Splendid lovestory, Questa fanfiction partecipa alla challenge: "La fantasia delle coppie"

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Taila
view post Posted on 27/2/2013, 12:39




Titolo: L'improvvisata
Autore: Taila
Rating: Verde
Genere: Fantasy, romantico, sentimentale, raccolta, one-shot
Conteggio parole: 1593
Coppia: Vampiro x Angelo
Disclaimers: Il racconto che segue è un'opera di pura fantasia, i personaggi sono maggiorenni e ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale.
Note: La shot che segue partecipa alla challenge: La Fantasia delle Coppie (https://oc-yaoi.forumcommunity.net/?t=48609625)
Note autore: Ho scelto la coppia vampiro/angelo perché sono una dampyriana e ho un vecchio conto in sospeso con un simile paring. Nel fumetto della Bonelli, è sono presenti due personaggi, il Dampyr Harlan Draka e l'Amesha Caleb Lost, che io vedrei da dio insieme, visto che stanno sempre lì a toccarsi, a parlottare escludendo gli altri, ad avere segreti segretissimi tra di loro... Peccato che Caleb abbia tranciato alla radice le mie fantasticherie romantiche, visto che affermato piuttosto chiaramente che un angelo non può provare sentimenti, altrimenti la sua natura di luce si corrompe. Balle dico io, visto che per Harlan ha infranto anche la Legge dell'Equilibrio tra bene e male. Ma comunque non sono qui per una dissertazione sul fumetto Dampyr, ma perché, appena visto i personaggi della challenge, ho pensato subito a una sublimazione di queste mie fantasie da slasher e, perchè no, anche a una vendetta.
I personaggi, le ambientazioni e le situazioni sono completamente diverse, non ho scopiazzato dalla Bonelli, come potrete vedere, ho sfruttato solo l'idea di base di una relazione amorosa tra un vampiro e un angelo (e neanche quello, visto che Harlan è un dampyr, ovvero un mezzo sangue, figlio di un vampiro e di una donna umana).
Adesso la smetto di rompere le scatole e vi lascio alla lettura.

