell’ultimo pomeriggio di passione non ci furono più contatti intimi tra di noi, mi disse che aveva bisogno di tempo per abituarsi e che in questo modo sarebbe stato più facile separarsi da me. Io mi trascinavo da un giorno all’altro senza più uno scopo che mi spingesse a vivere, divorato da quell’amore che improvvisamente mi era scivolato via tra le dita.
Forse fu proprio quello stato depressivo in cui ero caduto a darmi la forza per compiere quell’atto dal quale non sarei mai più potuto tornare indietro. Le nozze di Bayard si avvicinavano e io mi sentivo sempre più sprofondare in quel vuoto che si era formato da là dove prima doveva esserci stato il mio cuore. Lo amavo con folle disperazione, eppure dovevo sorridere, fingermi contento e congratularmi con gli sposi, augurando loro un futuro felice insieme. Ogni mia parola era una coltellata che mi infliggevo con lucida consapevolezza e mi strappava un brandello d’anima ogni volta. Bayard mi guardava commosso e mi ringraziava, rivolgendo alla sua futura moglie quel sorriso dolce e caldo che tante volte aveva riservato a me.
Mi sentivo tradito, defraudato di quell’amore e di quella felicità che avevo provato fino a pochi giorni prima, abbandonato e preso in giro come uno sciocco da quel suo repentino cambiamento. In quei giorni mi resi conto che Bayard non mi aveva mai amato, non come lo amavo io almeno. Per lui ero stato solo un passatempo stravagante con il quale riempire le noiose giornate di un giovane aristocratico. E faceva male dannazione, era una sofferenza che tagliava il respiro dai polmoni e bruciava dentro di me come se una mano gigantesca mi stritolasse le viscere. Ben presto superai quel labile confine tra amore e odio, cominciai a detestarlo e disprezzavo me stesso perché comunque non riuscivo a smettere di amarlo.
Poi arrivò quel giornoche mi ha condotto a questa mia odiosa esistenza di spettro.
Avremmo dovuto partecipare a una battuta di caccia nel parco del palazzo reale, forse l’ultima occasione che mi restava per stare ancora un po’ con Bayard, magari chiedergli una spiegazione per il suo comportamento. Presi il fucile dalla rastrelliera dell’armeria e uscii all’aperto, subito il mio cane da caccia mi si avvicinò scodinzolando. Luiera lì, a pochi passi da me, bellissimo e irreale, che discorreva con la sua futura moglie. Lo vidi chinarsi in avanti e lasciare un bacio leggero su quelle labbra rosse di rossetto. Una coltellata vibrata al centro del mio petto mi avrebbe fatto meno male. Distolsi rapidamente lo sguardo e mi diressi nella direzione opposta alla loro, senza più alcuna voglia di stare in presenza di Bayard, né di parlargli. Avrei potuto dire che lo avevo perduto per sempre, ma in realtà non era mai stato mio, nemmeno quando possedeva il mio corpo e dichiarava di amarmi.
Partimmo per la battuta di caccia, a cavallo e seguiti dai cani che fiutavano il terreno e uggiolavano contenti quando credevano di aver trovato qualcosa. Bayard cavalcava al mio fianco come sempre, ma quella volta non scambiammo nemmeno una parola, non c’erano più i soliti scherzi e le consuete prese in giro, solo un silenzio teso e irreale. Erano trascorse un paio d’ore e la caccia stava andando più che bene, tanto che i carnieri erano incurvati sotto il peso delle prede.
Poi accadde l’imprevisto. Una volpe ferita precedentemente da un altro cacciatore, si slanciò furiosa contro il cavallo di Bayard, sempre accanto al mio. Me ne resi conto e agii ancora prima di pensare a cosa stessi facendo. Lo spintonai facendolo cadere dal cavallo, ma la volpe era troppo vicina e riuscì a far imbizzarrire il suo purosangue, che scartò spaventato all’indietro, scontrandosi con il mio che, già nervoso per l’odore ferino della volpe, impennò sulle zampe posteriori e mi disarcionò. Rammento in modo vago quegli istanti, ma so che compii una capovolta a mezz’aria e caddi a terra a una certa distanza dal mio destriero, con la nuca battei contro una grossa pietra e sentii un sonoro crackda qualche parte nella mia testa.
