Sonata for Violin, Partecipa al contest: Regalami una citazione

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view post Posted on 29/10/2012, 12:54
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Da Pinguinolandia

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Autore: kymyit
Fandom: Originale
Genere: introspettivo, sovrannaturale, mistero.
Avvertimenti: Slash, argomento delicato (religione)
Rating: Arancione

Personaggi:
Michele e Beelzebub, accenni ad altri angeli e diavoli sono sparsi qua e là.

Citazione scelta per il contest: "La verità, come la luce, acceca. La menzogna invece è un bel crepuscolo, che mette in risalto tutti gli oggetti."
Albert Camus, La caduta, 1956

Note:
Vi rimando alle note finali per varie puntualizzazioni, ma volevo avvertire che toccando il tasto religioso non so se paicerà o se possa turbare qualcuno. Non è mia intenzione, perciò, prendetela come un normale racconto. Non faccio riferimento a scritti vari, diciamo che a parte le cose essenziali è tutta farina del mio sacco ^_-

Sonata for Violin



Dacché rammentava, non c’era stata volta che il suono del violino di Bel non avesse accompagnato il suo risveglio. Le squillanti e dolci note s’immergevano nel suo sogno e accompagnavano la coscienza nel riemergere alla veglia. Era una sensazione di godimento intimo, un tocco di felicità anche nei giorni che si preannunciavano pessimi a giudicare dai precedenti. Aprendo appena gli occhi, anche quel mattino incrociò il suo sguardo: dolce, concentrato, le labbra schiuse appena, per accompagnare col respiro le note strimpellate dall’archetto. C’era un che di malinconico in sottofondo, come la reminescenza di una vita trascorsa.
-Buongiorno.- lo salutò Bel.
Il suo vero nome era Beltramo, suo nonno si chiamava così. Sapeva di vecchio e d’illustre e non rispecchiava l’immagine che lui si ostentava a mostrare di sé.
Appariva trasandato, i capelli scuri e ispidi, gli occhi perennemente impiastrati di trucco che sembrava sfatto, gli zigomi spigolosi e le guancie incavate. Alcuni, ancora, ritenevano che non seguisse una dieta corretta, per essere così magro. Ma la verità era che la genetica, talvolta, è una pesante croce da portarsi dietro.
-Buongiorno…- masticò Michael sedendosi sul letto, senza accennare a voler fare di più. Gli piaceva sentirgli suonare il violino e non capiva proprio per quale assurdo motivo si ostinasse a non fare buon uso di quell’arte.
Bel aveva avuto problemi con suo padre ed era stato lui a imporgli d’imparare a suonare quello strumento, eppure, quando eseguiva qualche brano, quando componeva qualche melodia o ne improvvisava una seduta stante, nel suo volto non vi era alcuna traccia di conflitto fra emozioni positive e negative, solo una pacata dolcezza.
Quando l’esecuzione terminò, il musicista mancato posò il violino ai piedi del letto e annunciò energico -E’ ancora presto, perciò credo ti preparerò una colazione sostanziosa.-
Erano le sei del mattino, relativamente presto, relativamente tardi, a seconda dei punti di vista. Per Michael era ormai l’abitudine e, accompagnato delle squillanti note del violino, il suo risveglio era tutt’altro che difficile.
L’odore delle uova e della pancetta che sfrigolavano nella padella pervase le sue narici, si lasciò tentare dalla curiosità di ammirare ancora una volta Bel alle prese coi fornelli. Era bello guardare la sua figura ossuta cinta in un grembiule da cucina e le sue forme asciutte che spiccavano sotto i vestiti. Rimase immobile con lo sguardo sul suo fondoschiena. Era stretto e bello da vedere, voleva toccarlo, prenderlo fra le mani e stringerlo e poi afferrargli il viso allo stesso modo e baciarlo sulle labbra.
-Se hai finito di guardare, la colazione è pronta!-
Ma Bel gli leggeva nella mente vanificando i suoi intenti e gli metteva sotto il naso il piatto fragrante, lo distraeva dai suoi propositi e lo costringeva ad essere lui l’oggetto dei suoi sguardi. Mentre mangiava, sentiva i suoi occhi scrutarlo come una macchina fotografica che immortala ogni più piccolo dettaglio.
Chiacchieravano spesso, ogni mattina, almeno fino alle sette, quando entrambi scendevano le scale e superavano il vialetto del giardino. Una volta chiusi gli sportelli delle auto, all’uno restava solo la voce dell’altro nella pausa pranzo sino alla fine della giornata, quando nudi si scambiavano passionali effusioni prima di crollare fra le braccia di Morfeo.
Michael chiuse gli occhi, si sentiva protetto e felice fra le braccia di Bel e in quel momento nel suo mondo c’era solo ed esclusivamente lui.


