A pudding of feelings

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MaelstromDawn
view post Posted on 16/6/2013, 16:28




Nick autore: MaelstromDawn
Titolo storia: A pudding of feelings
Genere: commedia, fluff, sentimentale
Avvertimenti: missing moments
Breve introduzione: Gli accarezzo i capelli e sfioro le sue labbra.
«Certo che alla fine siamo proprio strani come coppia...».
Aggrotta le sopracciglia e arrossisce appena.
«Noi non siamo una coppia».
Mi sfugge un sorriso.
«Hai ragione: siamo un budino».
Forse un giorno gli spiegherò perché, ma per ora mi godo il momento, la sua faccia perplessa è epica.
Eventuali note: seguito di Wham bam, thank you 'maam e My fuckin', misleading, sexy grinner


A pudding of feelings




Il fumo bianco misto a vapore si condensa nell’aria gelida.
Mi dà una pace immensa guardare quelle volute impalpabili; credo sia questo il vero motivo per cui fumo.

«Come hai osato farmi venire qui ad assistere alle smancerie di mio fratello con quell'animale».

Rettifico, guardare il fumo mi dava pace, prima che qualcuno si mettesse a lamentarsi.

Abbasso lo sguardo e non posso fare a meno di sorridere nel vederlo così imbronciato.

«Non puoi semplicemente rilassarti e smetterla di startene lì in piedi in mezzo al cortile? Si stanno solo divertendo, che c’è di male?».

Si stringe ancor di più nel suo elegante trench di velluto marrone e sporge leggermente la mascella rivolgendo un’occhiata arcigna a Kilian e Terry che si rincorrono contendendosi una lunga sciarpa di lana.
«Che c’è di male?! È mio fratello, con la persona che più detesto al mondo! Non posso tollerare una simile vista».

Ecco che Sua Maestà ricomincia con i suoi discorsi da nobile decaduto.

«Andiamo, prendila come una semplice uscita a coppie» sdrammatizzo.

Si volta di scatto piantandomi addosso i suoi occhi turchesi ed iracondi.

«Noi. Non. Siamo. Una. Coppia.».

Scandisce accuratamente ogni parola, giusto perché il messaggio arrivi forte e chiaro, perché ogni singola sillaba mi trafigga più a fondo.

Aspiro profondamente dalla sigaretta per nascondere la smorfia che mi storce le labbra, poi esalo mettendo su il mio miglior sorriso canzonatorio.
«Effettivamente al momento siamo un quartetto».

Robert scuote la testa e si volta incamminandosi lungo il vialetto.

Continuo a sorridere sornione mentre la sigaretta si consuma incastrata fra le mie dita.

Sono il Giullare di quel Re crudele, se smettessi di sorridere che comico sarei?


*




Mi rigiro per l’ennesima volta, arrotolandomi ancor di più nelle coperte.
La mia mente è vuota, come una grande stanza in penombra, eppure non riesco a chiudere occhio, è come se a non lasciarmi dormire fosse proprio ciò che mi ostino a tener fuori dai miei pensieri.
Un riflettore si accende, nella mia stanza immaginaria, illuminando un alto sgabello nero e una donna bionda con i capelli cotonati ci si accomoda sopra.

Mannaggia al polpettone di mia madre, l’avevo detto io che era troppo pesante da mangiare alla sera...

La donna si schiarisce la voce e finalmente posso vederla in faccia.

Che diavolo ci fa Bonnie McDale nella mia testa?

Un’inconfondibile base al pianoforte comincia a suonare.

Oh, certo, tutto chiaro, la rotondetta bidella scozzese della Garfield High –il cui caffè ha sempre un curioso retrogusto di whiskey– sta coverizzando Bonnie Tyler... non c’è che dire, una bella canzone d’amore strappalacrime è proprio quello che mi ci vuole per risollevarmi il morale.

Mi premo il cuscino sulla testa sperando che svanisca, ma la musica continua imperterrita.

Turn around, every now and then I get a little bit lonely and you’re never coming around.

Bonnie, ti prego! Così mi mandi in depressione!
Io non sono affatto solo, ho Kilian e in fondo anche Terry è ormai parte della “famiglia”; Robert non è certo la chiave della mia felicità... almeno non credo.

E intanto lei continua a cantare.

Mai più polpettone a cena.

Every now and then I get a little bit tired of listening to the sound of my tears.

Oh, insomma! Non sono messo così male, davvero!
Ok, diciamo che la mia relazione con Robert non va proprio a gonfie vele, ma dopotutto non potevo aspettarmi più di tanto da Sua glacialità il Re dei Bigotti.

Every now and then I get a little bit nervous that the best of all years have gone by.

Diamine, neanche fossi un sessantenne stempiato e con la vita sociale di un cetriolo di mare!

Turn around, bright eyes.
Every now and then I fall apart.


