Io sono la tua preghiera

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NonnaPapera!
view post Posted on 25/11/2011, 08:39




Autore NonnaPapera!
TitoloIo sono la tua preghiera
Genere Fantasy
Avvertimenti //
Trama Alfio è un ragazzo confuso dopo una relazione sbagliata. Michela vorrebbe aiutalro ma non sa come fare, perciò rivolge una preghiera alla luna... stranamente il desiderio viene esaudito
Note Partecipante alla School challenge di Only
SC1


Io sono la tua preghiera

CAPITOLO 1
La luce emanata dal grande falò acceso sulla spiaggia, rischiarava tutto come se fosse l’alba. Sui volti dei ragazzi riuniti intorno al grande fuoco si dipingevano sfumature insolite e alle volte spettrali. Quella era una notte particolare, una dei quelle notti in cui tutta la natura tace: il vento non soffia, il mare quasi non rumoreggia nella risacca. In quelle notti particolari, le stelle paiono più luminose e la luna… la luna sembra un grosso buco in una tela nera come la pece.
“Al hai visto? Guarda che strana luna c’è oggi. Pare che sia circondata da un alone, come un’aureola”
Una ragazzina dai folti capelli neri –pieni di riflessi rossi per via del fuoco- fissava con aria assorta ed ammirata il grande astro del firmamento.
Al seduto di fianco a lei sbuffò annoiato ed annuì stancamente.
“Si bella” mormorò con poco entusiasmo.
“Suvvia un po’ di vita… sembri una vecchia mummia anziché un diciottenne che ha appena concluso con successo la maturità”
Michela lo redarguì per il suo comportamento e poi con più dolcezza aggiunse:
“ Capisco come ti senti, però lo sapevi che sarebbe finita così. Non mi capacito di come tu abbia fatto ad illuderti in quel modo. Avrei tanto voluto che mi avessi ascoltato quando ti ho avvertito”
“Si ok… ora finiscila non serve che infierisci” Alfio la fissò con sguardo contrito, un misto di dolore, rassegnazione, delusione e smarrimento.
Michela sospirò preoccupata per l’amico ma decisa a qualunque costo di tiralo su di morale.
L’idea del falò sulla spiaggia per festeggiare la fine del liceo era venuta a lei e aveva pensato a questo perché, preoccupata per Alfio, cercava disperatamente un modo per distrarlo.
Fino ad ora però la sua brillante trovata non era stata molto efficace.
Non che la festa non fosse un successo, tutti si divertivano, suonavano, cantavano, mangiavano… e alcuni si erano allontanati dalla luce del falò coperti dall’oscurità per fare l’amore in santa pace.
Però Alfio era rimasto immusonito e pensieroso –anzi riuscire a farlo uscire di casa era già stato un traguardo- nulla di ciò che lei faceva riusciva e rincuorarlo.
Se sei mesi addietro le avessero detto che Alfio, proprio il suo solare, giocherellone e chiacchierone Al si sarebbe ridotto così, lei non ci avrebbe mai creduto. Purtroppo la vita alle volte da degli schiaffi dolorosi anche a chi non se li merita -Alfio purtroppo era tra questi disgraziati-.
Certo un po’ era stata anche colpa sua, però non si meritava ciò che Giulio gli aveva fatto.
Michela sospirò fissando le fiamme del falò che scoppiettavano ignare dei suoi pensieri e delle sue preoccupazioni. Sarebbe dovuta intervenire, quando Alfio le aveva confessato cosa stava succedendo, lei avrebbe dovuto fare qualcosa per fermare quella assurda follia.
Giulio era troppo più grande di Al, era un uomo adulto, la cosa tra di loro non poteva che andar male.
Oltretutto Giulio era un egoista, un incapace che non aveva mai studiato, non si era mai impegnato in niente e che non amava faticare per nulla.
Era stata una cosa strana ora che ci pensava… una convergenza di fattori che presi singolarmente non avrebbero creato tanto scompiglio, ma che purtroppo erano capitati tutti insieme.
Prima Alfio aveva scoperto di essere gay.
Poi timoroso e sconcertato si era confidato con Giulio –il bidello, l’amicone di tutti i ragazzi del liceo… quello che anziché lavorare faceva pause lunghe ore e rollava canne assieme ai ragazzi durante l’intervallo- cercando in un uomo più grande e più vissuto qualche consiglio spassionato.