°





Aprì gli occhi a fatica, strappato al sonno da un profondo senso di fastidio e il dolore lancinante lo pervase insieme alla consapevolezza rinnovata della sua condizione. Lui, Michele, Generale dell’Armata Celeste, era prigioniero all’Inferno a causa del proprio peccato.
Gli Angeli, di norma, sono creature sante, godono della protezione divina e l’Inferno non può scalfirle, ma lui aveva perso la propria lucidità e si era lasciato divorare dall’odio e dal rancore che nutriva per Lucifero e questi non aveva esitato a ghermirlo in quell’attimo di debolezza.
Strattonò invano le catene roventi che gli bruciavano i polsi e le caviglie, che gli annerivano le ali e stringendole smorzavano il suo respiro, già debole per l’acro odore del fumo e delle carni sfrigolanti, per l’aria rovente che incendiava i polmoni.
Era debole e vulnerabile perché odiava, questo lo sapeva, ma non poteva farne a meno.

Lucifero aveva rovinato ogni cosa con la sua superbia. Il mondo era nel caos più completo, gli umani non vedevano più punti di riferimento. Erano alla deriva, confusi dai piaceri e dai vizi, ingenuamente attratti da falsi valori divenuti I VALORI di quella nuova era.
E tutto perché Mr.Io-sono-Dio aveva deciso di innalzarsi più dell’Altissimo scatenando una ribellione fra gli Angeli e i membri più valenti dell’Esercito Divino l’avevano seguito.
All’inizio, Michele era convinto si trattasse di un comune abbaglio, poi, però, aveva compreso che in tutti i caduti vi era da principio il medesimo desiderio riottoso e che Lucifero si era limitato ad essere esempio in nome di una libertà blasfema.
-Dormito bene?-
Ogni volta che apriva gli occhi, incrociava la sua figura, Beelzebub, il famelico Arciduca degli Inferi, sedeva sul medesimo masso e lo fissava con i suoi occhi di brace, come a volersi nutrire del suo dolore e sembrava gradire il pasto, perché ne reclamava ancora senza tregua alcuna.
-La cosa ti diverte?- rispose con una domanda palesemente retorica, alla quale il Demonio rispose con una vaga alzata di spalle.
-Beh, direi di sì, mi diverto sicuramente più di quella volta che hai tentato di tagliarmi la coda, Michelino.-
-Non chiamarmi Michelino!- esclamò irritato Michele allungandosi verso di lui. Le catene lo bloccarono e la loro stretta forte sulle ali lo costrinse a piegarsi in due e tossire con violenza, ad annaspare in cerca d’aria.
-Scusa, mi viene difficile quando sei tu il primo ad apostrofare gli altri.- rispose quello -Figli degeneri, angeli ingrati, signore delle mosche, botte senza fondo ingrata, per non parlare dell’ultima volta… conosci il detto del non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te? Mi pare sia fra le prime cose che s’insegnano lassù.-
-Non venire a fare la morale a me, tu, schifoso reietto!-
Beelzebub incassò l’insulto con flemma, come se non lo toccasse affatto, si alzò poi dal suo masso e raggiunse l’Angelo imprigionato fra le più resistenti catene del mondo degli Inferi. Catene che nessun fuoco o luce avrebbero potuto sciogliere, che nessuna forza avrebbe potuto spezzare, finché persisteva il peccato nel cuore del prigioniero che legavano. E che ne dicesse Leviathan, era stata una SUA idea quella di usarle contro Michele.
Gli prese il viso fra le dita nodose e lo costrinse a guardarlo dal basso verso l’alto, godendo della propria vile superiorità.
Oh, quanto desiderava infierire!
-Visto? Non sei poi così santo se ti lasci andare a certe pulsioni, ci godi proprio a sprecare il fiato a questo modo? Perché allora non fai qualcosa di più utile?-
Afferrandolo per i ricci biondi lo strattonò premendogli la testa contro il proprio inguine e mosse il bacino con aria provocatrice. Michele emise un verso disgustato e si oppose. Le catene si strinsero intorno alle sue ali e smise di respirare. Annaspò in cerca d’aria, lottò invano contro la presa del Demonio, inutili furono i suoi tentativi, Beelzebub si eccitava di tutto ciò, lo sentiva indurirsi e premere contro la guancia. Scosse il capo in un ultimo accesso di ribellione, ma ottenne solo di baciare la stoffa dei suoi pantaloni, d’impregnarla di saliva. E Beelzebub si eccitava, soffocandolo nella sua presa, beandosi del suo profondo disgusto, finché non perse la voglia di lottare.