Non so dire se provai dolore, fu tutto così rapido che non riuscii ad afferrare niente. Rimasi però lucido quel tanto da vedere il volto di Bayard sopra il mio, il suo sguardo nero e disperato nel mio, riuscii anche a sentire la sua voce chiamare ancora una volta il mio nome. Cercai di sorridere, felice che stesse bene, ma qualcosa si spense improvvisa dentro di me e tutto venne divorato da un’oscurità nera come la pece.
Alla fine mi ritrovai qui, in questa stanza, ridotto a un’ombra immateriale che nessuno poteva vedere né sentire, prigioniero di queste quattro mura fino alla fine dei tempi. Ho provato a urlare, a scappare, a ribellarmi a questa mia condizione per tornare da Bayard, ma non è valso a nulla. Non esiste alcuna chiave che possa liberarmi. Alla fine mi sono dovuto arrendere, sono stato costretto ad accettare questa mia nuova condizione di fantasma, a farmene una ragione. Ma questo non vuol dire che non faccia male aspettare lo scorrere del tempo qui da solo, con la sola compagnia di questi miei ricordi che vorrei solo dimenticare.
Riapro gli occhi e mi allontano dalla finestra, riprendo a vagare per la stanza senza meta, senza sapere cosa fare. Intrappolato qui dentro ho assistito a tutte le vicende della mia famiglia, fino a quando non si è estinta e la casa è passata di proprietà. Bayard non è mai ritornato qui dentro, in questa stanza che ha accolto molti dei nostri incontri amorosi. Ho sentito le domestiche che venivano a pulire di tanto in tanto, raccontare che si era sposato e che si era trasferito in un'altra città, che aveva generato quattro eredi e che era molto felice con sua moglie. Le ho sentite domandarsi perché, nonostante fossimo stati così amici in vita, non sia venuto al mio funerale e non abbia mai visitato la mia tomba.
Bayard ha preferito dimenticarmi, cancellarmi dalla sua esistenza e la mia morte è stata per lui davvero provvidenziale. Si è liberato di me e dei quel sentimento che ci aveva uniti in un sol colpo, così pericoloso da distruggere la sua ascesa, consentendogli di voltare pagina e di vivere finalmente quella vita che gli avrebbe permesso una rapida scalata sociale.
Io gli avevo donato il mio cuore, la mia anima, avevo dato la mia stessa vita per lui e in cambio non avevo ricevuto niente. Anzi, mi era stato riservato il peggiore dei destini.
Essere dimenticati dalla persona che si ama, senza avere la possibilità di poterlo scordare a mia volta.
Venire intrappolati qui dentro non sarebbe stato così terribile in fondo, la cosa peggiore è l’essere prigioniero dei ricordi. La memoria dei miei familiari e di quanti ho voluto bene è ormai sfumata, al contrario tutto ciò che riguarda lui nella mia mente è così vivido e reale che a volte mi sembra di poter toccare la sua immagine.
Mi disgusto da solo per questa mia debolezza, ma è tutto più forte di me, non riesco a liberarmi di questo amore, nonostante sia consapevole del suo abbandono. Per anni ho gridato il mio dolore, i miei "perchè?" sono risuonati tra queste mura, spandendosi in un eco sofferente, senza mai ottenere una risposta. Nemmeno la mia ira ha sostanza in questa condizione. Mi ha semplicemente abbandonato, gettato via come un giocattolo vecchio e rotto di cui non si ha più bisogno.
Per anni sono annegato nella sofferenza più nera, del tutto incapace di capire cosa sia accaduto davvero in quei giorni che abbiamo trascorso insieme. Possibile che la mia sia stata solo un’illusione che si è sciolta come nebbia alle prime luci del sole? Possibile che Bayard abbia mentito per tutto il tempo, che non mi abbia mai amato? Solo pensare a una simile prospettiva è agghiacciante.
L’ho atteso per un secolo intero, chiuso in questa stanza: se mi avesse amato come diceva, se davvero eravamo anime gemelle, allora non mi avrebbe abbandonato una seconda volta. Ho aspettato il momento in cui il suo fantasma mi avrebbe raggiunto, mi avrebbe spiegato come sono andate davvero le cose, assicurandomi che avremmo trascorso l’eternità insieme e io, ancora una volta, avrei creduto alle sue parole. L’eternità non mi avrebbe fatto più così paura se lui sarebbe stato al mio fianco. Insieme avremmo osservato i cambiamento dello scorrere del tempo, burlandoci degli inutili affanni degli essere umani, amandoci ancora, ancora, ancora, bloccati in un istante di mera felicità che si sarebbe dilatato all’infinito e non avrebbe mai avuto termine.