I. L'improvvisata

Le dita affusolate schiacciavano i tasti agilmente, rincorrendo la melodia che si scioglieva nell’arie; aveva gli occhi chiusi e con piccoli movimenti della testa seguiva il ritmo. Samuel adorava suonare il piano, mentre si concentrava sulle note riusciva a estraniarsi completamente, come se non esistesse altro che il pianoforte e lui stesso. Negli ottocento anni trascorsi da quando era stato trasformato in un vampiro, aveva avuto la possibilità di osservare i progressi fatti dall’uomo e questo l’aveva portato a comprendere che la musica era la cosa migliore che l’uomo avesse creato e lui amava immergersi completamente in essa, fin quasi ad arrivare a credere di essere un tutt’uno con essa.
Appena le ultime note si dispersero nell’aria, il suono di un applauso lo portò via dal suo stato di rapimento. Samuel, credendo di essere solo, si voltò di scatto, pronto a fronteggiare qualunque minaccia, ma fermo sulla soglia e appoggiato mollemente allo stipite c’era soltanto Lew.
- Credevo di aver dato ordine agli agenti della vigilanza di non far entrare gli scocciatori.- commentò Samuel asciutto, alzandosi dallo sgabello con movimento così brusco da farlo ruotare per alcuni secondi.
Lew scoppiò a ridere, profondamente divertito dalla scontrosità dell’altro e, senza essere stato invitato, entrò nella stanza.
- Ma io non sono uno scocciatore. Credi davvero che abbia bisogno dell’ingresso principale per poter entrare nel tuo appartamento?- domandò poi, rivolgendogli un sorriso strano.
Samuel aggrottò le sopracciglia irritato, mentre lo osservava avanzare verso di lui con la sua solita andatura svagata: sembrava uno di quei ragazzini che si affollavano nei locali notturni, con quei vestiti umani, quasi non riconosceva in lui l’antico alleato al cui fianco aveva affrontato innumerevoli battaglie. Si passò la lingua sui canini appuntiti, mentre avvertiva la familiare sensazione di calore e brama sciogliersi nel suo ventre.
- Ovviamente no. Scommetto che hai di nuovo disseminato le tue piume su tutta la terrazza. A volte mi domando se quelli della tua razza abbiano mai imparato il concetto di pulizia.- gli rispose aspro e poi sospirò contrariato: l’ultima volta alla donna delle pulizie era occorsa più di un’ora per ripulire tutto.
Le labbra di Lew si schiusero in un sorriso sinceramente divertito che lo faceva sembrare tanto un bambino che aveva appena ricevuto il regalo tanto desiderato, Samuel lo fissò per alcuni secondi prima di distogliere lo sguardo da lui e scuotere la testa: ogni volta che aveva a che fare con lui, avvertiva il desiderio aggredire rapidamente la sua razionalità e questo non gli piaceva, perché lui era il classico tipo che voleva mantenere il controllo in ogni situazione e per questo reagiva trincerandosi dietro una coltre di freddezza, che in realtà non possedeva.
- Come mai così nervoso stasera? Ha per caso perso una causa importante, signor avvocato?- lo prese in giro Lew.
Samuel si girò di scatto verso il ragazzo, ma la rispostaccia che voleva dargli gli morì in gola: Lew si era avvicinato alla mensola dove teneva i soprammobili – regali di dubbio gusto di alcuni clienti importanti di cui avrebbe fatto volentieri a me, invece di esporli come segno di gratitudine – aveva allungato la mano per toccare una delicatissima statuetta in cristallo di rocca, facendola sbilanciare e cadere dalla mensola; Lew era riuscito a prenderla al volo, poco prima che si schiantasse sul pavimento. Dopo tanti secoli, Samuel ancora si chiedeva come uno dall’espressione così tonta potesse essere un Trone, il terzo livello della prima schiera angelica. Allungò la mano e prese la bottiglia di bourbon, che teneva sempre pronta sul tavolino accanto alla finestra e se ne versò tre dita in un bicchiere. Samuel si sedette sul divano e sorbì un sorso di liquore, mentre studiava l’angelo che ancora curiosava le sue cose: gli sembrava ancora incredibile che quel fisico snello e minuto nascondesse uno dei guerrieri più potenti della sua razza, eppure nel corso dei secoli avevano combattuto spesso spalla a spalla in più di un’occasione e ogni volta aveva provato paura e meraviglia. Mai sarebbe riuscito a dimenticare la sensazione di terror panico che aveva provato la prima volta che si erano incontrati, nonostante fossero già trascorsi cinquecento anni.
Il rumore stonato dei tasti pigiati a caso del suo pianoforte lo riscosse e spostò lo sguardo sull’angelo che, in quel momento, aveva incominciato a giocare con i tasti del suo pianoforte. Con il bicchiere appoggiato contro le labbra, Samuel studiò la sua figura sottile che sapeva risvegliare in lui emozioni che credeva morte da secoli; bevve un altro sorso di bourbon e cercò di scacciare i pensieri bollenti che gli si stavano affollando nella testa.
- Si può sapere il motivo di questa tua improvvisata? Non mi sembrava di averti invitato.- chiese prima di vuotare con un sorso il bicchiere.