°




-Hai fatto un brutto sogno?- gli domandò Bel, Michael annuì, nascondendo il viso sotto le coperte. L’altro gli carezzò la fronte chiara con delicatezza, poi corse a prendere un termometro, lasciando il violino ai piedi del letto. La sua melodia quella mattina l’aveva sentita appena, era stato così difficile aprire gli occhi, gli era parso come di morire fra le spire di un incubo terrificante. Il corpo gli bruciava, divorato dalla febbre.
-Quaranta.- annunciò l’altro con apprensione -E’ meglio se chiami a lavoro e avverti che non puoi andare.- gli disse. Michael gemette infastidito alla sola idea, ligio al dovere come sempre.
-Non fare il bambino, con questa febbre non servi a niente.-
Quello fece per protestare, ma Bel gli mise il telefono accanto all’orecchio con la chiamata già inoltrata. Si sentì costretto a prendersi dei giorni di malattia ma, nonostante la sensazione di disagio, riuscì a trovare un briciolo di pace in fondo al cuore.
-Hai preso freddo? C’era qualcuno con l’influenza a lavoro?- Bel lo tempestò di domande mentre si adoperava a preparargli del tè caldo per tirarlo un po’ su. Michael amava quel suo continuo premurarsi per lui. Gli rimase a fianco tutto il giorno, si preoccupò di cambiargli la pezza bagnata ogni tot di minuti con precisione certosina, lo fece sentire bene il suo sacrificio gratuito. Anche Bel aveva un lavoro, ma aveva rinunciato ad andarvi per curarlo. Doveva uscire con i suoi amici per vedere la partita di football, ma quella notte restò al suo fianco a lottare contro la febbre che lo divorava, a tranquillizzarlo quando sopraggiungevano delle crisi respiratorie. A tratti Michael si sentiva soffocare, eppure la presenza dell’altro gli infondeva tanta di quella forza, da renderlo certo dell'imminente guarigione.
-Suona qualcosa per me.- disse con voce flebile, gli occhi liquidi di febbre e sonno. Bel annuì e prese il suo violino dalla custodia scura, scorse l’archetto sulle corde tese e le prime malinconiche note guizzarono nell’aria.
Nella mente di Michael l’esecuzione giunse ovattata, lontana, nella nebbia del suo malessere lo guidò verso un sonno profondo.


°




Michele si svegliò di soprassalto, confuso, era musica quella che aveva udito nella cacofonia di dolore e disperazione degli inferi? Beelzebub era sempre di guardia sul masso, come un perfetto cane dedito al dovere impostogli dal suo padrone anche se, no, lui non era un tipo fedele, anzi, portava avanti i propri piani sfruttando tutto e tutti, persino l’alleanza con Lucifero era, parole sue, utile ai suoi scopi.
Quali fossero, lo sapeva solo lui.
Quella musica… gli ricordava quei giorni in cui Beelzebub componeva le sue melodie e lo rendeva partecipe dei suoi strimpellii selvaggi, quando ancora era un Cherubino e cantava le lodi al Signore al suo fianco.
Giorni lontani, tristemente perduti, affogati nel sangue e nel peccato.

