Il mio padrone si chiama Mr. Jingle, rossa, NC, partecipante al contest "Regalami una citazione"

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view post Posted on 6/12/2012, 19:57
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Autore: kymyit
Breve trama: Edgar riceve in eredità la villa di sua zia Hatty, una vecchia strega. Un gran colpo di fortuna considerato che fra lui e la defunta non correva buon sangue. Purtroppo i dettagli del testamento mettono Edgar di fronte alla cruda realtà: è il secondo in linea di successione e l’attuale erede ci gode da impazzire a farlo uscire di senno.
Citazione scelta: “Il mondo è dei gatti, io sono qui solo per aprirgli le scatolette”
Note: Ho tentato un piccolo esperimento, visto che non scrivo spesso in prima persona. In realtà non doveva neppure uscire così sta cosa, doveva essere più rosea, ma mi sono lasciata trascinare. Per la scelta dei nomi Edgar è un evidente riferimento al personaggio degli Aristogatti e mi sono deliberatamente ispirata a quella storia per questa, almeno finché non entra in scena Polvere. Ammetto che il nome è un’incongruenza con gli altri. Ah, premetto che la storia è ambientata in un mondo più o meno moderno dove la magia è cosa quasi comune. Non so se i famigli possiedano poteri magici, ma mi pare di aver letto di sì. Dicevo, Polvere mi da l’idea di un enorme batuffolone di polvere e non so, a chiamarlo Dust non mi ispirava, Battufolo era la mia seconda opzione. Ad ogni modo, Edgar non può saperlo, ma Polvere aveva una padrona, una volta, era italiana e no, non mi sto arrampicando sugli specchi. Semplicemente è una curiosità che al povero protagonista non interessa, ecco. Buona lettura!