Così Alfio aveva scoperto che anche Giulio non disdegnava il suo stesso sesso.
Infine Giulio aveva cominciato a provarci con Al.
Da quel punto in poi gli eventi erano precipitati, e ormai lei –venuta a conoscenza della tresca- non aveva più potuto salvare Alfio da se stesso.
Al aveva ceduto alle lusinghe di Giulio.
Vuoi per il testosterone a mille dovuto all’età, vuoi per la curiosità di scoprire cose che fino a quel giorno non aveva neppure immaginato… vuoi perché era un ragazzo inesperto e Giulio aveva il fascino del menefreghismo –che un diciottenne sprovveduto poteva ben scambiare con il fascino dell’incompreso-.
Al si era completamente innamorato, talmente invaghito di quello stronzo che aveva perso la sua personalità.
Viveva, pensava, agiva solo in funzione di quell’egoista di Giulio.
Michela strinse -senza rendersene conto- i denti, per la rabbia che provava nei confronti di quel pezzo di merda.
Alfio era sempre stato un ragazzo brillante e pieno di curiosità, capace e furbo, ironico oltre ogni dire… e Giulio lo aveva come lobotomizzato, era diventato un insulso pupazzetto tra le sue mani.
Poi -come tutte le storie sbagliate- la relazione tra loro era terminata in un modo orrendo.
Senza dare uno straccio di giustificazione il viscido bidello/bellone aveva piantato il povero Al, proprio un mese prima della fine dell’anno scolastico.
Non un anno qualsiasi, bensì il quinto anno, il fatidico anno della maturità.
Al aveva concluso la scuola passando gli esami con un misero sessantadue –e si era presentato alle prove giusto perché Michela lo aveva trascinato per i capelli- ed ora, finito il liceo, non aveva un briciolo di voglia di proseguire gli studi. Michela scosse il capo sconsolata, che poteva fare lei? Una ragazzetta un po’ scialba, che nessuno notava, piccola e magra –quasi da apparire a chi non la conosceva anoressica-, poco simpatica e non così intelligente da farsi notare per il suo cervello… un niente, per aiutare il suo amico?
Solo l’amicizia con Alfio –che chissà perché in lei aveva visto qualcosa che nessun altro scorgeva- le aveva rallegrato gli ultimi due anni di liceo.
Perciò cosa poteva fare?
Voleva bene ad Al, un bene tale che per un anno era stata innamorata segretamente di lui –talmente tanto che per poco non aveva pianto quando aveva scoperto le sue tendenze sessuali-, un bene tale che ora –sebbene si fosse rassegnata ad essere solo un’amica- non dormiva la notte per la troppa preoccupazione.
Fissò attraverso le fiamme scoppiettanti e danzanti il volto corrucciato dell’amico, chiuse gli occhi e si distese sulla spiaggia.
Quando li riaprì –pochi istanti dopo- le parve che la luna in cielo fosse , se possibile, ancora più immensa e luminosa e che l’aura che la circondava fosse più grande e molto più misteriosa ed affasciante di quanto ricordava.
Sorrise verso la luna ad un pensiero strano che le aveva attraversato chissà perché la mente.
Che la luna vedesse tutto ciò che avveniva a loro poveri mortali, questo era certo, ma se ne interessava? Magari quella strana aura che la circondava dandole un non so chè di stregonesco e magico…
Rise divertita e poi scosse il capo sconsolata, ormai le aveva provate tutte –il falò sulla spiaggia era stata la trovata estrema, quella che sperava avrebbe funzionato- ma nulla era servito a rincuorare Al… perciò tanto valeva pregare.
Al si meritava il meglio, si meritava di essere felice –così come se lo meritano tutte le persone buone- non voleva che si rovinasse la vita per una storia che non doveva neppure nascere.
Schiuse leggermente gli occhi, di modo da fissare in uno spiraglio quella grossa forma di formaggio luminosa appesa al cielo e formulò una preghiera.
Semplice e senza fronzoli, proprio come lo era lei:
“Fa che trovi la felicità con qualcuno in gamba come lui”
Volse ancora lo sguardo verso il ragazzo moro, che se ne stava rannicchiato su di un tronco e che fissava con occhi assenti il fuoco del falò ardere, rivolse nuovamente il volto alla luna e concluse la preghiera sussurrando:
“Però fa presto ti prego”

