Il Collezionista di Veleni, Raiting Rosso. Drammatico

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Aborted_666
view post Posted on 30/11/2011, 11:47




Nick autore: Aborted_666, ossia io LOL
Titolo storia: Il Collezionista di Veleni
Titolo capitolo: Prologo
Genere: drammatico, angst
Avvertimenti: Ah-ehm... SLASH?
Breve introduzione: Samit sa che l'amore é un'arma a doppio taglio, l'ha provato sulla sua pelle pagandone le conseguenze fino all'ultima goccia. L'unico rimedio ormai é la morte, ma qualcuno glielo impedirà, proponendogli un patto da cui non riuscirà più a liberarsi.

«Quella dei veneli é un'arte, mio gramo amico.»



Eventuali note: ho troppe cose da dire su questo racconto. E' stato un vero e proprio parto. L'ho scritta e riscritta una decina di volte, ma non riuscivo a farmela piacere in nessun modo. L'inizio era sempre appesantito da qualcosa, oltre che povero di contenuto, e non riuscivo a farlo entrare in sintonia col seguito. Quindi, presa dalla disperazione, ho cancellato tutti i files e l'ho riscritta da capo. Ho fatto solo il prologo e non mi piace, ma rispetto agli altri tentativi si concilia meglio con l'idea generale che mi sono fatta della storia. Ci tengo inoltre a specificare una cosettina: il prologo, dopo vari tentativi, ho deciso di farlo in prima persona; il resto della storia, però, sarà in terza persona. E' una strategia molto in voga, lo so, ma credo che possa aiutare ad inquadrare con facilità e rapidamente (soprattutto) la situazione di Samit ed il suo carattere.
Bene, fatta questa lunghissima premessa posso addirittura pubblicare il prologo! Spero di riuscire a scrivere presto il seguito, dato che ultimamente sono sempre k.o. a causa della stanchezza. D:

IL COLLEZIONISTA DI VELENI
- Prologo -



Non credo in Dio. Non ho mai, nemmeno per un singolo istante, creduto nella sua esistenza.
Forse perché, sin da quando ero piccolo, mia madre me ne parlava come qualcosa di terribilmente mortificante. Ed alla fine se n'é andata, credente o meno, trascinata via da un male più grosso di lei.
La mia vita è troppo lacunosa. Pecca, prima di ogni altra cosa, di senso, e onestamente non credo di poterlo reperire nel grande mistero della Fede . Svegliarsi la mattina e chiedersi per cosa si vive, questo è il mio grande mistero: non ho bisogno di ulteriori complicazioni.