Il mio padrone si chiama Mr. Jingle




Se mi riservavo ancora il beneficio del dubbio, suppongo di poterne fare a meno. Ormai posso affermare con sicurezza, che la mia defunta zia Hatty mi odiava. Probabilmente non le è mai andata giù la volta in cui condivisi una scatola di lassativi col suo vecchio famiglio Mr. Pringles scambiandoli per caramelle.
Io me la cavai, stremato da un’epica successione di scariche di diarrea, il caro Mr. Pringles lasciò questo mondo e venne sepolto nel giardino dietro l’enorme villa in fondo al quartiere residenziale di Seven Hills.
Ora, ammetto che non fu carino assassinare il povero micio a quel modo, ma qualunque tribunale concederebbe delle attenuanti ad un bambino di quattro anni che a malapena sa contare fino a dieci, no?
Zia Hatty no.
Lei è morta lasciando tutto in eredità al suo adorato Mr. Jingle.
No, non è il suo vecchio fidanzato e neppure un vecchio elfo natalizio caduto dalla slitta. Chi si caricherebbe zia Hatty? Era una zitella acida vecchio stile, amante dei gatti e misantropa d’oc, con l’unica differenza che non era affatto simile alla vecchia pazza della quarta strada. Lei era davvero una strega, una di quelle particolarmente stronze, ma di gran classe, con abiti ricercati e alla moda, usava profumi costosi e sfoggiava un sarcasmo tagliente come fosse un pregiato diamante. Probabilmente non aveva amici neppure fra i maghi e le streghe del suo circolo, era molto temuta e gli unici che ricevevano e ricambiavano il suo affetto erano appunto le sue palle di pelo.
-Edgar, portami la lettiera.- soffia sofferente Mr. Jingle, stravaccato sul divano preferito della zia.
-Perché non vai a prendertela?- detesto portargliela perché lo schifoso ci salta dentro mentre la trasporto sommergendomi di quella disgustosa sabbia urinata!
-Eeedgaaaar…- continua lui rigirandosi sulla pancia. Non in tono suadente, ma irritato, come a offrirmi un’ultima chance, ma tanto con me non attacca, devo finire di spolverare l’argenteria e prepararmi per l’uscita di stasera con Jack e John, andremo a bere qualcosa e poi…
-Maaaaaaaaooooo! Maoooooo!-
-E’ inutile che fai le fusa, Mr. Jingle, alzati da lì e prenditela da solo la lettiera.-
Quello, stizzito, si rimette a sedere sulle zampe e socchiude gli occhi verdi. Lo so anche se non lo vedo. So anche che fra pochi secondi mi attaccherà alle spalle tentando di strapparmi la faccia a morsi, lo fa sempre, ho cicatrici ovunque per colpa di questo castigato!
Gli sventolo contro il diffusore spray per la pulizia dei vetri.
-Non ci provare o ti faccio assaggiare la forza smacchiante di Mastro Lindo!-
Soffia ancora, irritato, poi salta agilmente giù dal divano e schizza via.
Dimenticavo di sottolineare che questo piccolo pezzo di merda che avete conosciuto è anche lui un gatto famiglio. Ora capite quanto mia zia sia vendicativa?
Io dovrei essere il tutore del suo gatto, una mostruosa palla di pelo di quattro chili, nera come la notte che si diverte a schiavizzarmi. E portami la lettiera, e limami le unghie, e fammi i grattini e attento a come ti muovi, e questo, è quello.
Io sono un uomo, non lo schiavo di uno stupido gattaccio!
Purtroppo non posso liberarmene in alcun modo a causa di un incantesimo rivelatore imposto da zia Hatty. Se dovessi ucciderlo, il suo pelo cambierebbe colore.
Infatti, ora è diventato nero e molto più vendicativo.
-Hai dimenticato qualcosa?- mi domanda, agitando la coda sottile e socchiudendo gli occhi. Deglutisco, odio quello sguardo, è spaventoso come un animale possa essere così umano…
Ma la caccia alle streghe non si usa più?! Un tempo bruciare al rogo questa bestia infernale mi avrebbe reso un eroe, ma se ora dovesse morire nuovamente, la sua eredità passerebbe interamente al circolo di zia Hatty e finirei processato in uno di quei tribunali magici.
Prendo un piatto dalla credenza e apro la scatoletta di Royal Cat, cibo prediletto di Sua Eccellenza, mi trattengo dal ritentare col cianuro e aggiungo anzi del limone. Perché il caro Mr. Jingle ama come si accosta il suo sapore aspro con quello delicato del pesce più pregiato.
Secondo me un po’ di veleno per topi gli darebbe quel tocco in più, ma voglio essere clemente, dopotutto, perché rovinarmi ulteriormente la giornata?
-Ecco qua.- gli dico posandogli il piatto davanti e precipitandomi a prendere il cappotto.
-Ehi, ehi, dove vai?! Devi spazzolarmi il pelo!-
-Più tardi.- tento di trovare un accordo -Ho un impegno urgente.-
-Sì, certo, ed io ho voglia di raccontare come mai, tutt’a un tratto, ho avuto voglia di cambiare colore. Ho un impegno anch’io! Dopo che mi avrai spazzolato potrai anche chiuderti in un bordello e non tornare, Edgar.- sibila con un tono che non ammette repliche.
Il cuore mi scoppia di rabbia, il mio orgoglio mi sta mandando a fanculo, dovrei ucciderlo, adesso. Lo colpisco con l’ombrello e poi lo ricolpisco. Poi lo colpisco di nuovo e poi ancora e ancora e ancora e ancora… ho leggermente perso il conto delle vite, ma dubito che riuscirei a fermarmi a quelle quattro o cinque che gli restano. Afferro la spazzola e obbedisco. Potrei strangolarlo, poi affogarlo, poi potrei dargli fuoco, potrei… sì, potrei finalmente liberarmi di lui e questo stupido tic all’occhio smetterebbe di tormentarmi. Mi trema all’impazzata e lui lo sa, ci sta godendo come una gatta in calore!
Si guarda allo specchio con aria scettica e altezzosa, da una leccatina alla zampa, un buffetto alla schiena e miagola soddisfatto.
-Adesso puoi levarti dai piedi, Edgar.-
Sì, certo. Me ne vado, ma non perché lo vuole lui.



