Nick autore: Esse_phantomhive
Titolo storia: Devil's sun
Titolo capitolo: una giornata quasi normale
Genere: slash, romantico, sentimentale
Avvertimenti: yaoi
Breve introduzione: Akira e Yuki, entrambi 21 anni, migliori amici anche se si conoscono solo da un anno e mezzo. Sanno veramente tutto l'uno dell'altro? Ma soprattutto, sanno tutto su se stessi?
Eventuali note: è una long fic senza particolari pretese, è la prima original che scrivo, e forse potrà sembrare un pò banale come storia. Spero almeno non sia malissimo da leggere <3 il rating è rosso, ma cambia di capitolo in capitolo credo.
CAP. 1-Una giornata quasi normale
Mi svegliai di colpo. Vidi il bianco del soffitto. Il cuore a tremila, il corpo sudato ed il respiro affannato. Feci un respiro profondo e lentamente mi misi a sedere al lato del letto. Ormai facevo quel sogno troppo spesso per non preoccuparmene, ed ogni volta mi svegliavo in quelle condizioni. Mi passai una mano sul viso ancora sconvolto, quando sentì il cellulare vibrare sul comodino. Lo presi senza neanche guardarlo e risposi.
“Pronto…”
“Vorrei ricordarti che abbiamo un esame stamattina, e dato il tono della tua voce mi verrebbe da pensare che ti sei appena svegliato…quindi calcolando che l’esame è alle 9, che ci vuole mezz’ora per arrivare in facoltà se tutto va bene, e che dobbiamo presentarci un quarto d’ora prima, mi verrebbe anche da pensare che sei in netto ritardo…”
Ero riuscito solo a capire che quello che mi stava parlando dall’altro capo del telefono era Yuki, il mio migliore amico. Mi domandavo come potesse avere un tono tanto squillante ed ironico di prima mattina. Ci misi un po’ per assimilare quel discorso che da appena sveglio risultava un po’ troppo complicato. Quando poi il significato di quelle parole arrivò al cervello sgranai gli occhi
“Oddio Yu ma che ore sono?”
“Le otto…quindi sbrigati Akira, che sono qui sotto ad aspettarti…”
Agganciai senza rispondere ed iniziai a prepararmi velocemente. In teoria non mi sarebbe dovuto venire a prendere, ma quei giorni ero spesso in ritardo, strano per uno come me che spaccava sempre il minuto. Quindi sicuramente alla luce dei fatti, Yuki sapendo che quella mattina c’era l’esame, aveva ben deciso di farmi questa “sorpresa”.
Ci siamo conosciuti esattamente nel secondo semestre universitario del primo anno. Infatti appena iniziata l’università non sapevo neanche chi fosse. Sapete, in una classe di cento persone, non è che uno può conoscersi tutti. Cosa che avviene invece quando le persone iniziano a rinunciare durante l’anno, ed il corso si dimezza. Alla fine vuoi o non vuoi inizi a fare amicizia con gli altri, da cento a quaranta persone c’è una bella differenza. E’ stata anche colpa mia in effetti. Iniziato il primo anno, mi ero fatto una cerchia di amici stretti, e sinceramente gli altri del corso non mi interessavano, eravamo dieci persone, e io stavo bene così. Poi queste persone abbandonarono gli studi, e del vecchio gruppo rimanemmo in tre. Tra una lezione e l’altra o nella pausa sigaretta, inizi a parlare con molta gente, ed ecco fatto che ho conosciuto Yuki. Certo, non spiccava tra le altre persone, ma è forse proprio per questo che mi colpì. Sempre silenzioso, un po’ in disparte, con gli occhi persi nel vuoto. Più che timidezza sembrava proprio vivesse in un altro mondo. Poi capì che in effetti decideva lui con chi lasciarsi andare e con chi no. Io sono sempre stato un tipo abbastanza esuberante, per mia sfortuna faccio sempre una parola di troppo e mai una in meno. Quindi malgrado la sua riservatezza, fu diciamo costretto ad iniziare a parlare. E da quando ha iniziato, non si è più fermato. Certe volte infatti mi trovavo a pensare che era meglio prima, quando la sua voce te la dovevi ricordare da quelle poche cose che diceva. Ora invece sembra sempre un fiume