Le catene erano ancora salde intorno ai suoi polsi, alle caviglie e alle ali. L’Arcangelo tentò di rimettersi in piedi, ma le gambe erano stanche e cedettero sotto il peso del corpo. Rimase appeso per le braccia ormai insensibili, e le ali strazziate, piume sporche formavano un pietoso tappeto sulla roccia irregolare e rovente, il sangue rappreso gli sporcava la pelle perfetta e gli abiti un tempo candidi.
-Hai fatto un bel sogno?- domandò il Diavolo con un’espressione di pura curiosità dipinta in volto e l’Angelo rimase interdetto.
Se era stato un bel sogno?!
Evitò il suo sguardo.
Beelzebub sorrise in risposta e gli si avvicinò ancora. Istintivamente, Michele indietreggiò per sfuggirgli, la stanchezza però lo tradì e ricadde sulla pietra rovente. Le sue ginocchia, ormai, erano masse informi di carne ustionata. Il Diavolo gli girò intorno diverse volte, ammirando compiaciuto la propria opera, ma senza alzare un dito su di lui, non ancora.
-Perché non si è ancora fatto vedere?- domandò Michele con una punta di astio nella voce.
-Il grande capo? Ama farsi attendere. Specialmente se la cosa ti fa incazzare così tanto.-
-Qual è il suo scopo?-
-Ehi, semmai sarei io a doverti fare queste domande! Non posso dirti che cosa stia tramando, non lo sa nessuno qui.- esclamò esasperato il Diavolo.
Michele inarcò un sopraciglio, confuso.
-Faccia d’angelo, siamo all’Inferno! Non mi fiderei neppure di mia madre, se ne avessi una. Neppure di me stesso, quasi. ‘Sto posto è un autentico cesso pieno di stronzi pronti ad affondarsi gli uni con gli altri. Per stare a galla bisogna diventare belli grossi. Dei bei, grossi, pezzi di merda.-
-Se la cosa ti turba così tanto, avresti dovuto pensarci prima.-
Beelzebub si fece serio e lo fissò dritto negli occhi. -Un tempo eri capace di perdonare, Michelino.-
L’Arcangelo deglutì, ferito nel profondo. Si morse le labbra per scacciare il dolore dalla mente.
-Un tempo ero ingenuo.-
-Ora sei cieco.-
La replica gli morì fra le labbra quando quelle di Beelzebub gli chiusero la bocca. La sua lingua ruvida lo profanò ferendolo nel profondo. Sollecitava le sue mucose e il corpo improvvisamente andò in fiamme. Non vere fiamme d’inferno, fiamme interiori che incendiano le membra, le fiamme del piacere che tradiscono i corpi accendendoli contro la loro volontà. Beelzebub quasi sussultò di gioia quando la lingua di Michele si mosse con la sua, ma l’Angelo si fermò immediatamente, intimorito dal proprio gesto.

Un tempo lui e Beelzebub erano uniti, come fratelli, molto affiatati fra le schiere celesti. Ancor prima che l’uomo nascesse, avevano trascorso eoni a guardare l’operato di Dio con passione e amore e avevano assistito al cammino di Lucifero verso la perdizione.
Lui era bello, il più bello di tutti gli angeli. Vi era una perfezione quasi divina nelle sue fattezze e ciò lo rese superbo. Era sempre così altezzoso ed egoista, ma diceva delle cose con voce tanto soave ed appassionata, che si finiva per credere alle sue parole sempre e comunque. Ricco di doni, meravigliosa prima creatura angelica di Dio, era talmente perfetto, che la sua caduta scosse il Cielo.
Voleva essere Dio, per Michele non vi era peccato più grave che quel tradimento e ancor più terribile fu lo scoprire che anche Beelzebub aveva imboccato il medesimo cammino.
-Aspiro ad essere libero, ad avere tutto per me. E tu?-
Michele non comprese quella domanda. Ciò che gli angeli desideravano più di ogni altra cosa, non era forse servire il Signore e preservare la sua creazione? All’inizio questo fine era vago, ma quando il cielo si tinse di rosso, quando la ribellione reclamò la Creazione, quando Lucifero rivolse la sua spada contro l’Altissimo, Michele comprese che il suo posto era alla guida delle schiere a Lui fedeli.
In quel momento era consapevole di quella scelta.

Invece, fra le mani roventi di Beelzebub perse anche la cognizione di se stesso.
I suoi tocchi…
Lui stava godendone?
Nella sua meraviglia vi era un orrore sconfinato: quel piacere era peccato e lui n’era partecipe consapevole.

