Nick autore: EliaCup
Titolo storia: The Power
Titolo capitolo: L'inizio di tutto
Genere: Shounen-ai
Avvertimenti: Sarà una Long-fic, quindi più avanti la storia cambierà (mi sa che diventerà piuttosto mooolto lunghina), ci saranno anche capitoli "Arancioni"
Breve introduzione: Il protagonista è un ragazzo di nome Elia, desideroso di diventare forte, per proteggere tutti! Soprattutto questo capitolo si concrentra con l'incontro di un misterioso ragazzo di nome Koan.
Eventuali note: Questa storia inizierà come una normale storia d'amore, ma si svilupperà in un racconto fantasy.
Il potere è qualcosa che tutti noi sogniamo, alcuni lo esibiscono, altri lo desiderano, alcuni lo temono, ma ciò che ci rende umani è il desiderio di potere, potremmo anche desiderarlo segretamente, ma in fondo al nostro cuore sappiamo di volerlo, quella che sto per raccontare e la storia di un adolescente, desideroso di potere, ma essendo molto umile ne temeva il prezzo, temeva che il potere avrebbe potuto corrompere il suo animo, trasformandolo in un mostro a cui piace solo esibire il proprio potere.
Solitamente molti desiderano il potere, alcuni trovano soddisfazione nel potere politico, altri nel potere giudiziario, ma io non mi accontentavo, o meglio, consideravo quel tipo di potere, frivolo, superfluo, il potere che cercavo io era potere fisico, riuscire a prevalere sugli altri con la forza, ma non come molti di voi avranno già immaginato, io facevo sempre qualcosa che mi fosse di utilità quindi avevo una spiegazione per tutto, o così mi piaceva credere…
Io mi ero messo a studiare le arti marziali in cerca di potere, sono sempre stato veloce ad apprendere, qualsiasi cosa, era una mia capacità, nelle arti marziali cercavo la conoscenza per la mia mente, le regole di un duro allenamento, per il mio corpo, e la forza per proteggere ciò che ritenevo giusto, ciò in cui credevo, i miei ideali erano forti, non mi sarebbe importato se tutti ritenevano sbagliato ciò che io ritenevo giusto, io avrei seguito i miei ideali fino alla morte, per me questo era il segreto del vero potere.
In soli tre mesi riuscii a prendere la cintura nera nel karatè, in un anno ero diventato cintura nera di Jujitsu, Judo e Kung-fu, in soli tre anni divenni maestro in tutte le arti marziali e maestro nell’utilizzo di ogni tipologia di arma, ormai non c’era avversario che non potessi battere, ma la mia paura più grande era di perdere l’umiltà della mia anima, ogni giorno per tenere a freno quegli impulsi generati dal mio potere, meditavo, a volte persino per delle ore, non volevo… non potevo, che l’impulso di dimostrare a tutti che ero il migliore, che avrei potuto schiacciare chiunque con la mia forza, prevalesse su di me, per evitare ciò non mi mettevo mai in luce, non partecipavo mai ai tornei, quando c’erano delle persone nelle vicinanze non mi allenavo mai, e quando qualcuno mi sfidava in combattimento rifiutavo con la scusa che ero troppo debole, e se non potevo rifiutare, facevo in modo di sembrare un idiota, insomma… nessuno conosceva la mia vera forza, ma ogni giorno della mia vita lo passavo sperando che accadesse un fatto che mi avrebbe permesso di mettermi in luce, ma per uno scopo più alto, sperando che un giorno avrei avuto la possibilità di proteggere qualcuno, cosicché sarei stato ammirato e amato dagli altri.
Tutto ciò accadde in quei tre anni, in cui io divenni maestro in tutte le arti marziali, ovvero dai miei dodici anni, fino ai miei quattordici anni, alla fine mi resi conto che ciò che desideravo era solo un illusione, un sogno fanciullesco che nella realtà non si avvera mai, quindi lasciai per sempre le arti marziali e gli allenamenti, cercai di dimenticare… nonostante abbandonai tutto la meditazione ormai faceva parte di me e non potei abbandonarla, per due anni continuai a meditare lasciando che i ricordi, le tecniche e gli allenamenti sbiadissero nella mia memoria, quando all’età di sedici anni mi ritrovai ad essere un ragazzo solo e emarginato, perché potevo far sparire i miei ricordi,ma non i miei ideali.