Invece Bayard non è mai più tornato da me. I miei sogni, le mie speranze, i miei desideri si sono tutti scontrati contro la dura realtà, infrangendosi in mille schegge acuminate, che si sono tutte conficcate dentro il mio petto. Ho urlato, invocato il nome del mio amato, pregato Dio che mi facesse dissolvere nel nulla, tutto mi sarebbe andato bene, anche venire gettato nel più profondo degli inferni, pur di non provare più quella sofferenza che non sembrava avere un termine.
Ho trascorso anni a languire, svuotato di ogni emozione, perso in quei ricordi che scorrevano dentro la mia mente senza interruzione e che aprivano solchi insanguinati dentro di me. Ogni giorno speravo che fosse quello giusto , quello in cui sarei stato tirato fuori da quella condizione miseranda e ogni volta venivo deluso.
Ma poi alla fine ho capito.
Mi ci sono voluti tre secoli di agonia, ma alla fine ho compreso che l’uomo nasce solo e muore da solo, che l’amore non è altro che un’illusione, che non può esiste una cosa simile. La parola amore non ha alcun valore. L’essere umano è troppo egoista e concentrato su di sé per poter veramente provare una simile emozione. Chi si innamora è solo un debole e il mio caso è la conferma più eclatante.
Ho amato e mi sono lasciato sottomettere, umiliare nel corpo e nell’anima. Gli ho lasciato prendere tutto quello che desiderava di me, senza chiedere nulla in cambio. Di sicuro sono stato oggetto dello scherno di Bayard con questo mio comportamento.
È per questo che i viventi lottano ogni giorno, per ottenere un po’ d’amore, per quella trappola che li lascerà svuotati e mortalmente feriti, prima o poi.
L’amore eterno non esiste, non è mai esistito. È soltanto una questione di convenienza, nulla di più. Ci si sposa perché non si vuole passare il resto della propria vita da soli, perché si vuole qualcuno accanto che ci accudisca e ci sostenga, ma l’amore c’entra ben poco in questo.
Se solo lo avessi compreso molto prima, mi sarei risparmiato parecchio dolore. Se non fossi stato così scioccamente innamorato di Bayard, non avrei dato la mia vita per salvare la sua, un sacrificio che non è stato ricambiato né compreso. Ho buttato via i miei anni migliori per lui e questo non ha avuto nessun significato. Spero che Bayard stia patendo il mio stesso dolore ovunque egli sia. Soltanto il pensiero di non essere l’unico a soffrire in questo modo mi da la forza di andare avanti, di non sprofondare nella follia.
Prendo in giro solo me stesso. Il cuore, anche se congelato come il mio, non mente, non può farlo.
Volgo lo sguardo verso la finestra, osservo le mille luci della città che punteggiano il panorama notturno e un sorriso scivola sulle mie labbra. Un altro giorno della mia condanna è trascorso, un altro giorno può essere depennato all’infinito elenco di quelli che devo ancora affrontare.
Un altro giorno ancora di questa mia parvenza di esistenza, sprecato a pensare a Bayard, come se per me non esistesse altro all’infuori di lui e di tutto ciò che lo riguardi.
Chiudo stancamente gli occhi e mi abbandono all’oscurità che ha permeato ogni angolo di questa stanza, quasi sperando che mi inghiotta e mi faccia sparire con essa. La realtà delle cose è come un pugno che mi stringe le viscere. Qualsiasi cosa io pensi o faccia è innegabile: egli è e rimarrà l’unica luce in grado di rischiarare le tenebre di questo mio cuore di ghiaccio, sarà così fino a quando questa mia anima innamorata esisterà e, onestamente, non credo che esista una tortura peggiore di questa.
Posso solo sperare che il tormento che provo dentro di me, prima o poi mi consumi fino a non lasciare nemmeno una traccia della mia presenza in questo mondo, questo è l’unica possibilità che mi resta per liberarmi di Bayard e dell’amore che provo per lui.
Così sia.