Lew si voltò verso di lui, la sorpresa aveva reso ancora più grandi i suoi occhi grigi: Samuel pareva davvero infastidito dalla sua presenza e lui non voleva contrariarlo, era passato molto tempo dall’ultima volta che erano riusciti a vedersi e, per questo motivo, desiderava trascorrere un po’ di tempo con lui.
- Vuoi che me ne vada?- domandò, inclinando la testa di lato, verso la spalla destra.
Nel movimento una ciocca dei suoi capelli neri, sfuggita all’elastico che gli teneva legati i capelli in una coda sotto la nuca, gli scivolò sul viso fino a sfiorargli l’angolo della bocca con la punta, creando un contrasto magnifico con la sua pelle di porcellana. Samuel avvertì un crampo accartocciargli le viscere, a quella vista: ogni giorno aveva a che fare con uomini affascinanti e donne attraenti, quindi per quale motivo quando si trattava di quello stupido angelo bastavano particolari così insignificanti per farlo eccitare?
- Voglio sapere per quale motivo sei qui.- replicò secco, sperando che la sua voce non tradisse la sua eccitazione, mentre si allungava per appoggiare di nuovo il bicchiere sul vassoio.
- Desideravo stare un po’ con te, perché è trascorso troppo tempo dall’ultima volta che ci siamo visti.- rispose Lew, usando un tono di voce incerto, come se temesse si dire ad alta voce i suoi pensieri.
Quando si rimise dritto, riappoggiandosi con la schiena allo schienale del divano, Samuel vide che l’angelo era ancora fermo accanto al divano, ma questa volta aveva le braccia abbandonate lungo i fianchi e la testa chinata in avanti, con la folta frangetta che celava alla vista metà del suo viso, in una posizione che sapeva di sconfitta e che gli scatenò dentro un moto di tenerezza. Sbuffò mentre si chiedeva quando mai si era visto un angelo che si era legato sentimentalmente a un vampiro. Sembrava impossibile che una creatura così perfetta potesse provare qualcosa per lui, ma Lew, nonostante il suo passato sanguinoso e il carattere per nulla facile, aveva comunque bisogno di lui; ancora più incredibile era l’essersi scoperto a provare lo stesso bisogno per l’altro. E sì, anche Samuel, desiderava stare un po’ da solo con lui, se ne rendeva pienamente conto adesso che lo aveva davanti.
- Stupido angelo.- brontolò perché, anche a distanza di secoli, ancora non riusciva a essere sincero verso i propri sentimenti e Lew.
Ma l’angelo dovette comprendere il significato sottinteso a quelle parola, perché il suo volto si schiuse in un sorriso ampio e felice, che fece contorcere qualcosa nello stomaco del vampiro. Samuel lo vide avvicinarsi con passi lenti, troppo lenti, fino a fermarsi davanti a sé, Lew si chinò su di lui e infilò le proprie dita tra i capelli dell’altro, scompigliandogli le ciocche rosse che teneva sempre accuratamente curate; gli fermò le mani sulla sua nuca e gli sollevò il viso, in modo da poter incontrare le sue labbra a metà strada. Samuel emise un verso compiaciuto e ferino insieme, mentre gli afferrava i fianchi con le mani e se lo trascinava addosso, facendolo sedere a cavalcioni delle sue gambe.
Cinque maledettissimi secoli non erano bastati a spegnere la passione che nutriva per lui e si chiese quanto tempo sarebbe dovuto ancora trascorrere prima che si sentisse sazio. Samuel si allontanò piano dalle labbra dell’angelo e, dopo avergli abbracciato i fianchi, gli appoggiò la testa sul petto: non era mai stato un vampiro normale, gli era sempre piaciuto giocare secondo le sue regole e infischiandosene di quelle che regolavano la razza a cui apparteneva, ma perfino per uno come lui era stato stupido legarsi a un angelo. Non che avesse avuto molte alternative: era entrato di botto nella sua vita, imponendosi e invadendo tutto la spazio attorno e dentro di lui, mandando in pezzi tutte le sue certezze e rendendosi assolutamente necessario per lui. Di solito Samuel riusciva a vivere tranquillamente, ma quando Lew tornava da lui si rendeva conto del vuoto e del senso di mancanza che lo accompagnavano quando erano separati e che cercava di ignorare. Anche in quel momento era così, si sentiva come se senza quello stupido angelo l’eternità si sarebbe trasformata in un inutile trascinarsi da un giorno all’altro, che l’avrebbe portato a maledire un simile dono e a farla finita presto o tardi.
Ma Lew era lì con lui, stretto nel suo abbraccio e lo stava accarezzando come se fosse la cosa più importante al mondo per lui: era in momenti come quello che sentiva che tutto andava meravigliosamente bene. Samuel spostò la bocca sul collo dell’altro, schiuse le labbra e gli grattò la gola con la punta dei canini, strappandogli un sospiro più profondo e un brivido.
- Andiamo a letto?- gli chiese, mentre già abbassava la cerniera della felpa in pile nero che indossava.
L’angelo annuì entusiasta e chinò il capo per baciarlo: sicuramente quella sarebbe stata la serata migliore da qualche settimana a quella parte.
 
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