Incasso il colpo.
Questa volta ha ragione, ma il Giullare sorride anche mentre cade in ginocchio e il Re dagli occhi di ghiaccio non si accorge di nulla.

Every now and then I get restless and I dream of something wild.

Mi va di traverso la saliva mentre ripenso ai sogni che ho fatto su Robert. Alcuni erano pura invenzione, altri ripetevano nei minimi dettagli quella notte dopo la festa di Catherine Andrews mentre lui era ubriaco, come se fosse un filmino inciso a ferro caldo nella mia memoria.
In ogni caso erano tutti sogni che lo farebbero arrossire come una verginella –e che mi costerebbero un paio di sonore pedate.

Every now and then I get a little bit angry and I know I have to get out and cry.

Anche questo è vero, ci sono momenti in cui sento il bisogno di tirare fuori tutto, in cui vorrei poter lasciar perdere la mia natura di comico e fargli capire quanto vorrei che mettesse da parte l’imbarazzo o l’intolleranza –o qualsiasi altra cosa sia– e la smettesse di essere freddo come un ghiacciolo.

In ogni caso, le ho tentate tutte, ma Ms. McDale non sembra intenzionata a smettere di gorgheggiare. Tanto vale che faccia un sopralluogo in frigorifero, allora.

Bonnie continua a cantare mentre mi trascino in cucina ormai rassegnato all’insonnia e procede nella sua opera depressiva anche mentre prelevo una birra dal frigorifero.

Magari se mi parcheggiassi per un po’ davanti alla TV riuscirei a togliermi questa maledettissima canzone dalla testa e potrei finalmente scacciare queste mie nascenti manie emo-depressive e tornarmene a dormire.

Entro in sala e mi trattengo a stento dallo sparare fuori come un idrante tutta la doppio malto che ho in bocca; giusto perché la birra non si spreca…

«Ma che schifo! Dannazione, avete intenzione di traumatizzarmi a vita?!».

Alla veneranda età di cinquant’anni i miei genitori si imboscano ancora come adolescenti con gli ormoni in giostra; mio padre borbotta qualcosa a proposito di bussare prima di entrare.

Beh, perché ovviamente avrei potuto prevedere che il salotto fosse occupato dai miei genitori in preda a forti istinti primordiali.

«Che diamine, datevi una sistemata prima che mi marciscano gli occhi».

Mentre distolgo frettolosamente lo sguardo mi rendo conto di un particolare che mi era sfuggito –anche perché la mia attenzione era stata deviata dall’obbrobrioso spettacolo che i miei genitori degeneri stavano offrendo–, il grammofono sta girando, e sta suonando una canzone decisamente familiare...
Giubilo ed esultanza! Non sono pazzo, i miei si stavano solo concedendo un revival anni ’80 –e non solo quello, ma meglio non pensarci se voglio evitare i conati di vomito...
Sollevo la puntina facendo tacere il vinile maledetto.

«Grazie, buonanotte» bofonchio defilandomi mentre sorseggio la mia doppio malto.

Sono tremendamente sollevato dall’aver scoperto di non essere ammattito –o peggio ancora emo– tanto che li ho pure ringraziati mentre uscivo.

No Bonnie, non c’è bisogno che ti rimetti a cantare, lo so benissimo da me che sono messo male.


*




Quando Kilian mi ha chiesto di aiutarlo a fare la spesa in vista del weekend che avrebbe passato con Terence mi sono detto che sarebbe stata una buona idea per distrarmi dal mio problema principale, ovvero in quale diamine di sofisticato registro linguistico dovrei rivolgermi a Robert per chiedergli di passare la domenica con me.
Inutile dire che, ovviamente, ho continuato a pensare a lui tutto il tempo...

Anche la confezione di preparato per budino che mi rigiro fra le mani da quasi dieci minuti me lo ricorda.
Alla fine è un’ottima metafora per descriverci: io sono il latte –semplice, privo di additivi e intollerabile per molti–, lui invece è il preparato in polvere –un concentrato di coloranti e sostanze chimiche che camuffano abilmente quel pochi componenti naturali che contiene.

«Quando ti ho chiesto di venire a fare la spesa era perché mi aiutassi, non perché ti mettessi a fare dialoghi sopra i massimi sistemi con un budino».

Ecco, fine del momento mistico. Kil è proprio un uomo poco poetico.


*




Lo ammetto, non pensavo che avrebbe acconsentito quando gli ho chiesto di uscire –non pensavo nemmeno che mi avrebbe risposto– e tantomeno che si sarebbe davvero presentato, ma ho imparato che con Robert è meglio non farsi domande e accettare le cose così come vengono.
In fondo è qui con me, che cosa vorrei di più?
Beh, forse che non si comporti come se fossimo due perfetti sconosciuti...

Non lo do a vedere ma mi fa sentire davvero uno schifo che se ne stia a due metri da me e risponda solo a monosillabi.
«Potresti non startene così lontano? Non sembra nemmeno che siamo insieme».