°



Michael si svegliò di soprassalto, le membra gelate dai sudori ghiacciati residui della febbre. Bel riposava accanto a lui. Era la prima volta che si risvegliava e lo vedeva dormire. In quel momento, senza il suono del violino ad accendere di magia l’atmosfera, la quiete della stanza incuteva nel suo animo uno strano senso di malinconia.
Come se l’incanto fosse stato infranto.
“Forse è colpa della febbre.” Si disse tastandosi la fronte ancora calda e rintanandosi sotto le coperte. Si accoccolò accanto al suo ragazzo ma, per la prima volta, pensò quanto fosse strano definirlo in tal modo, toccare il suo corpo maschile come se fosse la cosa più normale del mondo, pensare a cosa fare con le sue labbra, o peggio con altre sue parti del corpo, lo fece avvampare di vergogna e si scostò, turbato, in lotta con se stesso. Forse era solo la febbre a confondergli le idee. Nella propria mente, Michael lottava contro quei fastidiosi pensieri che sembravano appartenergli da sempre, ripetendosi “E’ solo un sogno, è solo un sogno.”
Perché non poteva essere altrimenti!
Amava Bel e di punto in bianco non poteva disgustare tutto ciò che aveva adorato soltanto fino al giorno precedente!
Le corse a piedi nudi sulle scale, le zuffe in giardino, i baci dati sotto la siepe per sfuggire agli sguardi curiosi e maligni della vicina impicciona, proprio quella che con la scusa del sale terminato tentava di controllare in casa. Oh, Bel un giorno le aveva dato una lezioncina che ancora lo faceva ridere di cuore. E come dimenticare la faccia della bisbetica donna, quando davanti alla porta chiusa si era trovata, già predisposti, sale, zucchero, olio, aceto e chi più ne ha più ne metta, sotto il cartellino “Do not disturb”. Quei giorni spensierati in cui si accoccolavano sul divano al caldo di una coperta per due, con una busta di cartone ricolma di caldarroste e uno dei classici film natalizi in televisione. O come quando preparavano le vacanze e tentavano di infilare le loro cose nella macchina di Bel e quello cercava di portarsi dietro anche il suo frigorifero portatile fissandolo sul portapacchi. Aveva sempre una fame d’inferno, Bel. Quante liti stupide per quel dannato frigorifero…