in piena, parla, parla, parla…e a me a volte questa cosa fa sorridere. Se c’è qualcuno con cui non ha confidenza si limita ad ascoltare, appena poi giriamo l’angolo, esplode come una bomba ad orologeria ed inizia a raccontare cose che la maggior parte delle volte non centrano nulla l’una con l’altra. Fatto sta comunque che da quando iniziammo a parlare, e lui quindi a sciogliersi nei miei confronti, non ci separammo più. Per questo, sebbene ci conosciamo a conti fatti solo da un anno e mezzo, la gente ci considera come fratelli. Io a Yuki voglio bene veramente come un fratello, e poi come potrei fare senza di lui? Perché lui è la mia agenda personale. Io per il mio carattere così esuberante, spesso mi perdo in un bicchier d’acqua, dimentico le cose e non do molta importanza ai miei impegni. Lui invece con il suo fare da “mamma” tiene a mente tutto, si preoccupa di tutto. Sarà che sicuramente la sua maturità supera la mia nettamente, o sarà forse che a volte si prende solamente troppo sul serio. La cosa più strana, è che a vederlo sembra ancora un ragazzo delle superiori. E’ leggermente più basso di me, sul metro e ottanta io, sul metro e settantacinque lui, però il suo viso ha lineamenti talmente delicati da sembrare un ragazzino. Quindi non si direbbe mai che uno scricciolo del genere possa amministrare gli impegni di due persone. Comunque a me va bene così, è bello sapere che in qualunque caso hai qualcuno che ti sorregge. Intendiamoci, non che io sia da meno, mi farei in quattro per gli amici, però lui diciamo che ci tiene a stabilire le regole. Proprio come quella mattina. Una volta preparato in fretta scesi con ancora una brioche in bocca ed il giubbotto da infilare. Uscito dal portone corsi verso la mini nera ed entrai. Appena chiusi la portiera sospirai e mi girai verso Yuki alla guida che stava già mettendo in moto. Iniziai a parlare che sembravo già stanco e con il fiatone
“buongiorno…”
“Da un bel po’ si è fatto giorno…comunque, hai battuto il record, dieci minuti esatti per prepararti, non è male…”
“E certo, se facevo fare tardi pure a te chi ti sentiva poi…”
“Guarda che l’esame lo devi fare pure tu, quindi l’hai fatto per te stesso. A proposito, parliamo di cose serie, sei pronto? Hai finito ieri sera di studiarti il capitolo? A me in teoria mancavano due dimostrazioni, ma tanto da quello che ho capito ne chiede solo una su dieci, ti pare che mi va a chiedere proprio quella che non so? Oddio, con la sfiga che mi ritrovo potrebbe pure essere, ma a quel punto nemmeno un cero acceso in chiesa mi salverebbe…e poi oh, non è che uno per una cosa che non sa ti boccia, o no?”
Eccolo che aveva ricominciato con il monologo
“Yu…per quella cosa che non sapevamo ci ha bocciato due volte…tu che dici? Comunque si, alla fine sono rimasto fino a l’una a farmi l’ultimo capitolo, anche se non c’ho capito tanto. Mah, come va va…”
“Per caso hai dormito male?”
Aveva un intuito incredibile Yuki, penso che ormai avevamo anche imparato a conoscere i vari toni delle nostre voci per capire se c’era qualcosa che non andava, visto che sia io che lui eravamo un po’ restii a parlare dei nostri problemi.
“Incubi…”
Mi limitai a rispondere
“Mmm…si ma non è la prima volta. Sempre gli stessi?”
“Si…”
Non sapeva cosa sognavo, ma sapeva che non volevo dirglielo, quindi si limitava a fare domande di circostanza
“Vabbè, però dovresti riuscire a capire da che derivano, se è un sogno ricorrente si vede che ha un certo significato no?”
Il problema era che io quel significato non lo volevo trovare, avevo paura anche di quello
“E no eh! Non iniziare con ‘ste cazzate dei significati dei sogni che ti diseredo come amico!”
“Guarda che non sono cazzate. E’ semplicemente l’inconscio che cerca di dirti qualcosa, lo diceva pure Freud…”
“senti un po’ ma perché non hai fatto psicologia?”