Durante una lezione di matematica mi misi a ripensare a quei tre anni che sembravano lontanissimi, e mi chiesi tra me e me se ero ancora in grado di fare ciò che un tempo ero in grado di fare, tutto quel potere che avevo… lasciata la scuola ritornai per la prima volta dopo due anni in quella radura, era una radura non molto grande, ma a quei tempi era perfetta per me, perche era al centro di un bosco, lontana da qualsiasi persona potesse vedermi per sbaglio, ricoperta di erba sofficissima, in grado di attutire le cadute quando cadevo allenandomi e quel prato di un verde brillante, a chiazze colorate per via dei fiori, al cui cento si erigeva imponente un melo, che creava un ombra perfetto per riposarsi dopo un duro allenamento, quel luogo, mi infondeva pace nel cuore e mi dava sempre la carica per ricominciare ad allenarmi, nonostante la stanchezza, a volte mi fermavo sotto il melo ad ammirare quel paesaggio, che da dietro gli alberi del bosco non si vedeva, era un luogo paradisiaco, che avevo abbandonato due anni orsono e che era rimasto immutato tutto quel tempo, come se lì il tempo non influisse minimamente.
Subito andai sotto il melo, che siccome era primavera era in fiore, iniziai a meditare, credo che passò mezzora prima che riaprii gli occhi, volevo provare a vedere se riuscivo a fare ciò che facevo un tempo.
Mi alzai e mi diressi verso un tronco di un albero, era ancora ricoperto di ammaccature, graffi e tagli, quello era il tronco d’albero che utilizzavo sempre per allenarmi, avevo scelto quello perché era il più resistente di tutta la radura.
Sollevai la gamba destra e diedi un calcio al tronco, e con mia sorpresa notai che non l’avevo neanche scalfito, provai di nuovo con più forza, ma cadde solo qualche briciola di corteccia, iniziai ad irritarmi, a quel punto diedi un calcio al tronco con tutta la forza che avevo nella gamba, ma l’unico risultato fu che pensai di essermi rotto un piede, dal dolore che provavo, sedendo a terra e tenendomi il piede sentii una risatina soffocata, da dietro un albero, dissi a gran voce :” Chi cè? Fatti vedere!”, a quel punto resosi conto che era stato scoperto un ragazzo che aveva più o meno la mia età uscì timidamente da dietro un albero, era un ragazzo davvero strano era abbastanza chiaro di pelle, era biondo con la radice castana, ma quello che mi colpì di più di lui fu la fragilità che dimostrava, sembrava che se fosse caduto, sarebbe andato in mille pezzi, come se fosse una statua di cristallo, lui teneva lo sguardo fisso per terra, evidentemente imbarazzato e io fisso, rapito da quella fragilità che dimostrava, poi mi ricordai che lui era venuto nel mio posto segreto e feci per gridargli cosa ci facesse lì, ma appena alzai la foce vidi che si mosse per allontanarsi, come se il mio alzare la voce, lo trafiggesse come una lama, subito me ne accorsi e cambiai tono di voce, con tono gentile domandai, come mai si trovasse in quel luogo, dato che la foresta non sembrava un luogo adatto a lui, il ragazzo meno impaurito smise di ritrarsi, ma continuò a guardarsi le punte delle scarpe in silenzio, a quel punto mi chiesi se quel tipo non avesse qualche sorta di handicap, feci per avvicinarmi, ma il piede mi fece male e strinsi i denti, per la prima volta il ragazzo misterioso alzò lo sguardo e con aria preoccupata si avvicinò a me con passo svelto, si chinò sul mio piede e iniziò a fissarmelo e a tastarlo in vari punti, ora che era più vicino mi accorsi che sembrava più giovane di quanto in realtà fosse, per un attimo percepii una punta di invidia da parte mia nei suoi confronti, in