Quel banale dettagliò scoccò nella mente di Michael come una scintilla di dolorosa consapevolezza. Era irreale, tutto era irreale, improvvisamente sentì una voce nel cuore dirgli chiaramente “E’ solo un sogno.” E nel subconscio un’altra, sottile, vocina osava pronunciare “Un bel sogno.”
Ma era soltanto quello e nient’altro.
Si alzò nella penombra della stanza, debole e febbricitante, leggero ed inconsistente. In quelle leggere tenebre, i contorni delle cose si facevano più sfumati, irreali, il respiro di Bel un soffio leggero di vento e la porta d’ingresso pareva l’unica cosa che davvero contava. Michael la raggiunse e mise mano alla maniglia, indeciso se abbassarla, vi era la luce là fuori, una luce diurna a dispetto delle stelle che rischiaravano la stanza insieme alla pallida luna.
-Te ne vuoi andare?- domandò una voce alle proprie spalle e il ragazzo si voltò, ormai consapevole.
-Sei disgustoso.- disse.
-Non pensavi che lo fossi ieri notte. Non lo pensi neppure adesso, Michelino.-
Era Bel, no, Beelzebub.
In realtà non c’era mai stato un Bel, era stata tutta una maligna illusione. L’Arcangelo s’irrigidì. Rabbia, dolore, frustrazione, tristezza e vergogna lo percossero nel profondo del cuore.
-Adesso che l’hai provato sulla tua pelle, pensi ancora che sia così disgustoso?- domandò il Diavolo avanzando verso di lui che indietreggiò, senza però cambiare espressione.
Era deluso.
-Pensi ancora di essere così imparziale?- continuò il Diavolo con un sogghigno. -Pensi che sia facile solo con la forza di volontà fermarsi quando si provano certi sentimenti?-
-Pulsioni.- rispose secco.
-Sentimenti, non solo pulsioni. Non c’è solo perversione, ma tu questo non lo riesci a vedere perché sei cieco!-
-E tu hai ben pensato di farmi la morale con quel… quel…-
Beelzebub sorrise socchiudendo gli occhi e si fece più vicino a lui.
-Ti dispiace sapere che era tutto finto, vero?-
Michele trasalì.
-No! Certo che no! Mi chiedo come tu possa essere arrivato a tanto e per quale assurdo motivo!-
Il Diavolo mise su un’espressione saccente e dubbiosa al tempo stesso, come meravigliato di quella risposta così ingenua. Si arrampicava sugli specchi il Generale Celeste, chi l’avrebbe mai detto?
-Andiamo, ho fatto molto peggio di questo. Stavolta te la sei presa perché la cosa ti ha toccato, sei tu in tentazione.- esclamò allungando la coda e ghermendogli il bacino. Con forza lo attirò verso di sé. L’Arcangelo spinse le braccia in avanti per allontanarlo. Invano. La debolezza della sua reale condizione si manifestava nel sogno come febbre bruciante.
-Non toccarmi.- sospirò, sfiancato.
-Ti piaceva quando ti abbracciavo?-
-No.-
-Quando ti baciavo?-
-No!-
-Ti piace sentire il calore del mio corpo pervaderti. Hai freddo, vorresti che ti abbracciassi, che tornassi a letto con te e continuassi a farti vivere l’illusione, perché, ammettilo, ti faceva sentire bene essere amato.-
Immobile fra le braccia del Demonio e la parete gelida, Michele tentò un’ultima vana difesa.
-Io… ho l’amore del Padre.-
-A volte non basta.- disse Beelzebub -Siamo esseri viventi anche noi, cerchiamo sempre qualcosa in più.-
-No… io non posso permettermi questo.- tentò di caricare la voce con quel poco di dignità che gli rimaneva, ma le mani dell’altro percorrevano il suo corpo e la voce s’incrinò tradendo i suoi fremiti.
-Non hai molta scelta.- gli sussurrò il Diavolo all’orecchio. Michele era più alto di lui, la sua figura fiera e aggraziata era però solo l’ombra di se stessa, rannicchiata contro la parete. Amava vederlo in quello stato più di quando il sangue sporcava la sua pelle e le sue ciocche dorate. Più di quando il corpo sudato si sforzava di protrarre la lotta e colpiva, colpiva, implacabile combatteva per il bene che riteneva superiore. Ma Beelzebub giocava, giocava sempre. Che gli importava a lui di tutto il resto, quando ciò che desiderava era solo realizzare se stesso?
Lottare con Michele era la sua valvola di sfogo alle frustrazioni dell’abitudinario “fare il buon Diavolo”. Come Arciduca aveva i suoi fottuti obblighi e quello stronzo di Azazel continuava a mettere bocca su tutte le sue piccole mancanze facendo il bravo cocco di Satana solo perché era stato lui ad aprire le porte dell’Inferno e a permettere alle legioni ribelli di tornare ad invadere il Cielo. Bla bla bla… sempre un mucchio di chiacchiere che gli entravano da un orecchio e uscivano dall’altro. Poi c’era Leviathan che gli ronzava intorno acido come un limone acerbo con la bava alla bocca, ammesso fosse possibile che un limone sbavasse, ma il paragone era perfetto. Neppure un cane rabbioso sarebbe una similitudine adatta a spiegare quanto l’invidia degradasse il suo “subordinato”. Anche il fatto di tenerselo a corte era un ordine del “Boss”, perché l’invidia era la forza del Demonio marino, come il desiderio sfrenato e insaziabile era la sua. Michele era il suo tormento, lo era sempre stato ed era libero di farne ciò che voleva, senza regole né restrizioni.
Leccò la base del suo collo morbido e candido, glabro, delicato, lo morse facendolo gemere e sospirare e godette del sangue acidulo che gli bagnò le labbra, la lingua, il palato, e irrorò la sua gola famelica.
Il Generale tentò di perpetrare la propria resistenza, schiacciandosi contro la parete per sottrarsi alla sua presa, balbettò qualcosa, ma lui non lo sentì neppure.
Non voleva.
L’Arcangelo si sentì sopraffare dalla forza dell’Arciduca infernale, non riuscì a respingerlo, a parlare. Era debole, il respiro era pesante, affannato, e faceva caldo, tremendamente caldo. Il suo corpo inviava messaggi sconnessi al cervello, disturbato da un infido piacere che non voleva provare. Pensò che la colpa fosse da attribuire a Lilith, forse c’era lo zampino di quella maledetta creatura, perciò per un po’ si mise il cuore in pace, almeno finché Beelzebub non gli prese la gamba e la sollevò per entrare in lui.
Michele si sentì nuovamente pervadere dall’ardente desiderio di non cedere, di non farsi violare da lui, non più di quando non avesse già fatto in quella realtà fasulla e forse mentre era privo di sensi.
Quel momento, poi, era reale?
Lo spinse via con un debole calcio e tentò di risollevarsi, con scarsi risultati.
-Forza, lasciati andare. Il Signore è misericordioso.- lo insidiò quello riavvicinandosi a lui, soffiandogli sulla pelle per stuzzicarne la sensibilità.
-Non bisogna abusare della Sua misericordia!- tuonò Michele con la forza della propria fede, ma a causa del dubbio che lo attanagliava, l’effetto non fu quello sperato. La luce che emanò dal corpo svestito e sudato fu non più luminosa di quella di una lampadina da pochi watt. Beelzebub rimase seduto davanti a lui e lo fissava sornione, con un’aria di compatimento mista a tenerezza nel volto scarno.
-Lui ti perdonerà.- disse convinto -Sei tu che non ti vuoi perdonare.-
-Perché continui a farmi la morale, tu… tu…-
-Perché non riesco a farti capire il mio punto di vista, non mi ascolti mai.-
-Dalla tua bocca non esce che veleno!-
-Anche il tuo odio per me è veleno.- rispose il Diavolo, turbato. -Io capisco te, ma tu non vuoi capirmi. Un esempio pratico serviva per farti cambiare idea, o sbaglio? Perché non mi dici quello che ti turba maggiormente in questo momento, Michelino?-
Gli carezzò la guancia con delicatezza, con quella sua mano magra, senza graffiarlo con le unghie scure e affilate. Nei suoi occhi c’era dolore, misto alla solita vena maligna, un mix infido dal cui inganno nessuno poteva sottrarsi.
-Perché…- iniziò, conscio che anche se l’avrebbe tenuto serbato nel cuore, quel dubbio era già ben chiaro nella mente del suo carceriere. -Perché fa così male?-
-Perché avresti voluto che fosse reale e al tempo stesso hai paura che Lui non capisca. Credimi, Lui capisce eccome. Gli uomini sono molto peggio, molto, molto peggio. Ha punito Lucifero perché quello è davvero svitato, tu non conosci i dettagli, ma sappi che i viaggetti del suo cervellino infido sono molto più machiavellici e infami dei miei. Non sarai punito solo perché giacerai con me una volta e in stato confusionale.-
-Perché mi dici questo?- chiese il Generale dell’Esercito Celeste. -Che interesse ne hai?-
-Me ne pentirò presto, ma vederti in quello stato apatico m’infastidiva. Voglio che tu capisca e smetta di sputare sentenze, voglio abbattere il muro che ci divide perché non conta che io ho disertato. So che se mi pentissi profondamente potrei tornare lassù e so che se lo farò sarà una cosa spontanea e sincera. Anche se adesso non sono pentito di nulla, in realtà.- sbuffò con un sorriso -Dovrei infonderti il dubbio, ma voglio aprirti gli occhi perché la verità, come la luce, acceca. La menzogna invece è un bel crepuscolo, che mette in risalto tutti gli oggetti. Il nostro universo è così vario, che per comprenderlo al meglio dobbiamo scoprirne i grigi. Il bianco e il nero sono colori troppo generali per giudicare qualcosa.- Beelzebub si alzò in piedi agitando la coda a ritmo delle proprie parole e lasciò Michele sul pavimento con la bocca spalancata per lo stupore di quanta verità ci fosse in esse. Una realtà che aveva sempre omesso di considerare e che lo fece stare meglio di quanto pensasse, nonostante il dolore per quella menzogna e l’insicurezza. I Demoni sono creature così infide che mai si dovrebbe credere alle loro parole ma…
Ebbene, sì, nel profondo del suo cuore, quando aveva iniziato a svegliarsi, aveva desiderato di vivere nella menzogna, perché il tepore di Bel sembrava tutto fuorché maligno.
Debole si alzò sulle proprie gambe e rimase a guardare il Diavolo nel corridoio in penombra. Beelzebub era serio e immobile.
Lo guardava.
-Se riesci ad uscire, sei libero.- gli disse.
Michele abbassò la maniglia, poi esitò.
-Satana…-
-Io sono libero di fare quel che mi pare, non preoccuparti.-
L’Arcangelo rimase interdetto e fece per ribattere che non era affatto preoccupato per lui, ma lasciò cadere il discorso e aprì la porta. La luce avvolse ogni cosa.