Era decisamente ironico il mio tono di voce
“Bho…come non so perché sto facendo architettura…”
Dopo un breve silenzio scoppiammo a ridere entrambi. Facoltà di architettura, secondo anno e non avevamo la più pallida idea di che cosa ci stavamo a fare. Bhè, in teoria la spiegazione era facilissima. Suo padre era architetto con uno studio avviato, ed io…io ero semplicemente andato ad esclusione tenendo in considerazione la difficoltà, le opportunità di lavoro e infine i miei gusti. Alla fine come facoltà non era tanto male. Arrivammo all’università perfettamente in orario, il tempo di parcheggiare ed eravamo davanti l’aula dell’esame alle 8.45, come doveva essere. Incontrammo gli altri tre del “nostro gruppo” e ci avvicinammo.
“Ooohhh, e ce la fanno ad arrivare in tempo! Che è successo, avete preso un Jet privato?”
Era Key a parlare, un ragazzo che di carattere mi somigliava molto, faceva parte del vecchio gruppo di Yuki. L’unica differenza era che i suoi toni erano spesso arroganti e fuori luogo. Il classico bamboccio insomma. Ma alla fine bastava ridere alle sue battute e non ti creava nessun tipo di problema. Tutto fumo e niente arrosto. Risposi io ridendo
“Ovvio, guarda ci hanno lasciato proprio davanti all’entrata, non l’hai sentito il rumore? Buongiorno a tutti comunque”
Accanto a Key, seduti a terra, c’erano Shyla e Kris, con il libro in mano per ripassare disperatamente le ultime cose. Erano entrambi i superstiti del mio vecchio gruppo, ed erano persone alquanto particolari. Lei, Shyla, spesso mi dimenticavo che fosse una ragazza. Non perché non fosse femminile, anzi, anche molto carina. Solo che aveva un modo di rapportarsi con noi ragazzi totalmente spontaneo, non l’avevo mai vista flirtare o comportarsi come qualunque altra ragazza di solito fa. Ma ogni spiegazione è inutile, basta dire che non aveva stretto amicizia con nessun altro se non con noi. Lui invece, Kris, credo fosse il ragazzo più normale di questo mondo.
E’ un controsenso, ma è proprio questo che lo rendeva particolare. Non l’ho mai visto alzare la voce, arrabbiarsi, o guardare male qualcuno. Era sempre disponibile, sempre tranquillo e con un sorriso sul viso che ti metteva tranquillità. Io quindi passavo le miei giornate universitarie con loro: Yuki, Key, Shyla e Kris. Davanti l’aula, ad un tratto il brusio della gente cessò. Arrivò un professore per fare una comunicazione
“Ragazzi, mi spiace molto, ma l’esame non è oggi, il professore ha sbagliato a mettere l’appello, ora non si sa a quando verrà rimandato, voi per favore tenete sempre sotto controllo i prossimi appelli…”
Si alzarono vocii generali, ringraziamenti a varie divinità e sospiri liberatori. Noi ci guardammo ridendo e Shyla iniziò a parlare
“Ooooddio, avrò perso minimo dieci chili per tutta quest’ansia! E quindi adesso? Che si fa?”
Ci guardammo tutti ed in coro quasi urlammo
“Caffè!”
Poi Kris continuò mentre ci avviammo all’uscita
“Si, però offre Yuki!”
“E perché scusa dovrei offrire io?”
“Perché sei riuscito a non far fare tardi ad Akira pure questa mattina”
Intervenne anche Key
“Sì è vero, perché non mi dire che è stato lui a non far fare tardi a te, non ci credo nemmeno se lo vedo!”
Mi sentivo abbastanza preso in causa, così decisi di rispondere ironico
“Ma avete così poca fiducia in me? Che c’è, siete invidiosi che ho la sveglia personale?”
“Si, adesso si chiama così, sveglia personale…”
L’ultima frase arrivò lontana, era la voce di Shyla, ma l’aveva quasi sussurrata, tanto che gli altri neanche sembravano essersene accorti mentre ridevano. Guardai un secondo Yuki, si, lui l’aveva sentita. Alzammo le spalle non capendo cosa volesse dire ed arrivammo al bar, non so perché però, mi prese un senso d’ansia.