Non accenna minimamente ad avvicinarsi e si limita ad una smorfia disgustata.
«Noi non stiamo insieme».

Per una volta non avevo avanzato nessuna speranza su una nostra eventuale relazione, ma lui deve sottolineare comunque che fra noi non c’è nulla.

Pensavo che si comportasse così perché non aveva ancora smaltito l’imbarazzo dopo essersi risvegliato nel mio letto senza ricordarsi nulla di cosa fosse successo. Ma ormai è chiaro che il suo comportamento non è un sintomo della sua chiusura mentale.
È più che lampante che se si comporta come se gli facesse schifo starmi vicino è perché effettivamente gli fa schifo.

«Perché continui ad uscire con me se lo trovi così rivoltante?».

Silenzio tombale.

Sgrana gli occhi e per una volta la sua espressione non è quella del glaciale Re dei Bigotti.

Non sa cosa dire, magari non si aspettava nemmeno che uno stupido giullare come me potesse provare dei sentimenti.

Once upon a time I was falling in love
now I’m only falling apart.
There’s nothing I can do,
a total eclipse of the heart.


Basta, Bonnie, non girare il coltello nella piaga, è già abbastanza doloroso così.

Mi basta poco per rendermi conto di tutto ciò che avevo ignorato, convinto di avere un posto speciale nella vita di Robert nonostante ogni sua azione dicesse il contrario.

«Usciamo insieme da più di un mese e non te n’è mai fregato niente di me, non ti è mai interessato sapere che cosa mi piace o no, non sai nemmeno quand’è il mio compleanno».

Silenzio, di nuovo.

Evidentemente non valgo nemmeno una risposa.

Giro i tacchi, un comico che non riesce a sorridere non deve stare sul palco.

«Ventotto maggio».

Mi volto, non sono nemmeno sicuro di aver capito bene.

«Il tuo compleanno è il ventotto maggio».

Per una volta non ho parole, non so assolutamente cosa dire.
So solo che nella mia testa Bonnie McDale sventola uno striscione con scritto “speranza”.

Forse è il caso che faccia qualcosa.

Qualcosa di stupido possibilmente, che è quello che mi viene meglio.
Ecco, baciare all’improvviso Robert Johnson può produrre una gamma di reazioni che vanno dalla mutilazione facciale alla castrazione fisica.

Sì, è una cosa stupida da fare.

«Hai le labbra fredde».

Tutto qui?
Pensavo come minimo di venire insultato, di certo non mi aspettavo che mi servisse una battuta su un vassoio d’argento.

«Allora scaldale».

Mi ero già preparato a ricevere un pugno, di certo un altro bacio mi ha stupito non poco.

Robert è un Re pieno di sorprese, non c’è che dire.
E io sono un Giullare fortunato.


*




Il parco è già decisamente buio, ma non ho nessuna intenzione di staccarmi da Rob, non sono mai riuscito ad avere con lui un contatto fisico così prolungato, non mentre è sobrio.

«Ho le labbra un po’ freddine, my King... ouch!».

Che classe, Robert, una testata proprio non me l’aspettavo.

«Taci, idiota. Non rovinare l’atmosfera».

Oh, sì, l’atmosfera, giusto.

Lo stringo un po’ di più affondando il volto nella sua spalla.

La luna splende, nella mia testa Bonnie McDale ha stappato del whiskey –lo champagne costava troppo– e Robert si lascia abbracciare come fosse un orsacchiotto, manca solo una canzone romantica in sottofondo...

«And if you only hold me thigh we’ll be holding on forever».

«Hai detto qualcosa?».

Ops, me la sono lasciata sfuggire.

«No no, nulla».

Gli accarezzo i capelli e sfioro le sue labbra.

«Certo che alla fine siamo proprio strani come coppia...».

Aggrotta le sopracciglia e arrossisce appena.

«Noi non siamo una coppia».

Mi sfugge un sorriso.

«Hai ragione: siamo un budino».

Forse un giorno gli spiegherò perché, ma per ora mi godo il momento, la sua faccia perplessa è semplicemente epica.


*




«Che hai detto?».

Scrollo le spalle.
«Nulla, avrai sentito male».

Rob aggrotta la fronte e si ferma a pochi metri dal vialetto di casa.
«No, ho sentito benissimo, stavi canticchiando».

E allora cosa me lo chiede a fare, scusa?

«E anche prima mi è sembrato che canticchiassi».

Faccio spallucce «Magari sono soltanto felice».

Arrossisce mentre si defila verso la porta di casa salutandomi con un cenno.
C’è voluto un po’, ma alla fine ho imparato a salutarlo in modo distaccato, con Robert vige una regola: niente smancerie di fronte a casa Johnson.

Sospiro mentre guardo il cielo.

Ne sono più che certo, sulla luna c’è seduta Ms. McDale che mi fa l’occhiolino e sorride.

Oh, sì.

Forever’s gonna start tonight.
 
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