°




Aprì gli occhi, nel caldo e rovente Inferno. Debole, ma lucido e consapevole di una sola cosa. Beelzebub dormiva sdraiato sul suo masso, come un esausto cane da guardia che cede al sonno perché pensa che la preda non possa più sfuggirgli. Michele, il Generale Celeste sentì cadere i propri ceppi, perché il peccato per cui lo imprigionavano non tormentava il suo cuore.
Odiava Lucifero, ma non era quello a turbarlo, non in quel momento. Aveva una strana speranza, strano a dirsi, a bruciargli nel petto. Il Padre non l’avrebbe cacciato per quei pensieri. Che fossero peccaminosi lo pensava ancora, ma riusciva a capire meglio le cose.
Improvvisamente, il bianco che lo accecava si fece più soffuso e il nero che repelleva si schiarì, comparve il grigio con le sue sfumature e l’animo dell’Arcangelo si rese propenso alla comprensione.
Metatron e Gabriel gli ripetevano sempre che doveva andarci piano con i suoi giudizi, che è nel fango del peccato che si lavora per estrarre ciò che di buono c’è nel cuore delle persone. Michele questo lo sapeva, ma l’aveva scordato perché aveva smesso di vedere il fango come mezzo estremo di santità.
Non era sicuro di poter lasciare l’Inferno in quello stato, ma aprì le ali intorpidite e si alzò in volo. In lontananza gli parve di udire il suono nostalgico del violino di quel Cherubino che aveva lasciato il Cielo. Beelzebub forse avrebbe scelto per sempre di peccare ma, in cuor suo, Michele sperava, aveva sempre sperato, che ogni cosa tornasse come prima. Pensiero ingenuo e puro, forse irrealizzabile, ma gli animi sono mutevoli e forse qualcosa in futuro sarebbe cambiato, doveva solo aver fede che come lui aveva visto il grigio, l’altro tornasse a bramare la luce.