Jack è una fonte inesauribile d’ispirazione. Studia legge, perciò per la prima parte della serata non ha fatto che sciorinare clausole e commi che potrebbero tornarmi utili. Tra una birra e l’altra sento che potrei davvero uccidere quel gatto e farla franca.
Di contro c’è John che afferma non ne valga la pena. Il mio orgoglio è d’accordo con lui.
Insomma, guarda come sono ridotto! Il mio padrone di casa è un gatto e io barcollo sul pianerottolo tentando d’infilare ‘sta cazzo di chiave nella toppa. Ho bevuto troppo, mi sa…
Forse un po’ troppo… insomma, dopo tre tentativi sono riuscito ad entrare in casa, la mia mano sinistra conta cinque dita, ma allora perché sul divano ci sono due gatti?
Mi strofino gli occhi.
Sono proprio due.
E stanno copulando!?
Indietreggio appena, per non farmi vedere.
Non uno, ma due gatti!!
Devo essere precipitato in un incubo, forse sono ancora al bancone del bar e John mi sveglierà suggerendomi di rinunciare all’eredità e io accetterò il consiglio. Sarò libero!
Povero, ma libero da quest’ossessione.
Nell’indietreggiare picchio appena col tallone il vecchio vaso all’ingresso e i due felini si voltano di scatto verso di me, i loro occhi sono affilati come lame, sento un brivido scorrere lungo la schiena.
Mr. Jingle mi scruta irritato, poi sorride maligno.
L’altro, una bestia in confronto ai suo quattro chili scarsi, è un Maine Coon randagio con gli occhi color sabbia e il pelo striato di grigio e bianco. Si guardano e poi tornano a fissarmi, miagolano, parlottano fra loro, ridono di me…
Stanno ridendo di me!
-E’ lui, Jin?-
-Sì, Polvere. Lascialo perdere, continuiamo... - miagola Mr. Jingle sdraiandosi sulla pancia. L’altro gatto esita per un attimo, poi salta giù dal divano e mi raggiunge, minaccioso.
Ho bevuto decisamente troppo perché è enorme e…
Cerco di urlare ma mi chiude la bocca con la mano.
Tento di liberarmi, ma inutilmente.
La sua mano… la sua mano è umana, il suo viso, il suo corpo, sono umani, ma le sue orecchie sono grigie e pelose come i capelli e ha una coda scura e gonfia. I suoi occhi felini vogliono uccidermi, sono un topo in trappola. Un topo col quale non vorrà solo giocare.
Oh mio Dio… è la peggior sbronza della mia vita, non berrò più così tanto e lascerò la casa a quel maledetto gatto!
Sul divano, Mr. Jingle si mette a sedere con movimenti agili, è quasi umano anche lui e davvero magro…
-Lascialo ti ho detto.- ordina. L’altro esita, mi guarda, ringhia feroce e mi lascia cadere a terra.
-Jin, è il bastardo che…- protesta, ma lui gli mette il dito sulla bocca e si struscia addosso a lui, senza pudore. La porta si chiude alle mie spalle. E’ tutto così confuso, ma i suoi occhi di vetro li vedo chiaramente, verdi e profondi...
Mi chiama col dito ed io obbedisco.
-Lo so…- risponde ributtandosi a sedere sul divano -Ma adesso Edgar si prenderà cura di noi, vero Ed?-
Non posso negare, annuisco col capo chinandomi su di lui.
-Bravo, Edgar.- mi carezza la testa -Dammi una leccatina.-
Stringe le dita fra i miei capelli e mi spinge verso il suo inguine. Non voglio. Non voglio! Sarà uno stupido incubo ma non voglio succhiarlo a un gatto!
Mi libero della sua presa, scatto, inciampo dal divano e barcollo. L’altro gatto mi afferra per il braccio e sogghigna strattonandomi.
-Hai sentito, Ed?- sogghigna.
Sono spaventosi, ho davvero paura, mi tremano le gambe…
-Forse questo ti scioglierà un po’.- Mr. Jingle mi fissa nuovamente negli occhi, le sue pupille si restringono e l’iride s’illumina. Non riesco a smettere di fissarlo e sento di star perdendo il controllo del mio corpo. La presa sul braccio si allenta, ma non scappo, crollo sulle ginocchia.
Mr. Jingle allarga le gambe con strafottenza.
-Vieni, Edgar, lisciami il pelo.-
Vorrei solo che l’altro gatto mi costringesse. Vorrei mi trascinasse per i capelli, vorrei non muovermi a comando e invece obbedisco a capo chino, cammino carponi verso di lui e aspetto una sua carezza. Passa le dita fra i capelli e mi sospinge verso di sé, come a rassicurarmi. In realtà ride di me. Sono improvvisamente lucido e consapevole di ciò che accade e nei suoi occhi leggo la goduria più pura nel momento in cui apro la bocca.
L’altro mi afferra per i fianchi, lo sento premere per entrare. Il dolore è lancinante, ma continuo a succhiare avidamente, come un gattino ai capezzoli della madre. Come se ne andasse della mia sopravvivenza. Mr. Jingle si aggrappa con le gambe alla mia testa, stringendomi a lui. Mi sento soffocare, le violente spinte dell’altro mandano in pezzi la mia razionalità.
-Rilassati, Ed.- insiste Mr. Jingle, schiacciandomi la testa in preda agli spasmi. Sta godendo come un matto, il suo corpo è rigido e sudato, l’aria pregna dell’odore pungente del sesso. Con le orecchie chiuse dalle sue gambe contratte, gli unici rumori che sento sono i miei mugugni soffocati dal suo pene duro e umido.
Sento l’altro scivolare sempre più velocemente in me, affonda con crudeltà, non da tregua al mio orgoglio, sto perdendo lucidità in fretta. Il controllo sui miei sensi è stato completamente annientato da quel semplice comando.
-Rilassati.-
Obbedisco, chiudo gli occhi e mi faccio dominare dalle sensazioni, sperando almeno di perdere conoscenza.