La serata continuò animata dalla festa e dal fuoco, erano le due del mattino quando Alfio stanco, annoiato ed infreddolito decise che era molto più sensato compiangersi a casa sul proprio letto che in una spiaggia umida e piena di gente.
Si alzò e volse lo sguardo attorno per cercare Michela ma non trovandola si incamminò verso la barriera di scogli che c’era poco più avanti, magari la sua amica se ne era andata lì per starsene un po’ sola. Si rendeva conto che Michela era molto preoccupata per lui, però non riusciva a fare a meno di starci male, lui amava ancora molto Giorgio e per quanto si sforzasse non trovava il sistema di toglierselo dalla testa.
Arrivato agli scogli si perse per alcuni istanti ad ascoltare la risacca del mare, era un suono rilassate e piacevole. Ad un tratto una voce maschile alle sue spalle lo chiamò per nome.

“Alfio?”
Il ragazzo si girò sorpreso, non riuscendo a riconoscere la voce che lo stava chiamando. Alle sue spalle un uomo dall’aspetto insolito lo fissava dubbioso.
“Allora non mi rispondi? Sei o non sei Alfio?” riprese il nuovo arrivato con un tono di impazienza nella voce.
Al si affrettò a muovere aventi ed indietro la testa senza proferire parola –troppo sorpreso dalla presenza dell’uomo per dire alcunchè- .
“Oh bene, credevo di aver sbagliato persona”
“Chi è lei?”
L’uomo fece un passo aventi in direzione del ragazzo e così diede modo ad Al di scrutarlo meglio.
Era vestito in un modo piuttosto bizzarro per essere uno che si aggirava di notte sulla spiaggia deserta. Completo gessato grigio camicia rigorosamente bianca e cravatta grigia –solo leggermente più chiare del vestito-
Insomma era vestito in modo impeccabile, forse un po’ troppo perfetto per i gusti di Alfio, comunque a coronare il tutto aveva in testa un cappello classico a tesa, della stessa tonalità del vestito.
“Sì, mi perdoni per la maleducazione, ma sa è il mio primo incarico, il mio nome è Ss100. A dire il vero devo anche porgerle le scuse dei miei superiori, generalmente mandano gli As per casi come il suo, purtroppo però al momento ero l’unico disponibile. Comunque non si deve in alcun modo preoccupare, ho studiato per anni la teoria perciò sono assolutamente certo di essere preparato per risolvere i suoi bisogni”
“Ehhhh??”
Ormai Al era assolutamente certo che il suo interlocutore fosse un pazzo scriteriato fuggito chissà come da un manicomio, si girò intorno per vedere se poteva chiedere aiuto a qualcuno… la spiaggia era deserta.
Il ragazzo cominciò ad arretrare cercando di distrarre l’uomo con delle chiacchere:
“Oh bhè, lei è molto gentile ma io non ho bisogno di aiuto, sul serio sto benissimo! Forse, che ne so, avete sbagliato persona”
L’uomo arcuò un sopracciglio e estratto un taccuino dorato dalla tasca interna della giacca iniziò a sfogliarlo:
“Eppure qui pare tutto in ordine. La missione è iniziata alle ore 23.09 del giorno corrente e continuerà fino a data da definirsi, l’incontro con il soggetto richiedente è avvenuto su questa spiaggia come deciso… e poi…” voltò una pagina del taccuino e continuò “Il nome del soggetto che ha richiesto intervento è Alfio, lei ha detto di chiamarsi così, perciò non vedo possibilità di errore” concluse richiudendo la piccola agenda e annuendo soddisfatto per il riassunto.
“Visto! C’è un grossissimo errore, io non ho richiesto alcun aiuto!”