Beelzebub smise di suonare e posò il violino ai piedi del masso. Ritenne che i secondi di vantaggio che aveva concesso al caro Michelino fossero sufficienti, perciò spalancò le ali vermiglie per darsi all’inseguimento.
-Se me lo lascio scappare, Azazel non smetterà di rompermi i coglioni…- borbottò infastidito e spiccò il volo verso l’alto, verso la flebile luce di Michele che risaliva il budello infernale.





Note: Beltramo è un nome che significa “corvo illustre”, in realtà volevo un nome che iniziasse con Bel per richiamare il nome Beelzebub, perciò non c’è un vero significato dietro per cui lo scelto, anche se mi piace. Riguardo al background dei personaggi, ho inventato più o meno tutto di sana pianta eccetto il fatto che Beelzebub era un cherubino. Ho messo in maiuscolo anche termini come diavolo o demonio perché non potevo fare questo solo per Arcangelo e Angelo, coerenza, ecco. E il termine “demone” leggetelo come “demòne”, perché i demòni, appunto, sono i diavoli, mentre i demoni sono creature a metà fra la condizione umana e quella divina.



 
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NonnaPapera!
view post Posted on 20/11/2012, 12:32





Originalità X9,5
La lotta bene contro male, con il diavolo tentatore e l’angelo tentato è un punto di partenza molto classico, però la storia è intrigante, sensuale e ti lascia con il fiato sospeso fino alla fine, fino alle ultime parole di Beelzebub che si lancia all’inseguimento di Michele. La trama si sviluppa in un crescendo di sensazioni e sentimenti superbi e il tutto è condito con dei dialoghi profondi e decisamente perfetti per i due personaggi che hai deciso di usare.
Grammatica e sintassi X10
Errori mentre leggevo non ne ho trovati. La storia come ho detto prima è coinvolgente e il lessico ricco la rende corposa e piena. Un bellissimo racconto da gustare tutto d’un fiato
Trama e caratterizzazione personaggi X10
I tuoi due personaggi mi sono piaciuti, soprattutto Beelzebub che è sempre in bilico tra la cattiveria e uno strano senso di speranza e di desiderio di rivalsa. Anche Michele comunque è perfetto, lo hai reso talmente devoto da apparire ottuso. Non tanto perché ritiene l’impulso sessuale una perversione, ma semplicemente perché non si accorge di ciò che veramente Beelzebub prova per lui; che magari potrà anche essere sbagliato ma è sicuramente sincero.
Aderenza al tema e alla citazione scelta X10
Tutta la storia ruota intorno alla menzogna e sei riuscita anche ad inserire la frase all’interno della narrazione facendola fondere con il resto del discorso di Beelzebub in modo impeccabile.
Gradimento personale X10
L’ho adorata, e non credo neppure che tocchi dei temi particolarmente ostici. Insomma è una storia davvero magnifica e che parte da un’idea semplice ( bene contro male) ma si sviluppa in modo sorprendente e inaspettato.
 
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view post Posted on 20/11/2012, 21:06
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Grazie mille per la valutazione, non sai quanto mi faccia piacere. Uno perché di solito un errore o due mi scappano sempre, poi avevo qualche dubbio sulla struttura della storia, ma adesso mi metto il cuore in pace. Inoltre visto che hai capito perfettamente di che pasta sono fatti qui due significa che sono riuscita davvero nel mio intento *^*
Grazie mille Nonna **
 
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NonnaPapera!
view post Posted on 20/11/2012, 21:12




Grazie a te per questa bella storia
 
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3 replies since 29/10/2012, 12:54   48 views
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