-Edgar… -
Apro gli occhi, piano. E’ tutto così silenzioso, così pacifico…
Lo sapevo, mi sono ubriacato troppo e Jack e John mi hanno riportato a casa. Certo potevano mettermi a letto, fa un freddo cane!
Però sono esausto, non riesco a muovermi, i muscoli non rispondono ai miei comandi.
-Edgar.-
Impallidisco, il sangue mi si gela nelle vene quando la faccia di Mr. Jingle occupa per intero il mio campo visivo. Ha un sorriso orribile, dolce e crudele. La vendetta deve avere davvero un buon sapore per appagarlo a quel modo.
Vorrei urlare, ma non riesco neppure ad aprire bocca, sono ancora un topo in sua balia.
-Sei stato bravo, Edgar, mi sono divertito molto stasera.- mi sibila all’orecchio. Dovremmo farlo più spesso. Ripeti con me, Ed: Il mondo è dei gatti, io sono qui solo per aprirgli le scatolette.-
No, non voglio.
I suoi occhi!
Non voglio!
L’altro gatto si concede una risatina denigratoria.
Non voglio diventare lo schiavo di questi due maledetti non…
-Il mondo è dei gatti, io sono qui solo per aprirgli le scatolette.- ripeto automaticamente.




Con gli ultimi rimasugli della mia coscienza e della mia libertà, giungo ad un’agghiacciante conclusione: zia Hatty era davvero una stronza e se l’è proprio legata al dito.
Chiudo gli occhi, esausto, crogiolandomi nel sonno finché non sarà mattina, poi dovrò occuparmi dei miei padroni con estrema dedizione.



Note: Chi, quando ho scritto dei due gatti che copulano, ha avuto paura che sta cosa prendesse una piega orrenda? *alza la mano* e invece no u.u Vi lascio, sperando vi sia piaciuta, anche se l'argomento non è dei migliori.
Polvere mi è sfuggito di mano :now: stupido gattaccio maniaco.

Edited by kymyit - 7/1/2013, 02:37
 
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