Dopo aver preso il famoso caffè che Yuki alla fine fu costretto a pagare, salutammo tutti e ci avviammo alla sua macchina. Una volta partiti fui io a prendere il discorso
“Senti un po’, ma Shyla?”
“Alla frase ti riferisci?”
“Si…”
“Non lo so…a come l’ha detta lei…sembra come se…”
Io sgranai gli occhi e lo guardai un attimo. Poi scoppiammo a ridere, io tra le risate cercavo di parlare
“M-ma dai, ti pare che diamo quell’impressione?”
“Ma infatti, quella ragazza sotto sotto mi sa che è parecchio maliziosa, e poi sinceramente è la prima volta che sento una cosa del genere, se così fosse credo che prima di lei sicuramente Key avrebbe fatto dell’ironia non ti pare?”
“Capirai, ignorante com’è!”
Ricominciammo a ridere, anche se a me qualcosa non quadrava. Tra il sogno e la frase di Shyla mi sentivo un po’ frastornato, così decisi di cambiare discorso
“Vabbè, casa tua?”
“Emmm guarda scusa ti lascio a casa che devo incontrare una persona…”
Io rimasi un attimo perplesso, poi mi ripresi parlando ironicamente
“Ah si? Hai capito…c’hai anche gli appuntamenti di nascosto…”
“No…cioè si…vabbè niente di quello che credi”
“Si si, dai su spara, chi è questa?”
“Te l’ho detto, niente del genere”
“mmm…vabbè, sono affari tuoi, comunque lo sai che non ti credo per niente no?”
“SI lo so…ma fai male a non crederci. Tu piuttosto, che fine ha fatto Kim?”
Già, Kim. Era una ragazza che seguiva un altro corso, a quanto pareva era follemente innamorata di me, così una volta che si dichiarò iniziai ad uscire con lei. Roba di
poco, massimo due settimane. Poi non so, non l’ho voluta più sentire ne’ vedere. Nella mia vita, quindi in 21 anni, non ho mai avuto una storia seria. Tutte avventure se così le si può chiamare, e neanche poche. Solo che non riuscivo a legarmi a nessuna, anzi spesso era un vero e proprio sacrificio starci insieme. La colpa ovviamente la davo all’età e quindi al fatto che uno si deve divertire. Chissà perché però alla fine nemmeno mi divertivo. Yuki invece da quanto sapevo aveva avuto una storia seria durata 3 anni, ma pare sia finita in malo modo, e sinceramente non mi ha mai detto nient’altro neanche come si chiamasse lei. Comunque prima di rispondere ci pensai su
“Kim…bho, non la sento più…”
“Ma dai era carina! E poi era persa di te! Quand’è che sta testaccia la metti apposto?”
“Che centra scusa…non è che devo stare con chi non voglio stare per mettere la testa apposto!”
“Si ma a te non va neanche mai bene niente! Che poi alla fine possibile che non ne hai trovata una che sia stato in grado di superare le tre settimane?
“Perché mi dovrei accontentare? E comunque si, una c’è stata, è durata un mese…”
“Ah si? E come si chiama?”
“…”
“No cioè, non dirmi che nemmeno te lo ricordi…!”
“Oh Yu, stai in vena di prediche oggi? Già ci pensa mia madre con il suo "quando ce la porti a casa una bella ragazza?" Mo ci manchi pure tu! E meno male che adesso vivo da solo e la devo sentire giusto qualche volta, ma tanto ci pensi lo stesso tu a fare le sue veci!”
Scoppiò a ridere e per poco non facevamo un incidente
“Oddio mio me la immagino, santa donna tua madre! Dai ho capito, lascio perdere che tanto sei un caso perso, e più che altro perché siamo arrivati”
“Ecco, e meno male, sennò continuavi all’infinito! Vabbè, io vado, grazie per stamattina, a domani”
“Di niente caso perso”
Gli lancia un’ultima occhiata e scesi dalla macchina.
Ok...la mia autostima non è il massimo, quindi non credo sia una storia così particolare. Per me se siete arrivati fino alla fine è tantissimo e già ringrazio ** spero di essere riuscita a compilare nel modo corretto la tabella, sono una frana in queste cose Edited by Esse_phantomhive - 5/12/2011, 18:12