quel momento lui mi premette con il pollice sulla caviglia e io strinsi nuovamente i denti, io dissi :”forse è rotto”, lui fece per togliermi la scarpa, ma io ritrassi il piede dicendo :”ehi!”, lui dapprima mi guardò con uno sguardo innocente, poi fece tre passi in dietro e si rimise a guardare per terra, non so perché ma mi sentii in colpa e dissi con voce gentile :”continua pure” lui si riavvicinò, tenendo sempre la testa bassa, senza mai guardarmi negli occhi, mi tolse la scarpa e il calzino, aveva una borsa a tracolla, tirò fuori una bomboletta di ghiaccio secco e una garza, feci per chiedergli se sapeva cosa stesse facendo, ma mi trattenni per paura di urtare i suoi sentimenti, lui prese in mano la bomboletta, ma guardandomi in faccia notò la mia perplessità, allora abbassò lo sguardo e disse con voce flebile :”non è rotto, hai una caviglia slogata, ora te la fascio, non ti preoccupare.”, aveva appena parlato, allora io sorrisi contento e gli dissi che era ok, e anche lui allora sorrise, mi mise il ghiaccio e mi fasciò la caviglia e poi mi disse di provare ad alzarmi, un po’ titubante mi alzai e con meraviglia mi accorsi che non mi faceva più male, lo ringraziai e gli feci i miei complimenti per la sua bravura e gli chiesi quale fosse il suo nome e chiesi nuovamente cosa ci facesse in quel luogo, abbastanza lontano dalla civiltà, lui mi disse di chiamarsi Koan, però non volle dirmi cosa ci facesse lì, allora mi presentai anche io, gli dissi che mi chiamavo Elia, e che questo posto l’avevo trovato io molto tempo prima e gli chiesi se gli piaceva, Koan rispose con un flebile “si” io aggiunsi ;”non parli molto vero?”.
Dopo un po’ di suppliche lo convinsi a raccontarmi cosa ci facesse lì, mi raccontò che un estate, tempo prima, mi aveva visto allenarmi, mentre stava passeggiando nel bosco, gli piaceva molto il modo in cui combattevo e sarebbe voluto venirmi a parlare subito, ma si vergognava, perché non si reputava all’altezza, allora ogni giorno tornava e di nascosto mi guardava allenarmi, e che da quando avevo smesso di allenarmi, ha continuato a venire lo stesso, giorno dopo giorno, nella speranza di rincontrarmi, allora io imbarazzato dissi :”allora… tu… ai visto i miei veri… veri allenamenti?”, Koan d’improvviso si accese, e disse :”si!, eri così bravo, con tutti quei pugni e calci, a me però non riuscirebbero mai…” io allora ribattei :”sarà forse vero, ma non c’è nessuno che potrebbe curarmi meglio di te, e in fondo ormai, potresti farmi compagnia, non è che io abbia molti amici” Koan mi guardò, come se fosse appena successo un miracolo divino, lui però disse che accettava solo a patto che io tornassi ad allenarmi, perché non avrei mai dovuto abbandonare una cosa che mi piaceva fare dal profondo dell’anima e che da quel giorno in poi sarebbe stato lui a curare le mie ferite quando me le sarei fatte, quella era una promessa, nonostante era quello che Koan voleva fare, mi ci volle un ora per farglielo dire, allora ci scambiammo una promessa, lui mi avrebbe assistito nei miei allenamenti e io lo avrei fatto essere meno timido e chiuso in se stesso, e nei miei pensieri aleggiava piacevolmente un pensiero,
“ora ho qualcuno da proteggere…”
Mi sono appena reso conto di aver fatto un sacco di errori!!! Troppe ripetizioni e se voglio continuare a fare una storia così lunaga (chissà quanto durerà...) dovrei metterci più scene d'amore, sennò il lettore potrebbe stufarsi, che tragediaaa!!!!
Facciamo così, datemi un parere, se pensate che è meglio continuare ditemelo, sennò ne inizio una nuova, casomai più corta. XP