Fine



 
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NonnaPapera!
view post Posted on 27/10/2011, 15:56




Oddio ç.ç che tristezza che mi ha messo questa storia, la cosa brutta è che tutte le punizioni le patisce il fantasma sia in vita che dopo. Non so se Bayard si sia pentito e se al fantasma manchino dei pezzi salienti della vita del suo amante, io spero di si perchè sono un'eterna ottimista e sono convinta che per il suo sacrificio Bayard abbia pianto lacrime di vero dolore.
 
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Taila
view post Posted on 29/10/2011, 13:11




Scrivere questa shot mi ha messo angoscia, credimi! In realtà a un certo punto, ho iniziato a pensare che magari Bayard è rimasto incatenato a un altro luogo, dopo la morte. Magari la famosa grotta o il posto dove il fantasma è morto, e forse si sta struggendo anche lui. Ma questo è solo il punto di vista del Fantasma e quindi del destino di Bayard non si sa nulla.
 
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Only_
view post Posted on 29/10/2011, 18:39




Mi ha messo tanta tristezza addosso, la storia di questo fantasma legato per sempre ai ricordi dell'amore perduto. I pensieri iniziali del protagonista, quelli sull'uomo e sul tempo e sulla vita, li ho trovati lenti e un po' pesanti, ma contribuiscono a dare una certa immagine del narratore stesso.
Ho letto poche cose originali sui fantasmi, ne ho una piuttosto stupida in un cassetto, e la tua storia mi è piaciuta molto.
Le uniche pecche riguardano la grammatica, soprattutto nella parte iniziale della storia: spesso cambi soggetto all'interno di una stessa frase, oppure non accordi nel modo giusto i possessivi.
L'idea di base mi è piaciuta molto, mi ha rattristata, e ne hai parlato in modo esaustivo sfruttando la maggior parte degli spunti che la stessa trama ti offriva. È stato bello fare un tuffo nei ricordi del fantasma e poi tornare di colpo alla realtà con quel “crack”; un'idea interessante, quella della volpe, pensa che a un certo punto ero sicura che il protagonista avesse deciso di suicidarsi o uccidere il suo stesso amore sparandogli dopo essersi un po' allontanati dalla gente.
Peccato solo per gli errori nella parte iniziale, per il resto è una storia molto bella e completa!

CITAZIONE (Taila @ 29/10/2011, 14:11) 
In realtà a un certo punto, ho iniziato a pensare che magari Bayard è rimasto incatenato a un altro luogo, dopo la morte. Magari la famosa grotta o il posto dove il fantasma è morto, e forse si sta struggendo anche lui.

Be', cosa aspetti a scrivere anche dalla parte di Bayard? :asd:
 
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Taila
view post Posted on 31/10/2011, 13:46




Credimi sto attentissima alla grammatica, ma pur rileggendo cinquanta volte la stessa storia, alcune cose mi sfuggono... mi sono presa di cazziate dal mio relatore quando ho scritto la tesi per la triennale... e prospetto tempi bui anche per quella della magistrale, in questo senso -__-
Comunque sono contenta che l'idea in generale ti sia piaciuta. Cerco di non farmi mai coinvolgere quando scrivo, ma stavolta mi sono angoscita da sola... complice Alex Band e la sua "One love"... quanto mi piace quella canzoneeeee *^*

Per un pò niente cose angoscianti. Avevo promesso solennemente di non scrivere più death, ma ho infranto il giuramento con questa fic... mi devo rilassare...
 
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Aborted_666
view post Posted on 30/11/2011, 18:25




Ecco, finalmente l'ho letta. M'ero ripromessa di farlo in tempi lampo, ma alla fine non riuscivo mai a trovare la concentrazione causa stanchezza.
Oggi, finalmente, sono arrivata alla fine.
E' bella, caspita. L'atmosfera, le riflessioni, l'amarezza... Sono tutti elementi che amo alla follia in un racconto. Sei riuscita a conferire spessore non solo al protagonista, ma a tutta la narrazione. Ogni minimo evento è pregno di malinconia, ma anche di lucide ed aspre riflessioni che accentuano l'aura secolare che grava sul tuo personaggio, rendendolo ancora più credibile.
Forse non spicca per originalità, questa è l'unica, minuscola pecca. Ma, per quanto mi riguarda, la trama - non sempre - ha grande importanza; preferisco una storia scritta bene, che scava nel profondo della psiche e si sofferma poco sui fatti e sulla trama in senso stretto, piuttosto che una storia scritta discretamente ma con una trama originale e molto articolata. E' un fatto molto soggettivo, è chiaro.

Scrivine ancora di cose angoscianti, altro che! Sappi che io le leggo più che volentieri. u.u

PS: sulla grammatica non dico molto, vedo che già altre persone ti avevano fatto notare gli errorini. Ci sono anche diversi errori di battitura. Amen, insomma. Capita xD!
 
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5 replies since 25/10/2011, 12:49   61 views
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