Alfio ormai era terrorizzato dalla situazione, se fosse stato più calmo si sarebbe domandato come mai quel singolare personaggio sapeva esattamente dove trovarlo e come si chiamava, per la paura era troppa e l’unica cosa che la sua mente elaborava e un piano di fuga.
Alle ultime parole del ragazzo l’uomo si grattò un po’ il mento perplesso:
“Questo sì che è insolito” mormorò quasi tra sé. Infine come se fosse stato colto da un’idea geniale abbozzò un sorriso e disse:
“Mi aspetti qui, ora vado a controllare il perché di questa discrepanza tra i dati così risolveremo il problema in un attimo”
dette queste ultime parole, l’uomo dal nome assurdo scomparve nel nulla.
Non si allontanò! Semplicemente ci fu un piccolo PUFF e da un secondo all’altro non c’era più.
Al fissò il vuoto basito e poi sentì impellente il bisogno di sedersi.
Quella sera non aveva bevuto, com’era possibile che avesse le allucinazioni?
Incrociò le gambe sulla sabbia umida e si prese la tesa fra le mani, forse stava impazzendo, non immaginava che il dolore per quello che aveva subito avrebbe potuto causargli dei simili sintomi, però era l’unica soluzione plausibile.
Ripensando a tutto l’anno passato gli occhi gli si riempirono di lacrime, era come un incubo. Tutto quel dolore, tutta quell’umiliazione sembravano non volerlo abbandonare mai più.
Sarebbe rimasto lì a compiangersi per lungo tempo se ad un certo punto una luce limpida ma tenue non lo avesse incuriosito portandolo a sollevare il capo.
Direttamente dalla luna un fascio di luce era proiettato fino a terra, a pochi passi da lui.
Al assottigliò gli occhi per fissare all’interno della scia luminosa, con sua grandissima sorpresa vide un uomo –lo stesso di pochi attimi prima- che scendeva passo dopo passo. Pareva quasi che stesse facendo delle scale, anche se il ragazzo non ne vedeva la forma. Insomma fluttuava nel fascio di luce e lentamente scendeva tenendo in mano davanti a sé una cartelletta gialla.
Quando mise l’ultimo piede a terra la luce improvvisamente si spense e l’uomo richiuse il fascicolo soddisfatto:
“Ho capito qual è il problema” disse tranquillamente come se nulla fosse successo.
“La richiesta non è partita da lei, ma da una sua cara amica… una certa Michela. La ragazza ha pregato perché lei potesse tornare ad essere nuovamente felice.” Concluse tutto soddisfatto incatenando finalmente lo sguardo a quello di Al.
“C-cosa, sei tu?” Alfio aveva alzato l’indice e lo stava puntando contro all’uomo tremando sconvolto.
l’essere lo guardò sorpreso, quasi mortificato per la reazione ma poi si riscosse e chiarendosi la voce si affrettò a spiegare:
“Mi scusi, sono mortificato, come le ho detto questo è il mio primo incarico… e dire che la prima regola quando si aiuta un umano è quella di non spaventarlo!”
L’uomo quasi parlava a se stesso ora:
“Dunque vediamo, la regola uno è presentarsi senza spaventare il richiedente… e qui mi sa che ho sbagliato qualche cosina nell’approccio… Che diceva la regola due? A già, spiegare in modo esauriente ma non dispersivo la nostra natura e rendersi disponibili per rispondere a tutte le domande dei soggetti. Dunque io sono…” quando dopo quella sua riflessione a voce alta l’uomo riportò lo sguardo sul ragazzo, si accorse che al era steso a terra, svenuto.
Ss100 scosse il capo ed estrasse il suo taccuino d’oro e una penna lo aprì e mentre scriveva mormorò a bassa voce:
“Appunto per il futuro, evitare di far svenire il soggetto”
 
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