Credevo di poter trovare la soluzione nella scrittura, così, a quindici anni, comincia a creare lunghi e prolissi racconti cui, regolarmente, mancava il finale, forse perché in fin dei conti amavo l'idea che il flusso vitale delle mie creature continuasse in eterno. Ma l'ispirazione era fiacca, il talento inarrivabile e presto le mie storie divennero meri pretesti per sedare la noia. Optai dunque per uno studio matto e disperato, scandito dalla mirabile eufonia dannunziana e dai suoi folli estetismi, dalla dolcezza dei versi pascoliani, dalla grandezza incommensurabile di Dante, dai poemi virgiliani ed ancora Orazio, Seneca, Ovidio, Tacito e Pascal, Kant, Hegel, pietre miliari di un'arte troppo distante da me: mi stavo, per l'ennesima volta, prendendo in giro ed anche questo secondo tentativo, senza davvero iniziare, fallì. Mi buttai quindi a capofitto nelle arti figurative, da autoditatta qual ero; tentai di esprimere graficamente la mia angoscia, ma il tutto si risolse in ridicole figurette dalle proporzioni fantasione e dalle tinte piatte.
Tutti i miei tentativi si risolsero in un'arte sterile.
Infine, dopo anni in cui la mia unica compagna fu l'immobile attesa della svolta, arrivò l'amore. Fu piuttosto l'acquisizione di una consapevolezza; nel mio animo esplose una scintilla che mi diede la conferma che cercavo: esistevo per amare ed essere amato – non senza, debbo ammetterlo, un'ingenuità frivola -. Certo, la forma non fu delle migliori, soprattutto quando compresi di non provare alcun tipo di attrazione per il sesso femminile. Tuttavia non ne feci un dramma. Anzi, ne fui immensamente soddisfatto: c'era, in me, qualcosa che mi rendeva diverso e bastò quel poco per inorgoglirmi. Ma la soddisfazione durò poco: a Sam succedette Simon, che a sua volta fu sostituito da Adam; successivamente fu la volta di Paul, che lasciò il posto al bell'italiano dai capelli castani e ricci, Alessandro; seguirono Jimmy, Christian, Daniel, Oliver. Furono tutte storie brevi, precedute da una monumentale dose di idealizzazione, cui seguiva solo una tragica delusione. Mi accorsi di amare l'idea astratta di amore e la consapevolezza della sua inarrivabilità, più che la sua attuazione pratica, e pervenni, non troppo lentamente, ad uno stato di illanguidimento dei sensi, subito sostituito da una grave forma di depressione clinica.
Credevo di aver definitivamente perso tutto quando mio padre partì per Cuba con la sua nuova amante, lasciandomi da solo, in un'immensa casa da lui finanziata (credendo di poter fare la mia gioia mandandomi un assegno mensile da far girare la testa), a crogiolarmi nei miei mali, reali ed immaginari, e ad attendere che succedesse qualcosa, quasiasi cosa che potesse distogliermi dalla situazione terribilmente statica in cui mi trovato.
Infine, in università, il giorno che succedette al mio ventunesimo compleanno, conobbi Victor, più grande di me di un anno. Inizialmente pensai di vedere il lui ciò che avevo sempre sognato: un ragazzo sensibile, dotato di un'intelligenza fuori dal comune, abile locutore dalla parlantina magniloquente, musicista sopraffino; col passare del tempo, però, le mie illusioni vennero demolite, cedendo il posto a qualcosa di inaspettato: era molto di più di quanto osassi immaginare. Era scaltro, perdizioso, ultimo vero discendente della gloriosa stirpe dei poétes maudits, abituale consumatore di droghe e dall'animo torbido; trasudava fascino e cultura da ogni poro e... mi conquistò. Fu la prima, vera volta in cui mi innamorai perdutamente. Talmente perdutamente che, una volta imboccata la strada, sapevo di non poter tornare indietro. Le giornare passate con lui a fumare marjuana e a parlare dei colossi della letteratura furono intensissimi, indimenticabili.
Tre mesi dopo, inaspettatamente, mi rivelò di essere bisessuale. Bene, pensai, allora non ho più motivo di tenermi tutto dentro. Mi confessai pochi giorni più tardi e Victor, con poche, semplici parole, mi rispose che anche io, fin dal primo momento, avevo attirato la sua attenzione e che vedeva in me l'altro lato oscuro della sua anima. Divenne il mio uomo ed il mio amore per lui crebbe vertiginosamente, fino a divenire incontrollabile.
Ma non mi resi conto che la nostra storia si stava rivelando deleteria per me. La mia depressione peggiorò, la mia insicurezza divenne abissale e dovetti più e più volte calpestare il mio orgoglio per compiacerlo. Tutto ciò per paura di perderlo – cosa che, di fatto, accadde ugualmente -. Il mio amore si tramutò in ossessione, la mia ossessione in dipendenza, la mia dipendenza in pura necessità.
Infine, dopo dieci mesi, accadde il disastro: mi tradì e mi abbandonò per una gentildonna dai capelli neri e dalla pelle candida, con enormi occhi da cerbiatto castani e le labbra carnose sempre adornate da un cupo rossetto rosso scuro, rivestita di pizzi e merletti neri. Una meraviglia, l'effigie della dea della morte sospinta dai versi di Baudelaire e Rimbaud, suadente come un Demonio e dai modi glaciali. Non so se l'amasse; non seppi nemmeno sa avesse amato me, in quel momento. Fui perso, distrutto fin nelle profondità del mio essere. Non credevo potesse esistere un dolore simile, fino a quel momento. Eppure lo provai, fino all'ultima, amarissima goccia: lo ritrovai nei battiti dissonanti del mio cuore, che si infiacchiva ad una rapidità disarmante. La mia esistenza non era più semplicemente arida, era totalmente annichilita, ridotta in brandelli talmente piccoli che era ormai impossibile riassemblarla. Ero morto, o stavo morendo lentamente, vomitando fuori, pezzo per pezzo, la mia anima lacerata.

Sono passati solo tre mesi da allora. Solo tre insulsi mesi. L'ordine della mia vita si è capovolto come vocali rimbaudiane e tutto ciò che mi resta é questo straziante dolore. Le ore, i giorni, i mesi si scompongono davanti ai miei occhi obnubilati in un risucchio cacofonico e così, anche loro, si smaterializzano.
Eppure so che non sarà così per molto; so che l'orologio sulla parete continuerà il suo percorso senza di me. Morire così, per mano di un miscuglio disordinato di farmaci, nella solitudine dello squallido vicolo dietro la mia enorme casa, mi si addice quanto basta. Victor, ne sono sicuro, la riterrebbe una morte in perfetto stile.
Lo saprà mai? E se lo sapesse, cosa direbbe?
Sto morendo per te, fottuto pezzo di merda. Per te e con te, trascinandomi dietro tutto il mio odio ed il mio rancore, maledicendo la tua esistenza e preparando la sella nella decadente stalla di Wuthering Heights: aspettami nelle sconfinate praterie, mio dannato amore.

Edited by Aborted_666 - 30/11/2011, 18:44
 
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NonnaPapera!
view post Posted on 30/11/2011, 15:21




*.* ecco finalmente la storia, e in attesa che tu continui il fumetto, non vedo l'ora di leggere il primo capitolo perchè è veramente straordinario questo prologo
 
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Aborted_666
view post Posted on 30/11/2011, 18:17




Yeeeh, grazie Nonna! Cercherò di scrivere in tempi accettabili il primo capitolo!
Pensare che a me come prologo non piace per nulla D: ... Ho seri problemi di autostima?
 
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Only_
view post Posted on 30/11/2011, 18:38




... posso commentare dicendo che non ho parole? No perché, seriamente, non so che dire.
Splendida mi sembra riduttivo, ma per adesso ti tocca accontentarti ._.'
 
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Aborted_666
view post Posted on 30/11/2011, 18:48




Mi accontento eccome xD. L'aggettivo che hai usato è più che esaltante per un'insicura come me! Grazie mille, davvero. **
 
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4 replies since 30/11/2011, 11:47   39 views
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